«Antigone guardò lo zio e pensò al padre, alla madre, ai fratelli che aveva perduto, alle lacrime, ai viaggi, alle armi, ai tradimenti e seppe che lei non avrebbe fatto ancora torto alla sua famiglia, ignorando il corpo di Polinice. Lei non si sarebbe arresa.» Antigone come Medea, Penelope, Arianna, Circe. Perché ha dato loro voce?
L’idea del libro è quella di raccontare alcune donne dei poemi, delle tragedie del mito attraverso le loro vicende, le loro personalità, le gioie, gli errori. Ho quindi cercato notizie sulla loro infanzia, ho immaginato i sentimenti e i pensieri, le scelte, per scrivere le stesse storie, a noi molto care e familiari, da altri punti di vista. Così ho provato a narrare le case grandi come labirinti, i tuffi nel mare, l’amore per le stoffe, il desiderio di riconoscimento, la voglia di rottura e di sangue.
Tra le “mitiche” campeggia Pandora, donna malvagia, perché sarà lei per la sua incontrollabile curiosità a diffondere livore, conflitto, malanno, decesso, aprendo il celebre vaso sigillato da Giove. Il mito ha contribuito alla misoginia?
In realtà la Pandora che racconto io non è affatto malvagia ma curiosa, sveglia, interessata al mondo che la circonda, ed è proprio per questi motivi che decide di aprire il vaso, di capire cosa contiene. Credo che sia evidente come nel racconto di Adamo ed Eva che storicamente e simbolicamente la colpa è stata attribuita alle donne per aver rovinato l’idillio attraverso i loro gesti e le loro scelte. Penso quindi che ci sia della misoginia già implicita in molti miti e in molte parabole bibliche, queste di certo hanno anche contribuito a rinforzarla.
Penelope è nota per la devozione verso il marito e lo spirito di sopportazione nella lunga attesa di Odisseo. Durante il giorno filava la sua tela e, durante la notte, la sfilava per arrestare la prepotenza dei Proci occupanti la reggia di Itaca e pressanti affinchè scegliesse fra loro un nuovo sposo. Le domando se, in realtà, il suo inganno non fosse volto a proteggere il regno, il cui legittimo erede era il figlio Telemaco.
Nel racconto io ho dato questa interpretazione, certo Penelope resta simbolo di fedeltà, di pazienza e di devozione, ma non soltanto nei confronti di Ulisse, suo marito, ma anche rispetto a Itaca, al suo regno e al futuro di suo figlio. Penso che questi vari aspetti possano far rileggere la sua figura in modo diverso e provare a mettere in luce la sua forza autonoma, il suo ruolo chiave insieme ma anche a prescindere dal suo celebre compagno di vita.
La visione delle donne della mitologia greca è sistematicamente monodimensionale, sovente intrisa di cliché e venata di maschilismo. Omero, ad esempio, rende le figure funzionali al percorso umano, emotivo, emozionale maschile. Lei, invece, dà loro voce; le rende protagoniste, mutando la prospettiva circa il genere. Perché?
Stiamo assistendo a un movimento di riscoperta del ruolo delle donne nella storia, nella letteratura, nella mitologia, nella scienza eccetera, ognuna di noi prova a raccontare qualcosa in più, aggiungere un tassello da far leggere anche a bambine e bambini. Speriamo possa servire a farsi sempre più domande sulle donne e come sono state raccontate in passato, per continuare a tessere le fila dei miti, non lasciarli cementificarsi ma insistere nell’interpretazione, nella ricerca di nuovi significati, adatti ai nuovi tempi, alle nuove storie che vogliamo raccontare.
Euripide rende Medea una feroce ed impetuosa assassina ma anche una protagonista da palcoscenico. Eppure la realtà muliebre era davvero differente. Quali sono le possibili ragioni della discrepanza tra finzione letteraria e concretezza del reale vissuto?
La letteratura crea per forza una discrepanza, un altrove, una imitazione, un superamento o una diminuzione rispetto al reale, le ragioni stanno nella forma letteraria stessa, che può essere simbolica, allegorica, rispondere allo spirito del suo tempo, anticipare la storia, plasmarla. Sulle donne hanno pesato per molto tempo le parole maschili, la loro rappresentazione considerata più autorevole, il protagonismo storico e letterario degli uomini, quindi nel caso delle donne la discrepanza è per forza maggiore, le donne raccontate difficilmente, fino ai tempi contemporanei almeno, sono state molto in contatto con le donne viventi.
“Dobbiamo insegnare alle donne a farsi valere, ad apprezzare se stesse, a divertirsi e ad ingannarci”. Il messaggio di Montaigne è rimasto inascoltato?
Io ho amato molto Montaigne, resta per me un maestro senza pari. Credo che nulla è inascoltato, stiamo ancora costruendo, siamo in cammino, molte cose cambiano, molte cose ancora devono cambiare, le esigenze si fanno nuove, bisogna conservare le conquiste passate, bisogna continuare a divertirsi e a ingannare.
Giulia Caminito si è laureata in Filosofia politica. Ha esordito con il romanzo “La Grande A” (Giunti 2016) e nel 2019 è uscito il suo secondo romanzo “Un giorno verrà” (Bompiani). Nel 2020 ha pubblicato per La Nuova Frontiera Junior il libro “Mitiche, storie di donne della mitologia greca” con i disegni di Daniela Tieni.
Giuseppina Capone