Lo Zen e l’arte della Cerimonia

La più antica manifestazione artistica giapponese  è quella che prende nome da un particolare tipo di cerimonia della jomon cioè “impronta”, costituita da vasi modellati manualmente e decorati mediante l’impressione sull’argilla fresca di cordicelle intrecciate.

Periodo Yamato

Durante  questo periodo del IV sec. ci fu uno sviluppo della ceramica e oggetti preziosi.

Nel 538 d.C. con l’introduzione del Buddhismo ci fu una diffusione dell’arte Buddhista con figure in legno e bronzo raffiguranti la Divinità.

Periodo Nara

Durante questo periodo  vennero costruiti templi nella zona Nara, splendidamente affrescati.

Periodo Heian

Heian, l’attuale Kyoto, ha dato nome al periodo artistico nel quale l’architettura Buddhista conobbe una certa decadenza per l’affermarsi di sette religiose che alla vita dei monasteri preferirono l’isolamento in zone montuose esaltando le bellezze naturali.

Nelle case private l’ambiente esterno viene introdotto nell’interno attraverso paesaggi, fiori, animali dipinti sulle pareti, e in particolare sui fusuma, le grandi porte scorrevoli.

Periodo Kamakura

L’influenza cinese determinò l’evolversi dell’arte giapponese, anche se emersero artisti locali come Unkei e Kaikei.

Questo periodo vide l’affermarsi di una nuova arte, favorita dal diffondersi di varie sette che praticavano un Buddhismo più popolare.

Un apporto particolare è quello recato dallo “zen”, una setta molto fiorente in Cina e in Giappone per il suo carattere meditativo, basato sulla contemplazione.

Ne derivò un a grande affermazione della pittura, per la predilezione verso soggetti tratti dal vero, con particolare riguardo al ritratto.

Periodo Muromachi

Nacquero diverse scuole in tale periodo, quando operò Sesshu (1421_1507) un monaco zen che fu il più grande rappresentante della pittura haboku, a macchie di inchiostro.

Kanò Motondou animò la severa bellezza della pittura ad inchiostro con l’impiego di colori.

 

Alessandra Federico

 

 

Rinascere dalle ceneri

Il 12 luglio di quest’estate, all’alba, l’iconica Venere degli Stracci è stata data alle fiamme, lasciando in Piazza Municipio il grosso scheletro, insieme a dubbi e perplessità.

L’Artista dell’opera, Michelangelo Pistoletto, ha saputo trasformare il dolore in speranza e determinazione, affermando che il 22 gennaio del 2024 potremo rivedere la nuova Venere, sorta dalle ceneri della precedente.

Poco dopo il tragico incidente, il Comune di Napoli aveva aperto una raccolta fondi per la ricostruzione dell’opera, ma il Maestro Pistoletto ha deciso di donare la nuova opera alla città, quindi gratuitamente, lasciando così al Comune la decisione di regalare i soldi raccolti alle associazioni “La Scintilla” e “Lazzarelle”, la prima si occupa del recupero delle persone con disabilità intellettive (come il ragazzo che ha bruciato la Venere), l’altra invece riguarda il recupero delle detenute.

L’Artista attraverso il gesto della donazione ha voluto sancire il grande legame che lo lega alla città di Napoli, simboleggiando la rinascita da un periodo buio ed augurando prosperità e longevità.

Ovviamente per evitare i problemi passati, il Comune ha programmato una vigilanza attiva 24h intorno all’opera, che dopo essere stata esposta a piazza Municipio, troverà una collocazione permanente, garantendo ai cittadini e ai turisti di poter ammirare gratuitamente l’opera quando si vuole.

L’augurio che tutti auspicano è che nessuno compia gesti analoghi a quello precedente, confidando soprattutto nella moralità e nell’educazione di ognuno, con l’invito a trarre spunto dalla storia dell’opera e a ricavarne il giusto insegnamento.

Rocco Angri

Il Festival della Filosofia in Magna Grecia guida il PNRR nella lotta alla dispersione scolastica

Nel cuore dell’antica Magna Grecia, un’idea sta rivoluzionando l’approccio educativo delle scuole italiane e si sta dimostrando un faro nella lotta contro la dispersione scolastica. Il Festival della Filosofia in Magna Grecia ha lanciato un ambizioso progetto pilota intitolato “Io, Tu, Noi, dall’Incontro alla Relazione”, che ha riscosso un successo straordinario presso il Liceo Fermi di Aversa, designato per la misura 1.4 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). L’iniziativa, promossa e organizzata dall’Associazione di promozione sociale Festival della Filosofia in Magna Grecia, sta dimostrando di essere una risorsa inestimabile per l’intero sistema scolastico italiano. Partito da una fase pilota al Liceo delle relazioni e della responsabilità Morgagni di Roma, il progetto “Io, Tu, Noi” mira a valorizzare il ruolo delle scuole come centri formativi e come strumenti per la creazione di cittadini responsabili. Un aspetto cruciale della missione del progetto è combattere l’emergenza della dispersione scolastica, una sfida che affligge particolarmente il Mezzogiorno d’Italia, con percentuali considerate ormai inaccettabili. L’ultimo successo del progetto è stato realizzato in collaborazione con il Liceo Scientifico Fermi di Aversa, coinvolgendo ben mille studenti presso la Fondazione Alario ad Ascea.

L’entusiasmo suscitato da questa iniziativa è stato oggetto di discussione in una tavola rotonda, alla quale hanno partecipato numerose figure di spicco, tra cui il presidente del Festival della Filosofia in Magna Grecia, Giuseppina Russo, il responsabile scientifico Salvatore Ferrara, la preside del Liceo Fermi di Aversa, Adriana Mincione, il direttore della Fondazione Alario, Tommaso Chirico, e diversi professori. Durante l’incontro, è emersa una chiara necessità: utilizzare i fondi del PNRR per combattere la dispersione scolastica attraverso un nuovo patto tra agenzie formative, studenti e genitori. In questo contesto, il Festival della Filosofia in Magna Grecia si sta rivelando un nodo centrale di una nuova rete territoriale, promossa dal Liceo Fermi, che crea un meccanismo virtuoso per mettere in moto proficue sinergie tra tutti gli attori coinvolti. L’obiettivo è chiaro: rafforzare il sistema educativo italiano, valorizzando il ruolo delle scuole come agenti di cambiamento positivo e combattendo la dispersione scolastica con un approccio collaborativo e centrato sugli studenti. Grazie al Festival della Filosofia in Magna Grecia, la Magna Grecia stessa sta diventando una fucina di innovazione educativa, dimostrando che l’antichità e la contemporaneità possono unirsi in un potente motore per il progresso dell’istruzione in Italia. In un periodo in cui la resilienza e la ripresa sono fondamentali, il progetto “Io, Tu, Noi, dall’Incontro alla Relazione” offre una luce di speranza per il futuro delle nuove generazioni e il potenziamento del sistema scolastico nazionale. Con il Festival della Filosofia in Magna Grecia in prima linea, la strada per un’istruzione migliore sembra più chiara che mai.

Ivan Matteo Criscuolo

FOTOIT di ottobre presenta Liliana Ranalletta

Ricca come sempre FOTOIT la rivista della FIAF (Federazione Italiana Associazioni Fotografiche) che nel numero di ottobre presenta numerosi spunti di approfondimento oltre a interessanti notizie sul mondo della fotografia e sugli eventi ad esso correlati.

Nella rubrica “Visti per Voi” è protagonista la mostra a Palazzo Grassi a Venezia “Chronorama” che raccoglie  fino al 7 gennaio 2024 ben 407 opere fotografiche realizzate tra il 1919 e il 1979.

Portfolio Italia 2022 presenta “Santi, ladri e marinai” di Maria Pansini e “Io sono Lucia” di Delia Aliani.

Paolo Verzone gloria della fotografia italiana è il protagonista della sezione dedicata alle interviste. Ha al suo attivo tre World Press Photo, contributor di riviste a livello internazionale tra cui National Geographic, Time, Newsweek, Le Monde, The Indipendent, Sunday, Times, Libèration.

Al Museo Nazionale della Fotografia di Brescia attivo  fin dal 1953.

La copertina di FOTOIT questo mese è dedicato a Liliana Ranalletta, fotografa romana, la quale con i suoi scatti racconta storie , momenti di vita, persone, luoghi, animali.

E ancora tante pagine e immagini dedicate a Raimondo Musolino, Andrea Torcasio,  Philippe Halsman, Tiziana Mastropasqua, Samuele Visotti.

Per “Storia di una fotografia” protagonista è la foto “La bambina che vola” del 2014 di Valerio Bispuri.

Appuntamento al prossimo numero.

 

Antonio Desideri

L’inquinamento delle acque

Dall’inizio degli Anni ‘50 si è verificata una crescita numerica delle popolazioni, concentrata per la maggior parte nei grossi centri urbani, aggiunto a questo fenomeno si è avuto uno sviluppo  considerevole della produzione industriale ed agricola.

La società si è trovata quindi ad affrontare un problema relativamente nuovo, relativo alla enorme mole di rifiuti che si venivano a creare. Le infrastrutture e i governi hanno affrontato questo problema preoccupandosi di disfarsi al più presto dei rifiuti, allontanandoli dal luogo di produzione, senza considerare la possibilità di un loro recupero.

Per anni i rifiuti sono stati riversati nella terra o nei fiumi o direttamente a mare.

Si considerava l’estensione del mare tale da consentirgli di sopportare senza danni qualsiasi aggressione da parte dell’uomo, ma non era così. Oggi sugli Oceani galleggiano macchie di petrolio e rifiuti di ogni genere, mentre il DDT  (anche se da anni vietato in Occidente) è stato rinvenuto nel grasso dei pinguini dell’Antartide.

Dalle nostre case, attraverso  la rete fognaria, si riversano a mare, inquinandolo, una quantità di sostanze che potrebbero essere utilizzate dall’agricoltura come utili fertilizzanti naturali (nitriti, fosfati, potassa).

L’industria, purtroppo, ha introdotto nell’uso domestico una serie di prodotti chimici (saponi, solventi, lubrificanti, acidi, vernici, alcool) che avvelenano le acque di scolo rendendole inutilizzabili agli scopi agricoli e, per di più, uccidendo i batteri, impediscono il naturale  processo di depurazione.

Quando laviamo i piatti, versiamo nel lavello uno dei responsabili della più grave ed irreversibile forma d’inquinamento delle acque.

Il detersivo costituisce, infatti, un nutrimento chimico per le alghe, che prosperano in acque ricche di fosfati e producono il fenomeno della eutrofizzazione che sopprime la vita delle altre specie.

L’agricoltura sparge ogni anno sul suolo italiano 2 miliardi e 170 milioni di kg di pesticidi e fertilizzanti che defluendo nei corsi  d’acque sotterranee si spandono  e giungono nei fiumi,  nei laghi e nel mare.

L’industria  chimica produce in Italia 5 milioni di sostanze chimiche, le cui scorie  vengono smaltite  attraverso i corsi d’acqua.

Ogni anno vengono riversati nei fiumi tre milioni di tonnellate di mercurio.

Sei milioni di tonnellate di petrolio attraversano i mari lasciando in essi tracce che alla fine troviamo nell’acqua dei nostri rubinetti.

Metalli pesanti e sottoprodotti dell’industria farmaceutica si stanno accumulando nel ciclo dell’acqua e dalle ciminiere delle fabbriche fuoriescono fumi che rendono acida l’acqua piovana.

Tocca alle Istituzioni intervenire con controlli serrati sui cicli produttivi industriali  e sullo smaltimento corretto delle scorie, sull’uso appropriato dei fertilizzanti e dei pesticidi in agricoltura.

E’ indispensabile intervenire sulla raccolta e smaltimento dei rifiuti, iniziando da una loro possibile riduzione alla fonte, impedendo ad esempio, l’enorme spreco di plastica e carta nelle confezioni e l’utilizzo del mono uso (sacchetti, piatti, bicchieri, bottiglie di vetro e di plastica, etc.).

Naturalmente questo dipende anche dai cittadini-consumatori che, come primo atto da compiere, devono essere consapevoli delle  scelte al momento dell’acquisto .

Alessandra Federico

L’acqua nella storia dell’umanità

Per la sua proprietà di lavare, di pulire dallo sporco, l’acqua è stata sempre simbolo di purificazione, nelle varie epoche e nelle varie civiltà.

Nelle religioni pagane all’acqua veniva riconosciuto una carattere divino: essa diventava oggetto di culto ed indispensabile per i riti e cerimonie.

Nell’Antico Testamento è l’acqua che, attraverso il Diluvio Universale,  purifica la Terra sommergendo il male.

Mosè salva il suo popolo dividendo le acque e portandolo nella terra promessa dove scorrono acque limpide e cristalline.

Nel Cristianesimo l’acqua acquista il suo pieno significato di elemento purificatore con il battesimo: Gesù viene battezzato da Giovanni nelle acque del fiume Giordano ed ordina ai suoi discepoli di battezzare tutti gli uomini per farli rinascere a nuova vita.

Gesù cammina sulle acque davanti ai suoi discepoli per mostrare il dominio sulle emozioni.

Il Cattolicesimo utilizza l’acqua come elemento vivificatore nell’atto di battezzare e di benedire i fedeli; durante la messa l’acqua viene usata dal sacerdote nel rito di abluzione delle dita ed aggiunta al vino del calice.

Anche nelle religioni e nelle filosofie del mondo orientale l’acqua rappresenta un elemento fondamentale.

Nella storia del Nilo acquistano il carattere di fecondità per la terra grazie al periodico straripamento.

Nell’Astrologia si identificano segni zodiacali di acqua, oltre che di terra, di fuoco e di aria.

Nel pensiero scientifico, si ritiene che la vita abbia avuto origine proprio nell’acqua e se pensiamo alla vita dell’embrione e del feto nell’interno della cavità uterina, scopriamo che essa è strettamente legata alla presenza dell’acqua.

Una buona parte del nostro corpo è rappresentata dall’acqua. L’acqua viene utilizzata nella terapia di numerose malattie (di pelle, di fegato, del metabolismo, delle ossa, e delle articolazioni, ecc.).

La musica, la pittura, la poesia e l’arte in generale si sono sempre ispirate a questo meraviglioso composto della nostra Terra per farne protagonista in opere di grande valore artistico. Non c’è città nel mondo che non vanti, tra le proprie bellezze monumentali fontane e parchi su cui si riversano zampilli d’acqua provenienti da architettoniche strutture.

Alessandra Federico

Floreana Nativo: I volti della Grande Madre

La Grande Madre è una divinità femminile primordiale, rinvenibile in forme molto diversificate in una vasta gamma di culture, civiltà e popolazioni di varie aeree del mondo. Qual è la ragione della pervasività di tale figura?

Chiariamo innanzitutto che la Grande Madre è la Terra. Questo spiegherebbe l’universalità del mito. La Dea è anche la Luna con le sue maree e questo accostamento rende la donna simile alla Dea per il mistero della nascita e del periodo mestruale uguale a quello lunare. Dal mito pelasgico di Eurinome a quello finnico (Kalevala) di Luonnotar possiamo rilevare che l’universo è creato dalla Dea che esce dall’acqua, danza, si forma il vento e il vento diventa serpente per Eurinome ed aquila per Luonnotar, dall’accoppiamento nascerà il mondo. Stiamo parlando dei primordi della civiltà, il cosiddetto periodo d’oro narrato dagli scrittori greci e latini, quando non si uccideva per combattimento, ma solo per nutrirsi, la discendenza era matrilineare e c’era parità fra i due sessi. Questo periodo durò fino alla calata dei popoli indoeuropei.

La tesi che le varie divinità femminili adattabili alla concezione antropologica moderna di Dea Madre fossero intercambiabili, utili in ogni caso in ambito mitografico, è stato oggetto di dibattito. Qual è la sua posizione in merito?

La Dea Madre è una sola, ma ha diverse facce a seconda delle esigenze dei popoli. Si possono fare diversi esempi. Demetra e Kore (Persefone) sono madre e figlia e conosciamo tutti la leggenda del rapimento da parte di suo zio Ade e della prigionia agli Inferi finché non verrà liberata, ma per un chicco di melograno assaporato nel regno sotterraneo vi dovrà periodicamente tornare. È chiaramente un mito di stagionalità , ma la Dea è sempre la stessa. Demetra nella sua veste invernale e in quella primavera/estate. Non due dee, ma una sola dea. A questo esempio potremmo aggiungere quello di Cerere, sempre attinente a Demetra oppure nel Pantheon egizio la dea Sekhmet che diventa Bastet.

La simbologia della Grande Madre rimanda alla fertilità della terra, talora identificata con il suo stesso corpo, o quantomeno ritenuta l’ambito di sua pertinenza. In tal senso essa può fungere da mediatrice con il divino celeste?

Certo, la simbologia inizia dai graffiti delle caverne ed ovviamente si riferiscono al corpo della donna. Il simbolo delle onde sono le acque uterine, la spirale è il cordone ombelicale che diverrà poi il serpente e le tube di Falloppio che diventeranno il Labrys (primo simbolo della Grande Madre e che troviamo in tutte le sale di Cnosso) o la farfalla (Psiche). A Panama la dea Mur (Farfalla) con il battito delle ali crea il mondo. In ogni caso la donna è il vaso fertile che genera come la Terra. Esiste una dea primordiale celtica la Sheela – na – gig che è composta da una piccola testa e una vagina che lei allarga con le mani. È la Terra che ci fa nascere e che ci riaccoglie con la morte. Questa divinità (non bella a vedersi) verrà anche scolpita nelle pareti delle chiese irlandesi e inglesi,  le donne inumidivano un fazzoletto e lo strofinavano sulla statuina, poi a casa scioglievano la polvere in un bicchiere d’acqua e lo bevevano invocando la fertilità. Si è ritrovata l’immagine di Sheela anche sulla tomba di alcuni vescovi inglesi. Nei Celti la dea Eriù era il territorio stesso: le montagne i seni della dea, i laghi il ventre umido, i fiumi il sangue e le gole e i burroni le parti intime. Sempre per i Celti la dea Cerridwen deteneva il calderone della fertilità che rimestava, quando il calderone verrà rotto avremo il patriarcato. La dea Inanna, la prima grande dea sumera a cui seguiranno altre più note come Ishtar, instituisce il primo Hieros gamos cioè la Dea che consacra con il suo corpo un re. Da allora in poi i re, per poter regnare dovranno congiungersi con la sacerdotessa della Dea ed ogni sette anni dovranno sottoporsi alle prove di prestanza. Cioè dovranno dimostrare di saper ancora difendere il popolo, diventeranno il “re cervo” che verrà inseguito dai pretendenti nel bosco (che rappresenterà il ventre materno o della dea), se ne uscirà vivo regnerà per altri sette anni altrimenti sarà ucciso e destituito. L’uccisione verrà poi sostituita con il sacrificio di un cervo.

Nella psicologia di Jung, la Grande Madre è una delle potenze numinose dello inconscio, un archetipo di grande ed ambivalente potenza. Distruttrice e salvatrice, nutrice e divoratrice?

C’è un capitolo del mio saggio che ho chiamato “Pulchra mater sed terribilis” che corrisponde alla dualità della domanda.  Madre bella, ma terribile. Una madre severa a cui cerchiamo di sfuggire, ma di cui continuiamo a cercare l’approvazione. Il volto terribile della Grande Madre è la morte. La Dea dispensa la morte perché è necessaria per ricominciare il ciclo. Lo fa con lo sposo sacrificale per un’alternanza delle stagioni: Inanna con Tammuz (dio pastore).

Oppure è la rappresentazione vera e propria della Morte come la norrena Hell che ha metà del viso scheletrico e metà normale o Kalì, ma qui s’innesta un discorso di salvezza in quanto Kalì sconfiggerà i demoni e la coppa da cui beve è colma di energia lo shakti. In ogni caso dobbiamo a Bachofen l’apertura del dibattito sul Matriarcato che poi numerosi altri autori hanno svolto e alle pubblicazioni della Gimbutas sulle scoperte dei suoi scavi archeologici se c’è stata una evoluzione sul discorso della Grande Madre. Jung ha dato il suo apporto con l’accostamento alla psiche.

L’archetipo della Grande Madre riappare non di rado nelle opere creative della tradizione occidentale: dalla figura di Medea a certe battute e immagini del cinema di Woody Allen. In cosa consiste il fascino della Grande Madre?

Il fascino della Grande Madre è dato dalla sua universalità e  nella sua adattabilità nelle varie epoche della Storia. Medea è un caso a parte; può far orrore che la madre uccida i propri figli, ma è un discorso sull’autodeterminazione del proprio destino e quello della prole. Un ragionamento sul tipo di vita a cui i figli sarebbero destinati se lasciati al padre. Il concetto di Grande Madre può avere, come ha fatto notare Neumann, effetti deterrenti come nel caso del Flauto Magico dove la Madre inibisce la Figlia ed a maggior ragione se il figlio è maschio con un carattere debole. Ne dà un esempio Woody Allen, nella sua immensa filmologia, con un episodio del film “Edipo a pezzi” in cui l’immagine della madre compare onnipotente nel cielo di New York e sappiamo che la discendenza ebraica è matrilineare. Un altro esempio è dato da Jodorowsky con il suo libro sulla madre “Quando Teresa si arrabbiò con Dio”.

Vorrei concludere con una frase di Pindaro che ho citato nel mio libro: “Uno è degli uomini, uno degli Dei il genere, da una Madre traiamo il respiro ambedue.”.

 

Floreana Nativo spazia le sue ricerche nel mondo della saggistica per ritrovare l’origine delle religioni, dei miti, delle leggende.

Con lo Scarabeo ha già pubblicato, creando la sceneggiatura vari mazzi di tarocchi fra cui: Tarot of Sacred Feminine, Universal Celtic Tarot, Tarocchi dei Templari e Herbs & Plants Lenormand.

Diversi saggi sono usciti con “Tra le righe libri” fra gli ultimi: “Superstizione – Tra Malasorte, Ragione, Sorte e Paura.”, “Guida insolita delle piante” e “I volti della Grande Madre”.

Con Panda Edizioni ha pubblicato: “La Cucina del Delitto”, “I Benandanti. Una storia senza tempo”, “Tarocchi in cucina” “Schegge. Storie di vita vittoriana” e i saggi “Templari tra fede, malicidio e leggenda”, “I Celti. Miti, storia e religione”.

Inoltre con Amazon: La Materia in Nero dei Tarocchi e Per Sempre Inanna.

Hanno parlato di lei: Il Corriere della Sera, La Repubblica, SETTE, IO Donna, Sirio, Dampyr, La Voce del Tabaccaio, Il Messaggero Veneto, Il Piccolo, Il Friuli, Top Taste of Passion.

Sito: floreananativo.wix.com/flora

 

Giuseppina Capone

Un incontro per ricordare “Novantasei ore” per liberare Napoli

Si è svolto il 29 settembre scorso, organizzato dall’Associazione Viviquartiere presieduta da Giuseppe Esposito, un importante momento di incontro molto partecipato, interessante e coinvolgente, presso la Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus nel cuore di Materdei.

Protagoniste dell’evento le novantasei ore che cambiarono la storia di Napoli durante quello storico settembre del 1943.

L’occasione per parlare delle Quattro Giornate nell’80mo anniversario è stata data dalla presentazione del libro di Gregorio Rucco “Novantasei ore” edito da “I Libri di Icaro”, organizzata dal presidente dell’Associazione Viviquartiere Giuseppe Esposito.

Un romanzo in grado di evocare attraverso le parole del protagonista Gregorio Rucco, nonno dell’Autore, i luoghi e le immagini di quei tragici giorni che videro protagonisti uomini e donne uniti per la libertà di un intero popolo, quello napoletano, dall’oppressore.

La scrittura scorre con un intreccio di vicende storiche e autobiografiche che fanno rivivere gli eventi di quei tragici giorni che andarono dal 27 al 30 settembre 1943.

Dopo i saluti dei rappresentanti delle Istituzioni Fabio Greco, presidente della Municipalità 3 del Comune di Napoli; Ciro Guida, vice presidente della Municipalità 3 con delega alla Memoria ed Enrico Platone, consigliere delegato alla Consulta delle Associazioni Organizzazioni di Volontariato e ETS della Municipalità 2, il pomeriggio è entrato nel vivo.

Nel corso dell’evento l’Autore Gregorio Rucco ha letto alcuni passi del romanzo alternandosi agli interventi della scrittrice e professoressa Isabella Pedicini e dei relatori Salvatore Ivone per l’ANPI; della giornalista Bianca Desideri vice presidente dell’Associazione Culturale “Napoli è” e direttore del Centro Studi e Ricerche “Mario Borrelli” della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus, presieduta dal prof. Antonio Lanzaro; Vincenzo Nicolella dell’Associazione Presepistica Napoletana che ha presentato il pastore realizzato da un’associata, Marina Contento, dedicato a Lenuccia Cerasuolo;  Gaetano Bonelli direttore del Museo di Napoli; Suor Angela delle Maestre Pie Filippini; Antonio Esposito di Mea Edizioni, tutti in rappresentanza del mondo della cultura e dell’associazionismo.

Importante la presenza di Gaetana Morgese, figlia di Maddalena Cerasuolo, da sempre in prima linea per portare nelle scuole e tra i più giovani “La guerra di Mamma” e le preziose testimonianze, e Fulvio de Innocentiis, storico, collezionista e consulente del Museo di San Martino.

Antonio Desideri

Fabio Francione: Il Cinema per capire. Scritti Scelti 1960-2023 Liliana Cavani

Il 12 gennaio 2023 Liliana Cavani ha compiuto novant’anni. Un anniversario importante per il cinema e la cultura italiana.

Ebbene, cos’è il cinema di Liliana Cavani?

La regista di Galileo, dei tre Francesco, di documentari e inchieste che hanno fatto scuola, non ha mai nascosto la propria natura anfibia di cineasta scomoda e attenta alle mutazioni della società contemporanea, filtrata però da studi classici e dalla conoscenza approfondita di miti antichi, illuminati in prospettive contraddittorie e inedite, anche per la modernità novecentesca. Il tutto cerchiato da esperienze esistenziali che le hanno consentito di realizzare un’opera composta, eccole di nuovo, da endiadi intercambiabili; tra queste, per l’appunto e recuperate dal recente passato, “Follia Santità Potere Povertà” rappresentano solo una scelta delle tante possibili e si prestano a nascondersi e a riemergere in quest’antologia. Pertanto, la cinematografia di Liliana Cavani è avviata e mossa da un’esigenza intima che, aperta a dubbi e a interrogativi, diventa storia e narrazione, impegno etico e civile, riflessione politica e religiosa, in cui convivono posture retrospettive e futuri prossimi venturi.

“Il cinema è la maniera in cui i miei pensieri prendono forma. Se i fratelli Lumière non ci avessero dato il cinema, io sarei condannata a non esprimermi e sarei infelicissima oppure in un manicomio”, così Cavani.

Qual è lo specifico del cinema di Liliana Cavani?

Alla regista è stato assegnato il Leone d’Oro alla Carriera in occasione dell’80a Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.

Val la pena ricordare le parole del direttore del festival, Alberto Barbera.

“Il suo è sempre stato un pensiero anticonformista, libero da preconcetti ideologici e svincolato da condizionamenti di sorta, mosso dall’urgenza della ricerca continua di una verità celata nelle parti più nascoste e misteriose dell’animo umano, fino ai confini della spiritualità. I personaggi dei suoi film sono calati in un contesto storico che testimonia una tensione esistenziale verso il cambiamento, giovani che cercano risposte a quesiti importanti, soggetti complessi e problematici nei quali si riflette l’irrisolto conflitto fra individuo e società. Il suo è uno sguardo politico nel senso più alto del termine, antidogmatico, non allineato, coraggioso nell’affrontare anche i più impegnativi tabù, estraneo alle mode, refrattario ai compromessi e agli opportunismi produttivi, aperto invece a una fertile ambiguità nei 10 Il Cinema per capire confronti dei personaggi e delle situazioni messe in scena. Una feconda lezione che è insieme di estetica e di etica, da parte di una protagonista del nostro cinema, che ne definisce la perenne modernità”

Liliana Cavani è una scrittrice fecondissima. Come si è orientato per offrirci una  così meticolosa ricognizione?

Mi sono accorto che c’era, oltre un cospicuo numero di pagine, la cui divisione e diversificata provenienza, tra articoli per quotidiani, lettere aperte, interventi più complessi per riviste specializzate e prefazioni o introduzioni a libri, presentavano nell’intensità dei discorsi una coerenza che, senza soluzione di continuità, era la prosecuzione di tutta la produzione radunata in precedenza. Dunque, su tali rinvenimenti e a mo’ di nuova introduzione al suo cinema, la curatela, trovata ospitalità nella collana L’Arte e le arti dei Libri Scheiwiller, si è spostata da una suddivisione in capitoli, suggerita allora dalla doppia endiadi, “Follia santità potere povertà”, a una scelta di scritti che, in quel “Cinema per capire” (Leitmotiv preso a prestito per questa nuova raccolta), spalma cronologicamente tutti i temi che la regista emiliana ha sviluppato nella sua carriera. Mentre in chiusura del libro si è montata una cronologia dei film sulle dichiarazioni e interviste rilasciate in sessant’anni di attività intellettuale e creativa.

Il libro antologizza una cospicua scelta della pubblicistica della regista emiliana. Quali sono le principali tappe che ne hanno segnato la redazione?

La prima tappa di un certo rilievo appartiene alla retrospettiva, voluta dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano, allora guidato da Massimiliano Finazzer Flory e diretto da Antonio Calbi, Follia Santità Potere Povertà. Il cinema di Liliana Cavani (Cinema Gnomo, Milano 3 – 7 marzo 2010).

L’edizione 2014 del Ca’ Foscari Short Film Festival ospitò il programma speciale Studiare da registi. I saggi accademici di Luigi Di Gianni, Liliana Cavani e Emidio Greco, che consentì di vedere i primi passi nel cinema di alcuni dei più importanti registi del cinema italiano.

Il 4 ottobre 2014, il giorno di San Francesco d’Assisi, la 16a edizione del Lodi Città Film Festival diede spazio a una retrospettiva dedicata al patrono d’Italia e al suo rapporto con il cinema. Furono proiettati Francesco Giullare di Dio di Roberto Rossellini, Letter to Peter. On Saint François d’Assise by Olivier Messien di Jean-Pierre Gonin, Fratello Sole, Sorella Luna di Franco Zeffirelli, Assisi di Alessandro Blasetti, Il Cantico delle Creature di Luciano Emmer e Francesco di Liliana Cavani. Due anni dopo fu la volta 270 Il Cinema per capire dell’omaggio, ospitato e promosso dal Festival Le voci dell’Inchiesta (Pordenone, 13-17 aprile 2016), Liliana Cavani. Istruzioni per l’uso del cinema come indagine sulla vita. Per l’occasione venne pubblicato il libro Liliana Cavani, Follia Santità Potere Povertà scritti e interviste 1960-2016.

Fabio, cosa deve a Liliana Cavani?

Il mio personalissimo e speciale ringraziamento per aver sostenuto e incoraggiato la nuova edizione dei suoi scritti e per la generosità con cui si offre al prossimo cercando di far capire – e capire con il cinema – il mondo.

 

Fabio Francione vive e lavora a Lodi. Scrive per “il manifesto” ed è condirettore della rivista di studi salgariani e popolari Ilcorsaronero. Si è occupato a vario titolo di Edmondo De Amicis, Emilio Salgari, Giovanni Testori, Franca Rame e Dario Fo, i Mondo Movie e Gualtiero Jacopetti, Andrea Camilleri, Franco Basaglia. Ha inoltre curato libri di Bernardo Bertolucci, Pier Paolo Pasolini, Antonio Gramsci, Gillo Pontecorvo oltre che la mostra del centenario di Paolo Grassi a Palazzo Reale e l’omonimo libro Paolo Grassi. Senza un pazzo come me, immodestamente un poeta dell’organizzazione. Nel 2020, in occasione del duecentesimo anniversario della nascita del suo autore, ha curato la nuova edizione de La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene di Pellegrino Artusi (La nave di Teseo).

Giuseppina Capone

Gli insegnanti di cui abbiamo bisogno. Se ne discute a Roma con il Ministro Valditara

Docenti: Formazione per il Domani. Gli insegnanti di cui abbiamo bisogno

Una scuola al passo con i tempi, dove le parole didattica, inclusione, educazione e conoscenza siano termini sempre più aderenti alla realtà, è ormai un’assoluta esigenza.

In tale contesto, la formazione assume un aspetto determinante e la figura dell’insegnate diventa un punto di riferimento indispensabile per la costruzione del domani e per le famiglie stesse.

Le delicate tematiche che i docenti affrontano sono spesso appesantite da difficoltà legate alle condizioni di lavoro e a contesti di una certa complessità. Il loro ruolo deve essere, pertanto, sostenuto e valorizzato al fine di coltivare e arricchire l’arte di formare le giovani generazioni.

Per discutere del tema, l’Associazione Italiana Maestri Cattolici e l’UGL Scuola – in occasione della Giornata mondiale degli Insegnanti promossa dall’Unesco – hanno organizzato un incontro-dibattito pubblico che si terrà giovedì 5 ottobre alle ore 12.30 presso l’IH Hotels Roma Cicerone in via Cicerone 55/c a Roma e trasmesso in diretta web (https://www.youtube.com/@AIMC-Nazionale).

L’evento si inserisce nella XIII Edizione di “CENTOPIAZZE per l’impegno educativo” promosso dall’AIMC e vedrà collegati in diretta 100 istituti scolastici in rappresentanza di tutto il territorio nazionale.

Parteciperanno e interverranno all’incontro-dibattito:

Giuseppe ValditaraMinistro dell’Istruzione e del Merito

Ornella CuzzupiSegretario Nazionale UGL Scuola

Giuseppe DesideriSegretario Generale Unione Mondiale Insegnanti Cattolici

Esther FloccoPresidente Nazionale AIMC

Albert KabugePadre missionario, comp. Centro Cattolico Internazionale di Coop. con l’UNESCO

S.E. Antonino Raspanti – Vescovo di Acireale e Presidente CESI

Cristina RiccardiVice Presidente Forum delle Associazioni Familiari

Anna Paola SabatiniDirettore Generale USR Lazio

Maurizio SibilioProrettore dell’Università degli Studi di Salerno

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