Scampia è una periferia napoletana certamente difficile, dimenticata e, soventemente, mistificata.
Un contesto di marginalità sociale e di povertà educativa.
Come “si fa scuola”? Quali pratiche mettere in campo?
Nicola Cotugno, architetto, esperto in tecnologie didattiche, progettista di ambienti di apprendimento multimediali, avvalendosi delle testimonianze di studentesse e studenti raccolte dal 1996 al 2021 all’ITI “Galileo Ferraris”, narra di “Buone pratiche digitali per la coesione educativa”: dal videogioco didattico alla costruzione di siti web.
Marco Rossi Doria nella Postfazione scrive: “Il tratto distintivo delle esperienze qui raccolte è il sostegno al protagonismo dei ragazzi, al loro fare, alla loro ricerca che può espandersi e diventare progressivamente loro propria, lontana, anche, da noi, emancipata dalla nostra presenza. […] Queste pagine sono buon antidoto a un’idea di comunità educante formale o fredda, scritta da qualche parte ma non vissuta, che non abbia al centro i ragazzi, che non sia fondata sull’esperienza poliedrica e rischiosa della scoperta, che non sia autenticamente aperta sulla città e sul mondo. Perché sono pagine che mostrano il lavoro vivo, faticoso, artigianale, incerto e sorvegliato che il costruire comunità educanti autentiche comporta. […] Questo libro è una meravigliosa offerta creativa di soluzioni possibili di uso delle tecnologie per lo sviluppo di competenze grazie a una ricerca sperimentale delle opportunità trasformative e della leva di cambiamento delle ICT per la scuola in una periferia difficile.”
Con spiccata sensibilità pedagogica vengono illustrate le esperienze didattiche realizzate nel corso di oltre 25 anni con il prezioso ed innovativo contributo delle tecnologie digitali e multimediali, adoperate in senso non meccanico bensì umanistico, mai tecnocratico, proprio per edificare nei giovani consapevolezza critica nell’uso del digitale, della rete e della realtà aumentata senza temere derive. D’altro canto già Isaac Asimov aveva ammonito sin dagli anni ’40, indicando la via etica da seguire per non consentire alle macchine ed all’intelligenza artificiale di manifestarsi come distruttiva: “Un robot non può recare danno agli esseri umani, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, gli esseri umani ricevano danno”; “Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, tranne nel caso che tali ordini contrastino con la Prima Legge”; “Un robot deve salvaguardare la propria esistenza, purché ciò non contrasti con la Prima e la Seconda Legge.”
Emerge che sia ottimale applicare un’ottica chiaramente istituzionalista ed apertamente libertaria, affatto “istruzionista”, nonostante l’Istituzione scolastica sia normata ed incastonata in “un’architettura di sistema” spesso inamovibile: l’assunto è che ciascun ragazzo sia unico e che sia ineludibile incentivare lo sviluppo della creatività, dell’autonomia di giudizio critico e delle singole espressività.
Giuseppina Capone