I cento e uno anni del National Park Service americano

29La storia narra che i Parchi nazionali americani nacquero grazie al batterio della tubercolosi, con una legge dell’agosto di cento anni fa, quando ad un canadese emigrato nel Missouri, Galen Clark, fu diagnosticata la tubercolosi ed i medici gli diedero pochi mesi di vita;  egli a quel punto lasciò famiglia e l’umidità del Midwest per partire alla volta della California, intenzionato a morire, come disse, nella magnificenza vergine del West. Si fermò tra le sequoie della Sierra Nevada e, all’ombra di quelle imponenti conifere, cominciò a tempestare il Congresso e il Presidente Lincoln con petizioni per strappare quella foresta ai taglialegna e ai cercatori d’oro. Ci riuscì.

Dalla valle delle sequoie, embrione di quello che sarebbe divenuto il complesso ed enorme sistema dei Parchi nazionali americani, la legislazione a tutela di quella natura ancora intatta venne formalizzata nel 1916. Cento anni più tardi il seme gettato in California ha dato vita ad una nazione dentro la nazione, con la sua confederazione di parchi, laghi, foreste, praterie e  monumenti naturali che copre un territorio più vasto dell’intera Italia e che da sempre ha rappresentato il background del mito americano, nel cinema, nella letteratura e nella musica.

Il National Park Service degli States che compie cento anni costa al governo solo 3mld di dollari l’anno e ne rende quasi 30mld in biglietti d’ingresso, dimostrandosi una delle poche attività pubbliche in attivo dell’economia USA. Un colossale affare per l’avaro zio Sam, tenuto assieme da 22mila ranger professionisti (affiancati in alta stagione da 200mila volontari), quelli dal cappello verde oliva a tesa larga diventati un simbolo assieme agli orsi Yoghi e Bubu grazie ai cartoni di Hanna e Barbera. Troppo pochi (rispetto ai numeri del nostro paese, certamente) per tenere sotto controllo un territorio immenso, nel quale solo uno dei parchi, ad esempio, il Wrangell St.Elias, in Alaska, può tranquillamente inghiottire la Svizzera. Eppure enormemente rispettati, non solo perché c’è una legge federale che punisce con la morte chiunque uccida un ranger, ma anche per il compito che essi rivestono e per quello che custodiscono; scrisse Mark Twain dei Parchi nazionali, quando si concesse 3 giorni di campeggio solitario nello Yellowstone, in Wyoming: “sono per l’America quello che le grandi cattedrali sono per l’Europa. Monumenti scavati dalla collaborazione fra il tempo, la natura e il popolo. Insieme con lo skyline di Manhattan, la baia di San Francisco e il colonnato palladiano della Casa Bianca nient’altro dice “America”!”.

Un patrimonio che può rendere più dei dollari così tanto amati dagli americani, come scoprì Galen Clark, condannato a morte dalla tubercolosi a 30 anni e che morì a 90 anni salvato dagli alberi che lui aveva salvato.

Rossella Marchese

A Potenza, in scena L’Agamennone di Mario Pagano per ricordare Gerardo Marotta

 

Nel 1987 venne pubblicato, in due edizioni distinte e con alcune varianti, un monodramma lirico firmato da Francesco Mario Pagano intitolato L’Agamennone. Fu la terza delle quattro prove drammaturgiche dell’illustre avvocato, docente universitario, saggista e poeta, nato nel 1748 a Brienza, in provincia di Potenza e che concluse tragicamente la vita tra i martiri della Rivoluzione Napoletana del 1799.

Dopo 230 anni dalla prima e unica rappresentazione in un teatro privato di Napoli, L’Agamennone è stato rappresentato lo scorso 18 ottobre nel capoluogo lucano per iniziativa del Circolo culturale Silvio Spaventa Filippi. L’iniziativa, inserita nel cartellone dell’Autunno Letterario del Comune di Potenza, è stata organizzata in collaborazione con Scenamediterraneo, organismo di produzione e promozione culturale, che ha affidato la lettura drammatica del testo  all’attrice Cinzia Maccagnano e l’accompagnamento musicale dell’unico violoncello a Vito Stano.  L’opera è stata messa in scena in occasione dell’edizione critica promossa dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e con l’intento di omaggiarne il suo Fondatore, l’Avvocato Gerardo Marotta, scomparso nel gennaio di quest’anno.

Il monodramma lirico fu un genere drammatico d’avanguardia nel Settecento, inaugurato da Rousseau con il Pigmalione. Pagano fu il primo in Italia a sperimentare questo innovativo genere teatrale e con L’Agamennone compose un’opera in cui l’azione è prevalentemente presentata da un unico personaggio che, tramite la sua narrazione interiore alternata da  interventi musicali atti ad intermezzare la rappresentazione, sottolinea il vero significato dell’autore. L’intento di Pagano, infatti, non era solo estetico e sperimentale, egli voleva anche esprimere attraverso la storia di Ifigenia in Aulide, sulle orme dell’ammiratissimo Euripide, la crisi del potere politico ateniese e di quello a lui contemporaneo.

L’Agamennone si presenta come una critica radicale: “alla tragica volubilità, al futile capriccio del potere e interamente il suo centro appare a noi oggi come la descrizione della inquietudine insensibile del monarca e della sua corte che pure sapendo quanto sia debole e grossolano il parere popolare, egualmente lo segue per non perdere il comando militare della flotta e per non apparire “pazzo” nel contrastare la religione”, queste le parole di Paolo de Angelis che ha curato la prefazione all’edizione più recente dell’opera di Pagano, autore amatissimo dall’Avvocato Marotta che ne fece il simbolo, a beneficio dei giovani cittadini, del libero pensiero.

Rossella Marchese

Iran: secondo l’Unione europea l’accordo sul nucleare iraniano funziona

Nonostante l’annuncio di Donald Trump sulla “de-certificazione” dell’accordo nucleare iraniano, l’Unione europea intende continuare a sostenere tale accordo reputandolo utile.

Secondo Donald Trump, l’accordo sul nucleare iraniano non è più funzionale agli interessi statunitensi e non è rispettato da Teheran, almeno nello spirito. Secondo Federica Mogherini – l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue – l’accordo nucleare con l’Iran funziona, essendo il prodotto d’intense negoziazioni focalizzate su dettagli tecnici. Teheran non ha commesso nessuna violazione e l’intenzione della comunità internazionale di riaprire i negoziati appare una strategia molto improbabile.

L’AIEA – l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica – un organismo con sede a Vienna e che è sotto l’egida dell’ONU, confuta il presidente Trump e afferma che il piano d’azione concluso nel 2015 è stato rispettato dell’Iran. Yukiya Amano – Direttore generale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica – ha affermato che l’Iran ha rispettato i suoi impegni e che l’AIEA ha un sistema di controllo particolarmente solido che ispeziona i siti iraniani in modo imparziale e obiettivo. Inoltre, il numero dei giorni dedicati alle ispezioni e il numero degli ispettori è aumentato.

Sin dal 2016 l’Agenzia internazionale è stata incaricata di sorvegliare le istallazioni nucleari iraniane seguendo un piano d’azione che è stato stabilito nel 2015. Secondo Yukiya Amano, fino a questo momento, l’Iran è stato collaborativo garantendo all’AIEA l’accesso a tutti i siti richiesti.

Danilo Turco

 

Catalogna: una mancata mediazione ufficiale da parte dell’Ue

Nessun ruolo d’intermediazione è stato proposto ufficialmente dall’Unione europea per la risoluzione delle tensioni tra il governo spagnolo e la Catalogna. L’Ue non vuole rischiare di incrementare le rivendicazioni autonomiste a livello regionale, né ledere la sovranità nazionale della Spagna.

Secondo la Commissione europea le tensioni tra il governo della Spagna e la Catalogna rappresentano una questione interna spagnola. Il Parlamento europeo si è dimostrato critico non soltanto sulle violenze perpetuate dalle forze di polizia, ma anche sul progetto indipendentista. Tuttavia, nessuna istituzione comunitaria e nessuno dei tre principali partiti del Parlamento europeo hanno richiesto un ruolo ufficiale di mediazione.

Secondo l’eurodeputato Alain Lamassoure – profondo conoscitore della questione basca ed ex deputato dei Pyrénées-Atlantiques negli anni ’80 –, lo svolgimento di una mediazione ufficiale potrebbe costituire un vantaggio per Carles Puigdemont. Inoltre, Lamassoure evidenzia come le istituzioni europee non intendano indebolire uno Stato membro sovrano. Il funzionamento dell’Ue si basa sull’unità e la stabilità dei suoi Stati membri. Bruxelles senza dubbio aspira a un dialogo tra Madrid e Barcellona; tuttavia, Lamassoure considera qualsiasi ingerenza negli affari spagnoli inammissibile, poiché non c’è stata alcuna violazione dello stato di diritto, né si sono verificate delle discriminazioni giuridiche.

Le immagini della violenza perpetuata durante il referendum hanno turbato il nord dell’Europa e hanno fatto ricordare scenari di tipo sovietico. Ciò nonostante – per timore di aprire il vaso di Pandora delle rivendicazioni autonomiste regionali – nessuna domanda è pervenuta da Parigi, Bruxelles o Berlino, sebbene la crisi sia così profonda e la posizione di Madrid rigida rispetto all’istanza indipendentista catalana (anche  se Puigdemont sembra aver rinunciato a una dichiarazione unilaterale di indipendenza).

La linea europea, di non prendere alcuna posizione su tale questione di politica interna della Spagna, è stata sposata integralmente anche dalla Svizzera. Per questa nazione, come per l’Ue, una facilitazione sarebbe ammissibile solo se richiesta dalle parti direttamente interessate.

Danilo Turco

«Catalonia is Spain»: tensioni per il referendum

Il primo ottobre alle 9.00, sono stati aperti alcuni seggi per il referendum per l’autodeterminazione della Catalogna. Madrid ha promesso di ostacolare lo svolgimento di questa votazione.

Domenica 1° ottobre, alcuni seggi per il voto del referendum per l’autodeterminazione della Catalogna sono stati aperti alle 9.00. Altri seggi sono stati circondati dalla polizia che ha sequestrato le urne e le schede elettorali. Le forze di polizia sono entrate con la forza nel seggio elettorale del presidente regionale Carles Puigdemont che, tuttavia, è riuscito a votare presso un altro seggio.

Le conseguenze di una secessione della Catalogna – che rappresenta il 19% del PIL della Spagna – sono difficilmente calcolabili e molto inquietanti per molti spagnoli. Madrid ha promesso di impegnarsi a contrastare questo voto. Carles Puigdmeont ha garantito, in caso di vittoria del “si”, la proclamazione dell’indipendenza entro 48 ore.

La polizia catalana aveva avuto la precisa direttiva di recarsi, di prima mattina, presso alcuni centri per bloccarne l’accesso e per invitare eventuali occupanti a uscire. Tuttavia, Enric Millo – Rappresentante dello Stato in Catalogna – ha vivamente criticato la polizia catalana che non ha impedito agli elettori di depositare le schede elettorali nell’urna. Il Governo spagnolo ha comunque inviato nella Regione, alle 8 del mattino, la polizia e la guardia civile per fermare i seggi e sequestrare il materiale elettorale. Nonostante l’ordine di procedere con delicatezza, a Barcellona, 38 votanti sono stati feriti dalla polizia che ha impiegato dei proiettili di gomma. Carles Puigdemont ha parlato di impiego ingiustificato, irrazionale e irresponsabile della violenza da parte dello Stato.

Per aggirare i blocchi della polizia ai seggi elettorali, il governo indipendentista sostiene l’idea di un censimento universale e cioè, tutti i cittadini catalani possono votare in qualunque seggio e non solo in quelli in cui sono iscritti. Secondo il governo della Catalogna, nonostante l’intervento della polizia, il 73% dei seggi elettorali erano ancora aperti a mezzogiorno.

Il 6 settembre gli indipendentisti avevano deciso questo referendum, nonostante l’interdizione della Corte costituzionale. L’opinione nella Regione è divisa in parti quasi uguali sull’indipendenza, ma si reputa che la maggioranza aspiri a un referendum legale concordato con Madrid. Da qualche anno la volontà indipendentista si è irrobustita nella potente Regione autonoma della Catalogna. Né i procedimenti giudiziari, né gli arresti o le perquisizioni sono riusciti a dissuadere i separatisti di questa Regione dall’organizzare uno scrutinio irregolare. Tuttavia, molte persone sono scese in piazza per protestare contro un referendum considerato non rappresentativo. «Catalonia is Spain» era scritto su alcuni cartelloni.

Danilo Turco

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