Spirano i venti secessionisti italiani?

Dopo il commissariamento della Catalogna, a 27 giorni dal referendum secessionista che per ora sembra aver provocato più caos che altro, tra la proclamata indipendenza e la contemporanea indizione di nuove elezioni per la Generalidad da parte del Governo centrale, è toccato alle meno temerarie Lombardia e Veneto andare alle urne, lo scorso 22 ottobre.

Il referendum consultivo in questione, che qualcuno non ha perso tempo a ribattezzare   quasi oscenamente “nordexit”, è stato rappresentato in diversi modi, ma va definito per ciò che effettivamente non è: non è stato un tentativo secessionista, non è stato il coronamento democratico delle idee indipendentiste dello “stato padano”, né il suo risultato può essere vincolante o farà entrare automaticamente Lombardia e Veneto nel novero delle regioni italiane a statuto speciale.

Piuttosto, lo si può considerare uno strumento, previsto dalla Costituzione (al terzo comma dell’art. 116) e a disposizione di tutte le regioni che vogliano prendere iniziativa nei confronti dello Stato per poter richiedere più autonomia in quelle materie definite concorrenti Stato-Regioni e pur essendo la prima volta in assoluto che ne viene fatto uso, esso non è il mezzo per ottenere alcuna scissione, né tanto meno viola l’ordinamento costituzionale.

L’esito positivo che ha avuto potrà essere utilizzato come mezzo di pressione sul tavolo delle trattative con il Governo per chiedere quella maggiore autonomia, in particolar modo fiscale, che le due Regioni hanno diritto di chiedere, anche indicendo un referendum consultivo sulla questione. Dunque, i promotori dell’iniziativa, i due Presidenti delle regioni, pur non avendo bisogno di alcun mandato popolare per poter mettere in atto il disposto dell’art. 116 della Costituzione, hanno ora la possibilità di sfruttare l’evidente vittoria del Sì e l’alta partecipazione popolare per dare maggior peso politico alla loro azione. Una mossa certamente strategica, al di là dei giudizi morali o dell’orientamento politico, ma compiuta nel solco e nel rispetto delle Istuzioni dello Stato.

Resta ferma, infatti, la procedura costituzionale per ottenere la maggiore autonomia, che prevede comunque il raggiungimento di un accordo con lo Stato che dovrà essere a sua volta approvato da Camera e Senato a maggioranza assoluta.

Che gli allarmisti tirino un sospiro di sollievo, dunque, l’Italia non è ancora sull’orlo di un conflitto sociale, né sta per spaccarsi sulla linea del Po, e nonostante da più forze politiche si siano levate grida di inneggiamento alla libertà (non si comprende bene da cosa), il referendum consultivo di Lombardia e Veneto può rimanere esattamente quello che è: un’espressione costituzionale di un Paese ancora democratico.

Rossella Marchese

Le mappe online delle migrazioni

 

La legge di Godwin nasceva nel 1990, quando Internet si chiamava ancora Usenet e affermava: “mano a mano che una discussione in Usenet si allunga, la probabilità di un paragone riguardante i nazisti o Hitler, tende ad 1”, ovvero se una discussione online, a prescindere dall’argomento o dallo scopo, va avanti abbastanza, prima o poi qualcuno paragonerà qualcun’altro ad Hitler; oggi questo avviene con i migranti.

Questa è la rivisitazione della vecchia legge di Godwin sostenuta da Max Galka, il creatore della mappa globale dell’immigrazione che si trova su metrocosm (metrocosm.com/global-immigration-map). La connessione con gli immigrati è sempre presente, che si parli di Isis, di Brexit, di Europa o di Trump.

Osservando sul sito i grafici che mostrano i flussi migratori fra il 2010 ed il 2015, i scopre, ad esempio, che in quegli anni i migranti dalla Siria verso la Svezia erano più numerosi che nel resto dell’Europa e dell’America e, consultando la mappa, si possono avere sorprese interessanti anche per quanto riguarda la portata reale delle migrazioni in Gran Bretagna e negli stessi Stati Uniti.

Controprova di questi flussi migratori che tanto sconvolgono la politica occidentale si può trovare ancora online, su un sito dal nome indicativo therefugeeproject.org: una grande mappa temporale e narrativa delle migrazioni dei rifugiati dal 1975 ai giorni nostri, basata sui dati delle Nazioni Unite e dell’Alto Commissariato.

I rifugiati oggi sono circa 21milioni, gli sfollati, a livello globale, circa 65milioni, mentre gli apolidi ammontano a 10milioni; nel 1975 erano soltanto 2.775.314. Il progetto del sito in questione è di Hyperakt, uno studio di New York, in collaborazione con il “data designer” Ekene Ijeoma e permette, anche qui, di calcolare la percentuale di rifugiati presenti nei vari paesi, oltre che di approfondire i motivi storici e politici che portano ad abbandonare il proprio paese. Tanto per capire che non sarà alzando i muri che la storia cambierà direzione.

Rossella Marchese

Fiaf Campania, le iniziative presentate dal delegato regionale Gianpiero Scafuri

Gli appassionati di fotografia, gli amatori, i giovani che si avvicinano alla fotografia sono i protagonisti di una stagione molto interessante promossa della Fiaf Campania che, con i suoi circoli attivi sul territorio, si muove grazie agli stimoli del suo delegato regionale Gianpiero Scafuri per promuovere l’arte dell’immagine. Con Scafuri ci caliamo nelle potenzialità fotografiche della nostra regione.

Una realtà fotografica quella della Campania che offre molte occasioni per gli amanti della fotografia, quale il rapporto tra fotografia e territorio?

La Campania è un territorio con tante potenzialità e ricco di creatività, non a caso vi è una buona cultura fotografica sempre più in fermento.

Una prova tangibile è la seconda edizione dell’Autore dell’Anno 2017 Fiaf Campania con 34 autori iscritti alla selezione finale nella fotografia tradizionale e 56 iscritti nella Iphonografia: sezione inserita grazie alla collaborazione con Igerscampania, per coinvolgere le giovani generazioni all’arte fotografica.

Quindi, mi auguro di riuscire ad ottenere un numero maggiore di tesserati che ci consentano di dare una giusta importanzaauna regione vivace. Ogni anno, in Italia, circa 40.000 persone ruotano intorno alla federazione in circoli, club e manifestazioni fotografiche, noi con i nostri tempi stiamo lavorando.

Cosa propone ai propri iscritti la Fiaf?

La Fiaf, che il prossimo anno compie settanta anni di attività, è una espressione nazionale nata per divulgare, sostenere e condividere la cultura dell’arte fotografica su tutto il territorio italiano. È fondatore del CIFA (Centro Italiano della fotografia di Autore) e membro del circuito internazionale FIAP (Federation Internationale de l’Art Photographique).

Principalmente offre la possibilità di entrare a far parte di un circuito dove la propria espressione artistica è valorizzata con competenza.

I soci interessati, possono contattare la delegazione regionale per concordare un incontro e valutare una eventuale candidatura al dipartimento culturale.

Mentre, durante l’anno è possibile ricevere un abbonamento alla rivista della federazione fotoit (rivista dedicata alla fotografia); una copia dell’annuario Fiaf con la pubblicazione che raccoglie la miglior produzione fotoamatoriale dell’anno in corso; monografie di un grande autore della fotografia contemporanea; un video corso per migliorare la vostra post produzione; convenzioni e sconti sul territorio nazionale.

Inoltre, i soci sono inseriti negli indirizzari di chi organizza concorsi fotografici nazionali e internazionali, mostre, workshop, e quindi ricevono bandi, inviti e promozioni. In occasione di congressi nazionali o regionali si ha la possibilità di accedere a letture portfolio dei propri lavori da parte di esperti.

La Fiaf della Campania è molto attiva sul territorio, ci parli delle iniziative portate avanti nel 2017?

Il Progetto nazionale sulla famiglia, la foto dell’anno, l’autore dell’anno nazionale e regionale, talent scout, i tanti concorsi nazionali e quelli organizzati daFiaf Campania; passeggiate fotografiche, incontri, proiezioni svolte nei circolidelnostro territorio. Una scelta ampia per tutti: professionisti, amatori e semplici appassionati.

Quali sono ancora aperte alla partecipazione dei fotografi?

La famiglia in Italia. E’ un progetto nazionale dedicato alla famiglia, il cui scopo è documentare e interpretare, attraverso la fotografia, la famiglia italiana contemporanea alla luce delle trasformazioni epocali che hanno riguardato i diversi ruoli dei suoi componenti, le identità sessuali, le esigenze economiche, il ruolo della donna, e la presenza di immigrati e italiani di nuova generazione.

Iscrizione entro il 30 ottobre 2017, presentazione opere 30 dicembre 2017.

Sono previste iniziative per i prossimi mesi?

A fine anno tutte le attività sono in fase di chiusura. Da novembre 2017 è aperto il tesseramento per i soci e i circoli/club che desiderano affiliarsi entro il 31 gennaio 2018.

Attualmente, oltre alle iniziative annuali per il prossimo anno con l’inaugurazione della mostra nazionale sulla famiglia il 16 giugno 2018 a Bibbiena,c’è il congresso nazionale del 2020 in Campania, evento su cui sto lavorando in collaborazione con il vice presidente Attilio Lauria. Abbiamo già alcuni contatti positivi e mi auguro che in questa occasione il nostro territorio riuscirà a distinguersi. Parallelamente stiamo anche valutando alcune disponibilità per realizzare una galleria Fiaf nel capoluogo campano: un luogo dove ci si nutre di fotografia con mostre e dibattiti sui grandi autori. Fiducioso di questo progetto, mi aspetto che la città di Napoli sia onorata per la scelta e ricambi con energia il nostro impegno.

Alessandra Desideri

 Mimì Capatosta, l’utopia della normalità

“Abbiamo scelto di lasciare parlare il cuore anziché le paure”.  La frase che risalta nel bianco assoluto della quarta di copertina, svela una matrice ideologica che permea le pagine di un saggio uscito in libreria lo scorso tre ottobre, edito da Fandango Libri per la collana documenti. Mimì Capatosta è l’ultima fatica letteraria di Tiziana Barillà, giornalista scrittrice, già inviata del settimanale Left, cofondatrice della testata www.ilsalto.net. Il sottotitolo (Mimmo Lucano e il modello Riace) con l’immagine del faccione sorridente del protagonista, cattura l’attenzione del lettore per scoprire una micro realtà italiana, la cui portata ha suscitato un’attenzione mediale internazionale nell’incontro di più dinamiche storiche complesse, realizzatosi in una specifica terra del sud d’Italia, la Locride.

Il libro tratta le vicende che nell’ultimo ventennio hanno cambiato la vita sociale di Riace e di una zona importante del territorio circostante, grazie all’azione politica e sociale impressa da Domenico Lucano, dal 2004 sindaco nel comune già noto per il ritrovamento marino dei “bronzi” nell’agosto del 1972.  Il suo progetto politico istituzionale è assurto ai primi posti nelle classifiche della popolarità globale, grazie al report pubblicato nella primavera del 2016 dalla famosa testata americana Fortune. Nella consueta classifica annuale dei cinquanta World Greatest Leaders, gli uomini e le donne più influenti nel mondo, fra Obama, Papa Bergoglio, Angela Merkel e i più noti profili, al quarantesimo posto, unico italiano, c’è Mimmo Lucano.  La motivazione di questo straordinario riconoscimento che attesta l’essere il migliore sindaco del mondo, consta nell’aver applicato nell’estremo sud d’Italia, alle falde dell’Aspromonte, “l’utopia della normalità”.  Una pratica avviata sin dal 1998 con lo sbarco a Riace di centinaia di profughi curdi. Nei suoi mandati istituzionali da sindaco, Lucano ha ospitato oltre seimila migranti che hanno ripopolato Riace, rendendo il centro della Locride un melting pot multietnico con oltre una dozzina di diverse nazionalità extra comunitarie. Un processo in netta controtendenza rispetto alla visione percepita del “problema” immigrazione nel nostro Paese: dagli albori degli anni novanta con le crisi di Albania e Balcani, sino ai giorni nostri con l’ecatombe nel Mediterraneo e la gestione del problema da parte dell’Unione Europea.

Il “modello Riace” scompagina la consueta vulgata nei confronti degli immigrati, considerati rifugiati e prima emergenza nazionale.  Nella Locride è la comunità locale che cerca, accoglie e ringrazia gli ultimi arrivati. Riconosciuti come chi ripopola paesi e centri storici abbandonati. Per la prima volta i migranti sono messi nella condizione di ricreare un tessuto urbano e cittadino fatto di relazioni e avviamenti per una serie di lavori che ricreano un’attività economica. Sostenuta con i progetti e i fondi europei per le politiche di accoglienza (s.p.r.a.r.) che creano nuovi posti di lavoro specifici per settanta, ottanta unità, fra mediatori culturali e addetti alla logistica a trecentosessanta gradi, di una sana e sostenibile integrazione. Non è un’operazione semplice, quella che conduce un ghanese a diventare il responsabile della raccolta differenziata, attrezzato con piccoli carretti fra i vicoli stretti del centro storico.  Così decisiva risulta la fruizione di vecchie case abbandonate da oltre cinquant’anni dai riacesi emigrati all’estero e ripristinate all’abitazione delle nuove famiglie arrivate. Per non dimenticare la potabilizzazione di una sorgente d’acqua che affranchi l’uso dell’acqua, bene comune e gratuito, dai monopoli affaristici di dubbia provenienza. Non è una favola la narrazione partita “dal basso”. Quella di Tiziana Barillà ha vissuto le fasi salienti di una vera e dura contrapposizione sorta a Riace nel 2016 fra l’amministrazione, la comunità calabra e le istituzioni centrali del governo italiano. Impossibilitato secondo l’impianto normativo vigente a riconoscere le iniziative di Lucano, volte a fronteggiare la sospensione o i ritardi dei fondi utili a continuare i progetti avviati. Nodo controverso, l’adozione di un sistema di “moneta locale” basato sullo scambio di bonus cartacei, equiparabili a buoni prepagati, raffiguranti, secondo il controvalore di scambio, personaggi storici dalla chiara vocazione rivoluzionaria. Lucano non è l’iconografia dell’uomo solo al comando. La sua popolarità recente ha già calamitato nel territorio troupe di editori tv (Beppe Fiorello ne ha già vestito i panni per una fiction di prossima programmazione televisiva) ed è già fiorente una narrativa indotta.

Il testo di Barillà, è un memoriale inedito, “un atto dovuto” secondo la direttrice editoriale di Fandango, Tiziana Traina che insieme alla scrittrice e allo stesso Lucano, ha partecipato alla prima presentazione del libro, avvenuta a Roma presso la sala stampa della Camera dei Deputati, (https://www.youtube.com/watch?v=iJ8Vy4pi4O4) lo scorso quattro ottobre.

Leggere le pagine di Mimì Capatosta, conduce inevitabilmente il lettore a vivere da cittadino, quei territori troppo “periferici “rispetto alle istituzioni dello Stato, dove la distanza fra giustizia e legalità, come ricorda anche Davide Mattiello nella presentazione citata, diviene pericolosamente enorme. La tendenza ricorrente, in una comunicazione superficiale, quando non di parte, nel creare miti o personaggi, declina in questo caso un passaggio da circoscrivere se non da archiviare. Rimane viva, a prescindere dai testi, dalle capacità talentuose di singoli individui libertari o anarchici, secondo le diverse interpretazioni, la contaminazione solidale di una comunità che scopre la via di una convivenza possibile, grazie anche e soprattutto all’aiuto di territori, comuni diversi e lontani. Protagonista, non solo nel libro, quanto nelle iniziative collegiali, le Rete dei Comuni Solidali (Recosol), rappresentata da Chiara Sasso.

Nella Locride, un territorio, impossibile dimenticarlo, condizionato pesantemente da presenze criminali, cristallizzatesi nelle strutture apparentemente più credibili o istituzionali, il modello Riace non è più utopia. Le iniziative degli ultimi giorni avviate dalla Procura di Locri che indaga sulle attività amministrative di Lucano confermano la necessità di approfondire e conoscere una realtà che coinvolge in ogni caso la nostra vita quotidiana.

Luigi Coppola

Dal 1° gennaio 2018 gli insetti arrivano in tavola: “no” dal 54% degli italiani

Alcuni ristoranti di fascia elevata a Bangkok hanno iniziato a includere nei loro menu piatti a base di larve, mosche e simili. A detta degli studiosi l’entomofagia potrebbe essere la chiave per un’alimentazione più ecosostenibile nel prossimo futuro. Scorpioni, grilli e formiche che dai prati arrivano direttamente nelle tavole degli italiani. Dal primo gennaio 2018, come segnala Coldiretti, anche nel nostro Paese si potranno produrre e vendere gli ingredienti per il cosiddetto novelfood, come previsto dal nuovo regolamento dell’Unione europea. E quindi spazio agli insetti come nuova frontiera alimentare. Piatti che all’estero, soprattutto negli Paesi orientali, sono considerati vere e proprie prelibatezze e che presto potranno essere acquistati e consumati anche in Italia. Come gli spiedini di grilli o di cavallette dalla Thailandia, tarantole fritte e millepiedi al forno dalla Cina, la Coldiretti ne ha dato un assaggio al Forum internazionale dell’agricoltura di Cernobbio, con ricette che hanno coniugato la tradizione della cucina italiana con i nuovi e insoliti ingredienti, dalla pasta all’uovo condita con i grilli ai vermi giganti della Thailandia.

Si tratta di una novità che vede contrari ben il 54% degli italiani che li considerano estranei alla cultura alimentare nazionale mentre sono indifferenti il 24%, favorevoli il 16% e non risponde il 6%, secondo una indagine Coldiretti. “Al di là della normale contrarietà degli italiani verso prodotti lontanissimi dalla nostra cultura alimentare, l’arrivo sulle tavole degli insetti solleva dei precisi interrogativi di carattere sanitario e salutistico ai quali è necessario dare risposte, facendo chiarezza sui metodi di produzione e sulla stessa provenienza e tracciabilità degli insetti”, ha dichiarato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo nel ricordare che “la maggior parte dei nuovi prodotti proviene da Paesi extra Ue, come la Cina o la Thailandia, da anni ai vertici delle classifiche per numero di allarmi alimentari”. Di fatto, sono circa 2mila le specie di insetti che sono considerate commestibili. Il loro utilizzo in cucina è fortemente promosso dalla Fao, l’organizzazione Onu per l’alimentazione e l’agricoltura, secondo la quale il consumo di questi animali sarebbe un valido alleato contro la fame nel mondo. Sono già 2 miliardi le persone che li mangiano e che assicurano che il sapore degli insetti non sia niente male, ma che anzi somigli a quello di animali come il pollo e il tacchino. Ma i più tradizionalisti, per il momento, possono tirare un sospiro di sollievo: è ancora lontano il giorno in cui una ‘spaghettata’ di scorpioni sostituirà il ragù della domenica.

Nicola Massaro

 

I cento e uno anni del National Park Service americano

29La storia narra che i Parchi nazionali americani nacquero grazie al batterio della tubercolosi, con una legge dell’agosto di cento anni fa, quando ad un canadese emigrato nel Missouri, Galen Clark, fu diagnosticata la tubercolosi ed i medici gli diedero pochi mesi di vita;  egli a quel punto lasciò famiglia e l’umidità del Midwest per partire alla volta della California, intenzionato a morire, come disse, nella magnificenza vergine del West. Si fermò tra le sequoie della Sierra Nevada e, all’ombra di quelle imponenti conifere, cominciò a tempestare il Congresso e il Presidente Lincoln con petizioni per strappare quella foresta ai taglialegna e ai cercatori d’oro. Ci riuscì.

Dalla valle delle sequoie, embrione di quello che sarebbe divenuto il complesso ed enorme sistema dei Parchi nazionali americani, la legislazione a tutela di quella natura ancora intatta venne formalizzata nel 1916. Cento anni più tardi il seme gettato in California ha dato vita ad una nazione dentro la nazione, con la sua confederazione di parchi, laghi, foreste, praterie e  monumenti naturali che copre un territorio più vasto dell’intera Italia e che da sempre ha rappresentato il background del mito americano, nel cinema, nella letteratura e nella musica.

Il National Park Service degli States che compie cento anni costa al governo solo 3mld di dollari l’anno e ne rende quasi 30mld in biglietti d’ingresso, dimostrandosi una delle poche attività pubbliche in attivo dell’economia USA. Un colossale affare per l’avaro zio Sam, tenuto assieme da 22mila ranger professionisti (affiancati in alta stagione da 200mila volontari), quelli dal cappello verde oliva a tesa larga diventati un simbolo assieme agli orsi Yoghi e Bubu grazie ai cartoni di Hanna e Barbera. Troppo pochi (rispetto ai numeri del nostro paese, certamente) per tenere sotto controllo un territorio immenso, nel quale solo uno dei parchi, ad esempio, il Wrangell St.Elias, in Alaska, può tranquillamente inghiottire la Svizzera. Eppure enormemente rispettati, non solo perché c’è una legge federale che punisce con la morte chiunque uccida un ranger, ma anche per il compito che essi rivestono e per quello che custodiscono; scrisse Mark Twain dei Parchi nazionali, quando si concesse 3 giorni di campeggio solitario nello Yellowstone, in Wyoming: “sono per l’America quello che le grandi cattedrali sono per l’Europa. Monumenti scavati dalla collaborazione fra il tempo, la natura e il popolo. Insieme con lo skyline di Manhattan, la baia di San Francisco e il colonnato palladiano della Casa Bianca nient’altro dice “America”!”.

Un patrimonio che può rendere più dei dollari così tanto amati dagli americani, come scoprì Galen Clark, condannato a morte dalla tubercolosi a 30 anni e che morì a 90 anni salvato dagli alberi che lui aveva salvato.

Rossella Marchese

A Potenza, in scena L’Agamennone di Mario Pagano per ricordare Gerardo Marotta

 

Nel 1987 venne pubblicato, in due edizioni distinte e con alcune varianti, un monodramma lirico firmato da Francesco Mario Pagano intitolato L’Agamennone. Fu la terza delle quattro prove drammaturgiche dell’illustre avvocato, docente universitario, saggista e poeta, nato nel 1748 a Brienza, in provincia di Potenza e che concluse tragicamente la vita tra i martiri della Rivoluzione Napoletana del 1799.

Dopo 230 anni dalla prima e unica rappresentazione in un teatro privato di Napoli, L’Agamennone è stato rappresentato lo scorso 18 ottobre nel capoluogo lucano per iniziativa del Circolo culturale Silvio Spaventa Filippi. L’iniziativa, inserita nel cartellone dell’Autunno Letterario del Comune di Potenza, è stata organizzata in collaborazione con Scenamediterraneo, organismo di produzione e promozione culturale, che ha affidato la lettura drammatica del testo  all’attrice Cinzia Maccagnano e l’accompagnamento musicale dell’unico violoncello a Vito Stano.  L’opera è stata messa in scena in occasione dell’edizione critica promossa dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e con l’intento di omaggiarne il suo Fondatore, l’Avvocato Gerardo Marotta, scomparso nel gennaio di quest’anno.

Il monodramma lirico fu un genere drammatico d’avanguardia nel Settecento, inaugurato da Rousseau con il Pigmalione. Pagano fu il primo in Italia a sperimentare questo innovativo genere teatrale e con L’Agamennone compose un’opera in cui l’azione è prevalentemente presentata da un unico personaggio che, tramite la sua narrazione interiore alternata da  interventi musicali atti ad intermezzare la rappresentazione, sottolinea il vero significato dell’autore. L’intento di Pagano, infatti, non era solo estetico e sperimentale, egli voleva anche esprimere attraverso la storia di Ifigenia in Aulide, sulle orme dell’ammiratissimo Euripide, la crisi del potere politico ateniese e di quello a lui contemporaneo.

L’Agamennone si presenta come una critica radicale: “alla tragica volubilità, al futile capriccio del potere e interamente il suo centro appare a noi oggi come la descrizione della inquietudine insensibile del monarca e della sua corte che pure sapendo quanto sia debole e grossolano il parere popolare, egualmente lo segue per non perdere il comando militare della flotta e per non apparire “pazzo” nel contrastare la religione”, queste le parole di Paolo de Angelis che ha curato la prefazione all’edizione più recente dell’opera di Pagano, autore amatissimo dall’Avvocato Marotta che ne fece il simbolo, a beneficio dei giovani cittadini, del libero pensiero.

Rossella Marchese

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