Dario Argento, soprannominato il maestro del brivido, perché ha dedicato quasi tutta la propria produzione al cinema horror, è il noto regista, produttore cinematografico e sceneggiatore italiano. Uno dei suoi film più celebri è Profondo Rosso ed è proprio grazie a questo suo capolavoro che Dario Argento è diventato uno dei registi più acclamati in tutto il mondo soprattutto per gli appassionati del cinema horror. Il regista, in una delle sue interviste, racconta che da sempre è stato attratto dalla psiche umana, difatti, la maggior parte dei suoi film, trattano un tema psicologico come quello del trauma. Il re dell’horror utilizza la psicanalisi per entrare nella mente dello spettatore, per affascinarla, introducendo spesso scene disturbanti (grazie soprattutto all’uso di effetti speciali in particolare giocando sui meccanismi della suspense). La sua maestria non è solo nella fotografia ma è anche e soprattutto nella colonna sonora; è stato uno dei primi registi italiani capace di far sposare la narrazione cinematografica con la narrazione musicale poiché, nei suoi film, sono in numero minore le scene non accompagnate da musica. Ed è proprio con la musica, in questo caso inquietante, che Argento riesce a far entrare lo spettatore in uno stato umorale di tensione prima ancora di vedere la scena.
Ma veniamo a Profondo Rosso
Marc Daly è un jazzista inglese che si ritrova a far da testimone del tribunale omicidio della sensitiva tedesca Helga Ullman che, poco tempo prima dell’omicidio, durante la conferenza tenuta dal professor Giordani, (psichiatra) all’interno di un teatro aveva avvertito la presenza di un serial killer. L’agitazione per la circostanza fa accantonare una questione importante per Marc, perché in alcuni quadri, (composizioni inquietanti di volti di Enrico Colombotto Rosso) all’interno dell’appartamento della donna aggredita, riesce a notare un dettaglio fondamentale ai fini della soluzione delle indagini. Carlo, che soffre di dipendenza compulsiva dall’alcool, è il collega pianista di Marc che, preoccupato per l’amico (perché decide di indagare personalmente sulla morte della donna con l’aiuto della giornalista Gianna Brezzi e Giordani), lo supplica di non lasciarsi coinvolgere del tutto dal caso poiché si trattava di un pazzo assassino: uno psicopatico schizofrenico che utilizza un inquietante canzone per bambini come sottofondo per accompagnare il suo omicidio. Amanda Righetti è l’autrice di un libro che può aiutare a risolvere il caso ma l’assassino arriverà sempre prima che Marc possa raggiungere la scrittrice. Il killer arriverà ad uccidere anche Giuliani prima che egli comunichi a Marc il nome del colpevole. Marc raggiunge finalmente il suo obiettivo: in una villa abbandonata trova un cadavere mummificato e un disegno angosciante in cui c’è la firma di Carlo, il suo amico che poco dopo morirà vittima di un incidente stradale. Il disegno raccontava l’omicidio a cui Carlo aveva assistito in tenera età: sua madre che accoltella suo padre. In quel momento i ricordi di Marc affiorano; il volto del vero assassino (riflesso nello specchio che aveva scambiato per un quadro) era il dettaglio che aveva dimenticato. l’assassino è la madre di Carlo, Marta che insegue Marc con la macchina dopo aver capito che quest’ultimo era al corrente della verità, e, in seguito ad un breve litigio tra loro, Marta rimane decapitata dall’ascensore del palazzo. L’ultima scena ritrae Marc immobile con i piedi immersi nel sangue.
Gli elementi principali di questo film sono lo specchio e la musica. Lo specchio, poiché posizionato tra tanti quadri in modo tale da dare la possibilità al killer (inizialmente e al momento dell’omicidio) di nascondersi depistando le indagini pur essendoci la sua immagine riflessa, allo stesso tempo, però, rivelerà il volto dell’assassino. Per quanto riguarda la musica, invece, la cantilena di natale racconta la triste storia di un bambino (Carlo) che, per difendere il segreto della madre, da adulto sarà prigioniero del trauma; non avendolo mai elaborato la sua vita sarà per sempre condizionata. Il messaggio che vuole mandare il regista è chiaramente di aspetto psicologico: se un trauma non viene elaborato e curato porta all’autodistruzione. Ancora, in tutti i film di Argento, traspare il suo amore per la cultura, per il teatro, per i libri e per la musica.
Alessandra Federico