Dantedì: Eleonora Lizzul e “Dante e la critica esoterica. Ediz. Critica”

La lingua dantesca nelle sue peculiarità fonomorfologiche, in assenza di documenti autografi, va ricreata. Giudica che il testo dell’opera così come lo leggiamo oggidì sia realmente corrispondente alla lingua del Sommo Poeta?

Un po’ come è accaduto, nello scorrere dei secoli, per la tradizione omerica, è importante sottolineare innanzitutto come Dante sia divenuto nel tempo una sorta di leggenda, un insieme di ricordi, di usanze e testimonianze indirette, di personaggi che gravitano intorno alla sua aura di grandezza; tutti i visionari del passato riportano lo stesso problema di mancanza di documenti autografi, ed è forse per questo che rimangono tali. Per quanto riguarda Dante, più che definire la lingua come quella del Sommo Poeta, mi verrebbe da giudicarla come la lingua dell’Italia intera: a parte i famosissimi neologismi creati appositamente dall’autore (si veda, ad esempio, indiarsi) e diversi modi di dire che, successivamente, sono entrati a far parte dell’uso comune (senza infamia e senza lode), il linguaggio della Commedia, o addirittura dell’intero corpus dantesco, è possibile che sia un insieme di testo e conoscenza “a più mani”, magari un gruppo di poeti e scrittori, nonché amici del Sommo, che ha agito su una base – pre-costituita da un unico uomo – per ampliarla.

È una questione spinosa, che sicuramente ha ancora oggi delle grandi lacune a livello conoscitivo, ma per analizzare un testo dantesco è necessario avere una mente aperta a centinaia di possibilità; senza dimenticarci, poi, di tutti i compagni che si muovevano intorno alla sua persona.

Rassegnazione, meraviglia e mistero coabitano, s’annodano e si arruffano. La modernità di Dante sta nel concedere al lettore di scoprirsi tra le terzine delle Cantiche?

Credo che la risposta più completa in assoluto sia una sola: la modernità di Dante sta nel concedersi, punto. Non tutti i poeti hanno avuto l’ardire di mostrare la propria storia, il proprio pensiero e le proprie azioni, in un modo così schietto e sincero come quello di Dante. E dirò di più: non solo il Sommo ha avuto il coraggio di scoprirsi Cantica dopo Cantica, ma l’ha fatto tramite altri, dando la diretta parola ai personaggi della Commedia. Perché mostrarsi al lettore in maniera egoistica quando è possibile creare un gioco di rimandi e referenze? Dante ha sempre sottolineato l’importanza delle compagnie, vuoi per la cattiveria del suo esilio, vuoi per le sue capacità comunicative, e non ha mai smesso – in tutto il corpus di opere – di svelarsi a poco a poco tramite gli occhi e la bocca dell’altro.

Si è convinti che le parole celino significati inesplorati. “Sotto il velame delle parole oscure” quale Dante Alighieri emerge?

Sotto ‘l velame emerge un Dante tutto nuovo, vicino al sentire umano e alla percezione che tutti abbiamo del mondo: è sempre un errore banale innalzare i poeti a super-uomini o creature divine. Dante era un uomo come lo siamo noi, fatto di vizi e virtù, di pessime decisioni e di intuizioni brillanti, sicuramente con una sensibilità artistica più alta della nostra. Ciò che emerge dalle sue parole è la volontà di ribellione: Dante, da sempre inserito nel gruppo dei Guelfi, è in realtà un grande sostenitore Ghibellino, un dissidente nei confronti delle istituzioni, prima tra le quali la Chiesa cattolica. Sotto le sue parole si cela quindi una volontà tutta nuova, ovvero quella di cambiare il normale corso della storia italiana insieme ad altri compagni. La sua simpatia per il catarismo o il templarismo – si pensi appunto alla sua partecipazione attiva alla setta dei Fedeli d’Amore – non fa che incrementare la possibilità che ci sia altro ancora sotto le terzine della Commedia.

La scrittura quale mezzo di comunicazione occulta. Perché la tradizione ha preferito sancire altro rispetto alle risultanze della critica esoterica?

Essenzialmente perché la tradizione non la fanno i dissidenti. È sempre un problema mostrare la vera faccia di una situazione – poetica o scientifica che sia – e portare avanti una tradizione “difficile” nell’interpretazione probabilmente non è mai la prima scelta. Oltre alla difficoltà d’interpretazione e di analisi del testo, ci si aggiunga anche un vero e proprio problema politico: parlare di dissidenza nei confronti della Chiesa e della politica del tempo (con forti rimandi anche a quella odierna, proprio perché Dante sa parlare a qualsiasi epoca) poteva avere delle ripercussioni gravissime, sia per la persona singola sia per la famiglia o per le compagnie intorno alla stessa.

Scegliere la tradizione positivista è stata, molto probabilmente, una scelta di convenienza, per quanto i sostenitori siano personalità di altissimo intelletto.

Morale, religione, politica, amore, odio, passioni, vizi, virtù: come far coesistere il messaggio e la visione dantesche con l’umanità divisa e fragile del Terzo Millennio?

Anche in questo caso mi verrebbe da dire che coesiste già il messaggio dantesco con l’umanità odierna: essenzialmente, noi siamo il messaggio dantesco. Siamo fragili, incoerenti, passionali e pronti a tentare la rivoluzione. Siamo un popolo tratteggiato già nel 1300 e rimasto uguale nelle intenzioni – un po’ meno nelle azioni, fortunatamente. È per questo che Dante va riletto in qualsiasi epoca: perché ribellione e dissidenza, amore e religione, politica e virtù sono binomi che ogni uomo ha sviluppato dentro di sé. È un co-esistere nel vero senso dell’espressione, è “esistere insieme con gli altri”: la tradizione a cui Dante ha dato inizio, tralasciando per un attimo quella poetica, è quella di una nazione, un gruppo definito di uomini mossi da sentimenti contrastanti, che cercano una via di fuga dalla realtà.

Il Terzo Millennio è la naturale conseguenza del messaggio dantesco ed è altrettanto naturale pensare che la tradizione dantesca non debba andare persa, perché ha forgiato la nostra sensibilità e il nostro sentirci parte di un tutto.

 

Eleonora Lizzul 

Dopo aver terminato gli stui scientifici, si laurea in Lettere Moderne e poi Filologia Moderna presso l’Università degli Studi G. D’Annunzio (Chieti). Frequenta un master in Editoria e ha pubblicato, per la casa editrice Divergenze, un saggio di critica dantesca: Dante e la critica esoterica (2022).

Attualmente lavora nell’ambito dell’editoria per bambini per la casa editrice Prometeica.

Giuseppina Capone

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