Lions ambasciatori di Pace

L’impegno dei Lions non si ferma mai, tante sono le iniziative che quotidianamente si svolgono nel Distretto 108 Ya che comprende la Basilicata, la Calabria e la Campania; tanti i Service che con passione e spirito di servizio vengono portati avanti sui territori delle tre regioni.

In questa intervista Mirella Napodano, coordinatrice distrettuale del Service dedicato alla Pace ci parla delle attività messe in campo per sensibilizzare e diffondere la cultura della Pace.

Perché parlare di Pace?

Le vie della Pace dovrebbero essere infinite, specie in un momento storico come questo in cui siamo costretti ad assistere ad eventi di particolare barbarie. Perciò il Service distrettuale – Area Comunità – di cui sono coordinatrice, dal titolo: I Lions ambasciatori di Pace attraverso la cultura, le arti e lo sport, giunge come una preziosa occasione per diffondere e approfondire la cultura della Pace intesa non solo come assenza di guerre, ma come ‘pienezza di vita’, benessere personale e sociale.

La Pace è da intendersi come apportatrice di crescita materiale e spirituale dell’essere umano nella sua esistenza personale come nelle relazioni sociali: nelle istituzioni politiche, giuridiche e amministrative, nella vita scolastica, nei rapporti familiari, negli eventi culturali, artistici, sportivi della quotidianità ed in particolare nel rapporto degli esseri umani con l’ambiente naturale che supporta la vita sul Pianeta, dove tutto è connesso.

I Lions del Distretto 108 Ya come operano per diffondere la cultura della Pace?

La risposta alla sua prima domanda è il messaggio che ho cercato come Lions di far giungere in particolare agli studenti delle scuole secondarie irpine che hanno partecipato in folto gruppo all’evento inaugurale del Service. L’incontro si è svolto la mattina del 7 novembre scorso presso la sala Maestrale del Centro Congressi dell’Hotel de la Ville di Avellino, con il patrocinio della locale Amministrazione comunale. Nell’ampio auditorium, in grado di ospitare circa duecentocinquanta persone, si sono riuniti – alla presenza del Governatore Pasquale Bruscino e di molte autorità lionistiche –  anche insigni rappresentanti delle istituzioni civili, militari e religiose del territorio.

Non solo Pace ma anche attenzione per il nostro pianeta…

L’intensa, filosofica accezione della parola Pace adottata nel Progetto del Service presuppone anche la necessità di custodire e curare il Pianeta e la natura che ancora ci sostiene nonostante gli enormi danni che le abbiamo arrecato,giunti spesso fino alla gravità dell’ecocidio. Allo scopo di sensibilizzare i numerosi presenti a queste tematiche, abbiamo scelto di proiettare – subito dopo i saluti e la cerimonia di rito – il docufilm La lettera – fortemente voluto da Papa Francesco e prodotto dal Vaticano – che è stato seguito con grande attenzione in particolar modo dagli studenti. Alla visione del docufilm è seguito un interessante dibattito sui temi della pace e dell’ecologia integrale coordinato dai proff. Guido Tortorella Esposito, docente di Economia delle Imprese e dei mercati presso l’Università degli studi del Sannio e Giovanni De Feo, professore di Ingegneria ambientale presso l’Università degli studi di Salerno e autore del metodo di divulgazione scientifica Greenopoli.

Quali sono le prossime attività in programma?

Le attività programmate nelle Linee Guida del Service proseguiranno a partire dal 21 gennaio e fino al 29 marzo 2024 con una fitta rete di interventi sul tema dell’educazione alla Pace come cura di sé e degli altri, da svolgersi presso le Scuole secondarie che aderiranno al nostro invito. Infatti, essere costruttori di Pace attraverso la cultura significa innanzitutto vivere e praticare il dialogo con noi stessi (introspezione) con gli altri (reciprocità) e con la natura (contemplazione). Come riuscirci? Sarà nostro compito mostrare ai giovani e agli adulti che il dialogo non è sinonimo di conversazione, ma scambio, conflitto, confronto, empatia e reciproco arricchimento.

Quali saranno le modalità di approccio didattico?

Le modalità di approccio didattico saranno svolte attraverso pratiche laboratoriali di Filosofia dialogica destinate ai giovani e agli adulti, secondo il metodo Creature variopinte da me ideato ormai più di un ventennio fa (marchio depositato presso il Ministero dello Sviluppo Economico) e ampiamente praticato in numerose sperimentazioni in tutta Italia. Sarà anche l’occasione per porre in essere percorsi di alfabetizzazione emozionale, di educazione affettiva nella dialettica identità/alterità/relazione e di prevenzione della violenza di genere, argomento quest’ultimo di cui oggi si avverte una drammatica, pressante esigenza. Con ciò, auspichiamo che il raggiungimento degli obiettivi di questo percorso possa garantire un sensibile miglioramento delle relazioni affettive in famiglia, a scuola e nella società.

Chi pensate di coinvolgere oltre alle scuole?

La tematica della Pace non ha confini, ma i nostri interventi saranno concentrati nel territorio del Distretto Lions 108Ya, in cui insistono realtà diversificate, ricche di storia e tradizioni da cui attingere a piene mani, ma anche estese zone afflitte da consolidate situazioni di prevaricazione e ingiustizia sociale. Il radicamento sul territorio delle nostre attività avverrà attraverso partenariati già definiti o in via di definizione con Enti Comunali e Provinciali; Prefetture;CONI; Conservatori musicali; ApS aventi finalità sociali, ecc.; collaborazioni con Pro Loco; Legambiente; ecc.

Quali sono gli obiettivi che vi proponete di raggiungere con le scuole?

Gli obiettivi che ci proponiamo di raggiungere, in collaborazione con gli enti e le scuole di ogni ordine e grado aderenti, sono:

  • diffondere la Pace in ambito interpersonale e interistituzionale attraverso la pratica del dialogo filosofico inteso ad incrementare il senso di cittadinanza, giustizia, inclusione, solidarietà e sostenibilità ambientale;
  • incentivare i legami di prosocialità tra persone e istituzioni attraverso la cultura, l’arte e le pratiche sportive;
  • diffondere e approfondire i temi della fratellanza globale e della tutela dell’ambiente.

Per la verifica dei risultati, chiederemo ai ragazzi di produrre degli elaborati in forma digitale per realizzare uno storytelling delle proprie emozioni, a scelta anche con la tecnica del fumetto. I prodotti più originali saranno premiati con gadget recanti i simboli del Lionismo.

Il Team oltre me vede la presenza di Ernesto Del Giudice del Lions Club Avellino Host.

Antonio Desideri

Angela Bubba: Elsa

“[…] tu che ti leghi per la vita e per la morte, quasi t’identifichi con le cose che fai. Ma vedi, tu appunto hai questo dono di ricondurre ad unità gli elementi più disparati […]. Tu senti che il mondo è fatto a pezzi, che le cose da tener presente sono moltissime e incommensurabili tra loro, però con la tua lucida e affezionata ostinazione riesci a far tornare sempre i conti” Così scrisse Italo Calvino. Può definire Elsa Morante?

Questa è una domanda in grado di dar luogo a una risposta vastissima, cerco quindi di non eccedere. Elsa Morante, al di là del suo essere oggettivamente uno dei più grandi scrittori mai apparsi su questo pianeta, è stata una donna, una persona, un essere di grande sensibilità e coraggio, un paradigma vero, e ancora attualismo, di forza, di libertà, di coerenza: pagata a prezzo carissimo. Elsa Morante era una creatura coi suoi particolarismi, con ciò che la rendeva speciale, unica, inimitabile, ma anche con le sue cadute, i suoi inciampi, le sue difficoltà e contraddizioni, che sono anche le nostre, sono quelle che affrontiamo tutti i giorni e in tutte le epoche. Ecco, Elsa Morante è da cercare in questa doppia luce, dolce e tagliente, affilata e morbida allo stesso tempo. Come definirla ancora? Elsa Morante è stata ed è ancora una leggenda, un fatto potremmo dire mitologico, che portava con sé un che di epico anche mentre era in vita, come i suoi libri del resto, che sono diventati immediatamente dei classici, anche prima della morte dell’autrice. Eppure era, rappresentava e viveva anche dell’altro, era quei pezzi di cui parlava Calvino, quei cocci di mondo che Elsa Morante coglieva dentro e fuori di sé, sulla propria pelle come su quella degli altri. Lo sforzo più grande, nella vita come nella letteratura, sforzo suo come di ogni altro vero scrittore, credo sia stato proprio questo: prendere consapevolezza di quelle schegge tremende, accoglierle nella propria esistenza e tentare di dar loro un’unità fondamentale, di riportarle alla Legge, dunque a una forma luminosa – e implacabile – di verità.

Morante riutilizza tematiche, topoi e modelli narrativi del romanzo ottocentesco. Eppure si innalza sul panorama letterario a lei coevo con estrema autonomia, slegata da qualsivoglia corrente. In qual modo plasma la sua coscienza metaletteraria?

Non credo che il suo più intimo riferimento sia il romanzo ottocentesco: lo stesso “Menzogna e sortilegio”, il suo esordio, per quanto possa rimandare a certi schemi del XIX secolo prende a piene mani dall’ “Orlando Furioso” e dal “Don Chisciotte”, quindi da periodi precedenti… Le radici di Elsa Morante ad ogni modo sono classiche, per la precisione greco-omeriche: tentare di comprendere Morante facendo a meno dell’ “Iliade” e dell’ “Odissea” è impossibile, si farebbe solo un grave torto all’autrice; pensiamo anche solo ad Arturo, né più né meno che un Achille in miniatura, e potrei fare molti altri esempi.

Il classicismo di Elsa Morante – fluido, dinamico, interiormente agente e mai meramente citazionale – è comunque quell’elemento che più di ogni altro la spinge verso la preferenza per gli archetipi, i simboli, le mitologie e dunque, di conseguenza, i sentimenti (sempre eterni e trasversali), a discapito delle ideologie (che invece sono circoscritte e caduche). Se perciò si vuol parlare di un’Elsa Morante metaletteraria, è da questa base che bisognerebbe partire.

Sulla rivista “Nuovi Argomenti” Elsa Morante paragonava la funzione del “romanziere-poeta” “a quella del protagonista solare, che nei miti affronta il drago notturno, per liberare la città atterrita” Ebbene, quali sono i riverberi letterari del suo sguardo alla società “piccolo-borghese burocratica”? 

Cosa dice Elsa Morante sulla bomba atomica? Parto da questo punto – dalla minaccia nucleare – perché il problema è attuale e crucialissimo per noi come lo era per l’autrice e i suoi contemporanei, e perché ha a che fare con quanto mi chiede. “La nostra bomba è il fiore” scrive Elsa Morante, “ossia l’espressione naturale della nostra società contemporanea, così come i dialoghi di Platone lo sono della città greca; il Colosseo dei romani imperiali; le Madonne di Raffaello, dell’Umanesimo italiano; le gondole, della nobiltà veneziana; la tarantella, di certe popolazioni rustiche meridionali; e i campi di sterminio, della cultura piccolo borghese burocratica già infetta da una rabbia di suicidio atomico. Non occorre, ovviamente, spiegare, che per cultura piccolo borghese s’intende la cultura delle attuali classi predominanti, rappresentate dalla borghesia (o spirito borghese) in tutti i suoi gradi. Concludendo, in poche, e ormai, del resto, abusate parole: si direbbe che l’umanità contemporanea prova la occulta tentazione di disintegrarsi”.

A ben pensarci, la cultura borghese (e per borghese Morante intende disumanizzata, misera, smarrita e avida del superfluo anziché dell’essenziale, meglio ancora dell’assoluto), questa cultura, dicevo, è pericolosamente simile a quella del “Processo” di Kafka: cultura composta per lo più da gente che invece di amare rimane indifferente, o al limite fa esegesi delle emozioni, fa filologia arida degli affetti, fa le cose solo per procura e mai per natura, quindi mai per schiettezza o sincerità, ma sempre per calcolo e tornaconto becero; gente che Kafka descrive preda di un mondo asfissiante e irrespirabile, dove tutto è burocratizzato, con la propensione al processo, per citare il suo titolo, e dunque al delirio dell’accusa, del verdetto, della condanna, dove le cancellerie dei tribunali – come dimenticarle? – vengono stipate nei solai dei palazzi, preda di un’aria viziata e fuligginosa, che mai viene cambiata e che è angosciante immagine della società che siamo, una società che nel finale del romanzo kafkiano si accanisce su un cittadino, Josef K., e lo giustizia assurdamente, senza neppure comunicargli la propria colpa e dopo averlo sottoposto a un calvario surreale – fatto di ansia, paranoie, pensieri deliranti.

Come termina questa storia?  L’uomo verrà raggiunto da due uomini col cappello a cilindro, che gli pianteranno infine un coltello nel petto. Ecco dunque la borghesia, o come dice l’autrice lo spirito borghese, spiegatoci da una metafora micidiale: una statalità che ammazza per decreto e senza manco più bisogno di incolpare, per Kafka; un insieme di statalità putrefatte che messe insieme hanno prodotto il fiore folle dell’atomica, per Morante.

La sua scrittura è dunque un tentativo estremo e appassionato di andare contro tutto questo, contro tutta la morte e tutto l’oscuro, tutto il buio e tutta la sfiducia che la borghesia irragionevolmente rappresenta. Da qui l’accento sulla luce, sulla solarità, non solo sulla possibilità ma sull’esigenza, ancora meglio sul dovere di agire, come uomini e quindi anche come poeti-romanzieri, a nome del chiarore, del visibile, del giorno che simboleggia irrimediabilmente la speranza e il bene, in una parola la vita, quella più profonda. Valeva per i tempi di Kafka e Morante questo ragionamento, vale ancora di più oggi.

Il suo è un romanzo biografico: dall’infanzia a Testaccio fino agli ultimi anni segnati dalla malattia. Quali sono state le difficoltà di tradurre la vita in letteratura?

Ogni scrittura porta con sé delle insidie. In questo caso i pericoli potevano annidarsi nel confondere la mia voce con quella dell’autrice, o nel volerla glorificare a tutti i costi lasciando da parte certe zona d’ombra della sua vita, oppure nella paura di non avere sufficienti informazioni per descrivere questa o quella parte… ho superato tutto questo con molto studio e molta pazienza, e molti incontri, molte interviste, molti strumenti – diversificati eppure collegati gli uni con gli altri – che dopo molto tempo mi hanno condotto a questa pubblicazione. Ho infatti dato alle stampe il mio romanzo dopo quasi quindici anni di studi su Elsa Morante. Il libro non nasce quindi dall’improvvisazione, non è un vezzo né un azzardo scriteriato, bensì un movimento del mio cuore e della mia mente, della mia vocazione alla scrittura, che ha avuto bisogno di non poche esperienze per arrivare a “Elsa”. È stato un viaggio difficile, lo ammetto, eppure affascinante, splendido, che tuttora mi commuove.

Elsa Morante appare ormai a tanti la principale scrittrice italiana di ogni tempo. Qual è il suo lasciato?

Quello di tutti poeti autentici, i poeti che per Elsa Morante sono “il sale della terra” e dovrebbero conformarsi a Cristo, anche nel lascito più complesso e sempre rivoluzionario da consegnare al mondo: dire la verità.

 

Angela Bubba

Col suo primo romanzo, La casa (Elliot 2009), ha vinto la terza edizione del premio What’s Up Giovani Talenti ed è stata finalista al premio Strega, al premio Flaiano, al premio John Fante e al premio Berto. Per Bompiani ha pubblicato nel 2012 il suo secondo libro, MaliNati, a cui sono seguiti Via degli Angeli (2016), scritto insieme a Giorgio Ghiotti e con la prefazione di Sandra Petrignani, e Preghiera d’acciaio (2017).

Suoi scritti sono apparsi anche su «Nuovi Argomenti» e «Nazione indiana». Recentemente un suo saggio, Elsa Morante madre e fanciullo. Intensità di archetipi e sogni nella vita di una scrittura (Carabba, 2016) ha vinto il Premio Elsa Morante per la critica. Vive a Roma, dove ha intrapreso un dottorato di studi in Italianistica su Anna Maria Ortese.

Giuseppina Capone

Il Teatro Popolare Napoletano

Alcune compagnie teatrali amatoriali napoletane stanno preparando per il prossimo anno un programma comprendente antiche  farse napoletane intendendo con esse rappresentare l’amore, la felicità, il sogno impossibile di un cambiamento di fortuna e di ceto, la lotta aspra e salace contro un potere che è tanto più forte quando più si nasconde dietro un latinorum da leguleio o sotto vesti  stinte  di una nobiltà spuria: tra questi elementi i personaggi delle farse si  muoveranno, carichi di anni  e ingenui come fanciulli, nell’alone magico di quell’illusione  eterna che è il teatro.

Gli elementi della farsa sono antichi come il teatro. Lo sberleffo, la risata, il grottesco che il ghigno dell’attore esalta con autoironica compiacenza sono, da sempre, gli ingredienti di un teatro sapido, gustoso che riesce anche a ridere di se stesso. E’ così per i tipi, non certo ora inventati, che da millenni calcano, con sfrontata sufficienza, le tavole del palcoscenico.

Nessuna operazione dunque né pretesa di rivalutazione di un teatro che vorrebbero classico e popolare, tutt’al più una riabilitazione in toto del teatro senza ulteriori aggettivi. Non laboratorio né università, non podio politico né efficace digestivo. Teatro! Dove da sempre una umanità vive la sua giornata tra il riso e il pianto, tra il sogno e il patetico,

Al  di là di una ideologia che potrebbe mostrarsi deformante e restrittiva, il Teatro Popolare Napoletano, dopo anni di ricche esperienze intende mostrare, grazie a questi giovani artisti, nella duratura illusione di uno spettacolo, l’aspetto comune, quotidiano, ineffabile di figure umane colte nel momento di un lazzo, di un ammiccamento, tanto più oggi che un cosiddetto e frainteso ritorno al privato sembra privilegiare l’individuo nei suoi  momenti più banali e sacri.

Aspettiamo di gustare questi lavori  in  siti che non  saranno necessariamente  solo  teatri, ma anche  luoghi  dove si svolge la vita quotidiana.

Alessandra Federico

 

Napoli, città senza tempo

E’ ‘na parola! …  si esclama  da più parti, d’altronde  è proprio vero, le cose vanno male. E allor?… E qui mettiamo il dito sulla piaga perché i problemi sono tanti, e non solo da noi.

La nostra è l’epoca delle nevrosi e della insicurezza sociale e psichica. L’uomo  moderno si trova perduto nelle grandi città dove sembra che venga annullata la propria personalità e la sua esistenza e quella dei suoi cari è messa  continuamente in pericolo.

L’era della tecnologia potrebbe senz’altro offrirci  una vita  migliore di quella che noi stessi ci costringiamo a vivere, ma il mondo non ha ancora imparato ad utilizzare le invenzioni e le scoperte nel modo più opportuno, pertanto  gli stress   sono aumentati al punto di diventare una delle malattie più importanti di questo nuovo secolo. Un esempio eclatante è dato dalla tecnologia telefonica che ormai ha trasformato radicalmente  la nostra vita  quotidiana e i  nostri rapporti sociali. L’uso sconsiderato dello smartphone condiziona in ogni momento la vita di qualsiasi essere umano, senza distinzione di età, condizione sociale né livello d’istruzione.

A Napoli, prima ancora di attuare un valido progetto di intercettazione per combattere la confusione, il disordine, il traffico, la sporcizia è necessario intervenire sul malcostume e la violenza urbana. In tal caso lo stress è soltanto un aspetto di un popolo che sembra vivere in una sorta di abbandono a tutti i livelli. Un problema contro il quale bisogna in qualche modo reagire, perché  abbiamo il dovere  di salvare il grande patrimonio di cultura e di civiltà di cui disponiamo.

Napoli non deve morire. Bisogna salvarla ad ogni costo, con quel poco di napolitanità che ci resta, quella vera, capace di fronteggiare e risolvere i tanti problemi che affliggono questa grande città, da sempre importante nel  mondo.

Napoli, infatti, ha una particolare posizione geografica, trovandosi al centro del Mediterraneo godendo di un clima temperato, alla luce di un mondo incantato. E’ opinione di molti studiosi  che essa sia sorta ventisei secoli prima di Cristo, da popolazioni giunte dalla Tessaglia e unitesi con gli indigeni del litorale. L’attività vulcanica delle zone vesuviane e flegree, divise fra loro dal colle di Pizzofalcone, avrebbe tracciato  le prime  strade, poi intersecate dai solchi lasciate dalle acque piovane che defluivano dalle  colline. In questi spazi sarebbero sorti agglomerati formatisi per la navigazione, la pesca ed il commercio.

I coloni greci, quando giunsero sulla costa, venuti a conoscenza di tale organizzazione, affermarono che questa terra, già prima della guerra di Troia, era abitata da un popolo di navigatori in grado di amministrarsi con grande  rettitudine.

A questo punto è  doveroso rivolgere un appello a tutti i rappresentanti politici di buona volontà, agli amministratori pubblici, agli addetti all’informazione.

Per risolvere tanti problemi è necessario, però, che i napoletani si scuotano dal torpore,  escano  dalla soporifera rassegnazione ritrovando l’antico spirito  di unità e  di cooperazione.

Alessandra Federico

Mario Borrelli. Uno scugnizzo tra gli Scugnizzi

Un momento di incontro per ricordare la figura di Mario Borrelli, fondatore della Casa dello Scugnizzo a cui è dedicata l’iniziativa “Mario Borrelli. Uno scugnizzo tra gli scugnizzi” che rientra le iniziative a ricordo del centenario della nascita che si protrarranno per tutto dicembre e nell’ambito delle iniziative proposte nel programma della Consulta delle Associazioni, Organizzazioni di Volontariato e ETS della Municipalità 2 del Comune di Napoli.

Appuntamento oggi mercoledì 29 novembre 2023 alle ore 16.30 a Napoli in piazzetta San Gennaro a Materdei n. 3, presso la Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus presieduta dal prof. Antonio Lanzaro,  per l’iniziativa realizzata in collaborazione con l’Associazione “Voce di… Vento APS” Autismo e altre disabilità intellettive, l’Associazione Culturale “Napoli è” e NomoΣ Movimento Forense.

Dopo i saluti e gli interventi dell’Avv. Roberto Marino, Presidente  Municipalità 2  Comune di Napoli; del Dott. Enrico Platone, Consigliere delegato Consulta Associazioni e Organizzazioni di volontariato ed ETS Municipalità 2; del Prof. Antonio Lanzaro, Presidente Fondazione Casa dello Scugnizzo Onlus; dell’Arch. Giovanna Farina, presidente della Consulta delle Associazioni, Organizzazioni di Volontariato e ETS della Municipalità 2; del Dott. Giuseppe Palmieri, Presidente “Voce di… Vento APS” Autismo e altre disabilità intellettive, della Dott.ssa Alessandra Desideri, direttore del Museo dei Sedili di Napoli e consigliere dell’Associazione Culturale “Napoli è”; dell’Avv. Argia Di Donato, presidente dell’Associazione NomoΣ Movimento Forense; della Dott.ssa Bianca Desideri  – Giornalista – Direttore Centro Studi e Ricerche “Mario Borrelli” della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus, prenderà parola il Dott. Francesco Maria Caso – Musicoterapista e Tecnico del non Verbale Benenzon che illustrerà l’iniziativa di Musicoterapia realizzata nell’ambito della collaborazione instaurata fra la Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus e l’Associazione “Voce di.. Vento e l’Associazione Culturale “Napoli è” con il Laboratorio di Musicoterapia.

Un’iniziativa fortemente voluta per venire incontro alle esigenze del territorio e delle famiglie che risiedono nella Municipalità 2. Un ulteriore importante presidio di supporto alle esigenze dei più deboli in due zone della Municipalità 2, Materdei e Mercato.

Lions: Giovani e ambiente, un convegno per “proteggere” l’ambiente

Si è tenuto oggi presso la sala consiliare del Comune di Casagiove in provincia di Caserta alla presenza del Governatore del Distretto 108 Ya Lions International Pasquale Bruscino e del Sindaco di Casagiove ing. Giuseppe Vozza, il convegno Giovani reporter per l’ambiente “Proteggiamo l’ambiente. Il mondo in cui viviamo è stato creato per noi”.

Numerose le Autorità presenti per un

Service promosso dal socio Lions Giuseppe Casapulla dedicato all’ambiente, alla tutela dell’ambiente, tema di indiscussa attualità.
Il Governatore Pasquale Bruscino nel suo intervento ha sottolineato l’importanza di un’azione collettiva a favore del pianeta, rivolgendosi in particolare ai giovani presenti in sala. “Il futuro si costruisce giorno per giorno soltanto attraverso i comportamenti del singolo, di ognuno di noi nella quotidianità”, ha evidenziato il Governatore.  L’esperienza professionale in tale campo del Governatore del Distretto 108 Ya Lions International ha immediatamente offerto stimoli di discussione, ampiamente elaborati dai prestigiosi relatori, tra cui il Generale Elia Rubino, Pres. Sez. AAA (CE).

L’impegno delle “New Voices” dei Lions del Distretto 108 Ya Lions International contro la violenza di genere

Parliamo di violenza di genere e delle iniziative poste in atto dai Lions del Distretto 108 Ya nell’ambito delle “New Voices” con la Responsabile Distrettuale Carmela Fulgione.

Quali iniziative avete posto in campo per il 25 novembre “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”?

Oggi  25 novembre 2023 giornata internazionale contro ogni violenza sulle donne c’è la mobilitazione dei Lions e dei Leo del Distretto 108 Ya il cui Governatore è Pasquale Bruscino. Le New Voices con i Clubs eleveranno “Un’unica voce: No alla Violenza!”

Quali attività hanno mobilitato non solo oggi su questo tema le New Voices?

Le Coordinatrici di Circoscrizioni e le New Voices dei Clubs hanno promosso una serie di attività per denunciare una piaga sociale che continua a colpire milioni di donne in tutto il mondo. È una ferita profonda che le New Voices hanno affrontato con determinazione e forte impegno. I Clubs hanno concretizzato idee e progetti in una molteplicità e diversità di service sul territorio del Distretto 108 Ya.
Sono stati organizzati convegni di studi sugli aspetti sociologici, psicologici e giuridici nelle scuole superiori da Napoli a Reggio Calabria. Sono state promosse giornate di sensibilizzazione presso Tribunali e Corti d’appello da Lamezia Terme e Catanzaro a Nocera. Si parla e si parlerà di donne da Soverato su “Franca Viola:la ragazza che disse NO!” a San Giuseppe Vesuviano con “Monologhi sulle donne da Francesca da Rimini a Giulia Tramontano”.
Rappresentazioni teatrali, flash mob e marce da Gioia Tauro a Battipaglia e a Capua. Incontri sull’educazione di genere e sull’affettività da Acerra a Potenza, da Maddaloni a Cirò Marina e ad Acri.
“A Giulia… per tutte” sono state donate dai Lions panchine rosse ai comuni da Lamezia Terme, S.Sofia D’Epiro a Giffoni Valle Piana.
E ancora dalla Mostra d’arte nel plesso museale di Agropoli al convegno medico su “L’omertà della violenza” a Reggio Calabria; dalle mostre fotografiche e convegni sui territori da Sant’Anastasia a Crotone. Non finisce qui: da una “panchina del cuore” al Museo della liquirizia di Rossano Calabro “per ricordare sempre” fino al Tempio di Nettuno illuminato di rosso nel Parco archeologico di Paestum “per dire Stop alla violenza”.

Anche iniziative legate allo sport…

Sì, ricordo solo quelle dello Stadio Arechi di Salerno prima del fischio d’inizio della partita Salernitana-Lazio in diretta Sky e Dazn per elevare la voce: “Non ho paura” e il torneo di calcio per la legalità a Caivano “Preferisco vivere”, ma sono tante.
Un importante impegno per le New Voices e per i Clubs?

Sì, si tratta di un importante impegno di cittadinanza attiva da parte dell’eccellente Squadra delle New Voices del Distretto 108 Ya, che sono orgogliosa di coordinare. Le nostre iniziative sono state promosse e veicolate anche grazie all’azione di comunicazione interna e di quella esterna del Distretto.
Antonio Desideri

 “INTERconNETtiamoci… ma con la testa!”

Si è tenuto il 24 novembre “presso il Teatro-Cinema ‘Corso-Seccareccia’ di Sessa Aurunca “INTERconNETtiamoci… ma con la testa!” il service civico-umanitario promosso dal Lions Club ‘Roccamonfina – Cittadini Umanitari’ nell’ambito del Service Lions di rilevanza nazionale 2023-2026 e patrocinato dal Comune di Sessa Aurunca, dedicato alla sicurezza dei ragazzi sulla rete per sapere cosa fare ma soprattutto cosa non fare durante la navigazione su internet.

Un incontro rivolto agli studenti delle scuole primarie e superiori del territorio, che ha registrato una copiosa presenza di giovani, adulti e lions, al limite della capienza della struttura.

Dopo i saluti iniziali affidati a Marco Melese, presidente XVI Zona, sono intervenuti: Giovanni Lettieri, moderatore dell’evento e segretario distrettuale del service Centro Internazionale e di Ricerca ‘I Lions Cittadini Attivi e Umanitari’; Piero Fontana, esperto in sicurezza informatica – responsabile nazionale del service – in collegamento da remoto e Maria Grazia Ceraldi, in veste di cerimoniere del Lions Club Roccamonfina – Cittadini Umanitari. Tra i presenti anche il Presidente del Rotary Club di Sessa Aurunca, Mariolina Cresce, che ha portato i saluti del Club rappresentato.

Internet è diventata nel tempo, una componente irrinunciabile della nostra vita ed offre indubbiamente enormi opportunità di comunicazione e di progresso. Sono molti però i pericoli legati all’utilizzo sempre più intensivo e precoce della Rete: da una parte, c’è il rischio che dal mondo esterno arrivino in casa nostra, tramite la Rete, truffe, violenza ed altre minacce; dall’altro, è facile perdere di vista, durante la navigazione, il mondo reale e lasciarsi andare a comportamenti diversi da quelli tenuti nella vita di tutti i giorni. Il mondo virtuale può rappresentare, quindi, un pericolo per qualunque tipo di utente. Per i ragazzi, essere “nativi digitali” rappresenta indubbiamente un enorme vantaggio nell’approccio alle nuove tecnologie, ma molto spesso questo non li protegge dagli enormi rischi che possono correre durante le loro attività online, a causa, anche ma non solo, della loro tenera età o comunque per la scarsa conoscenza delle regole (o della mancanza di esse) nella giungla della Rete. Opportunità e rischi sono stati affrontati anche con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale.

Temi attualissimi che con le nuove tecnologie che stanno man mano prendendo piede, richiedono attenzione ma, soprattutto formazione. Ed è per questo motivo che il dibattito è stato declinato nelle diverse professionalità e competenze, affidate a: dottoressa Ida Distinto, Neuro psichiatra infantile ASL di Caserta; Capitano Giovanni Russo, comandante del Nucleo Operativo e radiomobile di Sessa Aurunca, avvocato Luigi Imperato, docente di Diritto Penale presso l’Università ‘Marconi di Roma’; Magistrato dott. Sergio Enea presidente della Prima sezione Penale – Collegio A del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e al professore Ermanno Bocchino, direttore scientifico del Centro di Ricerca Internazionale ‘I Lions cittadini attivi e umanitari’.

Ha presieduto i lavori e ha concluso l’incontro il Governatore del Distretto Lions 108YA Pasquale Bruscino.

Fondamentale è stata l’attivazione della rete territoriale  e la sensibilità al tema grazie ai professionisti del settore e all’impegno dei dirigenti scolastici per aver accolto sin da subito la rilevanza di questo progetto.”.

(comunicato stampa)

 

 

A Ròsetta

Quando la nostra umanità viene provata da una malattia, ci sentiamo naturalmente vulnerabili, crollano le forze, la sofferenza diventa oggetto di riflessione e, per noi può essere viatico di salvezza; perché forgia la nostra fragile umanità.
Gesù Cristo ci insegna!… Il coraggioso non è colui che non ha paura, ma è colui che con l’aiuto di Dio vince ogni paura.
A Ròsetta
Nennè
Nun ce vò ‘nu pueta,
nun servo ‘o scrittore,
quanno te veno ‘o dulore
i’ me vesto ‘a duttore.
Nennè
Scusa s’io e vvote sbaglio
è ‘a fiamma ‘e ll’ammóre,
ca pe’ te calmà ‘o dulóre,
è ffòrte e i’ m’abbaglio.
Nennè
Ti ‘a mettere ncapo
ca si’ ssèmpe capace,
Tu si’ ‘o sole ‘a scentìlla
po’ bbene e p’‘a pace
‘e tutta chesta famiglia.
Nennè
Tu pe’ mme si’
sèmpe bbella,
pe’ nnuie si
‘a vera stella.
Rosè
Comme t’aggia dì…
Tu si’…’a raggione
‘e tutta ‘a vita mia.
Armando Fusaro

Arianna Ninchi: Ada Pace

Ada Pace è stata una delle leggende dell’automobilismo italiano. Tra gli Anni ‘50 e ‘60 è stata la più forte pilota italiana: una “corridrice”.

Oltre i meriti sportivi lampanti, quali sono le ragioni per le quali la sua figura va ricordata?

Ada è una leggenda per gli appassionati di motociclismo e automobilismo, sì. Noi, che abbiamo lavorato alla puntata che “Il segno delle donne” le ha voluto dedicare, siamo desiderosi di mostrare a quante più persone possibile quanto lei abbia percorso, di più… aperto una strada nuova per le donne della sua epoca. Come tutte le pioniere, merita di essere celebrata perché ha dimostrato che una donna può tutto. Nello specifico, però, credo che la sua vicenda dica molto della fatica per il femminile di affermarsi in ambiti tipicamente maschili. La sua è una storia di tenacia esemplare, coronata dal successo. Gli incidenti di percorso, i trucchetti meschini per metterla fuori gara, i reclami che ha dovuto affrontare, sono stati numerosissimi. Ma Ada non si è mai lasciata scoraggiare. E, cosa che in lei amo molto, spesso ha usato l’arma dell’ironia con i colleghi, fino al colpo di genio del soprannome “Sayonara” (arrivederci, in giapponese), inciso anche sulla targa posteriore delle sue auto. Dietro al suo bellissimo sorriso, ci sono grande consapevolezza e forza di carattere.

Pace cavalca anni complessi quanto alla libera determinazione femminile.

Qual è la genesi della sua passione sportiva e come si evolve?

Ada cresce nell’officina del padre e lì nasce la sua passione per i motori. La velocità le entra nel sangue, e poi le diventa impossibile farne a meno, come lei stessa in un’intervista dirà. La svolta cruciale per la sua carriera avviene intorno al 1956, con il passaggio dalla Vespa alle auto da corsa. La scelta non è stata immediata, anzi, al contrario, ci ha messo un po’ prima di dedicarsi solo alle quattro ruote. Mi chiedo quanta parte abbiano avuto nelle sue valutazioni il cuore e la ragione. E non ho una risposta certa, ma sento in lei molta intelligenza e autonomia di pensiero.

Per la corretta ricostruzione della figura di Ada Pace, fortemente osteggiata durante le competizioni, Lei si è avvalsa di numerosi fonti di archivio nonché di numerose testimonianze.

Quali difficoltà ha incontrato nella raccolta e nel discernimento?

Il lavoro sulle fonti è stato fatto prima del mio coinvolgimento in qualità di attrice, e immagino sia stato molto affascinante. La produzione mi ha consegnato un copione sul quale è stato per molti versi facile lavorare. Ho subito fatto i complimenti alla sceneggiatrice, Manuela Tempesta, per la qualità della sua scrittura. È stato poi importante confrontarmi con il regista, Marco Spagnoli, per fare delle scelte interpretative. Sono anche convinta del fatto che la disponibilità mostrata dal nipote di Ada, Antonio Pace, abbia fatto la differenza. L’ho conosciuto quando è sceso a Roma a consegnare scatole e scatole piene di interessantissimo materiale: c’è stato anche con lui uno scambio prezioso. Le immagini inedite e i filmati di repertorio hanno contribuito a rendere la puntata ricca di attrattive.

Donna coraggiosa, passionale e volitiva, letteralmente sommersa da “reclami ufficiali”, almeno in un caso sfocianti in un procedimento giudiziario.

Quale scotto ha dovuto pagare il suo essere una donna integerrima e impetuosa?

“Ogni volta io sono stata sola contro tutti”, nella seconda parte dell’intervista mi sentirete dire. Per poi subito aggiungere: “E mi sono anche divertita. Ho fatto cose pazze”. Ecco, credo che questa dichiarazione racchiuda, in un modo molto sintetico, la personalità di Ada. Gli ostacoli nel suo percorso sono stati molti, in primis la famiglia, che era contraria alla sua decisione di gareggiare, ma lei ha fatto ricorso anche a una sana pazzia per superarli. Nella trasmissione, la bravissima conduttrice Angela Rafanelli ed io raccontiamo aneddoti divertenti e poco dopo episodi drammatici, perché, scegliendo una vita contro corrente e senza limiti, Ada si è molto esposta alle intemperie, diciamo. Ma la complessità era proprio parte del suo carattere, cosa di cui anche era consapevole.

“Il segno delle donne” di RAIStoria celebra “Sayonara”, pseudonimo con cui era nota Ada Pace.

Per quale ragione, occorre un momento celebrativo per sottrarre una donna dal palmares impressionante all’oblio?

L’oblio cade anche sui miti. È un nemico invisibile contro cui, secondo me, vale la pena lottare. Da erede di una famiglia di attori, che molto ha dato all’arte e alla cultura italiane, sento su di me questo compito di mantenere viva e calda la memoria di chi ci ha preceduto. Credo però sia impossibile addossarsi questo sforzo da soli. Ci vuole un gran lavoro di squadra. Quello di Anele che, con Rai Cultura, produce “Il segno delle donne” è davvero un buon esempio di servizio pubblico.

Sebbene la partecipazione femminile allo sport stia gradualmente aumentando, le donne, spesso, sono relegate ai margini dei processi decisionali.

Il divario di genere diventa tanto più ampio quanto più apicale è la posizione?

Ho seguito e amato il calcio per anni, poi me ne sono allontanata. Ora seguo raramente lo sport, e ti posso rispondere solo dicendo che i cambiamenti sono in atto in ogni settore. Di certo noi donne dobbiamo lottare per far valere le nostre ragioni, per pretendere il rispetto e le posizioni che meritiamo. Quando un’amica ottiene un successo, una promozione, o raggiunge una posizione apicale, io sento il bisogno di esprimerle i miei complimenti, perché, non nascondiamocelo, le difficoltà per noi sono maggiori.

Lo sport è tradizionalmente un settore dominato dagli uomini.

In qual misura i progressi compiuti nella parità di genere in questo campo sono frenati dalle concezioni sociali di femminilità e mascolinità?

Non saprei dirti, anzi forse lo sport mi pare uno dei campi dove i cambiamenti sociali entrano più velocemente. Ad esempio, sottolineerei il ruolo portante e fondamentale delle Paralimpiadi nell’accettazione sociale della disabilità.

Gli stereotipi di genere prevalenti influenzano la partecipazione delle donne non solo ai processi decisionali nelle organizzazioni sportive, ma anche alla pratica sportiva.

I ruoli di genere tradizionali possono dettare il numero di ore che le donne dedicano ai compiti di cura?

Per le atlete e gli atleti l’allenamento deve essere continuo. Ma un po’ in ogni ambito, oggi, ci ritroviamo a pensare prima alla carriera e solo in un secondo momento alla vita privata. Quando Ada correva, comunque, le cose non erano più facili, anzi! Oggi le sportive e gli sportivi sono seguiti da un’équipe, hanno sponsor, ricchi premi. Per “Sayonara” ogni corsa era veramente un’avventura. Forse dovremmo recuperare un po’ quell’idea lì, che la vita tutta è una grande avventura, da affrontare con coraggio e, quando possibile, con il sorriso.

 

Arianna Ninchi studia recitazione presso il DAMS di Bologna. A teatro è diretta, tra gli altri, da Arnaldo Ninchi, suo padre, e da Piero Maccarinelli, Antonio Calenda, Ennio Coltorti, Gianfranco Calligarich, Anna Redi, Monica Nappo. Al cinema ha lavorato per Francesco Falaschi, Daniele Misischia, Leonardo Pieraccioni, Stefano Mordini, Filippo Bologna.

Giuseppina Capone

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