In ricordo di Mario Borrelli alla libreria The Spark Hub presentazione del volume “Figli del Sole”

Lunedì 23 gennaio 2023 alle ore 18.00 presso la libreria The Spark Creative Hub in piazza Giovanni Bovio n. 33, Napoli, pomeriggio con Salvatore Di Maio curatore  dell’edizione italiana del libro di Morris West “Children of the Sun” del 1957.

La pubblicazione del volume, dal titolo “Figli del Sole”, è stata promossa oltre che dal curatore, dall’editore “La Città del Sole” e dalla Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus che ha organizzato l’incontro.

A portare i saluti istituzionali saranno la prof.ssa Maura Striano, Assessore all’Istruzione e alla Famiglia del Comune di Napoli; l’avv. Roberto Marino, Presidente della Municipalità 2 del Comune di Napoli; il dott. Ciro Guida, Vice presidente e Assessore alla Culturale della Municipalità 3 del Comune di Napoli; il dott. Enrico Platone, Consigliere delegato alla Consulta delle Associazioni e delle Organizzazioni di volontariato della Municipalità 2 del Comune di Napoli.

Interverranno con il curatore della traduzione dott. Salvatore Di Maio, il prof. Antonio Lanzaro, Presidente della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus; Ms. Margareth Rush, Presidente del Comitato inglese della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus; il dott. Giordano Manes, Editore “La Città del Sole”; la dott.ssa Bianca Desideri, Giornalista e Direttore del Centro Studi e Ricerche “Mario Borrelli” della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus.

Il libro è il resoconto dell’esperienza vissuta da Morris West, accompagnato da uno scugnizzo, negli Anni ’50 per i vicoli di Napoli nella miseria dell’immediato dopoguerra.

“In quella Napoli – evidenza il prof. Antonio Lanzaro, presidente della Fondazione – un uomo, Mario Borrelli, un gigante del suo tempo, dà una scossa ad una società incerta e travagliata. Egli, noncurante delle convenzioni, disattendendo i canoni della Chiesa, consapevole del totale disinteresse delle istituzioni, “inventa” uno spazio incredibile nel quale restituisce dignità a quei bambini e li fa diventare “persone”, come dice Di Maio. Cosicché quella Napoli dolente, tragica, si illumina con il suo sole e quei bambini diventano Children of the sun”.

Melaine Bryan, figlia dello scrittore Morris West, introduce alla lettura del volume con la sua prefazione. “L’esperienza della sua indagine rese mio padre ancor più determinato a portare all’attenzione del mondo la difficile situazione degli Scugnizzi di Napoli e gli sforzi instancabili di Padre Borrelli per costruire, per loro, una casa. …. Ero quindi molto emozionata quando Salvatore Di Maio ci ha contattato per la traduzione di Children of the Sun in italiano”.

Nella premessa, Salvatore Di Maio, si chiede: “… perché non fosse mai stato tradotto in lingua italiana. Eppure l’autore è noto, mi dicevo, con molti suoi libri tradotti, ben venduto, in Italia. Rileggendolo, poi, con maggiore attenzione, credo di aver trovato la risposta a quel quesito e, ne sono certo, anche il lettore non faticherà a coglierla. … Si tratta di una rappresentazione della realtà osservata, messa su carta in modo crudo e libero, una denuncia senza appello per i “signori” di quegli anni ed occorreva coraggio a diffonderlo. … A differenza dei grandi visitatori di Napoli, non si sofferma sulle bellezze del golfo e non trasforma in poesia le immagini di miseria che è costretto ad osservare, rimandandole per quel che sono in tutta la loro drammaticità”.

“Come Fondazione abbiamo fortemente voluto l’organizzazione di questo pomeriggio in libreria per presentare nuovamente il volume curato da Salvatore Di Maio. Questa iniziativa si inserisce nel calendario delle celebrazioni per il centenario della nascita di Mario Borrelli che la Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus ha inaugurato il 19 settembre, giorno della nascita di Borrelli, e che proseguirà con altri eventi fino al 19 settembre 2023 – evidenzia Bianca Desideri, Direttore del Centro Studi “Mario Borrelli” della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus –“.

Un intero anno dedicato ad un uomo, Mario Borrelli, il quale ha speso tutta la sua vita in difesa e supporto dei diritti dei più deboli, dei bambini, delle donne e della pace e che, partendo da quella “Casa dello Scugnizzo” da lui fortemente voluta nel cuore di Materdei, è diventato una figura di livello internazionale conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo.

 

(Foto: Si ringrazia Archivio Storico Diocesano di Napoli)

Il Lions Club Nola Host “Giordano Bruno” presenta un libro di Giovan Battista Cavallari

Si presenta oggi sabato 14 gennaio 2023 alle ore 17.30 a Nola, nel Salone Mozzillo del Complesso conventuale di Santa Chiara Via Santa Chiara n. 28, il volume “De Morbo epidemiali nolano” Nola e il suo territorio nella testimonianza di Giovan Battista Cavallari di Maria Carolina Campone con un saggio medico-scienti­fico di Eduardo Verrillo, organizzata dal Lions Club Nola Host “Giordano Bruno” con il patrocinio morale del Comune di Nola.

“Nell’anno 1600 un’epidemia, dovuta alla scarsa cura del territorio, devastò Nola. A distanza di anni,  la situazione non sembra cambiata. La pubblicazione del volume del dotto medico Giovan Battista Cavallari è l’occasione per riflettere insieme su un problema che riguarda tutti noi” è quanto sottolineano gli organizzatori.

La ristampa del prezioso testo secentesco è un importante momento culturale. Il volume edito nel 2012 a cura degli stessi autori e ristampato nel presente anno sociale è inserito nella collana “Quaderni e strumenti” diretta dal Prof. Saverio Carillo dell’Università della Campania sarà presentato al pubblico.

A portare i saluti: Dott. Aniello Manzi, Presidente Lions Club Nola Host “Giordano Bruno”; Mons. Pasquale Capasso, Vicario generale della Diocesi di Nola; Dott. Carlo Buonauro, Sindaco di Nola; Dott.ssa Antonia Solpietro, Direttrice dell’Ufficio beni culturali della Diocesi di Nola; Dott. Ciro Ciaccio, Presidente Zona 5 Distretto 108Ya; Avv. Giusy Lanzaro, Presidente II Circoscrizione Distretto 108Ya; Dott. Pasquale Bruscino I Vice Governatore Distretto 108Y.

Le relazioni saranno tenute da: Prof.ssa Maria Carolina Campone, Prof. Ordinario Scuola Militare “Nunziatella”  e Dott. Eduardo Verrillo, Medico nefrologo ed esperto di problematiche ambientali del territorio.

I lavori saranno moderati dalla Dott.ssa Autilia Napolitano Giornalista – Direttore Mondadori Nola.

Le conclusioni sono affidate al Prof. Dott. Franco Scarpino Governatore del Distretto 108Y.

Antonio Desideri

Una collana per conoscere i minerali del mondo

Quante volte ci siamo chiesti quando abbiamo avuto in mano un minerale o una gemma, di che minerale o di che gemma si trattasse. Possiamo scoprirlo consultando la pubblicazione periodica in edicola del National Geographic dal titolo “Minerali e gemme da tutto il mondo”.

Un modo per far stare insieme grandi e piccini, scoprendo un mondo fantastico e ricco di colori: ametista, quarzo rosa, agata, lapislazzuli, oro e molti altri ancora, imparando a identificarli, scoprendo come si formano e a cosa servono.

In ogni fascicolo in edicola è allegato un minerale o una gemma da conservare in espositori appositamente progettati e compresi nella collezione.

Una ricca collezione che porterà in giro per il mondo il lettore che potrà conoscere luoghi, materiali, usi e importanza per l’economia e per il pianeta.

National Geographic dal 1888 ad oggi ha finanziato oltre 12.000 ricerche, esplorazioni e progetti di preservazione della natura in tutto il mondo.

Con parte del ricavato di questa pubblicazione sarà finanziato uno dei progetti senza fini di lucro della National Geographic Society.

Antonio Desideri

Simone Zanchini e La filosofia di Fabrizio De André

“La filosofia di Fabrizio De André”, dai caruggi malfamati genovesi alle asperità montane della Sardegna: quali sono le tappe fondamentali in relazione ai luoghi in cui visse?

Fabrizio De André vive i suoi primi anni non a Genova e davanti al mare, ma in campagna, a Revignano d’Asti, dove la famiglia si era ritirata per sfuggire alla guerra dal 1941 al 1945. La campagna resterà sempre dentro la sua vita e dentro le sue canzoni che parlano spesso di fiori, profumi, spazi aperti e primavere. A Genova, nella sua adolescenza, scopre i carruggi e la vita del porto, le prostitute e il mondo della notte, il mare e le sue rotte. Ma la vita contadina, il rapporto con gli animali e la natura rurale resteranno sempre presenti. Proprio per questo, quando negli anni Settanta acquisterà una proprietà in Sardegna, sceglierà l’aspro entroterra e non la costa. Sebbene ci sembri naturale accostare De André al mondo dei carruggi non dobbiamo mai dimenticare questa vena campagnola che lo accompagnerà sempre e sarà lo sfondo di tante canzoni.

Le canzoni di De André narrano di “emarginati”, disgiunti da qualsivoglia ordinamento. La lotta politica, l’adesione ad una causa: i nostri tempi possono ospitare, a suo avviso, siffatti propositi di cambiamento sociale?

Il mondo degli emarginati è certamente stato spesso cantato da Fabrizio. Ma dobbiamo ridefinire il concetto di emarginazione: nel mondo di Fabrizio non c’è posto per la discriminazione perché lui non si riconosceva nel mondo del potere e dunque non ne adottava il metro di giudizio. Per lui esistevano gli uomini e basta. I nostri tempi potrebbero imparare da Fabrizio ad accogliere senza giudicare, e a vedere l’umano senza etichette. La sua è essenzialmente una lezione di libertà e civiltà. Chi giudica è un “uomo piccolo” come la canzone Un giudice simbolizza.

Pasolini sul Corriere della Sera scriveva ”… perché come sanno bene gli avvocati, bisogna screditare senza pietà tutta la persona del testimone per screditare la sua testimonianza…”.

Cosa non è stato ancora perdonato a De André?

Di essere un uomo integro e senza compromessi. Di essere un uomo libero e senza pregiudizi. De André non ha nulla che attende di essere perdonato perché non può essere giudicato con il metro di quel mondo borghese dal quale è uscito e che ha così tanto criticato durante la sua vita. La sua è un’etica della compassione e dell’accoglienza, non del peccato e del giudizio.

Il suo libro è stato stampato a circa sessant’anni dalla pubblicazione del primo 45 giri di Fabrizio De André: Nuvole barocche. Qual è stata la più grande lezione di De André?

Direi il pensiero critico, che poi è il pensiero filosofico stesso. De André non ha mai ceduto all’ovvio e al luogo comune. Ci insegna a guardare le cose con occhi sempre nuovi e a capire che forse c’è un mondo diverso che ci perdiamo quando accettiamo le cose senza riflettere con la propria testa. Qualsiasi cosa si pensi di De André, la libertà di pensiero è una lezione che ha vissuto e che ci invita a vivere sempre

Professore, ha un ricordo personale che può offrirci di De Andrè e del suo Lirismo?

Io non ho conosciuto personalmente De André, ma accompagna le mie giornate da molto tempo, sia come ascoltatore, sia come musicista. Ho un gruppo, che si chiama de André e la filosofia, con il quale condividiamo oltre che la passione per le sue canzoni anche il progetto di comunicare e portare la musica di Fabrizio ovunque ci sia la volontà di ascoltare e farsi coinvolgere dal pensiero di questo grande artista. Abbiamo suonato nelle carceri, nelle scuole, nelle università e nei centri di accoglienza, oltre che in tanti teatri e piazze. Abbiamo compreso che il lirismo, la musica, gli strumenti e le parole sono un tutt’uno in Fabrizio. E accostiamo sempre contenuti filosofici, che io narro al pubblico, con canzoni che poi suoniamo. Ne viene fuori un cammino, una navigazione insieme che non è solo una serata di musica ma anche di pensiero. Musica e filosofia.

 

Simone Zacchini è ricercatore confermato in Storia della filosofia presso l’Università di Siena. Si occupa del pensiero di Nietzsche, del tema della crisi dei fondamenti e di fenomenologia. Tra le sue pubblicazioni: Il corpo del nulla. Note fenomenologiche sulla crisi del pensiero contemporaneo (2005); La Collana di Armonia (2010) e numerosi saggi su Nietzsche, Bloch, Jankélévitch, Adorno, Husserl e Heidegger.

Giuseppina Capone

 

Il Lions Club Nola Host “Giordano Bruno” presenta il volume “De Morbo epidemiali nolano”

Si terrà sabato 14 gennaio 2023 alle ore 17.30 a Nola, nel Salone Mozzillo del Complesso conventuale di Santa Chiara Via Santa Chiara n. 28, la presentazione del volume “De Morbo epidemiali nolano” Nola e il suo territorio nella testimonianza di Giovan Battista Cavallari di Maria Carolina Campone con un saggio medico-scienti­fico di Eduardo Verrillo, organizzata dal Lions Club Nola Host “Giordano Bruno” con il patrocinio morale del Comune di Nola.

A portare i saluti: Dott. Aniello Manzi, Presidente Lions Club Nola Host “Giordano Bruno”; Mons. Pasquale Capasso, Vicario generale della Diocesi di Nola; Dott. Carlo Buonauro, Sindaco di Nola; Dott.ssa Antonia Solpietro, Direttrice dell’Ufficio beni culturali della Diocesi di Nola; Dott. Ciro Ciaccio, Presidente Zona 5 Distretto 108Ya; Avv. Giusy Lanzaro, Presidente II Circoscrizione Distretto 108Ya; Dott. Pasquale Bruscino I Vice Governatore Distretto 108Y.

Le relazioni saranno tenute da: Prof.ssa Maria Carolina Campone, Prof. Ordinario Scuola Militare “Nunziatella”  e Dott. Eduardo Verrillo, Medico nefrologo ed esperto di problematiche ambientali del territorio.

I lavori saranno moderati dalla Dott.ssa Autilia Napolitano Giornalista – Direttore Mondadori Nola.

Le conclusioni sono affidate al Prof. Dott. Franco Scarpino Governatore del Distretto 108Y.

Il volume è stato pubblicato dal Lions Club Nola Host “Giordano Bruno”, attivissimo sul territorio con iniziative di grande valore sociale e culturale.

Antonio Desideri

Il castello del Carmine tra storia e trasformazioni urbane di piazza Mercato

Curiosando tra le pubblicazioni dell’Istituto Italiano dei Castelli Sezione Campania ha colpito la mia attenzione il Quaderno n. 5 dell’Architettura Fortificata in Campania dal titolo “Il castello del Carmine tra storia e trasformazioni urbane di piazza Mercato”. Un agevole volume illustrato edito nel 2012 dal prestigioso Istituto. La pubblicazione è stata curata dall’architetto Luigi Maglio, attuale vice presidente e già più volte presidente della Sezione Campania.

Il Quaderno guida il lettore alla conoscenza dell’ultima fortificazione “in ordine di tempo ad essere stata realizzata a difesa di una delle zone più esposte sul perimetro della città alla fine del XIV secolo”. La zona urbana di piazza Mercato e del Carmine ha subito nel corso dei secoli grandi trasformazioni e oggi risulta completamente trasformata rispetto al suo aspetto originario.

Scoprire la sua storia storico-architettonica anche attraverso le immagini e le piante aiuta chi vive la nostra città a comprendere l’importanza delle testimonianze storiche di cui è ricca, al rispetto e alla conservazione.

Antonio Desideri

Istituto Italiano dei Castelli, conoscere “Le parole del castello”

Parlare di castelli richiama immediatamente alla mente le fiabe della nostra infanzia con principi e principesse, luoghi incantati, ponti levatoi, cavalieri e dame. Quante volte avremmo voluto meglio conoscere il significato delle parole che descrivono le varie parti dei castelli, quelli veri, che arricchiscono l’Italia e molti altri Paesi, in particolare in Europa, e che sono famosi nel mondo intero. Grazie ad un’interessante testo pubblicato da Giannini editore e curata da Luigi Maglio e Domenico Taddei dell’Istituto Italiano dei Castelli è possibile conoscere nel dettaglio la nomenclatura castellana.

“Le parole del castello” questo è il titolo del volume ricco di illustrazioni che accompagna il lettore a conoscere il mondo della nomenclatura castellana. E sono proprio i curatori a evidenziare lo scopo di questo lavoro, uscito in seconda edizione nel 2018, “La decisione di riproporre questa piccola pubblicazione, edita per la prima volta nel 2004, scaturisce dal successo che essa ha all’epoca riscontrato, ma anche affinché essa possa essere di stimolo per un crescente e rinnovato impegno culturale e scientifico sia nell’ambito dell’Associazione sia per altri Ricercatori, e per promuovere ancor più la conoscenza di questa architettura specialistica sulla quale finalmente in questi ultimi anni, con molta soddisfazione di tutti (abbiamo iniziato a parlare di “castelli” nel 1964 – quando il tema era dai molti disatteso), è cresciuta progressivamente l’attenzione delle amministrazioni pubbliche in tante parti d’Italia, circa il recupero e la conservazione di questo straordinario patrimonio architettonico (e culturale)”. L’auspicio per tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione del volume è che “questa “Nomenclatura castellana” possa essere un utile strumento a disposizione di chiunque voglia avvicinarsi alla corretta comprensione dell’affascinante universo della storia dell’Architettura militare”.

E nella presentazione alla seconda edizione Fabio Pignatelli della Leonessa, l’allora Presidente nazionale dell’Istituto Italiano dei Castelli, evidenzia che “Gli sforzi prodotti per sensibilizzare sempre più il mondo civile sulle tematiche della salvaguardia e conservazione dei castelli e delle opere difensive si sono intensificati negli ultimi anni cercando di rendere più incisive alcune iniziative che sistematicamente l’Associazione promuove: le Giornate Nazionali dei Castelli, con aperture straordinarie di strutture fortificate in ogni parte d’Italia, il premio di laurea sull’architettura castellana, il concorso rivolto alle scuole “I castelli…raccontano”. Infatti c’è un bisogno costante di diffondere la conoscenza di queste testimonianze del nostro passato, che costituiscono uno dei fondamenti della nostra identità storica e culturale, e ciò può avvenire sia evidenziandone l’importanza nell’opinione pubblica che stimolando le nuove generazioni ad una migliore comprensione di questo patrimonio così straordinario, affascinante e suggestivo, la cui entità, non ci stancheremo mai di ripeterlo, è seconda soltanto a quella dell’architettura religiosa”. E ancora la sua sottolineatura che “c’è un forte fermento ed interesse da parte delle istituzioni e del mondo civile intorno ai castelli ed ai borghi fortificati, ma appare doveroso ricordare che l’Istituto Italiano dei Castelli ha iniziato ad occuparsi di essi dal lontano 1964, riconoscendo l’importanza della loro salvaguardia e valorizzazione e le loro straordinarie potenzialità nella vita del nostro Paese quando pochissimi, se non nessuno, aveva rivolto il minimo sguardo su di essi”.

All’interno del volume contributi di Vittorio Foramitti, Flavio Conti, Marino Viganò, Domenico Taddei, Pietro Cardellino, Massimiliano Righini, Piero Marchesi, Roberto Corazzi, Luigi Maglio, Dino Palloni, Gianni Perbellini, Massimo Dringoli, Giusi Villari.

Un libro che non può mancare nelle biblioteche degli amanti di castelli e delle fortezze, degli studiosi d’arte e architettura, di tutti coloro che vogliono meglio conoscere l’architettura fortificata.

Antonio Desideri

Bioetica e diritti civili. Focus sullo scenario italiano.

Nell’Ateneo sassarese un convegno sul fine vita.

“Sembra che il mondo sia popolato da persone che vogliono morire e invece vogliono vivere il più lungo possibile.”

La chiosa di Mario Oppes evoca una citazione di Giovanni Berlinguer per chiudere la sua relazione, l’ultima, nella scaletta degli interventi, in un interessante convegno.

“Riflessioni sul fine vita. Aspetti etici e giuridici”, il titolo del seminario promosso dall’istituto Camillo Bellieni, con il contributo dell’Università di Sassari e della Regione Sardegna.

I lavori sono iniziati nel pomeriggio del sedici dicembre presso l’Aula magna dell’Ateneo sassarese, con il saluto dell’avvocato Attilio Pinna, rappresentante l’Istituto Bellieni.

All’incontro hanno partecipato una nutrita selezione di studenti del Dipartimento di Giurisprudenza e avvocati sassaresi.

Sin dalle prime battute è emersa la dimensione multiculturale e multidisciplinare delle questioni afferenti il tema.

Un dato saliente che si replica nell’ambito di ogni disciplina e ambiente coinvolto, con osservatori e posizioni non omogenee nelle rispettive aree concorrenti nella definizione di un approccio sostenibile.

Un punto di partenza necessario per affrontarlo correttamente è chiarire cosa s’intenda per “fine della vita”, definendo correttamente il momento cruciale in cui interviene la morte.

Al riguardo la professoressa Anna Alberti – docente di Istituzioni di Diritto Pubblico presso l’Università di Sassari – nel descrivere gli strumenti che realizzano il “trattamento di sostegno vitale” non ha tralasciato il peso specifico delle contingenze politiche capaci di ancorare il Parlamento in uno stato inerme sino alla scorsa primavera, quando le disposizioni sulla morte assistita sono state trattate essenzialmente con due sentenze della Corte costituzionale (la numero  242/2019: depenalizzazione, a determinate condizioni, dell’art. 580 del codice penale relativo all’aiuto o all’istigazione al suicidio e la numero  50/2022: inammissibilità del referendum popolare con cui si richiedeva l’abrogazione parziale dell’art. 579 del codice penale riguardante l’omicidio del consenziente).

Il disegno di legge sulle disposizioni in materia di morte assistita approvato alla Camera è all’esame del Senato.  Emerge chiara la “presa d’atto fisiologica di trovare un accordo”.

I principali poli divergenti nel dibattito possono semplificarsi, nel ragionamento della costituzionalista, con la composizione di una  supposta “bioetica cattolica” bilanciata da una “bioetica laica”.

Una impostazione di pensiero ortodosso che nel primo caso riconosce la vita “un dono sacro disceso dall’alto”, rispetto a una visione laica che determina la vita “un bene di cui si disponga liberamente”.

Se la vita per la Costituzione italiana è un bene di cui si possa disporre in maniera autonoma, la stessa Carta costituzionale si preoccupa di conservarla.

Gli articoli relativi sono stati visitati dalla relatrice in quella “cintura protettiva” normativa pensata dal legislatore che nell’articolo 32 tutela il consenso del paziente per il trattamento sanitario.

Sulla volontà del paziente al rifiuto dei trattamenti sanitari vitali per condursi alla morte, è intervenuto l’avvocato Giovanni Colli, presidente della Camera Penale di Nuoro.

Un percorso lungo, opportunamente puntualizzato dal giurista con una serie di casi noti alle cronache. Dalla vicenda complessa, anche mediaticamente, di Eluana Englaro a quella di Piergiorgio Welby,  sino ai casi più recenti con Fabiano Antoniani (Dj Fabo) e le iniziative di Marco Cappato con i reiterati viaggi in Svizzera per assecondare la scelta del paziente di porre fine alla vita con la pratica dell’eutanasia.

L’evoluzione  del dibattito politico nazionale, con la crescente attenzione ai ripetuti casi realizzatisi negli ultimi anni, ha depenalizzato l’assistenza medica al suicidio che in ogni caso dovrebbe svolgersi, con i dovuti protocolli, all’interno delle strutture del servizio sanitario nazionale.

Il fenomeno è in rapida e crescente ascesa. Colli ha ricordato l’importante numero di sentenze emesse al riguardo. Soprattutto la decisione di recarsi in Svizzera, anche in presenza di una sola diagnosi clinica irreversibile. Capace di prevedere sofferenze estreme, ancora non manifeste nello stato del candidato al fine vita.

Il professor Giovanni Maria Uda, docente di Diritto Privato all’Università di Sassari, ha moderato gli interventi.

Il processo di coniugare il trattamento sanitario con la reale volontà del paziente in coerenza con la dignità della vita dello stesso, assume dinamiche esclusive nel caso dei minori.

E’ stato il professor Massimo Foglia, ordinario di Diritto Privato all’Università di Bergamo, collegatosi telematicamente dal suo studio privato a illustrare il perimetro giuridico dell’argomento.

In questo ambito si manifesta una doppia presenza da assistere. Il malato con tutte le particolari emotività della giovanissima personalità. Da tutelare nella sua integrità, rispetto alle aspettative del genitore o tutore non sempre allineato sulle sensibilità del giovane paziente.

La relazione che ha concluso i lavori è stata l’unica al di fuori delle competenze propriamente giuridiche.

Il professor Mario Oppes, docente di Bioetica presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Sassari, già Direttore U.O.C. Medicina d’Accettazione e d’Urgenza presso AOU Sassari,

ha avviato l’intervento chiarendo l’obiettivo della Bioetica: “favorire la composizione di posizioni diverse. Tendendo ad una convergenza”.

Una vera sfida che, in un sistema multiculturale di linguaggi diversi, recepisca l’esigenza di uniformare questi linguaggi approntando un metodo per questo progetto.

Un metodo che non può prescindere dal dialogo.

“Una parola semplice che necessita di una interpretazione”.

Il dialogo si esplica fra posizioni laiche e religiose. Posizioni come già anticipato nei primi interventi, non allineate, neppure all’interno delle stesse confessioni religiose.

L’articolata trattazione riassume alcuni passaggi salienti favoriti col Magistero della Chiesa cattolica per raggiungere sul tema in discussione, un dialogo interreligioso e interculturale.

Lo stesso Oppes, partendo dalla necessità di mettere in discussione i paradigmi posti dalle diverse posizioni, non tralascia la distanza esistente – già ricordata nel primo intervento – fra una bioetica religiosa e una bioetica laica.

Sul versante religioso, distinto in più autorevoli voci di esperti, nonostante il diniego cattolico, ribadito circa il ricorso all’eutanasia, aperture importanti nella composizione del dialogo, riferiscono a dichiarazioni dello stesso Papa Francesco quando comunica che “la Chiesa non rivendica (sul fine vita ndr) alcun spazio privilegiato”.

Sono pertanto sbagliati gli atteggiamenti di tipo dogmatico “Dove i cattolici rappresentano una minoranza è necessario superare questa impostazione dogmatica”.

Le proposte nell’etica medica provenienti da altri Paesi europei, inducono a non affidarsi a principi di caratteri generale. E’ necessario tenere conto delle soggettività di tutte le sensibilità coinvolte nei casi da affrontare. Oppes riconosce i molti passi in avanti operati nella Chiesa cattolica unitamente alle altre principali confessioni monoteistiche.

Il cammino da realizzare per approdare a un impianto normativo diverso da quello attuale, caratterizzato da evidenti vuoti, è ancora lungo.

Se le “discussioni accademiche rischiano di essere improduttive” semplificare le questioni su statistiche e numeri potrebbe essere anche peggio.

Permangono lacune su un coinvolgimento intellettualmente maturo di ampie fasce della pubblica opinione dove i timori legittimi di allentare un rigoroso processo ostativo a una degenerazione sulla discrezionalità di sopprimere la vita umana non enfatizzino reminiscenze pseudo religiose non ancora sdoganate sulle supposte premialità in una dimensione ultra terrena, legate al prolungarsi delle sofferenze psico-fisiche nell’ultimo miglio del passaggio terreno.

Maggiore sarà la possibilità d’immedesimarsi con lo “stato” del paziente, con la conoscenza pregressa della sua determinazione circa la personale volontà di custodirne l’espressione della propria vita. Maggiore sarà la possibilità di preservarne la dignità rispetto ad una manifesta assenza dei requisiti vitali.

L’eventuale cessazione della vita terrena, potrà avvicinare maggiormente una condivisione di esperienze per cambiamenti innovativi e apprezzabili.

Luigi Coppola

 

 

(Foto di Luigi Coppola)

E se ci invitasse a cena un imperatore romano?

I media brulicano di cuochi e pullulano di ricette. Le restrizioni dovute alla pandemia da COVID-19, poi, hanno tramutato tutti in abilissimi pasticcieri e provetti panificatori a favore d’obiettivo. E’ possibile, tuttavia, concepire una cucina priva della morbida scioglievolezza del cioccolato, del profumato aromatico del cacao, della freschezza dei pomodori o della croccantezza delle patate, della dolcezza delle banane o  della gradevolezza dell’ananas, del potere ubriacante dei superacolici e della delizia dei dessert?

Cosa mangiavano ed in qual modo realizzavano le pietanze duemila anni or sono i nostri maiores Romani?

Tuffiamoci nella cucina repubblicana ed imperiale, magari leggendo sontuose raccolte di passi letterario seguendo le autentiche ricette desunte dalle opere di Catone, Columella, e, particolarmente, di Apicio, sotto il cui nome è pervenuto il più celebre corpus gastronomico.

Sicuramente, il gusto era differente: salse e condimenti erano parecchio sofisticati, ricchi di spezie, dal sapore deciso; inoltre, dalle ricette si può congetturare che l’agrodolce fosse tanto apprezzato.

Pavoni e lingue di fenicotteri non erano alla portata di tutti, ça va sans dire.

Talune ricette erano riservate ad occasioni esclusive per avventori d’élite ma è necessario, altresì, riflettere sul fatto che, soventemente, la stravaganza, la leziosaggine, la gola, l’eccentricità, le spese smodate e folli per l’allestimento dei banchetti sono elementi fruttuosi per la storiografia.

Si rievochi alla memoria la volontà evidente di Svetonio di contrassegnare sfavorevolmente Vitellio oppure, anche, la Historia Augusta nel definire la personalità di Eliogabalo.  Laddove, al contrario, il “buon imperatore” è per definizione parco, misurato e non servo del vizio della gola: Marco Aurelio o Settimio Severo ne sono una dimostrazione palese.

Alcune ricette, viceversa, quelle più essenziali, sono ancora oggi non fattibili eppur praticate: il  laganum di cui cui discorre Orazio in sat. 1, 6, davvero simile ad una portata salentina di pasta e legumi; alcuni dolci rustici riferiti da Catone, diretti progenitori degli struffoli napoletani; il garum, che non era il mefitico intruglio di cui ci riferisce una certa vulgata ma che doveva essere simile, nella sua forma migliorata ed elaborata (il flos gari, “fiore di garum”,) alla gustosa colatura di alici; il moretum dell’Appendix Vergiliana e di cui Columella nel I sec. d C. ci fornisce alcune varianti nella preparazione era una specie di pesto rustico con cui condire una focaccia; la patina, di cui ci rende edotti Apicio ovverossia una omelette.

Del resto, alcuni ingredienti sono, di fatto, estinti: il silfio, componente basilare e condimento di innumerevoli preparazioni, coltivato soltanto in una ristretta fascia territoriale attorno alla città di Cirene.

Nel mondo antico, in fondo, anche nei conviti più pomposi, l’idea di base era che il banchetto, per venire ben accolto, dovesse porsi sotto l’egida non solo della ricercatezza e della pregevolezza dei cibi ma anche della loro abbondanza: l’abbondanza costituiva, ergo, segno di agiatezza in un mondo ancora denotato, per la stragrande maggioranza della popolazione, dalla penuria alimentare: i cibi raffinati, squisitamente presentati ma dalle porzioni minuscole della nouvelle cuisine o di alcuni chef pluristellati contemporani, non avrebbero ottenuto particolare successo.

Certo, va non fortuitamente ricordato che un’ingente discordanza tra la nostra maniera di decodificare il cibo rispetto a quello che accadeva nel mondo antico è il potere dei “fuori pasto”, degli snack, degli spezzafame, dei caffé al distributore con supercaloricissimo dolce, che vengono, soventemente, gustati con disinvoltura sul luogo di lavoro: usanze, abitudini e costumi, evidentemente, sconosciuti ai Romani.

E la dieta? Nota dolentissima! Plinio il Giovane lo accosterebbe al nostro concetto di “medicina olistica”, “in quanto la dieta, etimologicamente indica il “regime di vita” corretto ed equilibrato, che tenga conto, quindi, non solo della quantità, qualità e varietà dei cibi ma anche del ritmo di vita, dell’alternanza, fra gli impegni (gli officia) e il tempo libero (otium, che può essere inteso come otium litteratum), da trascorrere in luoghi tranquilli e dal clima favorevole nonchè inframmezzato dalla cura del corpo e da una leggera attività fisica.”

Il cibo è vettore per rivelare altro: Orazio e la polisemia del termine ius, “diritto” ma anche “sugo”, “condimento”, o la presentazione della cena dell’arricchito Nasidieno, confrontata con il racconto del semplice pasto dell’autore stesso.

Quando Cicerone descrive i suoi rinnovati gusti e vezzi per l’alimentazione ricercata, nelle lettere successive a Farsalo, sta comunicando ben altro, sta discorrendo di politica e del suo accomodamento, arduo, ma non inattuabile, ai tempi nuovi.

E sarebbe molto ingenuo e non coglierebbe il senso del testo chi reputasse che la “Cena di Trimalchione” di Petronio sia la rappresentazione di un banchetto reale e quindi ripetibile, al di là di qualche divertente esperimento en travesti.

Giuseppina Capone

Napoli è con il M° Rosario Ruggiero  insieme con “Percorsi alla scoperta della Musica”

Il 29 dicembre 2022 alle ore 17.30 si terrà il prossimo incontro di “Percorsi alla scoperta della Musica” iniziativa voluta dall’Associazione Culturale “Napoli è”, presieduta dal giornalista Giuseppe Desideri  in collaborazione con il Centro Studi e Ricerche “Mario Borrelli” – Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus, presieduta dal prof. Antonio Lanzaro.

Il ciclo di incontri didattico-seminariali è giunto alla sua quinta edizione.

Appuntamento presso la Sala espositiva del Centro Studi e Ricerche “Mario Borrelli” – Fondazione Casa dello Scugnizzo in piazzetta San Gennaro a Materdei n. 3, Napoli.

“La musica è un linguaggio universale in grado di coinvolgere e affascinare persone di differenti lingue e culture, senza distinzioni sociali o di età, di superare le barriere della comunicazione, di creare legami oltre le frontiere, di creare atmosfere e stemperare tensioni – ricordano i giornalisti Giuseppe Desideri, presidente dell’Associazione Culturale “Napoli è” e Bianca Desideri curatrice dell’iniziativa.

A volte, però, le persone utilizzano termini musicali senza conoscerne l’autentico significato (armonia, ritmo, sincope, canzone, sinfonia, ecc.).

Il seminario con il pianista Rosario Ruggiero – proseguono gli organizzatori – si propone di rendere fruibili anche ai non esperti termini, curiosità, elementi della storia della musica, spaziando nel tempo e nei vari generi, spiegandoli e facendo scoprire i loro autori”, da Bach ad Haydn, Mozart, Beethoven, Chopin, Brahms fino a Rachmaninoff, Debussy, Kachaturian e più”.

1 19 20 21 22 23 61
seers cmp badge