Il ritorno di Flash Gordon

L’uscita in edicola de “La città di ghiaccio”, primo numero della collana dedicata all’eroe dei fumetti creato da Dan Barry, riporta all’attenzione dei lettori Flash Gordon uno dei “Grandi classici del fumetto americano”.

Gli amanti del fumetto e della fantascienza potranno seguire le gesta dell’eroe dello spazio nato  dalla fantasia di Alex Raymond e di Don Moore che iniziò presto a collaborare ai testi ma rimase, se così si può dire meno visibile, più dietro le quinte. Un personaggio quello di Flash Gordon che appassionò i lettori degli Anni ’30 e che oggi La Gazzetta dello Sport ripropone nella “serie inedita che raccoglie le strisce quotidiane” firmate da Dan Barry dal 1951 al 1968.

Un eroe, Flash Gordon, che continua a mantenere la sua forza attrattiva sul pubblico e che ha ispirato tante delle saghe e dei film di fantascienza che si sono susseguite nei decenni.

Insieme alla bella fidanzata Dale Arden, al terribile imperatore Ming e ad un mondo popolato da esseri straordinari Flash accompagnerà gli amanti dei fumetti alla riscoperta delle loro avventure in 20 volumi.

Antonio Desideri

 

Sofia: dopo l’adozione sono anche riuscita a diventare mamma

“Per ogni donna che desidera diventare mamma, non esiste notizia peggiore di scoprire che non potrà mai crescere dentro di sé una vita. Io l’ho passato questo brutto momento e posso dire con fermezza che mi è crollato il mondo addosso. Ho deciso di adottare un bambino e, dopo una lunga attesa durata anni, io e mio marito l’abbiamo ottenuto. Ma non potevo crederci che, trascorso un mese dall’adozione, sono rimasta incinta. In quel momento ho capito quanto fosse affascinante la psiche umana; la mente può davvero decidere ogni cosa senza nemmeno che tu te ne accorga”.

La sofferenza per una donna che non riesce ad avere figli è immensa e spesso anche sottovalutata. La scienza e la psicologia hanno fatto passi da giganti verso una più rapida quanto efficace cura per l’infertilità sia maschile che femminile, ma pare proprio che, secondo dichiarazioni di un vasto numero di donne, il metodo più efficace per quest’ultima, per riuscire a mettere al mondo un bambino, sia proprio quello di adottarne uno. Deve essere proprio quello il momento in cui le paure si fanno da parte, quando la donna scopre che l’amore verso il proprio figlio può superare qualsiasi timore e ogni freno dettato dalla propria mente. Si tratta della paura della donna di non riuscire ad essere all’altezza della situazione; di non poter essere una brava mamma. Una paura talmente forte in grado di manipolare la mente e il corpo.

Sofia è una donna di 34 anni, vive a Napoli e racconta la sua storia di come è riuscita a diventare madre solo dopo aver ottenuto in adozione un bambino.

Sofia, per quanto tempo hai tentato di avere un figlio?

Preferisco raccontare partendo dalla relazione con mia madre; ho avuto una madre poco amorevole anzi, incapace di donare affetto, ma io, d’altro canto, ho da sempre desiderato avere un figlio, magari due o anche tre. Quattro, perché no. Io e Vittorio ci siamo sposati quando entrambi avevamo 23 anni e, solo un anno dopo, abbiamo iniziato a provare a diventare genitori. La mia testa e il mio cuore mi dicevano che volevo un bambino per dargli tutto l’amore che mia madre non era riuscita a darmi. Mia madre pensava solo a sé, era una di quelle madri che non trovava mai tempo per giocare con sua figlia perché per lei, la sua carriera, venivano prima di ogni altra cosa. Questa mancanza d’amore ha creato in me dei forti blocchi psicologici anche se irrazionali, naturalmente. Perché io un figlio l’ho sempre voluto, ma la paura di poter essere come lei mi bloccava, la mia mente decideva per me. Finalmente, dopo una lunghissima ed esasperante attesa tra documenti e visite costanti a casa di assistenti sociali, io e Vittorio abbiamo ottenuto Levi in adozione e dopo un mese ho scoperto di essere in dolce attesa. Tutto ciò mi rendeva felice ma suscitava in me una forte perplessità.

Quale perplessità?

Volevo capirmi. Volevo a tutti i costi comprendere la mia mente e perché il mio corpo stesse reagendo così. Anche se ne ero già sicura che fossi finalmente rimasta incinta solo di conseguenza dell’adozione e quindi ad un mio personale sblocco mentale. E questo mi ha portata a voler andare dallo psicologo il quale, dopo diversi mesi di terapia, mi ha confermato quasi tutto ciò che io sono riuscita a capire nel momento in cui ero in dolce attesa, ovviamente con una più complessa e lunga spiegazione. Penso che a volte crediamo di volere un bambino, ma la verità è che non siamo pronte, e quindi siamo noi a non volerlo per questo motivo non arriva. L’ho provato sulla mia pelle. Non è una cosa razionale ma nel nostro inconscio crediamo di non essere in grado di crescere un’altra vita. Alle volte può accadere perché abbiamo avuto genitori poco amorevoli, (come nel mio caso), e crediamo dunque di non riuscire a dare altrettanto amore. In altri casi, al contrario, può accadere quando si ha avuto genitori opprimenti e si crede, dunque, di non essere mai adulti e di non poter crescere un bambino. (Accaduto a molte donne). E ce ne sono tante altre di motivazioni.

C’è qualcosa che vorresti dire a chi come te ha vissuto o vive questo momento?
Non perdete mai la speranza. La nostra mente è capace di tutto anche se noi razionalmente non ce ne rendiamo conto, non lo vediamo, non lo focalizziamo. E’ quindi importante che impariamo a riconoscere le nostre emozioni per far sì che siamo noi a gestire la nostra vita con sentimenti, razionalità e con consapevolezza e non le nostre paure perché spesso, senza che ce ne rendiamo conto, le paure e i timori prendono decisioni al posto nostro. Gestiscono la vita nostra al posto nostro. Dunque, non abbiate paura di conoscervi, perché non c’è cosa più bella di scoprire sé stessi e imparare a vivere la vita che desideriamo.

Alessandra Federico

Massimo Troisi, un genio senza tempo

Avrebbe compiuto quest’anno 70 anni Massimo Troisi, autore, attore e regista il cui ricordo è fisso nelle menti di chi lo ha conosciuto attraverso la sua arte.

Molte le celebrazioni per ricordare quel genio artistico, scomparso troppo presto a soli 41 anni il giorno dopo aver concluso le riprese del suo film “Il Postino”.

L’Università degli Studi di Napoli “Federico II” ha conferito all’attore la laurea honoris causa alla memoria in “Discipline della Musica e dello Spettacolo. Storia e Teoria”.

Tante le pubblicazioni a lui dedicate, fra queste “Troisi 70. Il Massimo dell’arte”  a cura di Ottavio Ragone, Conchita Sannino, Antonio Tricomi, Ernesto Assante, Giulio Baffi, distribuito con Repubblica nei giorni scorsi in edicola.  Un volume ricco di interventi, di storie, di testimonianze tra vita  e carriera.

Antonio Desideri

Istituto Italiano dei Castelli Sezione Campania: grande interesse per il corso sulle architetture fortificate della Campania

La XVII edizione del ciclo seminariale di studi dal titolo “Le architetture fortificate della Campania”, organizzato dall’Istituto Italiano dei Castelli Sezione Campania, ha riscosso grande interesse già dalla sua prima giornata tenutasi il 17 febbraio scorso.

Il corso intende mettere in luce e far conoscere il vasto patrimonio di architettura fortificata che esiste ancora nella nostra regione.

Il corso si svolgerà online su piattaforma Google Meet e prevede altri 11 seminari e 4 visite di studio che saranno curati da membri del Consiglio Scientifico dell’Istituto Italiano dei Castelli, docenti esperti sulle specifiche tematiche delle università campane, funzionari delle soprintendenze.

Tutti di grande interesse i temi oggetto del corso. Si va dalle fortificazioni di età sannita e romana, all’evoluzione tipologica del Castello in Italia meridionale dal periodo normanno svevo a quello angioino, alla rivoluzione della polvere da sparo, ai castelli aragonesi e le fortezze vicereali, solo per citarne alcuni.

Il percorso è rivolto in particolare agli operatori dei beni culturali, studenti, guide turistiche, architetti ed ingegneri, “ma – come chiariscono gli organizzatori – anche a chiunque voglia approfondire la conoscenza dell’affascinante ed immenso patrimonio castellano della Campania”.

E’ ancora possibile iscriversi e recuperare le lezioni già tenute tramite videoregistrazioni.

Per informazioni ed iscrizioni: segreteria scientifica 3336853918 –  e-mail castellicampania@virgilio.it.
Antonio Desideri

Palazzo Reale apre le porte a Enrico Caruso

Ebbene sì, sarà il Palazzo Reale di Napoli la sede del Museo Enrico Caruso. Uno spazio dedicato ad uno dei massimi tenori di tutti i secoli che ha lasciato ai nostri posteri interpretazioni indimenticabili. La Sala Dorica accoglierà una stanza delle meraviglie dotata di animazioni in 3d e piattaforme multimediali, postazioni e installazioni musicali e cinematografiche. Uno spazio per tutti, grandi, piccini, appassionati, addetti ai lavoratori e turisti che avranno così un altro luogo da visitare dove omaggiare una voce senza tempo. 500 metri quadrati ad alta tecnologia. Ad arricchire lo spazio i contributi alla mostra con partner provenienti da tutto il mondo: Archivi Ricordi e Puccini, grandi teatri d’opera con i loro preziosi archivi, come San Carlo, Scala e Metropolitan di New York, Cineteca di Bologna, ecc.

L’apertura è prevista per il 20 luglio 2023, in occasione dei150 anni dalla nascita di Caruso, alla presenza fra gli altri illustri ospiti del sindaco di New York e del direttore del Metropolitan Opera House.

Alla presentazione della importante iniziativa per Napoli e per l’Italia sono intervenuti il Ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, il Direttore generale dei Musei Massimo Osanna, il Direttore di Palazzo Reale di Napoli Mario Epifani, la curatrice del “Museo Caruso”, la musicologa Laura Valente.

Antonio Desideri

Diana e Claudio, da Casa Sanremo a Salerno

Pronti per il ritorno gli Ambasciatori della Posteggia Napoletana.

“E’ stata un’edizione di Casa Sanremo indimenticabile, fatta di incontri meravigliosi, tante interviste in radio e trasmissioni e tante esibizioni. Un’edizione che porteremo nel cuore, di cui, come sempre, ringraziamo il Patron Vincenzo Russolillo e la Vice Presidente Rita Petolicchio. Un’edizione che ci ha dato una carica incredibile, che ci ha lasciato un po’ di nostalgia, che ci fa già sentire la mancanza della “Casa” e che ci fa salire già da ora l’adrenalina per la prossima edizione, che non vediamo l’ora di vivere!”

Il messaggio di Diana Ronca è postato via social nella prima domenica del dopo festival.

Otto giorni dopo il trionfo di Marco Mengoni sulla ribalta dell’Ariston. Una settimana ancora discussa al centro di umori contrastanti, clamori e polemiche che in ogni caso renderanno straordinaria questa settantatreesima edizione dei record.

Un’ edizione inedita e da ricordare certamente per Diana Ronca e Claudio De Bartolomeis, al secolo l’espressione in carne e voce della Posteggia Napoletana. (https://www.posteggianapoletana.it/)

Abbiamo “intercettato” telefonicamente la coppia di Artisti, originari di Salerno, durante una prima colazione in Toscana, impegnati in un nuovo tour nel centro Italia ed appena rientrati dalla settimana in Liguria dove sono intervenuti con eventi tematici nel palinsesto di Casa Sanremo. (https://www.casasanremo.it/)

E’ Diana che mi risponde al telefono con il consueto tono di voce brillante. Le chiedo:

Claudio e Diana, siete sempre stati di casa a Sanremo, ricordiamo l’ultima trasferta prima della pandemia con il vostro originale “Salremo”.

Un tour italiano dalla vostra Salerno sino al tempio della canzone italiana.

In questa 73esima edizione del Festival, siete stati ufficialmente inclusi nella nutrita squadra degli addetti ai lavori nelle iniziative molto importanti – in sinergia con la gara canora consumatasi nelle cinque dirette di Rai uno dal teatro Ariston – di Casa Sanremo.

Ci raccontate com’è nata questa collaborazione e quali sono stati gli appuntamenti più belli di questa vostra presenza quotidiana in una così prestigiosa manifestazione?     

Siamo stati a Sanremo in occasione del Festival per una quindicina di edizioni. Prima della pandemia, come dicevi, con un tour che abbiamo chiamato “Sal-remo” con il quale abbiamo fatto varie tappe da Salerno a Sanremo, esibendoci in Castelli, librerie, stazioni radio, salotti di casa, fino ad arrivare a Casa Sanremo, dove abbiamo presentato il libro “Ultimi romantici”. Amiamo essere nella città ligure proprio nei giorni della kermesse perché la musica vive in ogni angolo, si fanno incontri speciali, si vive appieno la bellezza del nostro lavoro. Nel corso di questi anni, abbiamo tenuto contatti “epistolari” con il Patron di Casa Sanremo Vincenzo Russolillo, e con la vicepresidente Rita Petolicchio, due persone eccezionali, visionarie, ricche di senso del sacrificio e passione per il lavoro che fanno. Ci siamo incontrati prima dell’estate e Vincenzo ci ha proposto di esibirci, quest’anno, durante alcune serate di Gala dedicate alla Regione Campania. Inoltre abbiamo concordato la presentazione del nostro ultimo libro “Sì ma… il lavoro vero”. Andando via, avendo visto qualcuno degli episodi della sit commedy che abbiamo ideato per parlare di ciò che facciamo, ci chiese se avessimo pensato mai di fare gli attori. E dopo un paio di mesi, la proposta di realizzare alcuni episodi della sit, tra il serio e il faceto. Brevi sketch leggeri del nostro quotidiano domestico per proporre alcuni dei più bei brani del Festival. Con la “protezione” di Peppe Vessicchio, abbiamo avvicinato le persone all’inizio del Festival. Un’esperienza meravigliosa! Un onore grande fare parte dello staff di Casa Sanremo. Dopo il Teatro Ariston,  indiscutibilmente la location più prestigiosa. Qui abbiamo anche aperto un importante incontro letterario, siamo stati ospiti di Veronica Maya e di varie radio e trasmissioni.

Ci avete documentato con le vostre quotidiane dirette –  via social – la settimana sanremese densa di eventi e originali aneddoti sin dalle prime ore mattutine. Fra le centinaia di musicisti, vip o presunti tali, personaggi pubblici e non solo, quale incontro vi è rimasto scolpito, tale da rimanere indimenticabile?  Per quanto riguarda la kermesse musicale diteci i vostri vincitori ideali. La canzone che più vi è piaciuta e che magari, prossimamente, sarà visitata nel vostro ricchissimo repertorio.

Abbiamo condiviso con chi sta a casa e non ha mai avuto la possibilità di visitare Sanremo nei giorni del Festival, l’aria che si respira, una realtà che tanti neanche immaginano. Facendo dirette in cui mostravamo la strada che porta al Teatro Ariston, piuttosto che le varie sale di Casa Sanremo e tanto altro. Abbiamo incontrato moltissimi musicisti, ma anche tanti giornalisti che stimiamo ed apprezziamo per la loro professionalità. Di sicuro, avere avuto la possibilità di incontrare Amadeus è stata una esperienza indimenticabile: è molto difficile, nei giorni della rassegna canora, incrociare il presentatore di turno. Dispiace constatare che, da ormai molti anni, le canzoni del Festival non hanno più il “passo lungo”, non restano negli annali. Durano lo spazio di qualche mese. Alcune volte per una stagione brevissima: non si fa nemmeno in tempo ad aggiungerli al repertorio, che sono già dimenticati. Di sicuro la melodia di Mengoni è una di quelle destinate a rimanere un po’ più a lungo. 

Oltre 35 anni di carriera alle spalle, molti di più nella vostra vita privata.

Onorate con grande orgoglio e umiltà il ruolo di “Ambasciatori della Posteggia Napoletana”. Non uno stereotipo giornalistico ma un vero e proprio mandato consegnatovi in una straordinaria festa privata di compleanno del Maestro Roberto Murolo.

Un evento prezioso e datato che custodite nel vostro animo. Nelle serate a tema di Casa Sanremo avete rappresentato da par vostro la regione Campania nelle eccellenze musicali d’Italia. Occasioni importanti per raccontarvi anche con un vostro libro che reca in copertina un titolo particolare: “Si ma… il lavoro vero”. Prima di salutarci diteci la vostra idea del lavoro da trasmettere a tanti ragazzi, ma anche ai meno giovani in questa transizione epocale che viviamo.     

Siamo sempre onorati ed emozionati quando ci definiscono Ambasciatori della Posteggia Napoletana e sentiamo tutto il peso e la responsabilità di questa “incoronazione”, soprattutto perché abbiamo un rispetto enorme per un repertorio musicale inarrivabile, inimitabile.

Un patrimonio culturale che ci fa grandi e riconoscibili nel mondo. A Casa Sanremo abbiamo suonato per la Stampa e gli Artisti in occasione delle serate di gala ospitate dalla Regione Campania. L’emozione è stata forte. Soprattutto intrattenere tavoli di giornalisti e artisti che ammiriamo per dedicare loro una serenata. Un’esperienza bellissima! Per la presentazione del libro, poi, la giornalista Rai Marzia Roncacci ci ha fatto un regalo immenso, moderando l’incontro con la sua impeccabile professionalità con tutta l’umanità che riesce a mettere nelle interviste. Abbiamo il privilegio di andare spesso nelle scuole a parlare con i ragazzi. A loro cerchiamo di trasmettere la “cura” dei loro sogni, il valore del sacrificio, la perseveranza, il non arrendersi ai no, la bellezza di riuscire a realizzarsi e a vivere facendo ciò che più si ama. Di rientro da Sanremo, a parte le interviste di rito, qualche altro viaggio e qualche ospitata, siamo pronti a lavorare ad un progetto che è già in fase avanzata. Vedrà la luce, speriamo, tra aprile e maggio: un video che dedicheremo al tema degli emigranti. Quelli che lo sono stati e i nostri ragazzi, costretti ad andare via per realizzare i propri obiettivi. Il brano è, come sempre, un meraviglioso classico della tradizione partenopea.

E poi, ancora tante cose in cantiere, perché, come recita il nostro motto…

“Non abbiamo ancora iniziato!”

Luigi Coppola

(Foto di Diana Ronca e Claudio De Bartolomeis)

Caravaggio e il suo tempo tra naturalismo e classicismo: la mostra di Merisi a Mesagne

“Caravaggio e il suo tempo tra naturalismo e classicismo”, si intitola così la mostra che avrà luogo nel Castello Comunale a cura della Rete di imprese Micexperienc a Mesagne in Puglia. L’obiettivo di questa mostra è quello di trasmettere all’osservatore le stesse emozioni che l’artista, ai suoi tempi, riusciva a comunicare attraverso i suoi dipinti. E pare proprio che le sue opere riescano ancora tutt’oggi ad emozionare e a stimolare forte interesse nella società contemporanea.

All’interno dell’esposizione ci saranno anche i racconti, tramite manoscritti, foto e dipinti, di tutta la vita del pittore a partire dalla sua prima formazione fino a quando divenne il re dell’arte.

La professoressa Tamara Cini in collaborazione con il professore Pierluigi Carofano sono gli organizzatori di questa meraviglioso evento che avrà inizio il 16 luglio e terminerà l’8 dicembre 2023.

“La lungimiranza scaturita dalla collaborazione tra pubblico e privato, oggi raggiunge il suo livello massimo di credibilità. La gioia per la realizzazione di un progetto artistico di tale prestigio, è pari solo alla consapevolezza che quest’evento Mesagne lo merita e ne è all’altezza, ed è questa una constatazione che arriva nel bel mezzo del gran lavoro che insieme alla rete di imprese coinvolta e alla Regione Puglia stiamo producendo, con l’intento di investire al meglio l’enorme bagaglio di esperienze che la città ha maturato negli ultimi tempi”, annuncia il sindaco Antonio Matarrelli.

Da ogni parte dell’Italia, le persone, saranno pronte a spostarsi e a raggiungere la Puglia per partecipare alla mostra di uno degli artisti italiani più illustri del 1600: Caravaggio, nome d’arte di Michelangelo Merisi, era appassionato al mondo dell’arte sin da bambino ed è riuscito, sin da subito, a far innamorare chiunque delle sue opere, grazie non solo alla realizzazione realistica dei suoi personaggi, quanto alla sua innovativa tecnica del chiaroscuro. Evidenziando diversi elementi alla luce e allo sfondo, Merisi, riusciva ad ottenere un effetto sbalorditivo che a quel tempo fu una vera propria scoperta. Amava osservare con estrema attenzione e sensibilità tutto ciò che ritraeva e, soprattutto, era in grado di riportare alla perfezione, su foglio o tela, l’aspetto estetico del suo modello e non solo, aveva una particolare capacità di riuscire a disegnare anche lo stato d’animo di chi ritraeva (lo percepiva attraverso la profondità dello sguardo, la postura, l’espressione del viso) e per questo, gli amanti dell’arte, hanno da sempre nutrito una forte stima e immensa ammirazione per Caravaggio. Al contempo, però, le sue opere raccontano anche il suo di stato d’animo che purtroppo era in continua confusione: pur essendo una persona estremamente sensibile e che riusciva a provare forte empatia nei confronti del prossimo, i suoi sentimenti erano continuamente tormentati e irrequieti. Questi sentimenti contrastanti, presumibilmente rabbia repressa a causa di diversi traumi subiti al’interno del suo nucleo familiare, portarono l’artista a compiere un atto estremo; il 28 maggio del 1606 fu condannato a morte accusato di omicidio. Da quel momento in poi, per l’artista milanese,  iniziò la fuga tra Roma, Napoli, Sicilia e Malta. Ciò nonostante, Merisi, continuava a dipingere anche tra un viaggio e l’altro realizzando meravigliosi dipinti che tutt’oggi sono considerate vere e proprie opere d’arte.

Alessandra Federico

Maura Chiulli: Ho amato anche la terra

Dagli anni ’60 del Novecento il corpo delle donne diviene l’attore della discussione politica. I movimenti femministi ispezionano i paradigmi nonché i ruoli convenzionale delle donne. E’ stata sua intenzione gettare luce, mediante il corpo di Livia, 130 kg, sullo sguardo coevo al corpo muliebre?

Il corpo è lo spazio dell’esistenza e siamo al mondo, occupiamo il tempo e la latitudine del mondo attraverso il nostro corpo. Mi pare brutale che a parlare del corpo delle donne molto spesso non siano le donne, quindi, sì, certamente ho voluto che fosse il corpo di una donna a parlare di sé stesso, a disegnare il suo perimetro e a cercare la sua posizione, il suo spazio luminoso nella contemporaneità, che spesso esclude, mistifica, rigetta soprattutto i corpi ritenuti “difformi” o “difettosi”, imperfetti.

Come si pone, tratteggiando la storia di Livia, rispetto al dualismo, concezione teorica che vede un qualche tipo di separazione tra anima e corpo, tali da collocarli in due ambiti separati?

La storia di Livia e di Corpo vuole ricucire la frattura ontologica: anima e corpo coesistono e non sono separati. Il corpo è anima che si incarna. Il corpo racconta l’anima. Non c’è corpo senza anima e viceversa.

Lei ha dichiarato di esser stata ispirata da Ana Mendieta. la quale conferisce primaria importanza alla visione del proprio corpo umano immerso in una natura primordiale. Ebbene, qual è il legame tra Mendieta ed il corpo di Livia?

Entrambi i corpi, quello di Ana Mendieta e quello di Livia cercano un posto nel mondo, nello spazio e vogliono le radici, le foglie, la terra e le nuvole. Vogliono sentirsi parte di tutto, vogliono uno spazio e cercano un legame. Nell’arte come nella vita, i loro corpi cercano di confondersi, di farsi mondo, ma non per nascondersi. Solo per rivelarsi.

Il suo pare profilarsi come un resoconto d’insieme sulla vita, un’immersione nella contemporaneità talvolta spietata e disillusa.

Esistono balsami per lenire l’amara ruvidezza della realtà?

Esistiamo noi, con la nostra storia e le nostre infinite e diverse sensibilità, noi che siamo fatti di pensiero. Pensiero che talvolta per quanto è forte e radicato si fa carne e ossa, materia vivente. Il balsamo è la carezza, la presenza, l’avvicinamento, lo sfioro dei nostri mondi coi mondi degli altri. La cura al dolore non è nella solitudine, ma solo nella condivisione.

Le sue pagine illuminano le piccole increspature dell’anima.

Le crepe possono essere foriere di benefici interiori, quantunque le ferite?

Si parla molto, per esempio lo fanno tanto bene alcuni poeti, di ferite come feritoie, come segni insanguinati, ma anche aperture attraverso le quali guardare il mondo, magari con sguardo diverso. Non lo so se è davvero così: le ferite fanno male fin quando sono aperte. Questo lo so sulla mia pelle. Alle ferite, preferisco le cicatrici: segni chiusi, mappe dei nostri giardini segreti.

 

Maura Chiulli

Scrittrice, mangiafuoco. Si interessa di body art e arte performativa. Esordisce con il romanzo Piacere Maria (Editrice Socialmente, Bologna, 2010), cui sono seguiti i saggi Maledetti Froci & Maledette Lesbiche (Ed. Aliberti Castelvecchi, Roma, 2011) e Out. La discriminazione degli omosessuali (Ed. Internazionali Riuniti, Roma, 2012), e il romanzo Dieci giorni (Hacca, 2013). A novembre 2018 torna in libreria con il romanzo “Nel nostro fuoco” (Hacca). Selezionato al Premio Campiello, ottiene una menzione speciale al premio Grotte della Gurfa e finisce nella cinquina finalista del Premio Segafredo-Zanetti Città di Asolo “Un libro un film”.

Giuseppina Capone

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