“Certo la scelta di stare dalla parte giusta in questo Paese è faticosa ed essere fedeli ai propri principi spesso presenta costi salatissimi”.
Una considerazione che sembra interrompere un turbinio di eventi tumultuosi che si susseguono con ritmi spasmodici, spesso angoscianti, rivela come in una tregua armata, una sorta di respiro lucido più regolare, un risveglio amaro dalle attese migliori che spiana una strada da continuare. Con estrema difficoltà ma con la consapevolezza che l’impegno assunto, le prove dolorose affrontate, le sofferenze subite, non siano state un sacrificio vano o, peggio, la ricerca di una gratificazione bulimica,sfociata in una megalomane corsa verso carriere e visibilità mediatiche. Il caso tutto italiano di mala vita a Ostia, emerso nelle inchieste giornalistiche di Federica Angeli cronista di nera per “La Repubblica”, pone letture e prospettive diverse per la stessa autrice, rispetto al fenomeno criminale vissuto e narrato, storicamente uguale e puntuale in troppi territori del nostro Paese.
Nel libro “A mano disarmata”, in libreria dallo scorso maggio (edizioni Baldini e Castoldi, già vincitore per l’edizione 2018 del Premio letterario giornalistico Piersanti Mattarella), la Angeli descrive, con una cronaca ampia e intensa oltre i normali canoni giornalistici, gli ultimi cinque anni della sua vita trascorsi sotto la tutela di una scorta adeguata ad un alto livello di potenziale rischio con l’ausilio di una vettura blindata dell’arma dei carabinieri imposta per ogni tipo di spostamento all’esterno della sua abitazione.
Il dispositivo di sicurezza è l’atto dovuto rispetto all’unica scelta di vita, adottata dalla giornalista nel quartiere di Ostia dove vive con il marito e i suoi tre bambini. Una scelta non solo di affrontare a viso aperto i capi clan della mala (riconosciuta dai giudici come“mafia” grazie anche all’impegno civile della protagonista), quanto di denunciarli in un lungo elenco di occasioni, presso gli organi giudiziari di tutto il distretto della capitale e di combatterli uno ad uno, armata solo di penna e determinazione nei valori civili di riferimento.
L’episodio clou, decisivo a porre sotto tutela la giornalista, risale ad una notte violenta, quella del sedici luglio 2013 sulla via di Ostia distante pochi passi dall’abitazione di Federica. Alcuni spari svegliano l’intero vicinato.È appena terminato il raid di Carmine Spada davanti ad una sala scommesse gestita da esponenti del principale clan rivale, quello dei Triassi. All’ordine truce in perentorio romanesco, impartito dallo sparatore a tutti gli abitanti svegliatisi dal sonno e catapultatisi alle finestre, di rientrare e serrare le imposte, l’unica disobbediente, è la Angeli, la quale, dopo un diverbio con il marito che la invita a desistere, scende in strada a raccogliere ulteriori informazioni sulla dinamica dell’evento a pochi giorni dall’uscita di una sua inchiesta esplosiva pubblicata sulla versione on line de La Repubblica.
Il seguito delle oltre trecentosettanta pagine che compongono il testo proiettano immagini vive con riferimenti immediati per il lettore rispetto ad una cronaca nera recente, immediata nella memoria visiva dei telespettatori dei telegiornali nazionali con la ricostruzione dell’episodio violento subito dall’inviato Rai della trasmissione Nemo Danieli Piervincenzi colpito al setto nasale (fratturato) da una testata di Roberto Spada.
La lettura del saggio non è un semplice quanto doloroso diario della cronaca giudiziaria legata alla nota inchiesta cosiddetta “Mafia Capitale”. L’esposizione civile oltre quella professionale della scrittrice richiama inevitabilmente altri esponenti, non solo giornalisti o intellettuali, divenuti famosi per aver rifiutato l’assoggettamento culturale all’illegalità e averla combattuta sino a versarne il sangue e la vita.
Nel libro sono ricordate alcune di queste figure: da Giancarlo Siani ai giudici Falcone e Borsellino, oltre riferimenti a colloqui e messaggi scambiati con alcuni fra i massimi rappresentanti delle forze dell’ordine, della magistratura e di politici di preminente caratura nazionale.La cifra inedita di questo libro insiste nel coinvolgere la sfera privata e familiare, completamente svelata e condivisa con uno struggente senso materno negli aspetti più intimi della realtà quotidiana.
Una operazione certamente non facile che se da un lato richiama espedienti adottati da sceneggiatori di alcune splendide pellicole cinematografiche italiane (“La Vita è bella” di Benigni) dall’altro pone riflessioni importanti in un contesto reale dove la garanzia di assicurare una crescita adeguata e serena ai propri figli nella prima infanzia è prioritaria.
Proprio per la natura di un lavoro in evoluzione, dove il “lieto fine” non è previsto o comunque dipende (in divenire) da un auspicato processo di cambiamento culturale non limitato ai lettori di questo libro, la sfida sale in un livello più alto per l’autrice, consapevole dell’esponenziale aumento di quei “costi salatissimi” citati in apertura.
L’annuncio in seconda di copertina che i contenuti di questo libro saranno a breve trasposti in un lungometraggio diretto dal regista Claudio Bonivento (le riprese inizieranno in autunno e Federica Angeli sarà interpretata da Claudia Gerini) assurge la giornalista ad una funzione, se possibile, più importante. Un ruolo che comporterà comprensibili e meritate soddisfazioni con l’auspicio (la stessa giornalista ne è consapevole) di superare il quasi inevitabile destino iconografico già riservato ad alcuni colleghi. Roberto Saviano è un riferimento immediato (la stessa Angeli ne rivela la vicinanza in un frangente molto teso della vicenda), ma il libro apre orizzonti di confronto che superano il dibattito sulla già importante visione dell’informazione italiana (ampiamente coinvolta anche grazie ai referenti istituzionali di settore come Beppe Giulietti e Paolo Butturini) per offrire visioni determinanti a costruire una società civile, tutt’oggi non compiuta.
L’impegno di resistenza civica racchiuso in queste pagine vale ogni tentativo di svilupparne diffusione e nuove forme di proposta d’impegno sociale. Dalla scuola alla famiglia sino ai media, in tutti i linguaggi possibili dell’arte: l’Italia può cambiare oltre la retorica e la propaganda.
Luigi Coppola