Nel testo lei cita la filosofa e sociologa francese Annabelle Bonnet, autrice de “La barba non fa il filosofo”.
Ebbene, quali e quanti ostacoli deve saltare una filosofa?
Nei tempi passati gli ostacoli sono stati innumerevoli, tant’è vero che purtroppo pochissime ce l’hanno fatta, e qualcuna, tra queste donne coraggiose, ha addirittura perso la vita, come la celebre Ipazia e Olympe de Gouges, quest’ultima all’epoca della rivoluzione francese. Attualmente quasi tutti gli storici impedimenti sono stati rimossi, e nelle facoltà di Filosofia le presenze femminili sono considerevoli. Non ancora, però, si è sfiorata o raggiunta la parità negli incarichi universitari e direttivi, sicché per molti versi è ancora vero che per, filosofare, ci vuole la barba, ovvero occorre essere uomini…
Così come avvenuto per tante professioni, l’eredità delle filosofe è stata cancellata, oscurata, dimenticata.
“Che cosa ha perso il mondo, impedendo al genere femminile di esprimere la propria voce e di contare?”
È molto difficile immaginare come sarebbero andate le cose se il pensiero femminile fosse stato libero di esprimersi: è stata, per così dire, “silenziata” una metà dell’umanità perfettamente in grado di scegliere, di prendere decisioni, di assumersi responsabilità. Insomma, non stiamo parlando di una metà “minorenne”, come invece parecchi filosofi hanno sentenziato, bensì di adulte che, per farsi ascoltare, hanno invece dovuto agire all’ombra dei maschi o usare dei mezzi traversi (l’attrazione sessuale, lo spirito, la pazienza, la dedizione a un uomo) per poter – almeno parzialmente – contare. Tutto questo è estremamente umiliante.
Lei scrive nella prefazione: “Filosofe pubbliche o private, filosofe mancate, filosofe perseguitate, filosofe famose o misconosciute, donne che sono scese in piazza a protestare e donne che hanno taciuto, ma hanno spronato le loro figlie a uscire di casa: è di loro, è di noi che si parla in questo libro.”
L’assenza di un pensiero femminile sui libri quanto stride con la consapevolezza contemporanea?
Le ragazze, soprattutto, si indignano; ma non solo le ragazze. A me sembra un’ottima cosa, perché fino a non molto tempo fa lo si dava praticamente per scontato: filosofare è cosa da uomini, di donne filosofe non ce ne sono..il che, peraltro, è una menzogna.
“Filosofare ha in sé qualcosa di rivoluzionario e pericoloso”: quali competenze richiede il filosofare?
Filosofare richiede studi preliminari per impadronirsi dei concetti principali e della terminologia della disciplina, per aver chiaro il divenire e l’evolversi della storia del pensiero; richiede inoltre molte letture e molto confronto, dialoghi e dibattiti, e soprattutto la libertà, il tempo, il modo e la volontà e di riflettere.
Da Senofonte ad Aristotele, da Cicerone a Seneca si è reputato che le donne fossero manchevoli della ragione speculativa.
In qual misura la propaganda maschile ha inciso sul sbarrare la strada al pensiero filosofico delle donne?
Probabilmente i filosofi “misogini” (l’assoluta maggioranza) hanno razionalizzato e trasmesso, camuffandolo in modo filosofico, un modo di sentire comune e diffuso nella loro epoca e nella loro società; hanno solo nobilitato – ammesso che si possa usare il termine in questo processo di svilimento – il pregiudizio, anzi spesso lo hanno cavalcato trionfalmente.
Mary Astell, integralista religiosa con un’inclinazione femminista: “Un’ardente fede cristiana la sorresse nella sua strenua lotta per emancipare le donne”
La filosofia femminile non prosperò solo nelle celle dei conventi?
Più o meno, sì; ma anche nelle case nobili, dove alle donne veniva concessa l’istruzione; oppure nel caso delle figlie predilette di uomini di grande cultura;
mosche bianche, malauguratamente.
Olympe de Gouges s’impose nonostante “La donna è la femmina dell’uomo” recitato sentenziosamente nell’Encyclopédie.
Quali sono le ragioni, insospettabili, dell’Illuminismo ostative di una promozione della parità di genere in campo culturale?
Non ci si stupisce (fino a un certo punto, naturalmente) dei pregiudizio contro le donne delle cosiddette epoche oscure (e le chiamavano così proprio i philosophes francesi), ma ci colma di meraviglia, al contrario, la chiusura assoluta dell’Illuminismo nei nostri confronti. Quei grandi pensatori ci reputavano, alla stregua del popolo ignorante della loro epoca (definito la canaille) ancora impreparate, non pronte, inadatte a un ruolo diverso. Forse,- si auguravano- attraverso i secoli, l’educazione, ci saremmo evolute in positivo, tante volte non si sa mai…
Lei ha adottato un criterio cronologico: dalle pitagoriche Teano e Timica fino al postmodernismo di Judith Butler.
Cosa ci attende per il futuro?
La speranza è che non ci sia più il bisogno di scrivere un libro settoriale sulla filosofia femminile, essendo tale filosofia già inserita, e a pieno titolo, in un “normale” testo di storia della filosofia.
Simonetta Tassinari – Ha insegnato “Laboratorio di didattica della filosofia” presso l’Università del Molise, è stata tutor universitario del TFA (Tirocinio Formativo Attivo), da anni coltiva la Psicologia relazionale, la Psicologia dell’età evolutiva, il counseling filosofico e la divulgazione filosofica per bambini e ragazzi. È l’animatrice di partecipati “Caffè filosofici” e tiene conferenze e presentazioni in tutta Italia. Ha pubblicato romanzi per Giunti, Meridiano zero e Corbaccio, testi di argomento storico e filosofico (tra gli altri, per Einaudi scuola) e il saggio “brillante” – sull’insegnamento della filosofia nelle scuole – La sorella di Schopenhauer era una escort (Corbaccio). Per Feltrinelli ha pubblicato nel 2019 Il filosofo che c’è in te, alla terza edizione e uscito in edizione speciale come supplemento al quotidiano “la Repubblica”; S.O.S. filosofia. Le risposte dei filosofi ai ragazzi per affrontare le emergenze della vita, rivolto agli adolescenti; Il filosofo influencer. Togliersi i paraocchi e pensare con la propria testa (2020); per Gribaudo Instant Filosofia (2020) e Le 40 parole della filosofia (2021).