Lei ripercorre la produzione letteraria italiana del XX secolo.
E’ possibile individuare caratteristiche comuni alla poesia contemporanea?
Si, credo che ogni epoca influenzi in qualche modo la produzione letteraria che le è propria. Le differenze tuttavia permangono, nella misura in cui ciascun autore è figlio del proprio personale percorso e dei propri vissuti. Detto questo, il contesto storico-sociale in cui si colloca una certa produzione, influenza in parte il linguaggio che si viene a creare. Nello specifico, gli autori protagonisti del libro “Una vita di lampo” hanno in comune un sentire: sono tutti figli della secolarizzazione, tutti parimenti chiamati a confrontarsi con le trasformazioni che la società occidentale vive dal XIX secolo in poi, con l’avvento dell’industrializzazione, le prime lotte per i diritti delle donne, la nascita della psicoanalisi freudiana, lo sviluppo della questione sociale e, più avanti, con due guerre mondiali che si susseguono, con i Totalitarismi che annullano le libertà fondamentali e, successivamente, con l’affermazione del consumismo e di una società che cresce nel benessere materiale, ma che sempre di più sottostà a leggi economiche e tecniche. Un altro tratto comune che si riscontra negli autori protagonisti del libro, è la tensione esistenziale, che rende la loro produzione incentrata su interrogativi di senso, che spesso configgono con una realtà storica che, di contro, tende – vuoi per ragioni politiche, vuoi per ragioni economiche – a sacrificare l’interiorità dell’essere umano.
Applicando differenti prospettive ad altrettante corrispettive esperienze che l’uomo con le sue attitudini, peculiarità e tessuti relazionali si trova ad affrontare, ritiene che il verso possegga la potenza per scarnificare l’uomo nella sua complessità e totalità?
A questo proposito ritengo che nessun linguaggio, teoria, o scienza possano sondare definitivamente l’essere umano, inclusa la poesia. L’uomo resta, in ultima analisi, un mistero destinato solo in parte ad essere compreso e a comprendersi. Quelle discipline che pretendono di scarnificare sino in fondo la struttura umana, presentano infatti – come la storia ci ha dimostrato – elementi totalizzanti e una spinta alla perfezione pericolosissimi. Al contempo è bene continuare a sondare il sentite umano, ma senza la pretesa di una sistematicità definitiva. Solo il mistero che giace in seno all’uomo slava la vita da derive di morte, da esiti strumentali, dall’oggettificazione e dai riduzionismi oggi tanto di moda, specie in certi ambiti disciplinari. Il linguaggio poetico può casomai mettersi in ascolto di questo mistero ed essere il più adatto a cantare l’insondabilità dell’essere-venuti-al-mondo.
Montale, Caproni, Sinisgalli, Penna, Fortini, Sanguineti, Quasimodo, Macario, Luzi, Pozzi, Negri, Campana, Saba, Pasolini, Sereni, Bertolucci e la “terza generazione poetica” tradotti in francese.
Quali le difficoltà insite nel processo traduttivo della versificazione?
Ritengo che tradurre poesia sia assai complesso, anche in virtù del fatto che i versi devono conservare la loro originaria musicalità, un elemento, questo, assolutamente connesso alle liriche. Se poi consideriamo che la poesia è spesso espressione antiempirica di un invisibile, canto di un sentire, vetrata di immagini che sforano la logica razionale, comprendiamo bene come il tradurre debba essere anzitutto uno “spogliarsi delle proprie proiezioni”, per farsi ascolto autentico del verso. Il lavoro del traduttore somiglia dunque a quello dell’autore di icone, che è chiamato a ridurre il proprio ego, per lasciare spazio all’altro-da-sé.
Tanti gli esponenti della poesia novecentesca esaminati.
Quali sono stati i criteri che ha adottato per compiere una scelta?
Ho cercato di scegliere gli autori, a mio parere, più originali e di rilievo per la loro ricerca letteraria, tuttavia, non nego un criterio di predilezione. Ho cercato altresì di conciliare la rilevanza di poeti conclamati dalla critica, con il mio gusto, che mi ha portato a scegliere anche “nomi minori”, che ritenevo importanti per lo stile, per i contenuti, o per le scelte esistenziali anticonformistiche. Ho infatti voluto elaborate un libro dedicato, in qualche modo, ad autori non-conformi, non di sistema e che hanno avuto, ciascuno a proprio modo, il coraggio di “andare contro” per scelte personali e per i temi trattati.
“Portraits de poètes” è una raccolta di saggi realizzata in collaborazione con la rivista letteraria italo-francese “La Bibliothèque Italienne”.
Quanto è diffusa in Francia la poesia italiana?
In Francia esiste un vasto bacino che apprezza e conosce la poesia italiana (almeno quella più nota del Novecento), ma questo interesse mi pare che scarseggi nei confronti degli autori contemporanei. In Italia, infatti, la poesia contemporanea tende ad essere chiusa nei soliti circuiti, di cui fanno parte i soliti nomi, solidali tra loro per legami personali. Nel nostro paese è perciò complesso far emergere davvero il nuovo, consentire a chi ha davvero qualcosa da dire di essere ascoltato, a causa della solita logica “del giro di conoscenze”. In Francia invece c’è più apertura, una insofferenza atavica verso “la poesia da salotto con i soliti nomi” e questo spirito di autenticità è ciò che spinge i francesi ad essere, almeno in parte, poco curiosi nei confronti del nostro modo attuale “di concepire i poeti e la poesia”.
Lucrezia Lombardo
Dopo la maturità classica si laurea in Scienze filosofiche a Firenze con il massimo dei voti. Lavora quindi come curatrice, autrice di testi d’arte contemporanea e come giornalista, specializzandosi con vari corsi di perfezionamento e con un master in gestione dei beni culturali. Attualmente l’autrice scrive per alcune riviste letterarie internazionali, insegna Storia e Filosofia presso un liceo e collabora con vari atenei privati come docente di Storia della filosofia contemporanea, oltre ad aver conseguito una specializzazione triennale come Counselor psicologico a indirizzo psicobiologico. Dal 2020 Lombardo è co-direttrice e curatrice della galleria d’arte contemporanea “Ambigua” di Arezzo e si occupa di poesia da diversi anni, sia come autrice, che come redattrice (collabora infatti per la rivista letteraria italo-francese “La Bibliothèque Italienne” ed è responsabile del blog culturale del quotidiano ArezzoNotizie). Le sue raccolte poetiche: La Visita (Giulio Perrone 2017), La Nevicata (Castelvecchi 2017), Solitudine di esistenze (Giulio Perrone 2018), Paradosso della ricompensa (Eretica 2018), Apologia della sorte (Transeuropa 2019), In un metro quadro (Nulla Die 2020), Amor Mundi (Eretica 2021), con prefazione del poeta e regista Mauro Macario, Cercando il mezzogiorno (Helicon 2021), L’errore della luce (Ensemble 2022), Il gelsomino indiano (Cosmopoli 2023, italiano e romeno).
Giuseppina Capone