Ritrovato, a Roma un murale di 80 metri quadri di Giacomo Balla che si pensava perduto

Un importante ritrovamento artistico e al tempo stesso un importante pezzo di storia di Roma che torna alla luce: dopo cento anni riaffiora il Bal tic tac di Giacomo Balla.

Circa 80 metri quadrati di pitture murali originali sono riemersi sulle pareti e sul soffitto del piano terra del primo cabaret futurista, coperte e nascoste da controsoffitti e carta da parati, da boiserie e strati di tinteggiatura successivi.

Una scoperta inaspettata, avvenuta durante dei lavori di ristrutturazione: si credeva infatti che le pitture fossero andate perdute in seguito ai numerosi interventi di restauro della palazzina nel corso del Novecento.

Sembra quasi di percepire quell’atmosfera elettrizzante delle indimenticabili serate a ritmo di Jazz del locale che, secondo i giornali dell’epoca, era il ritrovo preferito del “miglior pubblico della Capitale”.
Agli inizi degli anni venti, il poliedrico artista aveva realizzato le decorazioni e gli arredamenti del locale, in linea con quella rivoluzione che voleva portare l’estetica futurista in ogni ambito della vita quotidiana. Un trionfo di luce, forme, colore, che rendeva quelle mura ‘dinamiche’, una sorta di cielo in festa.

Luigi Donato, capo dipartimento Immobili Banca d’Italia, ha commentato: “Quando abbiamo trovato questo forte segno del destino di riportare alla memoria il Bal tic tac a noi è sembrato doveroso guardare all’arte come qualcosa di straordinario da conservare e valorizzare. Come abbiamo un notevole patrimonio archeologico, puntiamo adesso su questa valorizzazione con lo stesso senso di responsabilità sociale”. L’intenzione, infatti, è quello di aprire il murale al pubblico insieme al Museo per l’educazione monetaria e finanziaria della Banca d’Italia la cui apertura è prevista per la fine del 2021.

Nicola Massaro

A Intra Moenia gli eleganti ritratti femminili di Maria Pia Daidone

Inaugurata venerdì scorso, sarà presente fino a sabato prossimo, a Napoli, in pieno centro storico, tra le pareti del caffè letterario Intra Moenia, “Colloqui Metafisici – Collages 1998/2018”, piacevole mostra di opere dell’artista Maria Pia Daidone, curata da Maurizio Vitiello e realizzata con la collaborazione del Dipartimento Campania dell’Associazione Nazionale Sociologi.

Nove i lavori in esposizione, volti muliebri, singoli o accoppiati, che rievocano eleganza rinascimentale giovandosi della modalità espressiva egizia della disposizione di profilo con l’occhio in posizione frontale, ma pure della tecnica cinquecentesca, cara al milanese Giuseppe Arcimboldo, delle “teste composte”, almeno nel vestiario, realizzato infatti con le immagini più disparate, nonché di una strategia creativa ben più moderna, quella di fotografare il risultato ultimo per eliminare così il rilievo dovuto alle varie sovrapposizioni.

Il tutto, infine, poggiato su un fondo assolutamente nero, dalla chiara virtù di esaltare prepotentemente la luminosità dei soggetti.

Opere gradevolissime, di raffinato tono decorativo, che si prestano sia ad una visione a distanza, che le nobilita massimamente, che ad una ravvicinata, più sorprendente, che ne svela la singolare tecnica.

Rosario Ruggiero

 

(Foto di Lucia Mugnolo)

Martin Scorsese, premio alla carriera alla Festa del Cinema di Roma

Standing ovation da copione, file di dieci ore, ragazzi con numeri “d’ingresso” scritti sulle braccia da parte dell’organizzazione. Cose folli, cose che accadono quando l’ospite si chiama Martin Scorsese, “un genio del cinema” tiene a chiamarlo Antonio Monda prima di accoglierlo sul palco.

È indubbiamente l’incontro ravvicinato più atteso della 13ma edizione, e con il premio alla carriera consegnatogli da un commosso Paolo Taviani: “Martin, che è un amico, è un uomo che ci aiuta a capire chi siamo e io per questo lo ringrazio”, è il completamento di un percorso articolato che il cineasta newyorkese ha deciso di compiere alla Festa del Cinema di Roma avendo presentato alcuni film del programma e tenuto diversi incontri, fra cui una lezione di cinema con Alice Rohrwacher.

Scorsese ha raccontato i nove film, tra i molti, del cinema italiano che tra gli anni ’50 e ’60 lo hanno formato, commentando spezzoni significativi, ricordandosi come fosse ieri luogo e occasione in cui li aveva visti per la prima volta, raccontando aneddoti curiosi, minimi con la sua solita generosità, come parlasse appunto ai suoi studenti di cinema.

“Sono i film che mi hanno ispirato per il futuro, quelli che sono stati per me scuola di cinema, quelli di cui si possono trovare tracce nelle mie opere”, ha spiegato.

Non i capolavori assoluti del nostro cinema, mancherebbero ad esempio i film del neorealismo da Roma Città aperta a Ladri di biciclette che pure ama, ma i suoi film di formazione. E in un ordine crescente evidentemente perché per gli ultimi tre hanno portato quasi alla commozione Scorsese per quanto hanno rappresentato.Dopo il dialogo con il direttore del festival Antonio Monda il premio consegnato da Paolo Taviani con il pubblico in piedi ad applaudirli. I nove film con cui Martin Scorsese ha omaggiato il nostro cinema sono Accattone di Pasolini (1961), La presa del potere da parte di Luigi XIV di Rossellini (1966), Umberto D di De Sica (1952), Il posto di Olmi (1961), L’eclisse di Antonioni (1962), Divorzio all’italiana di Germi (1961), Salvatore Giuliano di Rosi (1962), Il Gattopardo di Visconti (1963) e infine quello che ancora oggi, con la sua esperienza e la sua passione anche di restauratore con la sua Film Foundation, lo lascia senza parole, Le Notti di Cabiria di Fellini (1957).

Nicola Massaro

Dopo la cucina della nonna, a tavola con i dolci

 

Dopo la cucina della nonna, un altro libro ha colpito la nostra attenzione. Della medesima collana dell’editore Rusconi Libri Impariamo dalle nonne, anche questo volume dalla piacevole veste editoriale, presenta molte ricette tratte dalla tradizione dolciaria delle nostre regioni. Sfogliando le pagine, le ricette di dolci noti e meno noti tengono viva l’attenzione del lettore e tra preparazioni semplici e laboriose fanno scoprire la nostra cultura dolciaria. Dolci per tutti i gusti e per tutte le stagioni e ricorrenze.

Il libro è pensato come il vecchio quaderno delle ricette che qualcuno ritrova nel cassetto e dove la nonna o la mamma hanno annotato ingredienti, dosi e modalità di preparazione e cottura per sfornare gustose leccornie per piccoli e grandi.

Il volume “è una raccolta di segretti, consigli eo semplici accorgimenti per irportare in tavola i spaori della nostra infanzia… Ricette per non dimenticare, e per insegnare ai nostri figli  il gusto delle cosegenuine fatte in casa”.

A questo forse aiutano anche i tanti programmi di gastronomia e di cucina che imperversano sui canali tv.

E allora perché non cimentarsi in qualche ricetta?

Salvatore Adinolfi

 

 

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