“La filosofia di Fabrizio De André”, dai caruggi malfamati genovesi alle asperità montane della Sardegna: quali sono le tappe fondamentali in relazione ai luoghi in cui visse?
Fabrizio De André vive i suoi primi anni non a Genova e davanti al mare, ma in campagna, a Revignano d’Asti, dove la famiglia si era ritirata per sfuggire alla guerra dal 1941 al 1945. La campagna resterà sempre dentro la sua vita e dentro le sue canzoni che parlano spesso di fiori, profumi, spazi aperti e primavere. A Genova, nella sua adolescenza, scopre i carruggi e la vita del porto, le prostitute e il mondo della notte, il mare e le sue rotte. Ma la vita contadina, il rapporto con gli animali e la natura rurale resteranno sempre presenti. Proprio per questo, quando negli anni Settanta acquisterà una proprietà in Sardegna, sceglierà l’aspro entroterra e non la costa. Sebbene ci sembri naturale accostare De André al mondo dei carruggi non dobbiamo mai dimenticare questa vena campagnola che lo accompagnerà sempre e sarà lo sfondo di tante canzoni.
Le canzoni di De André narrano di “emarginati”, disgiunti da qualsivoglia ordinamento. La lotta politica, l’adesione ad una causa: i nostri tempi possono ospitare, a suo avviso, siffatti propositi di cambiamento sociale?
Il mondo degli emarginati è certamente stato spesso cantato da Fabrizio. Ma dobbiamo ridefinire il concetto di emarginazione: nel mondo di Fabrizio non c’è posto per la discriminazione perché lui non si riconosceva nel mondo del potere e dunque non ne adottava il metro di giudizio. Per lui esistevano gli uomini e basta. I nostri tempi potrebbero imparare da Fabrizio ad accogliere senza giudicare, e a vedere l’umano senza etichette. La sua è essenzialmente una lezione di libertà e civiltà. Chi giudica è un “uomo piccolo” come la canzone Un giudice simbolizza.
Pasolini sul Corriere della Sera scriveva ”… perché come sanno bene gli avvocati, bisogna screditare senza pietà tutta la persona del testimone per screditare la sua testimonianza…”.
Cosa non è stato ancora perdonato a De André?
Di essere un uomo integro e senza compromessi. Di essere un uomo libero e senza pregiudizi. De André non ha nulla che attende di essere perdonato perché non può essere giudicato con il metro di quel mondo borghese dal quale è uscito e che ha così tanto criticato durante la sua vita. La sua è un’etica della compassione e dell’accoglienza, non del peccato e del giudizio.
Il suo libro è stato stampato a circa sessant’anni dalla pubblicazione del primo 45 giri di Fabrizio De André: Nuvole barocche. Qual è stata la più grande lezione di De André?
Direi il pensiero critico, che poi è il pensiero filosofico stesso. De André non ha mai ceduto all’ovvio e al luogo comune. Ci insegna a guardare le cose con occhi sempre nuovi e a capire che forse c’è un mondo diverso che ci perdiamo quando accettiamo le cose senza riflettere con la propria testa. Qualsiasi cosa si pensi di De André, la libertà di pensiero è una lezione che ha vissuto e che ci invita a vivere sempre
Professore, ha un ricordo personale che può offrirci di De Andrè e del suo Lirismo?
Io non ho conosciuto personalmente De André, ma accompagna le mie giornate da molto tempo, sia come ascoltatore, sia come musicista. Ho un gruppo, che si chiama de André e la filosofia, con il quale condividiamo oltre che la passione per le sue canzoni anche il progetto di comunicare e portare la musica di Fabrizio ovunque ci sia la volontà di ascoltare e farsi coinvolgere dal pensiero di questo grande artista. Abbiamo suonato nelle carceri, nelle scuole, nelle università e nei centri di accoglienza, oltre che in tanti teatri e piazze. Abbiamo compreso che il lirismo, la musica, gli strumenti e le parole sono un tutt’uno in Fabrizio. E accostiamo sempre contenuti filosofici, che io narro al pubblico, con canzoni che poi suoniamo. Ne viene fuori un cammino, una navigazione insieme che non è solo una serata di musica ma anche di pensiero. Musica e filosofia.
Simone Zacchini è ricercatore confermato in Storia della filosofia presso l’Università di Siena. Si occupa del pensiero di Nietzsche, del tema della crisi dei fondamenti e di fenomenologia. Tra le sue pubblicazioni: Il corpo del nulla. Note fenomenologiche sulla crisi del pensiero contemporaneo (2005); La Collana di Armonia (2010) e numerosi saggi su Nietzsche, Bloch, Jankélévitch, Adorno, Husserl e Heidegger.
Giuseppina Capone