In Italia, la sanità danza sull’orlo di una contraddizione: da un lato, un miracolo di efficienza e risultati, dall’altro, crepe profonde alimentate da una crisi di finanziamento che mette a dura prova il diritto alla salute. Questa la fotografia scattata dall’avvocato Paolo Colombo, Garante dei disabili, in un panorama nazionale che vede la spesa sanitaria pubblica annacquarsi rispetto ai colossi europei come Germania e Francia. Con un budget che si aggira intorno ai 131 miliardi, a confronto con i 427 della Germania o i 271 della Francia, l’Italia si ritrova a spendere per i suoi cittadini cifre che rappresentano solo il 47% di quelle tedesche e il 57,9% di quelle francesi. La Relazione al Parlamento diffusa dalla Corte dei conti non lascia spazio a interpretazioni ambigue: sebbene il sistema sanitario italiano continui a garantire performance invidiabili sul fronte degli esiti di salute, le basi finanziarie su cui è costruito scricchiolano pericolosamente. In termini di PIL dedicato alla sanità, l’Italia staziona al 6,8%, lontana dalle percentuali a due cifre di Germania e Francia, testimoniando un quadro di austerity che mina dalle fondamenta la sostenibilità del sistema. Nonostante la sproporzione evidente nei finanziamenti, il livello dei servizi offerti continua a sorprendere. La mortalità preventiva e trattabile si attesta molto al di sotto della media della OCSE, e gli indicatori relativi alle cure primarie e agli screening per il cancro al seno dipingono un quadro di efficacia che fa onore al Bel Paese. Tuttavia, questa miracolosa resilienza non riesce a celare le crepe di un sistema alle prese con barriere all’accesso sempre più invalicabili. Le lungaggini burocratiche, le liste d’attesa interminabili e le disparità territoriali sono solo la punta dell’iceberg di una problematica ben più radicata. La spesa “fuori tasca” dei cittadini emerge come un grido disperato di chi cerca cure tempestive, rappresentando il 21,4% del costo complessivo della sanità italiana. È il segnale di un allarme che risuona forte nelle orecchie di chi teme di vedere il diritto alla salute trasformarsi in un lusso. Nel mascherare le disuguaglianze socio-economiche e territoriali, la sanità pubblica si presenta come un baluardo della società italiana, con un consenso quasi unanime sul suo ruolo di pilastro. Eppure, la frattura tra chi può permettersi di pagare per evitare lunghe attese e chi si trova a rinunciare alle cure evidenzia una disuguaglianza crescente, alimentata da un sistema che pecca nella distribuzione delle risorse e nell’accessibilità dei servizi. L’avvocato Colombo, con il sostegno dei dati forniti dalla Corte dei conti, mette in luce una realtà complessa, in cui la sopravvivenza del sistema sanitario nazionale si gioca sul filo di un bilanciamento precario tra efficienza e accessibilità. Un appello al cambiamento, affinché il diritto alla salute non sia più ostaggio di un bilancio, ma piuttosto il risultato di una volontà politica che metta al centro il benessere dei cittadini, senza distinzione.Paolo Colombo ci ricorda: ”E’ giunto il momento di rivedere le priorità, per garantire che la sanità in Italia rimanga un diritto e non diventi un miraggio.”
Ivan Matteo Criscuolo