La scrittura sensoriale di Maria Rosaria Selo. Pucundria, l’essenza del dolore nel profumo della libertà.

“Pozzuoli è tante cose, non solo una cittadina di mare. Non la ricordavo così bella. C’è luce ovunque e una infinità di colori che l’attraversano, dai rossi delle case, all’ocra del tufo, al ruggine delle costruzioni romane che spuntano in mezzo al verde di una vegetazione fitta che scende a mare.”  

La citazione sopra menzionata ricorda lo sfondo, l’ambientazione, bella e struggente, di questo libro, il terzo romanzo scritto da Maria Rosaria Selo. “Pucundria”, pubblicato il 12 novembre 2024, per i caratteri di Marotta e Cafiero, estende il filo rosso nelle storie di donne che hanno lottato una battaglia impari per garantirsi il sorriso della felicità. Affrontando dolori e sofferenze che hanno segnato corpi e menti con cicatrici non rimarginate.

La narrativa di Maria Rosaria Selo visita il pianeta femminile con i ruoli maschili che appaiono satellitari, entrando in scena quasi da comprimari. L’apparente misandria letteraria si dissolve nel riconoscere in tutte le protagoniste e i protagonisti sentimenti e condotte dalle più diverse, contrapposte nature dell’animo umano. Dove, talvolta, la presenza maschile si manifesta in un’assenza dalle inimmaginabili, tragiche dinamiche.

Nelle mancanze e sottrazioni ad un’adeguata autonomia relazionale, affettiva, la scrittura dell’autrice è possente. Somma emozioni. Capaci di sostenere l’incontro fra personalità dalle estrazioni più avverse e lontane.

La Selo tesse le trame delle storie con dei colori forti e rassicuranti.

Dove toni e riverberi ammalianti avvincono il lettore in un pathos dalle radici crude e contemporanee. Anche la rilegatura innovativa del testo con le pagine tagliate con una angolatura inferiore, diversa dalle altre, attrae una maggiore curiosità del lettore chiamato a contribuire con il proprio “sentire” l’evoluzione della storia che si snoda in trentanove paragrafi con nuove opzioni di lettura. Diversa dalle tradizionali aspettative. Fruibile su più dimensioni.

Una esperienza sensoriale che consente alle parole del testo di librare nelle visioni prodotte una nuova comparsa in scena. Il lettore appunto.

In questo nuovo romanzo la protagonista principale è Teresa Ricciolo, un agente penitenziario con un passato pesante che le ha segnato la vita. Vive con la sua figlia adolescente che non ha mai conosciuto il padre. Alice, vive un rapporto complicato con la madre e la sua divisa. Costretta ad allontanare il suo ex compagno, dopo l’ennesimo episodio di violenze domestiche, puntandogli la pistola d’ordinanza, in un estremo tentativo di legittima difesa. Salvando la vita alla sua stessa figlia, appena procreata e apparsa in grembo.

La spigolosa convivenza madre – figlia è stemperata da tenere importanti presenze. Edoardo, amico da sempre, omosessuale,– che in qualche modo ha supplito l’assenza paterna di Alice – e Nero, un affettuoso cucciolo meticcio, adottato dalla stessa ragazza che non ha abbandonato la ricerca di notizie utili a incontrare Piero, suo padre, e soprattutto i motivi (che ignora) della sua scomparsa.

Nel carcere femminile di Pozzuoli, dove Teresa ha preso servizio dopo aver lavorato a Roma, l’incontro a prima vista con un “nuovo arrivo”, è lo spartiacque per un orizzonte di vita inedito.

Anna D’Abbraccio, esile e minuta nel fisico, è un unicum rispetto al resto delle recluse, che siano  in attesa di giudizio o con sentenza definitiva e relativa pena da scontare.

E’ collocata in una cella dove dovrà condividere in spazi angusti, la sua detenzione con due compagne di sventura, anch’esse macchiatesi con il sangue in reati di omicidio.

La D’Abbraccio è accusata di aver ucciso il suo ex compagno, anch’egli violento. Un evento dalle dinamiche rimaste nell’ombra di un oblio, archiviato quanto prima possibile.

Il profilo inerme e solitario di Anna, già abile fioraia in una piccola attività a Castelvolturno, in un luogo popolato in gran parte da extra comunitari africani, attrae come un magnete, l’interesse di Teresa, pronta a cogliere sintonie di un vissuto comune. L’interesse per quella “ospite” così diversa, difficilmente da immaginarla autrice di un efferato delitto, talentuosa creatrice di pregiate essenze e profumi, cresce rapidamente. Si trasforma quotidianamente in una presa in carico che da comunanza di attitudini diventerà una vera e propria sorellanza.

In questo processo di laica carità – realizzato con un forte coinvolgimento nell’uso della prima persona narrante – conferito dalla scrittrice a Teresa; si alterneranno coprotagonisti decisivi che schiuderanno nuovi incontri di vita. Originati da un apparente luogo – il carcere  – dove la vita prefigura nella gran parte dei casi l’attesa logorante della morte.

L’epilogo della vicenda posizionatosi non casualmente in una vigilia natalizia, apre per tutte le generazioni concorrenti, una catarsi dove le mancanze possono in qualche modo colmarsi con nuove scoperte di inaspettata gioia.

Pucundria” accende una luce sul buio pesto di assenze reali e invadenti che espandono giorno dopo giorno la macchia d’olio trasparente, drammaticamente irreversibile di una silenziosa deportazione. La fragilità strutturale di un luogo incantevole, mirabilmente illuminato nella lirica di Rosi Selo, deturpato dall’incalzare del bradisismo, consegna la desolante scena dell’attuale abbandono.

Il carcere femminile chiuso per l’inagibilità con tante storie di umana remissione spezzate. Scollegate nei destini che rimarranno ignari ai più.

Le ultime pagine di questo romanzo che si ascolta anche in alcuni brani musicali – grazie alle didascalie digitali che rimandano sulla più diffusa piattaforma musicale online – ci aprono mente e cuore per un futuro prossimo che non debba rivelarsi un abisso. Possa invece essere sostenibile almeno quanto la bellezza estrema di questo libro.

Luigi Coppola

 

(Foto Luigi Coppola: presentazione presso la libreria La Bottega delle Parole, San Giorgio a Cremano).

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