Il reddito di cittadinanza: in Finlandia e… in Italia

Il governo Finlandese non proseguirà l’esperimento di un assegno mensile di circa 560 euro ai disoccupati, ritenendo i sussidi alti e non stimolanti a cercare lavoro. In Italia si discute sulla proposta del M5Stelle.
In Finlandia, già a dicembre 2017, il Parlamento aveva approvato una nuova legge che condizionava il mantenimento degli assegni a un’attività lavorativa pari ad almeno 18 ore ogni tre mesi, senza le quali i versamenti sarebbero stati ridotti, proprio per invogliare i cittadini al lavoro. Nel 2019 il governo della Finlandia avrebbe dovuto avviare la seconda fase dell’esperimento, versando il sussidio anche ad alcuni occupati, ma questa proposta del progetto non si realizzerà, considerati i risultati raggiunti da tale sperimentazione, risultati che saranno pubblicati il prossimo anno, ma il ministro delle Finanze di Helsinki, Petteri Orpo, in una sua intervista al quotidiano Hufvudstadsbladet, ha anticipato che i sussidi risultavano alti e questo fatto non incentivava il disoccupato a cercare un lavoro. D’altra parte, appaiono delusi gli esperti che avevano sostenuto l’iniziativa, osservando che due anni di osservazione sull’esperimento sono da ritenere troppo brevi per poter trarre conclusioni attendibili. Secondo loro si sarebbe dovuto concedere al progetto più tempo e più denaro per ottenere risultati affidabili, è l’opinione del professor Olli Kangasin una sua intervista all’emittente televisiva finlandese YLE.
Cosa accade oggi in Italia? La proposta del reddito di cittadinanza (Rdc) è stata presentata dal M5s e prevede un reddito di disoccupazione, ma che risulta condizionato alla partecipazione attiva al mercato del lavoro. Cioè il meccanismo funzionerebbe in tal modo: il lavoratore scoraggiato si iscrive al centro per l’impiego (Cpi). La suddetta iscrizione comporta lo sforzo attivo di ricerca di un lavoro (coadiuvato dal Cpi), remunerato dal Rdc. L’erogazione del reddito è condizionata a non rifiutare più di tre offerte di lavoro (se “consone”), pena la perdita del beneficio. In tal caso il Rdc è in realtà un reddito di disoccupazione che risulta però condizionato alla partecipazione attiva al mercato del lavoro, che richiama alcuni aspetti della teoria sul lavoro e la disoccupazione di Keynes. I critici sulla proposta ritengono che i finanziamenti al Rdc produrrebbero un forte incremento del deficit e poi, in generale, effetti minimi su occupazione e reddito.
Danilo Turco

Il bilancio dell’Unione europea condiziona il futuro

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Sono in atto le trattative su bilancio europeo e stabilizzazione dell’Eurozona. Nel primo caso il compromesso sembra possibile da raggiungere, ma la situazione è più complessa e pare difficile un accordo riguardo al secondo caso.
Esistono due tavoli attualmente in Europa che stanno lavorando alacremente e il primo affronta le questioni e le prospettive finanziarie per il periodo 2021-2027; il secondo riguarda le politiche per la stabilizzazione dell’Eurozona.
Il primo tavolo sta elaborando i principali comparti di spesa per gli anni successivi e questa volta si trova ad affrontare questioni importanti, alcune diverse novità, come la Brexit, in quanto la fuoriuscita dall’Unione della seconda economia europea produce una riduzione del bilancio europeo di quasi il 10 per cento del totale, cioè di circa 12-13 miliardi di euro all’anno in meno, che devono essere compensati con altre risorse. Inoltre è diffusa la percezione che alcuni Paesi e cittadini europei (vedi i sondaggi di Eurobarometro) non trovano soddisfacente continuare a concentrare la spesa sulle tradizionali azioni di politica realizzate sino ad ora, cioè agricoltura e politiche di coesione (per oltre il 75 per cento del bilancio), perché rappresentano un passato e non più il futuro, che presenta nuove necessità di impegno finanziario sui cosiddetti “beni pubblici” europei, cioè difesa, sicurezza, protezione delle frontiere, investimenti ambientali e agenda digitale. In realtà, qualcosa l’Unione è già riuscita a realizzare in favore di questi ambiti, nonostante le rigidità del bilancio europeo, si pensi alla Guardia costiera europea e al Fondo europeo per la difesa, ma risulta urgente un investimento maggiore nel futuro su queste politiche. La Commissione presenterà proposte concrete a partire da maggio 2018. Inoltre, sono in atto molti lavori preparatori di vari Paesi, su possibili proposte alternative al passato, che ad esempio prevedono un ampio spazio a un meccanismo di finanziamento più trasparente e più concentrato sulle “risorse proprie” dell’Unione. E’ dunque previsto un bilancio un po’ più ampio di quello attuale (un 1 per cento più qualcosa del Pil dei Paesi rimanenti), con una riduzione del ruolo delle politiche tradizionali a vantaggio dei “beni pubblici” europei e per l’Italia, in particolare, si auspica che si riesca ad ottenere l’impegno di voler superare il Trattato di Dublino, con un aumento del finanziamento europeo sulle politiche di controllo delle frontiere.
Il secondo tavolo poi, riguarda le politiche per la stabilizzazione dell’Eurozona e su questo la Francia e l’Italia si sono molto spese sino ad ora per giungere a realizzare un bilancio per l’euro o almeno una capacità fiscale condivisa per l’Eurozona, con un ministro delle finanze europeo e su questo a giugno è previsto un Consiglio europeo dedicato a voler definire a riguardo proposte operative, o perlomeno una road map precisa. È molto probabile che l’agenda finale del Consiglio europeo di giugno venga ridimensionata, poiché nel 2019 ci saranno le elezioni europee, per cui ogni possibilità di progresso ulteriore sarà rinviata al 2020. Ma non va ignorato il rischio che questo può comportare, perché senza progressi seri sulle politiche di stabilizzazione dell’area, con una prossima crisi finanziaria si può anche mettere in pericolo l’Eurozona stessa. La situazione del nostro Paese è migliorata rispetto al 2011, riducendo i rischi, ma comportamenti finanziari irresponsabili nel futuro potrebbero di nuovo pregiudicarla.
Danilo Turco

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