“L’uomo che attraversò tre secoli” è un romanzo storico. Esso ha, evidentemente, richiesto ricerche storiche accurate e meticolose. Quale metodo si è imposta di adottare per trattenere le informazioni e, poi, renderle narrativa?
Volevo raccontare i cambiamenti sociali di cui l’uomo è testimone e attore nel corso della propria vita, che non ha come limite gli anni compresi tra la data di nascita e quella di morte bensì somma almeno due generazioni prima (genitori e nonni) e due generazioni dopo (figli e nipoti). Nel caso del longevo Costanzo de Sanctis, che ha conosciuto la bisnonna e i bisnipoti, si sono raggiunti 140 anni, attraverso tre secoli.
Avendo iniziato a scrivere il romanzo nel 2019, sono andata a ritroso fino al 1879.
Inizialmente mi sono affidata alle mie conoscenze derivanti da letture, studi universitari, film e documentari visti, mi sono affidata alla descrizione di luoghi vissuti, luoghi dell’anima, scomposti e ricomposti come luoghi letterari, in questo modo ho posto le basi storico-geografiche del romanzo. Mi sono poi costantemente preoccupata di avere coerenza nella narrazione e per questo mi sono opportunamente documentata: ho verificato che il linguaggio dei dialoghi fosse coerente con l’epoca, ho fatto ricerche sugli usi, sull’alimentazione, sul modo di viaggiare, di vestire, sulle musiche, e su ulteriori elementi che, sebbene non presenti nella narrazione, sono serviti per comprendere appieno i personaggi e farli agire in modo coerente. Man mano che la trama prendeva forma e i personaggi si caratterizzavano, ho riempito il romanzo di dettagli di vita familiare e di eventi storici, elementi narrativi fortemente connessi.
Lei racconta la vita del longevo Costanzo de Sanctis vissuto fino a 140 anni.
In qual misura ha voluto che la Letteratura s’inserisse in un dibattito etico-medico circa la longevità?
Studi scientifici hanno fissato la “scadenza biologica” dell’uomo a 140 anni, traguardo che però non si riscontra nella realtà della vita; io ho trasposto questo limite nel “rimanere vivi” nella memoria e negli affetti.
I centotanti anni di Costì, per utilizzare un’espressione del romanzo a me cara, non sono un numero bensì un concetto: è importante riempie la vita di tanto affetto, tante esperienze e tante relazioni sociali.
Una saga che squarcia tradizioni familiari arrugginite ed obsolete.
Quali tratti assume la Storia nella ricerca di coordinate, d’interpretazioni univoche della realtà, di superamento delle contraddizioni del nostro complesso tempo?
Nel romanzo vicende storiche e vicende familiari si incontrano e si scontrano, muovendosi insieme sulla linea del tempo e determinando i cambiamenti sociali: talvolta lenti e silenziosi, altre volte conflittuali. La Storia entra nella famiglia e la famiglia entra nella Storia.
Non so parlare del superamento delle contraddizioni del nostro tempo perché la mia formazione non mi dà gli strumenti per farlo; nel romanzo ho affrontato il superamento delle contraddizioni delle epoche passate in quanto già conoscevo le conseguenze di tali cambiamenti, che ho potuto far diventare il pensiero di personaggi quale Arturo, capace di cogliere nel presente i semi dei cambiamenti del tempo.
Il percorso dei protagonisti si dipana anche a ritroso nel tempo; si serve di ricordi ingialliti e via via emergenti. La sua personale indagine adopera flashback che compongono un puzzle di notevole suspense.
Quale valore attribuisce all’elemento della “memoria”?
Il tema della memoria è il filo conduttore del romanzo. Non esiste la famiglia se non c’è la memoria delle persone che vi hanno fatto parte e degli episodi, il più delle volte approdati leggenda, meritevoli di essere raccontati. Ugualmente non esiste la storia se non c’è la memoria dei fatti accaduti e di come questi abbiano influenzato la vita della famiglia. Memoria è rivolgersi al futuro, è tramandare, è non dimenticare.
E non far dimenticare è il compito di ciascuno di noi.
Il suo romanzo è stato edito dalla casa editrice Dante&Descartes, diretta dallo storico libraio di Mezzocannone Raimondo Di Maio, da sempre impegnato in un’editoria etica e civile.
Quale ruolo dovrebbe ricoprire la Letteratura in un contesto socio-economico come quello napoletano?
Ho incontrato Raimondo Di Maio un anno fa, mi fu presentato da un’amica comune, e da allora è nato un rapporto di stima reciproca e di amicizia.
Non farei distinzione tra ruolo della letteratura nel contesto napoletano e in altri contesti, un libro deve poter essere letto da chiunque e ovunque: l’autore deve usare un linguaggio che arrivi al cuore del lettore in maniera diretta e universale.
Questo è il compito della letteratura che io vivo come un momento di piacere e come uno strumento per migliorarsi e per arricchirsi. Di ogni libro che leggo, annoto almeno una frase; quando non annoto, allora il libro non mi ha lasciato nulla.
Emma de Franciscis, nata a Napoli nel 1968, dove vive e lavora come architetto. Il suo romanzo di esordio è “L’uomo che attraversò tre secoli”, edito nel 2022 dalla casa editrice Dante&Descartes.
Giuseppina Capone