“ Mi sentivo come se mi avessero strappato via la mia vita, la mia libertà. Credevo di non poter mai più occuparmi di me, che sarei diventata una di quelle mamme che si trascurano e finiscono per diventare depresse. Da quel momento in poi capii che non ero più solo io, ma un continuo di me di cui avrei dovuto occuparmi per tutta la vita perché quel frugoletto me la stava totalmente stravolgendo ed io non ero pronta a lasciarglielo fare”
La depressione post partum si presenta quando la mamma non è pronta ad interpretare il ruolo. Questa mancata prontezza nel divenire madre può suscitare in lei sentimenti quasi di odio nei confronti del piccolo: la forte percezione di rifiuto del proprio figlio dettata dalla paura e dalla sensazione che le stia rubando la vita, non solo. Questo accade anche e soprattutto quando una donna vive di insoddisfazioni personali: traumi del passato e infelicità potrebbero essere una delle cause per cui, inconsciamente, possa provare questo negativo sentimento, credendo, inoltre, che il bambino sia il motivo dei suoi insuccessi o della fine della sua gioventù.
La realizzazione personale è fondamentale per avere una sana quanto giusta visione delle cose e della vita per poter dare, quanto più possibile, la giusta educazione per assicurare un futuro sereno al proprio figlio. Un altro fattore che potrebbe entrare in gioco per chi non è ancora pronto a prendersi cura di qualcun altro e non più solo di sé stesso, è la difficoltà nel riuscire a distinguere la voglia di avere un figlio dettata dall’idea piacevole di costruire una famiglia ed essere indipendenti, dalla vera vocazione e desiderio di diventare genitori, in questo caso consapevoli del fatto che, la propria vita dal quel momento in poi subirà un notevole cambiamento. Ma per una donna il semplice fatto di essere riuscita a creare un’altra vita dovrebbe essere sufficiente per provare automaticamente amore incondizionato verso il proprio figlio? Si sa, resterà sempre la più grande gioia che una donna possa provare nella vita, ma alle volte, però, può accadere che non appena partorisce il primogenito, potrebbe iniziare a provare un forte desiderio di evadere lontano dal piccolo rischiando, di conseguenza, di lasciargli seri danni permanenti per la sua crescita. Diciamo che, per viverla al meglio, non bisogna affrontarla come una condanna, come un qualcosa che ci toglie la libertà, bisogna, al contrario, prendersi più cura di sé stesse, perché il benessere del proprio figlio è il riflesso della serenità e felicità della madre: una mamma serena, che si prende cura del suo aspetto estetico, che coltiva i propri interessi, una donna soddisfatta di sé sarà una madre maggiormente amorevole, perché bisogna avere tanta cura di sé prima ancora di prendersi cura del prossimo, e ancor di più quando si tratta del proprio bambino. Ricordiamoci, inoltre, che la vita di una donna non finisce quando diventa mamma. Potrebbe iniziare una seconda quanto piacevole esistenza.
“Stavo rischiando di perdere i momenti più belli della mia vita, col tempo ho finalmente capito che per dare amore devo amare me stessa”. Con queste parole, Milena, una giovane madre di 26 anni napoletana racconta la sua esperienza con la depressione post partum.
Milena, durante o dopo il parto hai iniziato a sentire queste sensazioni negative?
Subito dopo aver partorito. Non riuscivo a tenere mio figlio tra le mie braccia. 9 mesi trascorsi nell’ovatta. Coccolata da mio marito, da tutta la mia famiglia e anche dalla sua. Non eravamo più nella pelle quando i ben 3 test di gravidanza dicevano che aspettavo un bambino da 5 settimane. E così da quel momento non abbiamo fatto altro che comprare tutine, culla e tutto ciò che potesse intrattenere la nostra euforia nell’attesa dell’arrivo di Leonardo. Non vedevo l’ora di tenerlo tra le mie braccia. Però poi come si può arrivare a sentire sentimenti di odio nei confronti dei propri figli una volta venuto al mondo? Eppure lo desideravo come poche cose nella mia vita ho potuto mai desiderare così. Ma una volta partorito mi è crollato il mondo addosso. Non so spiegare come sia stato possibile ma non riuscivo a tenerlo in braccio ne ad allattarlo. I pensieri che formulava la mia mente erano brutti e negativi nei suoi confronti tanto da farmi spaventare e farmi arrivare ad odiarlo, ma soprattutto ad odiarmi.
Come hai affrontato tutto questo?
Sono andata via di casa per qualche giorno. Nessuno riusciva a trovarmi e lo so che ho fatto l’errore più grande della mia vita perché mio figlio ne subirà le conseguenze ma per me era l’unica cosa da fare in quel momento altrimenti sarei finita per odiarlo davvero. Non riuscivo a guardarmi allo specchio perché quelle brutte frasi che sentivo uscire dalla mia bocca inconsapevolmente, mi stavano lentamente ammazzando. Io non solo non riuscivo a dare affetto, ma sentivo un sentimento di odio nei confronti di mio figlio, non lo volevo. Avrei voluto tornare indietro per non concepirlo e più la mia testa pensava questo più stavo male, come se qualcuno pensasse al posto mio. Pensavo che fosse una delle sensazioni più brutte mai provate e che forse, per tanta gioia provata durante la gravidanza era questo il prezzo da pagare? Non mi riconoscevo perché mai nella vita avevo provato tanto rancore verso qualcuno e mai mi sarei aspettata che se mai l’avessi provato, sarebbe stato verso mio figlio, verso la persona che più avrei dovuto amare al mondo.
Ti sei fatta aiutare da qualcuno?
Dicono gli psicologi che quando inconsciamente si provano questi sentimenti negativi per il primo figlio, è perché forse non si è pronti a dover dedicare la tua vita ad un’altra persona. Diciamo che, almeno per i primi tempi, o, per i primi anni addirittura, ci si annulla quando si mette al mondo un bambino. La tua priorità diventa lui e sacrificare parecchie cose della tua vita diventa d’obbligo. E forse a questo io non ero pronta, mi piaceva l’idea di un bimbo tutto mio, di una famiglia tutta mia e forse sono stata anche troppo precipitosa e un po’ ancora infantile da non capire che avere un bambino tutto mio non sarebbe stato come quando giocavo a mamma e figlia a 8 anni o come quando ti prendi cura del bambino di tua sorella per qualche ora. Avere un figlio proprio significa prima di tutto riuscire a guardare la vita con altri occhi, attraverso i suoi, magari per comprenderlo al meglio. Essere pronta a cambiare programma al momento per lui, a stravolgere i tuoi piani da un momento all’altro, perché lui è la cosa che più conta al mondo. Mio figlio è arrivato nel momento in cui avevo deciso di iscrivermi all’università ed è forse per questo che lo vedevo come il ladro della mi vita.
Adesso come vivi il rapporto con tuo figlio?
Ho faticato tanto per arrivare dove sono ora: mi sono avvalsa dell’aiuto di una psicanalista e insieme abbiamo trovato la strada giusta da intraprendere e mi ha accompagnata per parecchi mesi, fino a quando non sono stata pronta ad incamminarmi da sola. Ad oggi l’ho superato alla grande tanto che abbiamo ben 3 bambini e con gli altri due parti non ho vissuto questo dramma. Siamo arrivati alla conclusione che allora non ero pronta a tutto ciò che stavo vivendo e che avrei dovuto contemporaneamente realizzare i miei sogni. Con l’aiuto di mia madre e di mia suocera e non lo nego di una babysitter ho avuto l’opportunità di studiare e tra meno di un anno mi laureo. Credo ci voglia solo tanto coraggio e la forza di capire che nella vita una cosa non esclude l’altra perché una madre può anche essere una donna in carriera.
Alessandra Federico