Dal disagio al lavoro, a Porto Torres storie che camminano

 

I corsi professionali dell’AGDHS formano sei cittadine e sette migranti.

Emerge più di un valore aggiunto all’iniziativa di formazione professionale, portata a termine dall’Associazione Governanti d’Hotel Sardegna che lo scorso 11 gennaio ha concluso un nuovo progetto di inclusione sociale per 13 donne residenti a Porto Torres.

La titolare di A.G.D’H.S., Eliana Loi, ha formato con una sessione full immersion di tre giorni, sei cittadine portotorresi over quaranta e sette giovani donne provenienti prevalentemente dalla Nigeria, attualmente ospitate nel centro di accoglienza cittadino presso Li Lioni.

L’iniziativa, completamente gratuita, per le corsiste, si è realizzata presso la sede comunale della Casa delle Associazioni e della Consulta del volontariato cittadino.

La composizione eterogenea della classe di studio si è resa possibile grazie al contributo della Refuges Welcome Sardegna, ultima costola della rete di cooperazione onlus mondiale, nata a Porto Torres, sul finire dello scorso anno, in coincidenza con il primo consistente sbarco di migranti avvenuto in città, grazie alla sensibilità di alcuni cittadini, coordinati da Marcella Marras.

Il progetto voluto da Eliana Loi si sposa con la filosofia e lo statuto dell’omonima associazione che si prefigge di formare donne che hanno bisogno di lavorare e affacciarsi al mondo del lavoro per la prima volta o reinserirsi nel circuito produttiva in una professione scarsamente valorizzata, nonostante una richiesta importante nella relativa filiera alberghiera.

Con un profilo di competenze acquisite in una esperienza pluridecennale, Eliana Loi (già governante d’hotel presso uno dei principali brand alberghieri a 5 stelle di rilievo internazionale), in un precedente meeting formativo, realizzato a Porto Torres, qualche anno fa ci delineava il suo percorso:

Ho iniziato negli anni Ottanta come cameriera. Il 2000, è stato per me un passaggio importante, perché all’hotel Cervo (a Porto Cervo ndr) ho fatto un corso come questo che mi ha avviato alla carriera. Ho ripreso a lavorare in Costa Smeralda presso l’hotel Melià, una società spagnola leader nel mercato mondiale. Lì è stata la mia formazione: un anno cameriera, un altro guardarobiera, poi il passaggio a governante.  Evidentemente avevo delle qualità che sono state apprezzate.  Ai miei ragazzi auguro il percorso fortunato che mi è toccato. Ho incontrato direttori che mi hanno insegnato tanto. Però questo è un lavoro di sacrifici. Bisogna avere la valigia pronta e andare. Ho girato molto: da Rimini a Folgaria nel Trentino. Sono stata nove mesi ad Amalfi, una esperienza enorme sotto il profilo umano e professionale.   

Per me il messaggio fondamentale è trasmettere questo mestiere. Che è sempre stato preso sotto gamba e neanche le scuole insegnano. L’Associazione è l’unica in Sardegna e sta iniziando a farlo. E’ stata chiamata anche a Roma, dove lo scorso anno ha tenuto dei corsi per un hotel della Capitale. Se non pensiamo di dover lavorare sotto casa, possiamo avere la fortuna che ho avuto io: lavorare per un grande gruppo internazionale”. 

Con questa esperienza alle spalle, il desiderio di condividerne i saperi e le gratificazioni conquistate con altre donne con diverse storie, spesso con poche opportunità e tante difficoltà, è stato un passo naturale, quasi necessario nel suo modo d’intendere la vita e il relazionarsi con il prossimo più vicino soprattutto a Porto Torres, la sua città di origine, unico comune sardo dove i corsi sono completamente gratuiti. A beneficio di quei soggetti in una ampia fascia anagrafica (dai 18 ai 25 e dai 45 ai 60 anni di età), che si trovano in serie difficoltà di auto sostentamento.

Alle 13 corsiste sono state consegnate gli attestati di frequenza al corso di formazione di “cameriera ai piani” che saranno inseriti nelle personali schede anagrafiche per una più agevole partecipazione ad eventuali selezioni lavorative di settore, che potranno eventualmente approdare con le dovute ore di lavoro acquisite, all’ottenimento della relativa qualifica professionale. La condivisione e la familiarità nata in aula fra le allieve provenienti da luoghi e storie personali molto diverse  ha già dato i suoi frutti. Eliana e Marcella stanno già lavorando ad un nuovo progetto d’integrazione sullo scambio dei diversi patrimoni linguistici: il sardo e l’inglese (in una versione dialettale quello in uso ai migranti) per avvicinare, con apposite giornate di studio, le distanti origini geografiche  e condividerne i profili culturali.

AGDHS  e Refuges Welcome Sardegna muovono storie e persone che camminano insieme a Porto Torres.

Luigi Coppola

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Addio al sociologo e filosofo Zygmunt Bauman, lo “sdoganatore” dell’idea di liquidità postmoderna

Se si volesse accostare un aggettivo al nome di Zygmunt Bauman, questo sarebbe sicuramente “liquido”.

Liquida è la società postmoderna “se le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure”, liquida è la vita “quando non si è in grado di conservare la propria forma o di tenersi in rotta a lungo”, liquida è anche la ricerca della felicità, da quando abbiamo dimenticato cosa sia: “alla sua costruzione, ricerca, speranza abbiamo sostituito il desiderio. E il desiderio del desiderio: un castello di carta che, generando iperconsumo di massa, ha dissolto legami, relazioni, forme del fare e del convivere”, la soluzione a ciò?: “La felicità è risolvere problemi, non anestetizzarsi”. Sono solo alcune delle frasi del sociologo e teorico polacco della “società liquida”, Zygmunt Bauman, nato a Poznan nel 1925 e morto a Leeds il 9 gennaio 2017.

In quanto ebreo, Bauman dovette fuggire nella zona di occupazione sovietica dopo che la Polonia fu invasa dalle truppe tedesche nel 1939 all’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Successivamente, divenuto comunista, si arruolò in una unità militare sovietica.

Fu dopo la guerra che incominciò a studiare sociologia all’Università di Varsavia e lo fece all’inizio con l’approccio tipico del fedele marxista, ma poi, quando anche il Comunismo dell’Europa orientale assunse i tratti dell’antisemitismo, la vita di Bauman cambiò nuovamente, si trasferì prima in Israele, ad insegnare sociologia all’Università di Tel Aviv, poi in Inghilterra, presso l’Università di Leeds.

Un mutatore di pelle, Zygmunt Bauman, che testò su di sé la sua teoria della società liquida; intento a spiegare la postmodernità attraverso le metafore di modernità liquida e solida, ha fatto derivare l’incertezza che attanaglia il nostro tempo dalla trasformazione dei suoi protagonisti da produttori a consumatori. Con la fine delle grandi “narrazioni” del Novecento, cioè le ideologie, prima tra tutte il Comunismo che egli seguì con passione, Bauman comprese l’impossibilità di mantenere intatta la pretesa di vivere secondo verità assolute e costruì il suo pensiero sulle ceneri del Secolo Breve.

Le morali sono tante, quante le individualità che circolano in una società liquida.

Ma questa non è l’estremizzazione del relativismo, piuttosto la teorizzazione delle possibilità; Zygmunt Bauman ci lascia con una prospettiva: “la felicità sarà la sfida dell’umanità presente, per la sua dignità futura”.

Rossella Marchese

 

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