Nelle elezioni politiche in Germania i sondaggi corretti che erano arrivati sul tavolo della Cancelleria Merkel prima del voto vedevano Alternativa non al 9-10, ma al 13-15%, sottraendo voti sia alla Cdu sia all’Spd. Non solo per la prima volta una formazione neo-nazionalista sarebbe tornata al Parlamento tedesco, ma sarebbe diventata di colpo il terzo partito del Bundestag.
Per questo Schulz, ex presidente del Parlamento europeo, ricevette la telefonata della cancelliera, che, con toni cordiali, nonostante l’inasprimento inferto della campagna elettorale, lo informò del peggioramento all’orizzonte per entrambi i partiti, invitando a esprimere dichiarazioni concilianti alla chiusura delle urne, così da preparare tutti all’unica soluzione possibile, la Grande coalizione tra i due partiti. Schulz si sentì a disagio, aveva condotto per oltre sei mesi una campagna serrata proprio contro la Cdu e contro la Grande coalizione. Dopo 48 ore i risultati elettorali confermarono i timori della Merkel. La Cdu era scesa al 33%, la Spd al 20,5% e Alternativa al 12,6. L’analisi evidenziò che la Cdu aveva perso rispetto al 2013, ma non rispetto alle tre elezioni precedenti e la debolezza apparteneva al partito bavarese (Csu); l’Spd, il più antico partito politico europeo, era sotto il minimo storico; il partito liberale (Fdp) era risorto energicamente col 10,6% spostandosi però alla destra della Cdu. Infine, la frammentazione dei partiti aveva reso ancora più ingombrante la presenza di Alternativa, terzo partito al Bundestag. Merkel ricordò una frase del socialdemocratico, Helmut Schmidt: “fu il disordine e il fallimento della grande coalizione ad aprire la strada al nazismo dopo la Repiubblica di Weimar”. Allora sì, la cancelliera elabora una strategia per contrastare il rischio di una nuova Weimar: prima scelta quella di consolidare il quadro politico, formando una grande coalizione e allineare l’azione politica di Berlino con quella francese del nuovo presidente Emmanuel Macron. Questo avrebbe rafforzato l’Europa prima che i populisti ne minassero le fondamenta; seconda azione sarebbe stata quella di modificare le procedure parlamentari, rafforzando la presa sull’attività legislativa e sul dibattito pubblico con la nomina del più potente uomo politico tedesco, Wolfgang Schäuble, a presidente del Bundestag, in modo da ridimensionare la visibilità di Alternativa; infine, terza azione quella di operare per porre le basi per il tradizionale bipolarismo destra-sinistra alle future elezioni, con un lavoro nascosto di alleanza tra le forze più giovani della Cdu e dei liberali. Tutto questo avrebbe riportato la stabilità al quadro politico tedesco.
Per far tutto questo occorreva superare l’ostacolo Martin Schulz, il quale, il 24 settembre sera, comunicato l’esito delle elezioni, confermato alla guida dell’Spd con il 100% dei consensi, si presentò alle telecamere alterato e attaccò frontalmente la cancelliera dichiarando: “la SPD non sarà disponibile a rinnovare la Grande coalizione”.
Il giorno dopo, la cancelliera cercò al telefono una rappresentante di vertice dell’Spd con cui aveva la giusta confidenza, la ministra del Lavoro e delle politiche sociali Andrea Nahles di cui aveva constatato un crescente realismo politico dopo le iniziali posizioni radicali. Alla Nahles, Merkel spiegò che era suo unico interesse replicare il governo di grande coalizione e Nahles concordò e chiese tempo per costruire il necessario consenso nel partito per aggirare la contrarietà del segretario. Dopo due giorni dopo, Nahles si dimise da ministro e fu eletta presidente del gruppo parlamentare dell’Spd. Merkel e Nahles si diedero appuntamento per metà novembre. Il lungo e insolito negoziato per il varo di una coalizione Giamaica, composta da Cdu-Csu, Liberali e Verdi, si rivelò in gran parte solo un escamotage per guadagnare tempo mentre l’Spd persuadeva il proprio segretario.
Il 15 novembre, dall’Spd arrivò il segnale che la cancelliera aspettava. In via riservata i tre quarti dei parlamentari socialdemocratici si erano detti favorevoli a formare una grande coalizione contro il parere di Schulz e nel timore di dover tornare alle urne e perdere il seggio parlamentare appena conquistato. L’Spd avrebbe richiesto posizioni importanti nel nuovo governo e ufficialmente rappresentava la propria scelta come un sostegno alla linea europeista del partito e all’alleanza con Macron.
Passarono solo due giorni e il leader liberale Christian Lindner rovesciò a sorpresa il tavolo della trattativa per un governo Giamaica. Non ci furono vere spiegazioni e lo stesso Lindner di fronte alle telecamere lesse una dichiarazione: “meglio non governare che governare mal”. A sua volta, Nahles, che assumeva sempre più toni pubblici da leader dell’opposizione e perfino da antagonista della cancelliera, si stava costruendo la possibilità di lavorare direttamente al fianco di una Merkel concentrata sulla politica europea, come ministro del Kanzleramt. Nahles, quindici anni più giovane della Merkel, inizierebbe così a lavorare per un proprio governo futuro, a capo di una coalizione tutta di sinistra. Il bipolarismo tedesco rinascerebbe. La strada è ancora in salita, sono presenti ostacoli e molti possibili incidenti in agguato, ma i lineamenti della strategia Merkel per sconfiggere i fantasmi di Weimar sono quasi completati.
Danilo Turco