Le donne sono capaci di filosofare?
Musonio Rufo, notabile del neostoicismo romano, consigliere di molteplici antineroniani, si pose siffatto quesito nel I secolo d.C. Per tale ragione condannato alla pena dell’esilio, rientrò a Roma subito dopo il decesso di Nerone. Delle sue lezioni permane la memoria nelle Diatribe; in una si legge: “Poiché uno gli chiese se anche le donne devono filosofare, così cominciò a dimostrare che anch’esse devono farlo:
le donne, disse, ricevono dagli dei lo stesso logos degli uomini, che noi usiamo l’uno con l’altro, e per mezzo del quale intendiamo se una cosa è buona o cattiva, bella o brutta. Allo stesso modo, la donna ha sensazioni uguali all’uomo, la vista, l’udito, l’olfatto e le altre. Inoltre, il desiderio e l’inclinazione naturale per la virtù non esistono solo nei maschi, ma anche nelle femmine. Stando così le cose, perché mai gli uomini dovrebbero cercare e studiare come vivere bene, nel che consista la filosofia e le donne no?”
Nell’estesa enumerazione delle espressioni pericolosamente tangenti la misoginia degli antichi, ecco una gradevole eccezione, valevole di menzione.
Effettivamente, la storia della filosofia non ha reso giustizia alle donne.
Eppure, si possono citare Ipazia, Hannah Arendt, Simone de Beauvoir, Angela Davis, George Eliot, Edith Stein, Anita L. Allen, Ban Zhao, Mary Wollstonecraft.
Scorrazzando tra i secoli tra le donne-filosofo dell’antichità si segnala la nota Aspasia di Mileto che appare in alcuni degli scritti filosofici di Platone, Senofonte, Eschine Socratico, Antistene. Taluni ricercatori sostengono che Platone stesso fosse rimasto parecchio colpito dalla sua esuberante intelligenza e sottigliezza; il personaggio di Diotima di Mantinea presente nel dialogo Simposio è fondato sulla sua figura. Socrate attribuisce alla irreale, probabilmente, Diotima il suo sapere nell’arte di Eros e parrebbe che proprio lei gli avesse offerto lezioni, contribuendo all’evoluzione della sua ricerca filosofica. Le tarde opinioni platoniche verso le donne rimangono viceversa molto contraddette ma La Repubblica suggerisce che le donne sono analogamente in grado di conquistare istruzione, immaginario intellettuale e competenza organizzativa all’interno dello Stato.
La filosofia medievale è dominata dalla figura di Ipazia, esponente del Neoplatonismo, così descritta nell’Antologia palatina:
“Quando ti vedo mi prostro davanti a te e alle tue parole,/ vedendo la casa astrale della Vergine,/
infatti verso il cielo è rivolto ogni tuo atto/ Ipazia sacra, bellezza delle parole,/
astro incontaminato della sapiente cultura”.
Secondo Socrate Scolastico unica erede del platonismo interpretato da Plotino: “Era giunta a tanta cultura da superare di molto tutti i filosofi del suo tempo, a succedere nella scuola platonica riportata in vita da Plotino e a spiegare a chi lo desiderava tutte le scienze filosofiche. Per questo motivo accorrevano da lei da ogni parte tutti coloro che desideravano pensare in modo filosofico”.
La filosofia moderna vede l’interesse delle filosofe su temi quali l’istruzione femminile con Harriet Martineau; i diritti delle donne con Charlotte Perkins Gilman, la quale sostenne che le donne fossero oppresse da una cultura pregna di “androcentrismo”; la teoria politica con Rosa Luxemburg, teorica del marxismo consiliarista.
La contemporaneità coincide con la professionalizzazione della disciplina. Tra i nomi rilevante è quello di Simone Weil: innamorata del pensiero greco; combattente per la giustizia ed il rispetto della dignità umana, appassionata all’idea di Dio, cui corrispondere senza limiti confessionali.
A lei non dobbiamo solo la vasta mole di scritti ma i singhiozzi, scoppiati alla notizia di una catastrofe quale la guerra, tutte le guerre, l’interesse concreto per l’istruzione ed i problemi di operai, contadini e disoccupati, la condanna dei totalitarismi di destra e di sinistra e la difesa del pacifismo tra gli stati nazionali.
Nel mese delle donne non possiamo immaginare una filosofia ideata, scritta e creata da filosofe.
Maura Gancitano asserisce “Siamo sempre state filosofe. Lo eravamo anche prima di poter seguire un corso universitario, di poter pubblicare libri, di poter tenere conferenze pubbliche. Lo eravamo prima che iniziasse a collassare l’idea granitica secondo cui una donna che studiava fosse un abominio. Lo eravamo già, ma non potevamo dare spazio al nostro desiderio di riflessione, di studio, di dialogo, di speculazione, e per questo il mondo ha perso migliaia di filosofe che forse nei millenni avrebbero potuto imprimere un altro corso alla storia umana.”
Giuseppina Capone