Un nuovo chatbot di Intelligenza Artificiale: una nuova risorsa o un possibile danno?

La società italiana Multiversity da alcune settimane ha lanciato un chatbot di Intelligenza Artificiale, che fornisce agli utenti risposte con un coefficiente di accuratezza al 99%.

Questo servizio è totalmente gratuito, infatti in così poco tempo ha generato già più di 100000 risposte, inoltre lo stile e il contenuto della risposta si adatta alle capacità e competenze di chi fa la domanda, garantendo un’efficienza mai vista prima.

Altri tipi di I.A. spesso forniscono dati superflui e sbagliati, invece, come sostenuto dai dirigenti di Multiversity, questa Intelligenza Artificiale è a misura di studente, adatto alla vita scolastica ed universitaria, una funzione che ha lo scopo di “facilitare” i compiti, ma ovviamente non tutti hanno accolto questa I.A. con lo stesso entusiasmo degli ideatori.

L’istruzione nel nostro Paese, ma anche in gran parte del mondo, sta riscontrando diverse problematiche riguardanti gli studenti, il loro grado di apprendimento e di concentrazione, la scarsa resa nei test e il poco studio che si svolge a casa e uno strumento che alleggerisce così tanto l’impegno e le responsabilità potrebbe risultare dannoso, a maggior ragione dal momento in cui anche gli universitari ne dispongono. Molti critici, pensatori e docenti stessi hanno evidenziato che è anti-educativo e a lungo andare un intenso e ripetuto utilizzo di questa I.A. potrebbe generare ignoranza tra chi ne usufruisce, aumentando così le problematiche della futura classe dirigente del mondo.

Nonostante le critiche, il ceo di Multiversity, Fabio Vaccarono, ha annunciato che entro fine anno il chatbot non sarà solo un programma che risponde alle domande, anzi si evolverà anche in uno strumento di educazione digitale, spiegando e valutando qualsiasi argomento, dal programma elementare a quello universitario, in forma sempre gratuita e passando così da “ strumento di ignoranza ad uno di istruzione e cultura”.

Rocco Angri

L’antica italiana e le stagioni en plein air. Lilla Brignone e Ave Ninchi

La ricerca condotta da Chiara Pasanisi sulla recitazione del repertorio classico nei teatri en plein air del secondo Novecento italiano e sul concetto di teatro all’Antica italiana rappresenta un contributo fondamentale e imprescindibile nell’ambito degli studi teatrali. L’analisi proposta si distingue non solo per la combinazione di rigore metodologico e profondità storica, ma anche per un approccio interdisciplinare sofisticato, che esplora le pratiche teatrali come strumenti attraverso cui interrogare le dinamiche sociali, culturali e storiche del contesto italiano.

L’intento della studiosa è quello di analizzare non semplicemente un fenomeno performativo, ma piuttosto un insieme complesso di pratiche sceniche, tradizioni culturali e riflessioni teoriche, utilizzando il teatro come medium per interrogarsi sulla memoria collettiva, sul senso della tradizione e sulla rielaborazione estetica e ideologica del passato.

Pasanisi si distingue per il suo approccio innovativo nell’analisi delle dinamiche performative italiane. La sua metodologia si avvale non solo di fonti teatrali, ma anche di un’analisi storica, sociologica, filosofica e antropologica per comprendere i complessi rapporti tra performance, spazio e memoria. Tale approccio interdisciplinare emerge chiaramente nelle sue pubblicazioni, dove ogni fenomeno teatrale viene indagato come manifestazione sociale, culturale e politica, con radici storiche profonde e una capacità unica di risignificarsi nei contesti contemporanei.

Nel suo lavoro, la studiosa mostra una particolare attenzione per il modo in cui la performance diviene un “luogo performativo” dove si confrontano passato e presente, costruendo esperienze sia individuali che collettive. Attraverso questo approccio, emerge un’analisi critica, capace di cogliere le tensioni, i dialoghi e le dissonanze che caratterizzano la memoria culturale italiana e il teatro come strumento simbolico per l’interpretazione e la risignificazione dei processi storici.

Come ha dichiarato in una delle sue analisi più note:

“La scena è uno spazio simbolico, ma anche materiale, dove la storia si scontra con la memoria, e dove l’innovazione nasce dall’intersezione di tradizione e rielaborazione contemporanea”.

Uno dei pilastri della ricerca è l’analisi del teatro all’Antica italiana, un concetto originariamente sviluppato da Sergio Tofano ma reinterpretato e approfondito da Pasanisi con una prospettiva critica originale. Questo approccio analitico non si limita a considerare il teatro all’antica come una mera pratica conservativa o come un tentativo di riproporre vecchi schemi performativi, ma lo definisce piuttosto come una pratica dinamica, in costante evoluzione e risignificazione.

Si esplora come il teatro all’Antica sia una metodologia artistica e simbolica che riflette la tensione tra memoria, trasformazione e innovazione. L’analisi mette in luce come esso sia profondamente ancorato nella storia italiana ma allo stesso tempo capace di risignificarsi per rispondere alle esigenze culturali e sociali della modernità.

Pasansisi scrive a questo riguardo:

“Il teatro all’Antica italiana è un dispositivo culturale, dove il repertorio classico e la memoria storica si intrecciano con le esigenze performative di un presente in continuo mutamento”.

Con questa osservazione, Pasanisi sottolinea come il teatro non sia una pratica statica, ma un dispositivo capace di mutare e adattarsi grazie al dialogo con il contesto e all’apporto creativo degli interpreti e dei registi.

Un altro elemento cruciale della riflessione è il dialogo continuo e complesso tra teatro antico e teatro contemporaneo, un dialogo che permette di comprendere come la memoria storica e la tradizione possano essere costantemente rielaborate attraverso gli strumenti performativi.

Il teatro antico, con le sue strutture simboliche, le sue trame mitologiche e i suoi archetipi narrativi, rappresenta la base fondamentale del repertorio classico, un patrimonio analizzato non come un residuo immobile, ma come un elemento dinamico attraverso il quale l’uomo moderno si interroga sulla propria esistenza, sulla propria società e sulla propria storia. Il teatro antico funge da specchio collettivo in cui l’uomo si riconosce, con le sue aspirazioni, le sue contraddizioni ed i suoi dubbi.

Nel contempo, il teatro contemporaneo, con il suo linguaggio innovativo e la sua capacità di sperimentare nuove forme performative, rappresenta l’evoluzione e la reinterpretazione della memoria storica. Pasanisi osserva come il teatro contemporaneo si ponga in dialogo con il passato attraverso un linguaggio che non è mai statico ma sempre in movimento, una pratica estetica in cui il repertorio classico viene reinterpretato ed adattato alle esigenze culturali del presente.

Questo colloquio tra antico e moderno non è mai un semplice ritorno alle origini o “un’operazione nostalgia”, bensì un tentativo di creare connessioni, di interrogarsi sui simboli e sulle domande universali che il teatro può porre. Il contemporaneo riscopre l’antico attraverso una pratica performativa che non è una mera citazione, ma una trasformazione che coinvolge spazi, linguaggi e significati diversi.

Pasansisi scrive a questo riguardo:

“Il teatro contemporaneo riattiva l’antico non come memoria fossilizzata, ma come strumento creativo capace di interrogarsi sulle domande del presente e di risignificare il senso della tradizione”.

Questo approccio sottolinea come il teatro sia un ponte culturale, un dispositivo dinamico capace di tradurre il passato nel presente e di riflettere sulle dinamiche storiche e sociali in modo critico e rielaborato.

La prospettiva di Chiara Pasanisi rappresenta una pietra miliare per comprendere le dinamiche della recitazione e della tradizione teatrale italiana. Il suo approccio interdisciplinare, combinato con un’analisi storica rigorosa e un’interpretazione innovativa, offre uno strumento potente per esplorare le connessioni tra memoria, spazio e performance.

Pasanisi esplora non solo il rapporto fra antico e moderno, ma anche l’evoluzione del teatro stesso come dispositivo culturale in conversazione con la storia, l’identità e le dinamiche sociali. La sua analisi ci invita a comprendere il teatro non come un’entità statica, ma come un processo creativo, un dispositivo simbolico e performativo che risponde alle esigenze culturali e storiche del presente.

L’eredità culturale dell’antico diventa, grazie a questa ricerca, un linguaggio vivo, vitale ed in continua trasformazione, capace di far emergere nuove esperienze estetiche, nuovi spazi e nuove memorie.

Giuseppina Capone

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