“In Antonia c’è molto di me. E molto è anche inconfessabile. Tuttavia, il senso di libertà spesso negato, il bisogno d’amore e la ricerca delle parole più giuste a raccontare se stessi nello stare al mondo, credo siano comuni. Non avrei potuto raccontarla dicendo “io” se in qualche modo non l’avessi sentita vicina e quasi sorella”.
In queste note Elisa Ruotolo ci svela l’intensa vicinanza con la protagonista del suo ultimo lavoro letterario, la giovane poetessa Antonia Pozzi, scomparsa suicida il 3 dicembre del millenovecentotrentotto.
“Una grazia di cui disfarsi” è un testo unico nel suo genere, edito per i caratteri di rueBallu, disponibile in libreria dalla scorsa primavera. Uno struggente incontro fra prosa e poesia, confezionato in una seducente veste grafica curata da Pia Valentinis.
L’occhiello presente in copertina riconosce nella protagonista e nella sua breve vita, l’essenza e la potenza delle parole, i versi delle liriche. Strumenti unici e disperati esprimono i propri sentimenti: l’amore manifestato per il suo professore di latino e greco, Antonio Maria Cervi, molto represso dal perbenismo borghese dei genitori.
I suoi interessi culturali furono molteplici: la passione per la fotografia e per la natura incontaminata dei luoghi natii, la settecentesca villa di famiglia a Pasturo nel Lecchese, gli aneliti solidali e una spiccata sensibilità nell’amore per la vita. Elementi contrastanti sino all’epilogo tragico indotto dalla cultura intransigente e oscurantista dell’epoca, avallata dai genitori che negarono l’ipotesi del suicidio. Un moto irreversibile degenerato proprio nell’anno della sua scomparsa, con la promulgazione delle leggi razziali.
Nel lavoro di Elisa Ruotolo emerge un’elaborazione interiore che si sovrappone all’esperienza della poetessa, visitata e “abbracciata” potremmo dire in una nemesi storica dalle decisive e diverse eredità. Quest’incontro solidale fra la scrittrice che presta voce e stati d’animo alla “amica” Antonia si esprime nel prologo, primo capoverso del volume.
E’ la stessa scrittrice che ci conferma il suo legame con Antonia Pozzi e l’idea ispiratrice del testo.
“I motivi che mi hanno spinto a questo progetto sono vari: direi che in primis ha giocato un ruolo determinante la mia profonda devozione verso le parole di Antonia; inoltre mi piaceva l’idea di farla conoscere ai ragazzi. Antonia è stata troppo a lungo dimenticata e tradita (poco presente o del tutto assente in antologie scolastiche, spesso manipolata o ridotta al silenzio – penso all’intervento del padre, Roberto Pozzi, sulle poesie lasciate da Antonia). Scrivere di lei ha significato conoscerla, ma così profondamente che mi sembra di averla appunto ricordata, più che raccontata”.
L’intensità della prosa, il dolore espanso nella narrazione degli eventi cruciali si stempera in pause di serenità e piacere grazie ai disegni semplici e belli di Pia Valentinis, ai giusti stacchi cromatici, idonei, probabilmente empatici alla lettura (sempre complicata) dedicata ai lettori più giovani, alle scolaresche.
La dedica che la Ruotolo offre proprio ai suoi allievi nella prima pagina del libro è la cifra di un percorso impegnativo e dirimente. La grazia di cui disfarsi appartiene alle esperienze di vita di ogni persona. Questo libro ci aiuta a riconoscerla.
Luigi Coppola