“Napoli tra bellezza e magia”: la storia raccontata come un giallo

Sabato 27 maggio a Napoli, alle ore 10,30, presso la  Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus in piazzetta San Gennaro a Materdei n. 3, si terrà la presentazione del volume di Antonio R. Garofalo, “Napoli tra bellezza e magia”, Edizioni Albatros.
L’iniziativa è organizzata dal Comitato italiano per la tutela della salute C.I.T.S. in collaborazione con la Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus, l’Associazione Culturale Napoli è, il Gruppo Albatros.
L’Autore, appassionato di storia ed Autore di altri volumi, con ottime capacità narrative, introduce il lettore, grazie ad un gradevole artificio “magico”, nella storia napoletana del 1799, descrivendo l’ambiente con perizia antropologica, che mai deborda in noiosa trattazione erudita, rendendo accattivante la lettura che si snoda veloce.
Centrale il giallo che il commissario Santoro, protagonista del libro, deve risolvere.
Si tratta di una modalità di approccio alla storia che rende interessante e a tratti appassionante, l’incontro del lettore con pagine di storia lontane dalla conoscenza dei più, e con personaggi storici e non che qui prendono vita, staccandosi dalle pagine polverose dei libri per diventare, quasi, dei compagni di viaggio.
L’autore ne parlerà con Bianca Desideri, giornalista.
Interverranno Antonio Lanzaro, presidente Fondazione Casa dello Scugnizzo e Pasquale Capone , responsabile del settore cultura del C.I.T.S.

“Napoli tra bellezza e magia”: la storia raccontata come un giallo

Sabato 27 maggio a Napoli, alle ore 10,30, presso la Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus in piazzetta San Gennaro a Materdei n. 3, si terrà la presentazione del volume di Antonio R. Garofalo, “Napoli tra bellezza e magia”, Edizioni Albatros.
L’iniziativa è organizzata dal Comitato italiano per la tutela della salute C.I.T.S. in collaborazione con la Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus, l’Associazione Culturale Napoli è, il Gruppo Albatros.
L’Autore, appassionato di storia ed Autore di altri volumi, con ottime capacità narrative, introduce il lettore, grazie ad un gradevole artificio “magico”, nella storia napoletana del 1799, descrivendo l’ambiente con perizia antropologica, che mai deborda in noiosa trattazione erudita, rendendo accattivante la lettura che si snoda veloce.
Centrale il giallo che il commissario Santoro, protagonista del libro, deve risolvere.
Si tratta di una modalità di approccio alla storia che rende interessante e a tratti appassionante, l’incontro del lettore con pagine di storia lontane dalla conoscenza dei più, e con personaggi storici e non che qui prendono vita, staccandosi dalle pagine polverose dei libri per diventare, quasi, dei compagni di viaggio.
L’autore ne parlerà con Bianca Desideri, giornalista.
Interverranno Antonio Lanzaro, presidente Fondazione Casa dello Scugnizzo e Pasquale Capone , responsabile del settore cultura del C.I.T.S.

Domani si inaugura la mostra fotografica Storie di pietra

Storie di Pietra. Una passeggiata fotografica alla scoperta di gioielli d’arte e cultura: I Castelli, le vie, le strade, i monumenti  di Napoli – La Napoli dei Sedili  – I Castelli pavesi”, questo il titolo della mostra fotografica organizzata dall’Associazione Culturale “Napoli è” in collaborazione con il Museo dei Sedili di Napoli, l’Associazione Fotografica Frascarolo, l’Istituto Italiano dei Castelli Sezione Campania e la Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus.

L’evento inaugurale si terrà a Napoli venerdì 19 maggio 2023 ore 17.00 presso la Sala espositiva del Centro Studi & Ricerche “Mario Borrelli” della  Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus  in piazzetta San Gennaro a Materdei n. 3.

 

(Foto Nicola Massaro)

Storie di Pietra. Una passeggiata fotografica alla scoperta di gioielli d’arte e cultura: I Castelli, le vie, le strade, i monumenti  di Napoli – La Napoli dei Sedili  – I Castelli pavesi

Storie di Pietra. Una passeggiata fotografica alla scoperta di gioielli d’arte e cultura: I Castelli, le vie, le strade, i monumenti  di Napoli – La Napoli dei Sedili  – I Castelli pavesi”, questo il titolo della mostra fotografica organizzata dall’Associazione Culturale “Napoli è” in collaborazione con il Museo dei Sedili di Napoli, l’Associazione Fotografica Frascarolo, l’Istituto Italiano dei Castelli Sezione Campania e la Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus.

L’evento inaugurale si terrà a Napoli venerdì 19 maggio 2023 ore 17.00 presso la Sala espositiva del Centro Studi & Ricerche “Mario Borrelli” della  Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus  in piazzetta San Gennaro a Materdei n. 3.

“L’idea di realizzare la mostra è nata all’indomani del gemellaggio avvenuto nel 2020 tra l’Associazione Culturale “Napoli è” e l’Associazione Fotografica Frascarolo entrambe affiliate alla FIAF – evidenzia la giornalista Bianca Desideri co-curatrice e coordinatrice dell’evento. Dal progetto iniziale che prevedeva l’esposizione fotografica di scatti legati al solo percorso della Napoli dei Sedili e di alcune strade e monumenti del centro storico –  prosegue Bianca Desideri –  abbiamo poi pensato, con il presidente dell’AFF Claudio Babilani e con i fotografi dei du

e circoli FIAF, di arricchire ulteriormente il percorso e dedicare una sezione di questa mostra anche ai Castelli coinvolgendo il prestigioso Istituto Italiano dei Castelli Sezione Campania che ringrazio per la continua attenzione verso le iniziative legate al recupero della storia dei Sedili di Napoli di cui l’Associazione Culturale “Napoli è” ormai da quasi un trentennio si occupa con il progetto “Rivive la Napoli dei Sedili. Il Palio dei Sedili”. Sarà possibile così conoscere oltre ai Castelli di Napoli anche i Castelli pavesi. Un forte ringraziamento va al presidente dell’IIC Campania prof. arch. Leonardo Di Mauro e al vice presidente arch. Luigi Maglio e al presidente della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus prof. Antonio Lanzaro che ospita presso la Fondazione il Museo dei Sedili di Napoli e ha favorito immediatamente la realizzazione di questa iniziativa”.

La mostra fotografica, che successivamente sarà esposta anche nel castello Ducale di Vigevano, costituisce un importante momento culturale e turistico in cui fotografia, storia, architettura, urbanistica, arte, sono le protagoniste di un evento che mira a far conoscere “gioielli di arte e cultura”  di Napoli e del Pavese a tutti coloro che la visiteranno, napoletani e turisti che affollano la nostra città, candidandosi attraverso il Museo dei Sedili di Napoli che l’accoglierà come mostra permanente ad essere stimolo per un ulteriore itinerario da visitare.

La mostra realizzata in occasione del Maggio dei Monumenti 2023 – degli eventi  del progetto Rivive la Napoli dei Sedili. Il Palio dei Sedili  e del gemellaggio dei Circoli Fotografici FIAF Associazione Fotografica Frascarolo e Associazione Culturale “Napoli è”, col patrocinio morale dall’Ecomuseo del paesaggio lomellino e manifestazione riconosciuta R10/2023 dalla FIAF Campania (Federazione Italiana delle Associazioni Fotografiche) presente con il suo delegato regionale Francesco Soranno,  è curata da Claudio Babilani, Laura Bourellis, Bianca Desideri e Alessia Fresca.

In mostra gli scatti fotografici degli autori: Claudio Babilani; Natalino Berti; Luca Candiani; Alberto Costa; Natalina Costa; Angela Luigia Ferrari; Giorgio Fiocco; Rocco Landino; Domenico Marangon; Sara Pellegrini; Paolo Pianca; Mario Vettorello; Francesca Vitale; Giovanni Vitale (Associazione Fotografica Frascarolo); Laura Bourellis, Alessandra Desideri, Rossella Marchese, Nicola Massaro (Associazione Culturale “Napoli è”); Antonio Amitrano; Alessia Fresca; Lucio Sisto; Mirko Sisto (Istituto Italiano dei Castelli Sezione Campania).

La mostra resterà aperta dal 19 maggio fino al 29 settembre 2023 dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 16.00.

Contatti: Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus tel.: 081-5641419

 

(foto coperte da diritti – Non è possibile la riproduzione senza il consenso degli Autori e dell’Associazione Culturale Napoli è)

Lucrezia Lombardo: Una vita di lampo. Portraits de poètes

Lei ripercorre la produzione letteraria italiana del XX secolo.

E’ possibile individuare caratteristiche comuni alla poesia contemporanea?

Si, credo che ogni epoca influenzi in qualche modo la produzione letteraria che le è propria. Le differenze tuttavia permangono, nella misura in cui ciascun autore è figlio del proprio personale percorso e dei propri vissuti. Detto questo, il contesto storico-sociale in cui si colloca una certa produzione, influenza in parte il linguaggio che si viene a creare. Nello specifico, gli autori protagonisti del libro “Una vita di lampo” hanno in comune un sentire: sono tutti figli della secolarizzazione, tutti parimenti chiamati a confrontarsi con le trasformazioni che la società occidentale vive dal XIX secolo in poi, con l’avvento dell’industrializzazione, le prime lotte per i diritti delle donne, la nascita della psicoanalisi freudiana, lo sviluppo della questione sociale e, più avanti, con due guerre mondiali che si susseguono, con i Totalitarismi che annullano le libertà fondamentali e, successivamente, con l’affermazione del consumismo e di una società che cresce nel benessere materiale, ma  che sempre di più sottostà a leggi economiche e tecniche. Un altro tratto comune che si riscontra negli autori protagonisti del libro, è la tensione esistenziale, che rende la loro produzione incentrata su interrogativi di senso, che spesso configgono con una realtà storica che, di contro, tende – vuoi per ragioni politiche, vuoi per ragioni economiche – a sacrificare l’interiorità dell’essere umano.

Applicando differenti prospettive ad altrettante corrispettive esperienze che l’uomo con le sue attitudini, peculiarità e tessuti relazionali si trova ad affrontare, ritiene che il verso possegga la potenza per scarnificare l’uomo nella sua complessità e totalità?

A questo proposito ritengo che nessun linguaggio, teoria, o scienza possano sondare definitivamente l’essere umano, inclusa la poesia. L’uomo resta, in ultima analisi, un mistero destinato solo in parte ad essere compreso e a comprendersi. Quelle discipline che pretendono di scarnificare sino in fondo la struttura umana, presentano infatti – come la storia ci ha dimostrato – elementi totalizzanti e una spinta alla perfezione pericolosissimi. Al contempo è bene continuare a sondare il sentite umano, ma senza la pretesa di una sistematicità definitiva. Solo il mistero che giace in seno all’uomo slava la vita da derive di morte, da esiti strumentali, dall’oggettificazione e dai riduzionismi oggi tanto di moda, specie in certi ambiti disciplinari. Il linguaggio poetico può casomai mettersi in ascolto di questo mistero ed essere il più adatto a cantare l’insondabilità dell’essere-venuti-al-mondo.

Montale, Caproni, Sinisgalli, Penna, Fortini, Sanguineti, Quasimodo, Macario, Luzi, Pozzi, Negri, Campana, Saba, Pasolini, Sereni, Bertolucci e la “terza generazione poetica” tradotti in francese.

Quali le difficoltà insite nel processo traduttivo della versificazione?

Ritengo che tradurre poesia sia assai complesso, anche in virtù del fatto che i versi devono conservare la loro originaria musicalità, un elemento, questo, assolutamente connesso alle liriche. Se poi consideriamo che la poesia è spesso espressione antiempirica di un invisibile, canto di un sentire, vetrata di immagini che sforano la logica razionale, comprendiamo bene come il tradurre debba essere anzitutto uno “spogliarsi delle proprie proiezioni”, per farsi ascolto autentico del verso. Il lavoro del traduttore somiglia dunque a quello dell’autore di icone, che è chiamato a ridurre il proprio ego, per lasciare spazio all’altro-da-sé.

Tanti gli esponenti della poesia novecentesca esaminati.

Quali sono stati i criteri che ha adottato per compiere una scelta?

Ho cercato di scegliere gli autori, a mio parere, più originali e di rilievo per la loro ricerca letteraria, tuttavia, non nego un criterio di predilezione. Ho cercato altresì di conciliare la rilevanza di poeti conclamati dalla critica,  con il mio gusto, che mi ha portato a scegliere anche “nomi minori”, che ritenevo importanti per lo stile, per i contenuti, o per le scelte esistenziali anticonformistiche. Ho infatti voluto elaborate un libro dedicato, in qualche modo, ad autori non-conformi, non di sistema e che hanno avuto, ciascuno a proprio modo, il coraggio di “andare contro” per scelte personali e per i temi trattati.

Portraits de poètes” è una raccolta di saggi realizzata in collaborazione con la rivista letteraria italo-francese “La Bibliothèque Italienne”.

Quanto è diffusa in Francia la poesia italiana?

In Francia esiste un vasto bacino che apprezza e conosce la poesia italiana (almeno quella più nota del Novecento), ma questo interesse mi pare che scarseggi nei confronti degli autori contemporanei. In Italia, infatti, la poesia contemporanea tende ad essere chiusa nei soliti circuiti, di cui fanno parte i soliti nomi, solidali tra loro per legami personali. Nel nostro paese è perciò complesso far emergere davvero il nuovo, consentire a chi ha davvero qualcosa da dire di essere ascoltato, a causa della solita logica “del giro di conoscenze”. In Francia invece c’è più apertura, una insofferenza atavica verso “la poesia da salotto con i soliti nomi” e questo spirito di autenticità è ciò che spinge i francesi ad essere, almeno in parte, poco curiosi nei confronti del nostro modo attuale “di concepire i poeti e la poesia”.

 

Lucrezia Lombardo

Dopo la maturità classica si laurea in Scienze filosofiche a Firenze con il massimo dei voti. Lavora quindi come curatrice, autrice di testi d’arte contemporanea e come giornalista, specializzandosi con vari corsi di perfezionamento e con un master in gestione dei beni culturali. Attualmente l’autrice scrive per alcune riviste letterarie internazionali, insegna Storia e Filosofia presso un liceo e collabora con vari atenei privati come docente di Storia della filosofia contemporanea, oltre ad aver conseguito una specializzazione triennale come Counselor psicologico a indirizzo psicobiologico. Dal 2020 Lombardo è co-direttrice e curatrice della galleria d’arte contemporanea “Ambigua” di Arezzo e si occupa di poesia da diversi anni, sia come autrice, che come redattrice (collabora infatti per la rivista letteraria italo-francese “La Bibliothèque Italienne” ed è responsabile del blog culturale del quotidiano ArezzoNotizie). Le sue raccolte poetiche: La Visita (Giulio Perrone 2017), La Nevicata (Castelvecchi 2017), Solitudine di esistenze (Giulio Perrone 2018), Paradosso della ricompensa (Eretica 2018), Apologia della sorte (Transeuropa 2019), In un metro quadro (Nulla Die 2020), Amor Mundi (Eretica 2021), con prefazione del poeta e regista Mauro Macario, Cercando il mezzogiorno (Helicon 2021), L’errore della luce (Ensemble 2022), Il gelsomino indiano (Cosmopoli 2023, italiano e romeno).

Giuseppina Capone

 

 

Buon compleanno “Napoli è”

Il 5 maggio 1994 è iniziata una splendida avventura che dura tuttora, un atto di amore per la splendida città di Napoli.

Grazie a tutti gli Amici di “Napoli è”, ai poeti, agli artisti, ai giornalisti, agli studenti, ai docenti, alle istituzioni, alle associazioni, a tutti coloro che hanno collaborato e collaborano con noi e a quanti hanno seguito e seguono le nostre attività culturali, sociali, giornalistiche, fotografiche, di recupero della cultura, dell’arte e della tradizione di Napoli, degli antichi Sedili di Napoli e della storia e arte della Campania.

Nel corso di questi lunghi anni abbiamo partecipato ai momenti più importanti di questa splendida e colta Città, culla di civiltà e arte, a volte da spettatori  e spesso, molto spesso tra coloro che  hanno contribuito alla sua valorizzazione culturale, artistica  e sociale. Abbiamo lanciato sia da soli sia facendo rete con altre associazioni tante iniziative ed idee che si sono concretizzate o che sono state accolte positivamente.

Quest’anno un’ulteriore gioia si aggiunge alla nostra, quella di poter festeggiare anche il meritato scudetto del Napoli, conquistato da una meravigliosa squadra che ringraziamo.

Il nostro impegno è quello di continuare con lo stesso amore, la stessa passione, competenza e professionalità il lavoro intrapreso in quel ormai lontano 1994.

Vi diamo appuntamento a breve per le prossime iniziative che stiamo organizzando.

Buon compleanno “Napoli è”.

Un giorno all’improvviso. I racconti delle donne al tempo del Covid

Il libro realizzato da Giulia giornaliste Sardegna è stato presentato nell’Aula Magna dell’Ateneo sassarese.

“Le letture di quel periodo non sono finite. Ci sarà ancora da sedimentare. Ci saranno <<narratori feriti>>.  Una fragilità nascosta dalla società, confusa sempre con la debolezza.”.

La conclusione della relazione di Romina Deriu, presidente del Corso di Studi in Comunicazione pubblica  e Professioni dell’informazione presso l’Università di Sassari, dischiude rinnovati percorsi di studi e indagini da percorrere nei tempi in divenire.

L’intervento citato ha contribuito con altrettanti autorevoli relatori nel realizzare un seminario di studi realizzatosi presso l’Aula Magna dell’ateneo sassarese nella mattinata dello scorso 13 aprile.

L’iniziativa organizzata dall’associazione GIULIA Giornaliste Sardegna in collaborazione con UNISS ha realizzato la quindicesima presentazione del volume Un giorno all’improvviso. Il testo, redatto dal lavoro corale di una selezione delle giornaliste associate è stato pubblicato nell’agosto dello scorso anno con il sostegno della Fondazione di Sardegna.

L’incontro è stato moderato da Vannalisa Manca – Giulia giornaliste – già consigliera dell’Ordine dei Giornalisti della Sardegna.

L’introduzione ai lavori del prorettore d’ateneo, prof. Andrea Fausto Piana, ha ricordato l’attuale transizione post pandemica del virus, avviatasi verso la fase endemica, secondo le attese risoluzioni OMS.

Un upgrade scientifico che sconta la crisi di un impatto sociale per un dramma mondiale capace di esasperare varie forme di violenze, discriminazioni, diseguaglianze.

Uno scenario dove un campione pari al settantasette per cento della popolazione U.E. dichiara che è aumentata la violenza domestica con gravi ricadute negli ambiti di lavoro.

I rappresentanti delle istituzioni locali hanno offerto testimonianze fortemente partecipate sulle esperienze personali vissute durante il lockdown.

“Un insieme di odio e di eroismo”: la nefasta quarantena sassarese nel ricordo del sindaco Nanni Campus. Il primo cittadino ha insistito sul senso della memoria. Sul ricorso al giudizio, spesso improprio, per usare un eufemismo, sui tragici eventi che coinvolsero un elevatissimo numero di ospiti della struttura per anziani Casa Serena.

“Un lavoro interessante” –  il progetto editoriale presentato in Aula Magna – nel pensiero di Giacomo Spissu. Il presidente della Fondazione di Sardegna nell’evocare la volatilità degli eventi rispetto a una impreparazione globale ha ricordato lo straordinario impegno della comunità scientifica mondiale.

Capace di trovare rapidamente risposte adeguate. Di fronte a una generale tendenza sociale di voler rimuovere il dolore e le giornate più drammatiche di quel periodo, Spissu ha ribadito l’esigenza di non dimenticare.

Leggere queste testimonianze, documentate dalle bellissime immagini, fissate negli scatti della fotografa Daniela Zedda, aiuta a non dimenticare.

Susi Ronchi, presidente Giulia giornaliste Sardegna, arrivata da Cagliari, ha ripreso il percorso formativo realizzato a livello nazionale da Giulia giornaliste, sin dalla sua nascita, avvenuta nel 2017. Una realtà consolidatasi nel breve come affidabile riferimento in vari ambiti istituzionali del Paese.

“Siamo riusciti con questo libro a dare uno spaccato sulla realtà lavorativa della Sardegna che è partita da una presa di coscienza delle difficoltà lavorative, sociali, di relazione, di cura. Difficoltà che abbiamo affrontato tutti noi durante la pandemia.” ha detto, tra l’altro, Ronchi. Sottolineando gli ottimi riscontri del libro. Tali da ipotizzare una eventuale nuova edizione in ristampa.

Alla presentazione del libro hanno contribuito anche gli interventi di Eugenia Tognotti, professoressa ordinaria di Storia della Medicina e Scienze Umane per gli Studi Antropologici (Uniss), e Antonietta Mazzette, professoressa ordinaria di Sociologia Urbana (Uniss).

Tognotti, esponendo una comparazione scientifica fra la pandemia influenzale della spagnola(1918-1920) e la pandemia virale del covid19, ha manifestato la maggiore esposizione delle donne ai fenomeni complessi patiti con il regime sanitario.

Mazzette,tra le curatrici della postfazione del libro, ha colto aspetti sociali non secondari. Riflessioni nate da ricerche effettuate nel mezzo della pandemia. Condivise con i colleghi ricercatori – ognuno collegato dal suo studio – in una circolazione telematica di idee sul significato della sanità pubblica.

Riprendendo alcuni punti sviluppati dalla prof.ssa Deriu possiamo convergere sul dato di fatto  che “il covid ha aumentato le diseguaglianze”. Urge pertanto “ripensare le politiche sociali in senso ampio. Con un welfare che tratti l’educazione affettiva e sentimentale.”

Un giorno all’improvviso è un bel libro anche esteticamente, nella grafica: comunica il bisogno dibellezza. Un bisogno, negato in quel periodo dove la bellezza era cercata con i cori dai balconi e gli striscioni di senso civile “io resto a casa”.

Impossibile ricordare qui tutte le autrici che hanno collaborato al progetto editoriale, alle protagoniste delle testimonianze raccolte. Molte delle quali presenti alla presentazione nell’ateneo sassarese. La cosa più opportuna è condividere un atto responsabile e civile alla memoria collettiva del Paese. Le esperienze di vita custodite in questo libro ne rappresentano una importante opportunità.

Luigi Coppola

 

 

(Foto: Intervento del Sindaco Nanni Campus)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Social Emotional Learning: l’apprendimento socio-emotivo per i bambini

L’apprendimento socio-emotivo per i bambini comporta l’acquisizione della conoscenza delle persone e di sé stessi, delle proprie emozioni, dei propri pensieri e punti di vista, insegna ad agire in modo responsabile e a prendersi cura degli altri.

L’apprendimento socio-emotivo per un bambino inizia (soprattutto) durante le attività scolastiche che svolge assieme ai compagni e alle maestre (la scuola è il posto di formazione e crescita).

Queste attività, oltre a sviluppare il loro lato creativo, si intrecciano in un complesso funzionamento cognitivo e socio- emotivo;  mettono sullo stesso piano l’aspetto emozionale e quello cognitivo lavorando sulla loro consapevolezza e autoregolazione emotiva in modo da  identificare, regolare e controllare le loro emozioni. Ancora, imparano a lavorare sulla loro consapevolezza sociale: provano empatia, rispetto per gli altri e imparano a valorizzare le diversità.

I sentimenti hanno forti influenze sui processi cognitivi e, di conseguenza, non c’è alcun tipo di processo di apprendimento privo di emozioni. Difatti, l’obiettivo delle maestre-educatrici, durante queste tipologie di attività di gruppo, è quello di insegnare ai bambini a riconoscere le loro emozioni proprio grazie e durante  l’attività del giorno. Per i bambini molto piccoli, uno dei lavori che aiuta loro a conoscere e gestire i sentimenti è la tecnica di colorazione di gruppo: dipingere insieme un unico disegno abbrevia i tempi per il loro apprendimento socio emotivo; sviluppano le loro emozioni, lavorano sui loro sensi, imparano il rispetto verso il prossimo, provano empatia, iniziano a riconoscere le loro passioni. Sono numerosi i momenti in cui i bambini lavorano sul loro lato socio emotivo, grazie ad ogni attività differente che svolgono ogni giorno e un’altra di queste occasioni è durante le attività culinarie: i bambini non solo imparano a manipolare nuovi oggetti, nuovi utensili per cucinare, ma lavorano soprattutto sui loro sensi. Cucinare tutti insieme provoca in loro forte interesse e curiosità nel voler scoprire nuovi sapori. Questi sono solo alcuni dei metodi per far lavorare i bambini sulle loro emozioni ma c’è una forte esigenza e fretta nel voler far approcciare i giovani alla Social Emotional Learning per dare loro un futuro migliore.

Alesssandra Federico

Riccardo Ferrazzi: Premonizioni

a premonizione indica una sensazione nella quale un individuo paia percepire informazioni circa eventi futuri prima ancora che essi accadano.

Qual è la differenza con il déjà-vu?

Il dejà-vu è la sensazione di sentirsi “a casa propria” in un luogo dove si è sicuri di non essere mai stati, oppure di stare per ripetere qualcosa che ci è già accaduto, pur sapendo che non è mai successo. È un fenomeno ben noto, sulla genesi del quale sono state avanzate diverse ipotesi, per lo più di tipo psicologico (e non neurologico), che finora non hanno trovato conferma.

Invece la premonizione è una previsione di ciò che succederà, da parte di un medium, o indovino, o sibilla (ma anche da parte del soggetto stesso, e in questo caso si parla più spesso di “presentimento”). Generalmente il medium (con diverse modalità) dice di entrare in contatto con una realtà superiore che non è regolata dalla Ragione o dal Caso, ma dal Fato, e cioè dal Destino, che segue una logica sua, inaccessibile alla ragione.

Per questo motivo i medium fanno in modo di estraniarsi da ogni logica razionale. Per esempio, le sibille delfica e cumana vaticinavano immerse nei vapori allucinogeni emanati dalle pozzolane di Cuma o all’interno dell’antro oracolare di Delfi. Alla base della premonizione c’è l’abbandono della razionalità e la preferenza per il pensiero analogico.

Mediante sogni e visioni si crede di intravedere porzioni di futuro.

Un lettore, oggi, se leggesse che Giuseppe Garibaldi intraprese la spedizione dei Mille per averla vista in sogno, forse riterrebbe il fatto nulla più che una curiosità aneddotica.

Per quale ragione il mondo antico reputa che la premonizione sia una cosa serissima?

Gli antichi cercavano un principio capace di spiegare come mai alcuni avevano successo in ciò che intraprendevano e altri no. Rifiutavano di accettare l’idea (oggi trionfante) che il mondo evolva in conseguenza di eventi casuali. Erano convinti che le persone di successo fossero favorite dagli dei (o addirittura fossero in qualche modo divine!).

Per quanto ci possa apparire strana, è una convinzione che, sotto diverse forme, sopravvive anche oggi: i calvinisti ritengono che il successo in affari sia il segno della benevolenza divina; in piena epoca illuminista Manzoni chiamò Napoleone “uom fatale”; lo stesso Napoleone, illuminista e materialista, pretendeva che i suoi marescialli non fossero soltanto esperti e abili, ma soprattutto fortunati. In materia di presunta benevolenza divina per questo o quel personaggio, si possono citare infiniti esempi, alcuni davvero sorprendenti.

Alessandro Magno, Giulio Cesare, Mosè, Gesù ed, ancora, Costantino hanno avuto premonizioni.

Qual è il tratto che li accomuna?

Non direi che in materia di premonizioni questi personaggi abbiano avuto un approccio comune.

Su Alessandro Magno non abbiamo notizie che confermino una sua fede negli oracoli (anzi: è probabile che lui stesso ci credesse a metà) ma è certo che nel corso della sua breve esistenza non mancarono presagi e fatti apparentemente inspiegabili.

Tanto Giulio Cesare quanto Costantino credevano fermamente a una realtà ultraterrena che si manifestava in diverse forme (predizioni degli aruspici, sogni, fatti strani, ecc.). La prima carica politica nella carriera di Cesare fu quella di pontefice massimo della religione pagana. Costantino, nato pagano, liberò il cristianesimo dalle catacombe in seguito a una premonizione.

Non sappiamo se Mosé ritenesse di aver avuto delle premonizioni. Certo è che sfruttò abilmente la mentalità degli ebrei antichi per far accettare l’idea che la sua azione politica era voluta da Dio.

Gesù, oltre a diverse premonizioni, ebbe dolorosissimi presagi (si pensi per esempio alla sofferenza morale e fisica che patì nell’orto di Getsemani, quando “seppe” del destino che lo aspettava e lo accettò in obbedienza al Padre).

Il convincimento che il sogno precorra la realtà è durevole e pressoché universale. Solo la cultura razionalistica tende a derubricarlo a superstizione. Un caso sempre menzionato è “sognare” i numeri al lotto, con l’annessa “manualistica” legata all’interpretazione assai nota come “Smorfia napoletana”. Quindi, l’assunto è che nel sogno siano trasmesse informazioni attraverso una cifratura simbolica che necessita di spiegazione. E’ lo stesso assunto della “Traumdeutung” freudiana?

Da un punto di vista molto generale si può anche affermare che il sogno sia un messaggio cifrato. In effetti, il sogno non fa che “mettere in scena” qualcosa che è già presente nel sognatore. Più in generale, sembra ormai accertato che il contenuto dei sogni sia una metafora di avvenimenti accaduti, o – più frequentemente – di desideri o timori di avvenimenti possibili. Quindi, anche il sogno di Costantino (En touto nikà – In hoc signo vinces) è probabilmente da considerare come la prefigurazione di un evento desiderato.

Però la Traumdeutung ha, secondo Freud, una genesi essenzialmente sessuale (cosa che non credo si possa applicare alla smorfia – salvo per il numero 77 e forse qualche altro – ma neppure ai sogni che si riferiscono a eventi di là da venire).

Personalmente ciò che mi pare davvero notevole è che il sogno descrive sempre gli avvenimenti in forma di metafora: si direbbe che nelle premonizioni il pensiero analogico si prenda la rivincita sul predominio del pensiero logico.

Caldei, etruschi, greci e romani così come Nostradamus.

Quale intimo sentire spinge l’uomo a cercare nel sogno il futuro, certo che compito arduo sia sempre “distinguer nei sogni il falso dal vero”, così come canta Guccini ne “Il vecchio e il bambino”? 

Per l’affanno degli uomini a scrutare il futuro non ci può essere altra spiegazione che l’inquietudine, per non dire la paura, di vivere un’esistenza dominata dal caso. Se accettassimo l’impostazione della scienza contemporanea, secondo la quale il caso è l’unica “legge” che governa la realtà, la nostra esistenza non sarebbe altro che “timore e tremore”, come diceva Kierkegaard. Ma, come invece diceva Heidegger, l’uomo è “progettualità”. E quando si progetta qualcosa, si vorrebbe prevedere se avrà successo e a questo scopo ci si rivolge a tutte le “tecniche” conosciute.

È un dato di fatto che uomini d’affari, politici, re e regine consultano astrologhi o prendono parte a sedute spiritiche. Sono noti gli esempi di Ronald Reagan, di Breznev e di Romano Prodi (che partecipò alla seduta spiritica in cui fu indicato che Aldo Moro era prigioniero “a Gradoli”). Possiamo liquidare tutto questo come superstizione o ignoranza? Chissà. Quando si devono prendere decisioni importanti (per sé e per altri), è umano cercare di sentire tutte le campane.

Un fatto storico ben documentato avvenne nel luglio 1632, quando il cardinale Richelieu chiese all’astrologo Morin de Villefranche una previsione sul futuro del re Gustavo Adolfo di Svezia che, in quel momento, stava conducendo una campagna così vittoriosa da compromettere le iniziative diplomatiche francesi. L’astrologo previde che il re svedese non sarebbe sopravvissuto più di qualche mese. E in effetti Gustavo Adolfo morì in battaglia il 6 novembre di quello stesso anno.

Che dire? Se questo genere di previsioni si avverasse sempre, non si prenderebbe una decisione senza consultare l’astrologo. Ma è un fatto che ogni tanto le previsioni si avverano, e ci lasciano di stucco.

 

Riccardo Ferrazzi

Scrive romanzi e saggi; insieme a Marino Magliani traduce dallo spagnolo. In uscita presso l’editore Oligo ci sarà quest’anno anche una nuova traduzione di Le avventure di Huckleberry Finn di Mark Twain. Nel 2000, insieme a Raul Montanari, pubblica due racconti in Il tempo, probabilmente (Literalia). Altrii cinque racconti compaiono in Il magazzino delle alghe (Eumeswil, 2010), antologia curata da Marino Magliani. Cipango! (Leone Editore) romanzo che mescola realtà e ipotesi sulla scoperta dell’America è del 2013; Liguria, Spagna e altre scritture nomadi (Pellegrini), viaggi e miscellanea, scritto a quattro mani con Marino Magliani, esce nel 2015; del 2016 è il saggio sul mito Noleggio arche, caravelle e scialuppe di salvataggio (Fusta). Il romanzo N.B. Un teppista di successo (Arkadia – 2018) è una biografia romanzata del giovane Napoleone. Il Caravaggio scomparso (Golem Edizioni – 2021) è una parodia in forma di giallo. Premonizioni (Oligo – 2023) è un saggio sulle tecniche di previsione del futuro nell’antichità.

Giuseppina Capone

 

Agrigento capitale della cultura 2025

Ben dieci le città candidate come “Capitale della Cultura per il 2025: Agrigento, Aosta, Assisi (Perugia), Asti, Bagnoregio (Viterbo), Monte Sant’Angelo (Foggia), Orvieto (Terni), Pescina (L’Aquila), Roccasecca (Frosinone) e Spoleto (Perugia).

A superare la selezione dell’iniziativa nata nel 2014  è stata Agrigento proclamata vincitrice nel corso della cerimonia che si è tenuta a Roma nella Sala Spadolini del ministero della Cultura (Mic).

Alla proclamazione erano presenti i Sindaci delle città candidate, il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, il Presidente  della giuria Davide Maria Desario e i membri della Giuria Isabella Valente, Maria Luisa Catoni, Luisa Piacentini, Salvatore Adduce, Paolo Asti, Luca Brunese.

Il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha dichiarato: “L’Italia è un super-potenza culturale, in questo la storia ci ha baciato, dandoci un unicum di diverse civiltà che si sono sedimentate sul nostro territorio”.  Non ha mancato di ricordare quello che è il “genio italico dell’impresa” e la “cultura dei territori” sottolineando “Venezia, Firenze, la mia Napoli, Roma Milano, ma è nelle città più piccole che troviamo l’autenticità profonda dell’essere italiani”.

Dal prossimo anno, ha annunciato il Ministro Sangiuliano, accanto alla Capitale della Cultura e alla Capitale del Libro, sarà istituita una Capitale dell’Arte Contemporanea.

Un momento importante in più per il nostro Paese che vedrà la possibilità per i Comuni di candidare la loro realtà territoriale ogni anno per ospitare opere di arte contemporanea.

L’iniziativa della Capitale della Cultura ha l’obiettivo generale “di sostenere, incoraggiare e valorizzare la capacità progettuale e attuativa delle città italiane nel campo della cultura, affinché venga recepito in maniera sempre più diffusa il valore della leva culturale per la coesione sociale, l’integrazione, la creatività, l’innovazione, la crescita, lo sviluppo economico e il benessere individuale e collettivo”.

Una grande opportunità per la città vincitrice, in questo caso Agrigento, di valorizzare le proprie peculiarità e la propria storia nell’ottica indicata dall’articolo 2 del bando.

Antonio Desideri

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