La stretta di Facebook in nome della sicurezza

Da quando Facebook si trova nell’occhio del ciclone di molti Governi in giro per il mondo, a partire dalla vecchia (e neppure troppo) faccenda di Cambridge Analytica, Zuckemberg non perde occasione di rimarcare l’impegno della sua azienda nel proteggere da qualsiasi “minaccia esterna” i dati personali dei suoi utenti. Onorevole, nonché dovuto, obbligo per la più potente e precisa macchina di profilazione a libero accesso del mondo; e non poteva essere altrimenti, anche dopo l’effettiva entrata in vigore in Europa del nuovo Regolamento sulla protezione dei dati personali.

È di questi giorni la stretta sui profili falsi presenti in piattaforma. Nel commento di Zuckemberg alla pubblicazione del Community Standard Enforcement Report e del Transparency Report, l’AD di Facebook ha sottolineato come nei primi 3 mesi di quest’anno gli sforzi si siano concentrati nella rimozione di circa 2,2 miliardi di profili falsi, precisando però che la maggior parte degli account è stata rimossa nei minuti successivi alla loro creazione e, quindi, non sono inclusi nei dati sugli utenti attivi mensili e quotidiani, parametro seguito da vicino dagli investitori. Si tratta quindi di account che molto probabilmente pochissimi sono stati in grado di vedere e accedervi; eppure, legati a questi profili sono state debellate anche parecchie fake news pubblicate su molteplici tra pagine e gruppi che Facebook ha chiuso su segnalazione della Ong internazionale Avaaz.

Pagine usate come delle armi dai partiti e dai gruppi di estrema destra e anti-Ue che rappresenterebbero solo una punta di iceberg, il 20% delle reti segnalate, secondo Avaaz, al termine di un’indagine condotta in sei Paesi europei: Italia, Germania, Regno Unito, Francia, Polonia e Spagna. Gli attivisti hanno scoperto e segnalato 550 pagine o gruppi e 328 profili seguiti da circa 32 milioni di persone che contribuivano alla diffusione di contenuti volutamente deviati rispetto alla realtà, ottenendo 67,4 milioni di interazioni (commenti, condivisioni o semplici like) negli ultimi tre mesi.

C’è comunque da dire che Facebook rileva un forte aumento nella creazione di account falsi: la società ha stimato che lo siano il 5% dei suoi 2,4 miliardi di utenti attivi mensili, ovvero circa 119 milioni; “continueremo a trovare strade per bloccare i tentativi di violazione delle nostre politiche” ha assicurato Zuckemberg, che ha pure comunicato di aver ricevuto da parte dei governi di tutto il mondo circa 110.634 richieste di dati di utenti, numero anche questo in aumento, del 7%.

La sicurezza pare essere davvero il focus per Facebook, almeno in questo momento storico, tant’è che sulla scia di commento al Report su citato è stato anche annunciato un investimento di 7,5 mln di dollari per la Technical University di Monaco, in Germania, per lo studio di un’etica applicata all’intelligenza artificiale: lo scopo sarebbe quello di indagare i possibili utilizzi dell’A.I. e l’impatto sulle vite umane, con l’unico obiettivo di assicurarsi che i software d’apprendimento automatico, se propriamente “allenati” imparino a non discriminare in base al colore della pelle, non violino la privacy, né mettano a rischio la sicurezza delle persone, magari riconoscendo a priori parole eticamente inappropriate nei contenuti di un commento.

Insomma, siamo di fronte ai primi tentativi, da parte di tutti gli attori in campo, di dare una forma e una consistenza pregnante al problema del nostro tempo: la difesa dell’identità virtuale delle persone.

Rossella Marchese

 

 

 

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