La casa delle donne, il nuovo romanzo di Cinzia Costato

Parliamo con Cinzia Costato del suo secondo romanzo dal significativo titolo “La casa delle donne”.

Nel suo libro protagonista è la figura femminile di Francesca, una giovane psicologa, e la sua storia come crescita, perché questa scelta?

Francesca rappresenta tutte le ragazze che all’improvviso si trovano di fronte alla prima grande transizione sociale, il passaggio dall’infanzia alla vita adulta. Lascia il mondo sereno e ovattato della fanciullezza  per affrontare quello burrascoso dell’adolescenza. Dinanzi lei, a loro, un nuovo mondo, nuove esperienze e nuove conoscenze che delineeranno nel corso del tempo la loro personalità. E poi i contrasti, il bisogno dei propri spazi, della libertà. Da qui la lotta contro l’autorità per affermare la propria identità: la famiglia, come per tutti, sarà la prima a farne le spese.

Francesca, la nostra protagonista, si allontana da casa per fare del bene, per aiutare e capire il prossimo attraverso se stessa.

Ho scelto l’altruismo come messaggio, e Francesca con me, perché credo sia uno dei valori più importanti ma anche quello che in questo momento storico viva un profondo scoramento. Cosa saremmo noi senza “gli altri”? Non è proprio dal confronto con “gli altri” che scopriamo chi siamo? Io ci credo.

La narrazione al femminile, a suo avviso, è stata per lungo tempo appannaggio maschile…

La narrazione femminile è stata a lungo appannaggio degli uomini e questo ha ovviamente creato delle distorsioni; noi donne per prime incappiamo nella difficoltà di raccontarci senza sfociare nella trappola del pregiudizio patriarcale.

Quanto ritiene importante l’ascolto nella società odierna?

Ascoltare significa donare sé stesso, il proprio interesse, il proprio tempo e soprattutto la propria empatia.

Ma quanto è difficile ascoltare!

Per fare ciò bisogna avere una grande riserva di amore e una grande forza di volontà per mettere a tacere il nostro ego.

Purtroppo oggi si crede che nel parlare si dia impressione di autorevolezza ed ecco che propendiamo più a salire in cattedra che a fermarci ad ascoltare cosa ha da dire il nostro interlocutore.

Siamo sempre più concentrati su noi stessi che a manifestare interesse per gli altri

Nel suo romanzo parla dello spirito Ubuntu, quali i collegamenti con la nostra società?

Nella filosofia Ubuntu l’esistenza umana raggiunge il massimo grado quando fa parte di un tutto, “una umanità condivisa” senza la quale la nostra paura ancestrale ci porta a costruire muri.

Un proverbio Swahili dice: se la casa del mio vicino è in fiamme io non posso dormire tranquillo. Ecco la fraternità universale che supera le barriere di status e di genere creando così una famiglia di Nazioni.

Nella visione morale di alcuni di noi la cartina di tornasole della fraternità è accogliere e proteggere i migranti i quali arrivano a noi come un peso e un fastidio anziché un’opportunità di dialogo e di crescita.

Luoghi e paesaggi come entrano nella narrazione della storia di Francesca?

I luoghi geografici sono il Sudafrica, in particolare la capitale Cape Town, primo stato a sancire sulla costituzione i diritti di uguaglianza di genere fra gli uomini e ad approvare il matrimonio gay. Dunque uno stato avanti mille anni luce. La realtà purtroppo è ben diversa questi diritti sono solo inchiostro che imbratta. L’Omofobia dilaga tra la popolazione.

Cape Town appare divisa in due mondi quello dei ricchi, bianchi europei che si riversa sulla lussuosa long street e di contro quello dei nei di diversa etnia che affollano le lunghissime Town ship. Barracopoli senza acqua potabile in cui vivono famiglie con tantissimi figli riversati per le strade a delinquere per sbarcare il lunario. Proprio in questi polverosi tugurio si animano i personaggi del libro, tutte donne povere e omosessuali costrette a combattere con una società che le vuole invisibili.

Bianca Desideri

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