Si chiama Nessuno può portarti un fiore ed è un cortometraggio, girato nel 2012 e finanziato tramite crowfunding, nato in Argentina dall’idea tutta italiana di Stefano Chiovetta e Viola Kanka, ispirati dall’omonimo libro di Pino Cacucci.
Nel progetto cinematografico sono raccolte e raccontate le storie di tre donne ribelli e fuori dall’ordinario, che hanno pagato con la propria vita la scelta di inseguire i propri ideali: Edera Francesca de Giovanni, Irma Bandiera e Tania Tamara Bunkee.
Edera, aveva 21 anni quando il 1° aprile del 1944 fu fucilata da un plotone di esecuzione fascista, dopo essere stata torturata per ottenere informazioni sul’organizzazione dei gruppi partigiani bolognesi. La storia racconta che, dopo la cattura, accusata di essere a capo dell’organizzazione della 36ma Brigata Garibaldi, davanti ai suoi assassini gridò: “ Tremate! Anche una ragazza vi fa paura!”. Fu la prima vittima della Repubblica di Salò. Dopo di lei, Irma Bandiera, la donna che custodiva i segreti della Resistenza, aveva con sé dei documenti cifrati quando fu catturata e le autorità fasciste volevano sapere da lei chi fossero i capi del movimento e dove fossero le basi; fu torturata per giorni, inutilmente, perché lei non fece nessun nome. “La più ignominiosa disfatta della loro sanguinante professione si chiamò Irma Bandiera”, così Renata Viganò, partigiana e scrittrice, conclude un passo del suo libro Donne della Resistenza.
Tania “la guerrigliera”, fu braccio destro del Chè. La sua famiglia di origine tedesca era comunista e scappò dalla Germania nazista rifugiandosi in Argentina; lavorando come interprete, nel 1960 conobbe Ernesto Che Guevara, erano gli anni della Rivoluzione cubana e nel ’64 le venne affidata una missione speciale: infiltrarsi nell’alta società boliviana e raccogliere informazioni per la grande causa rivoluzionaria. La sua dedizione alla causa fu totale e combattè fino a trovare la morte nel 1967, in una imboscata. Quell’anno Tania scrisse una poesia: “il mio nome sarà dimenticato e nulla di me rimane sulla Terra”. Oggi il suo nome campeggia a fianco a quello del Chè sul Mausoleo della Rivoluzione a L’Avana.
Nel corto, l’intenzione dei nostri connazionali è quella di rispettare ed onorare la forza femminile e quanto è capace di fare, e le ambientazioni che sono state scelte per rendere questo concetto non sono casuali: dal delta del fiume Tigri, ai palazzi abbandonati di Sarajevo la suggestione è quella che deve portare lo spettatore in un viaggio oltre ogni limite. Per il regista, Stefano Chiovetta: “la natura e l’architettura abbandonata, che l’uomo ha lasciato dietro di sé, sono i posti perfetti per poter narrare la memoria di queste donne, per poter narrare la sofferenza e la solitudine che hanno patito”.
Nessuno può portarti un fiore nasce dalla lettura del libro di Pino Cacucci, ed ha aperto le porte di questo universo di celluloide. Nel libro, le storie dei ribelli dimenticati, tra cui queste donne, sono diventate i fiori che omaggiano queste vite lontane, le mimose ideali per questo marzo de nuovo millennio.
Rossella Marchese