La fotografia attraverso FOTOIT

FOTOIT è la rivista ufficiale della FIAF (Federazione Italiana  Associazioni Fotografiche) che viene recapitata ogni mese agli iscritti alla Federazione direttamente o tramite i circoli presenti in tutta Italia.

Nel numero di novembre un ricco panorama di autori: Mario Dondero, Joe Oppedisano, Walter Guadagnini, Giuseppe Torcasio, Luigi Grassi, Sara Musolino, Julia Upali, che con le loro foto e il racconto della loro attività fotografica occupano gran parte dell’attenzione del lettore.

E poi spazio all’Immagine della Famiglia, all’Italia che rinasce, ai visti per voi che in questo numero presenta ’77 una storia di quarant’anni fa neilavori di Tano D’Amico e Pablo Echaurren, alle tecniche fotografiche in evoluzione, concorsi e altre attività legate alle iniziative dei circoli.

Alessandra Desideri

Mario Borrelli: Marciapiedi

“Nessuno si sarebbe sognato di condividere con me i rischi della strada: notti insonni, pidocchi, freddo e sporcizia”. Così recita la copertina di Marciapiedi il libro scritto da Mario Borrelli, il don Vesuvio che viveva a Napoli e che da sacerdote ha aiutato con la sua opera  “gente” comune a sopravvivere alle mille difficoltà quotidiane condividendo l’esperienza della strada soprattutto con gli scugnizzi.

Proprio per gli scugnizzi nel 1960 Borrelli fondava la Casa dello Scugnizzo, centro di accoglienza per i ragazzi a rischio che ha portato avanti fra mille difficoltà e che ancora oggi, dopo la sua morte, la Fondazione omonima, presieduta dal professor Antonio Lanzaro, porta avanti nel suo nome il suo servizio a favore del territorio e dei più deboli.

Sfogliare le pagine di questo libro è come camminare affianco a Mario Borrelli nel suo quotidiano operare in quella Napoli dai mille volti e dai mille problemi, dalle meraviglie storico-culturali della sua storia plurimillenaria alle difficili condizioni di vita delle fasce di popolazione meno abbienti. Pagine dense, storie narrate con la capacità e la semplicità  di chi si fa umile tra gli umili e che vuole far conoscere ai lettori con parole semplici ma chiare  il difficile compito di aiutare quegli “scugnizzi” a non perdersi definitivamente, a far parte di un mondo disposto ad accoglierli nonostante tutto.

E’ il racconto dei primi passi, della città che si sveglia di notte, di come non rubare un portafogli, dei modi di cavarsela, e di molto altro ancora. E’ la storia di Mario Borrelli e dei suoi scugnizzi.

Alessandra Desideri

Collezionando: penny nero e due pence azzurro

In un precedente articolo pubblicato nell’agosto 2017 abbiamo iniziato a parlare della “nascita” del francobollo avvenuta nel lontano 1° maggio 1840 con l’immissione in vendita del penny  black e del two pence azzurro, entrambi con l’effigie della Regina Vittoria, contornata da fregio decorativo.

Riprendiamo l’argomento parlando più nello specifico del penny nero e del due pence azzurro. Questi due francobolli, perché erano solo due quell’anno, cominciarono subito ad essere collezionati da un signore che si chiamava Gray. Voi potreste dire com’è possibile due francobolli, sono solo due, eppure anche solo due esemplari sono riusciti ad appassionare, perché il signor Gray, seduto alla sua scrivania, incominciò a dividerli per sfumature di colore, per il taglio, per i bolli di annullamento e per tutte le curiosità che ci possono essere su un francobollo andando ad individuare anche quei piccoli errori, quelle piccole differenze dovute al logorio delle matrici, di qui uno studio unico nel suo genere.

Va detto che l’uomo per natura tende a conservare ed ordinare ciò che possiede, ed in questo esercizio egli accentua e fortifica il proprio senso dell’ordine.

L’uomo non raccoglie disordinatamente, ma secondo un principio, uno studio, una selezione che è sempre alla base di una ricerca. La filatelia, richiede nozioni tecniche che si apprendono, per chi non ha in famiglia un precursore, con appositi manuali o, come detto, con la tradizione orale come ogni e qualsiasi arte.

Il metodo, l’ordine, il gusto sono alla base di ogni raccolta, dalla più semplice a quella più complessa. Un piccolo aiuto comunque lo potete trovare anche in questi articoli e per qualsiasi altra notizia sono a disposizione delle Lettrici e dei Lettori che vorranno contattarmi scrivendo al nostro giornale.

Salvatore Adinolfi

Francobolli macchiati, cause e possibili cure

In molte occasioni è possibile osservare delle piccole macchie di vari colori su carte antiche ed anche sui francobolli applicati su vecchie lettere. Sicuramente ci saremo chiesti di che natura erano queste macchie, che cosa erano, e sembra opportuno pensare di fare un’indagine conoscitiva sulle cause di queste più o meno vistose alterazioni della cellulosa. È ovvio comunque che materiale filatelico con queste caratteristiche penalizzanti è di scarso valore, se non per quei valori per i quali  non averlo e averlo alterato è preferibile la seconda soluzione.

La carta è un materiale che fino a qualche anno fa era prodotta dalla cellulosa dell’albero, per cui era un materiale organico soggetto a tutte le alterazioni che potevano prodursi con una cattiva conservazione ed era quindi soggetta ad agenti patogeni di ogni tipo che potevano con diverso impatto alterare la carta.

Con una conservazione in un luogo asciutto e ventilato, con una pulizia frequente, la carta può avere limiti di conservazione incredibili, infatti abbiamo testimonianze di papiri di oltre 4000 anni fa, ma quando su questa per i casi più fortuiti s’innesta l’umidità ed una cattiva conservazione è facile che si impiantino delle colonie di microrganismi. Accade così che la lenta erosione ed escavazione di questi agenti intacchi, se così possiamo dire, il tessuto connettivo della carta. Ed in molti casi è successo proprio ciò. Va ricordato che nei tempi andati la distribuzione della posta avveniva con i mezzi più disparati ed in qualche caso anche fortuiti e spesso, prima di essere consegnata ai destinatari, restava in luoghi aperti per molto tempo in sacchi di iuta alla mercé di tutti gli agenti atmosferici del momento. Situazione che favoriva in molti casi l’attecchimento di colonie di microrganismi quasi come se fosse un “cultivar di allevamento” di agenti patogeni consentendo così la creazione di quell’humus ideale per vivere e moltiplicarsi. Questa degenerazione dava poi origine ad una vasta gamma di spore fungine capaci di dar vita a numerose tipologie di muffe.

Va ricordato, senza allarmare nessuno, che le lettere sono state sempre in grado di fare da veicolo trasportando colonie di microorganismi portatori anche momenti particolari quali ad esempio le pestilenze di contagio per cui era necessario addirittura bonificarle con la disinfezione. A tal proposito vanno ricordati i bolli adesivi di Reggio Emilia che si applicavano sui contenitore delle missive durante la peste del 1855, per i collezionisti va detto che i bolli recavano la scritta “Uffizio di disinfezione di Regio” ed erano di quattro tipi.

Oggi liberarsi della muffa è abbastanza semplice, ci sono tanti prodotti che servono a distruggerla, ma, purtroppo, le carte contaminate e non riprese al tempo rapidamente hanno lasciato anche delle depressioni della carta molto profonde, anche con buchi, tanto da richiedere in alcuni casi l’intervento di un restauratore. Va detto comunque che al di là di quelle che oggi sono le nuove tecnologie ed i nuovi rimedi chimici, le collezioni specialmente di francobolli, di annullamenti, di cartoline e di lettere, vanno custodite in luoghi asciutti molto areati, in quanto la carta ha, come si suol dire, necessità di respirare, e questo è un concetto ben chiaro agli archivisti, ovviamente parlo dei vecchi archivisti, di quelli cioè che trattano ancora la vecchia e cara carta. Per quelli moderni, cioè per quelli che oggi si occupano di CD, DVD e altrti supporti informatici ci sono già altri problemi, infatti con il tempo è stato verificato che anche i CD sono soggetti a deterioramento con perdita di files, per cui è necessario anche per questi ricorrere all’ausilio del “restauratore” per evitare ulteriori perdite di informazioni.

Certo che questa è una bella rivincita per noi che, nonostante tutte le muffe e tutti gli ingiallimenti del tempo, ancora siamo in grado di maneggiare carte di centinaia di anni ed apprezzarne il contenuto, cosa che sicuramente non potrebbe essere fatta con gli strumenti informatici attuali.

Riprenderemo l’argomento cause e cure in un altro articolo.

Salvatore Adinolfi

Dentellatura e odontometro

Un aspetto importante della filatelia è l’esplorazione del campo delle varietà prodotte dalla c.d. dentellatura.

La dentellatura può essere “a pettine”, oppure “lineare” e questo è quanto facilmente rilevabile guardando il francobollo per lo spazio perfettamente diritto nell’alveo del dente e fa capire che la perforazione è lineare mentre quello un po’ obliquo risponde alla dentellatura a pettine. Questa sottile differenza in molti casi determina un’infinità di varietà. Ovviamente ciò non deve preoccupare chi si accosta alla filatelia perché, come al solito, queste sono le esagerazioni degli specialisti che intravedono ed individuano in ogni particolare anche infinitesimale delle differenze da collezionare e, tra una tiratura e l’altra, potete scommettere che di differenze anche con la stessa punzonatrice ce ne sono molte.

L’odontometro è lo strumento per poter vedere le dentellature,  può essere manuale, a puntini o a sbarrette. Quindi questo è lo strumento “essenziale” per chi vuole cominciare a fare una prima scrematura tra le varie dentellature; ma per chi deve visionare grossi quantitativi, per non stancarsi eccessivamente perché utilizzare l’odontometro a mano per molte volte stanca, ecco che è stata inventata una macchina che consente di analizzare ogni singolo francobollo e in un battibaleno si ottiene l’esatta dentellatura del pezzo inserito. È una macchina che costa un pochino, neanche eccessivamente se vogliamo, ma serve laddove ci sono molti pezzi da visionare e sicuramente farà risparmiare moltissimo tempo. Le misurazioni elettroniche sono quasi sempre perfette e laddove la macchina non riesce a leggere segnala con una serie di trattini l’impossibilità. Tutto ciò comunque è possibile laddove ci sono francobolli sciolti, sulle lettere invece è indispensabile quello a mano.

Salvatore Adinolfi

Collezionisti in erba

Quando ero piccolo mi capitò tra le mani un opuscolo insieme ad un grosso raccoglitore. Erano di mio fratello ed erano stati richiesti ad Astra Francobolli, una società che si occupava di materiale filatelico e spediva a domicilio in contrassegno un librone con tante fotografie di francobolli rigorosamente in bianco e nero sul quale attaccare con famose linguelle i francobolli di tutto il mondo, tutto il materiale era anche comprensivo di una piccola vaschetta nera in cui collocare il francobollo per visionarne la filigrana.

In quel manuale delle giovani promesse della filatelia erano riportate in maniera abbastanza dettagliata tutte le regole che un piccolo collezionista in erba doveva conoscere, regole comunque tuttora valide e per certi aspetti essenziali. Si partiva dalla cosa più ovvia che era quella di fornire indicazioni su come scollare un francobollo da una lettera. Sembrerà strano ma anche questo aveva ed ha delle regole. A questo punto è opportuno comunque chiarire un concetto che non era all’epoca ben evidente e che oggi, invece, è molto apprezzato. Tanti anni fa non era diffusa la cultura della storia postale intesa come oggi la conosciamo, per storia postale si intende la conservazione del francobollo sulla lettera originaria andando così a ricercare le date più vicine all’emissione come anche le date ultime della validità dello stesso, gli usi postumi che talvolta si facevano del francobollo.

Nel passato e fino al 1975 il francobollo aveva una “scadenza fisica” e non era consentito l’utilizzo dopo quella data, chi lo faceva era considerato un fraudolento; ma naturalmente alcune lettere per ignoranza di chi le mandava e per superficialità nei controlli riuscivano a sfuggire alla norma creando ulteriori motivi di interesse per il collezionista. Parliamo di quei valori filatelici non usati con continuità nel senso che in una serie di francobolli c’era quello che serviva come valore ordinario e quelli invece che servivano per fornire una gamma di servizi in più, tipo raccomandate, espressi, posta pneumatica ed altri.

Un tempo, prima dell’avvento della “posta prioritaria”, i servizi postali erano diversificati ed ovviamente anche i costi. Prima dell’avvento della posta prioritaria il costo di un francobollo era di molto inferiore a quello attuale. Per fare un paragone: con l’euro il servizio ordinario, soppresso definitivamente a favore della tariffa unica il 20 maggio 2006,  era pagato 0,41 centesimi di euro oggi lo stesso servizio costa 0,95 centesimi e si è sostanzialmente anche snaturata la motivazione per cui la posta prioritaria fu ideata e cioè per dare un’accelerazione alla consegna. Il servizio più o meno è rimasto uguale mentre abbiamo avuto una maggiorazione del costo, come sempre è facile far soldi in regime di monopolio.

I nostri lettori scuseranno la digressione, ma tornando alle nozioni elementari riportate nell’opuscolo va ricordato che il francobollo non deve mai essere immerso in acqua calda, va messo in acqua a temperatura ambiente e si scollerà dalla lettera naturalmente.

Nello stesso opuscolo citato c’era anche una strana sequenza di pallini, uno vicino all’altro e tutti con un diametro che andava dal più piccolo al più grande ma di questo parleremo in un altro articolo.

Salvatore Adinolfi

In mostra a Capodichino le chitarre di Pino Daniele, un’operazione in favore del Santobono

Dal 14 novembre al 4 gennaio è possibile ammirare nel salone centrale delle partenze dell’aeroporto internazionale di Capodichino quattro storiche chitarre elettriche di Pino Daniele: due esemplari realizzati dal liutaio napoletano Gianni Battelli e dallo svizzero Rulf Spuler, una Fremwork e la Paradis Blù, compagna del grande cantautore in alcuni concerti indimenticabili, come quello di apertura dell’album di grande successo Non calpestare i fiori nel deserto, fino al Sanremo e al Festivalbar del ’95, dove l’artista ottenne importanti premi.

L’iniziativa benefica si intitola “Je sto vicino a te, una chitarra per il Santobono” ed è organizzata dall’Associazione S.O.S. Sostenitori Ospedale Santobono Onlus insieme a Gesac Aeroporto Internazionale di Napoli, in collaborazione con Campania Mia, con il sito di aste online Catawiki, e con gli sponsor Kimbo e Feudi di San Gregorio. Le chitarre, di proprietà di un musicista napoletano che ha voluto rimanere nell’anonimato, rimarranno esposte fino al 4 gennaio, giorno nel quale si commemoreranno i 4 anni dalla morte di Pino Daniele, e poi verranno subito messe all’asta.

La mostra, dunque, promuove l’asta online della Paradis Blù, che si  è aperta ufficialmente il 22 dicembre ed è realizzata dal sito Catawiki.it e dall’attuale proprietario degli strumenti, che devolverà una grossa fetta dei proventi della vendita per sostenere l’ospedale pediatrico napoletano con il finanziamento del progetto “Sogni D’Oro”, che dona arredi per le camere di degenza dei piccoli pazienti.

Un segno di continuità con il passato dato che già nel 2012 lo stesso cantautore, assieme ad Eric Clapton, finanziò gli arredi del reparto di oncologia proprio del Santobono, donando una somma ingente.

Tutto ciò simboleggia il legame forte che la città continua a mantenere con uno dei suoi figli più amati ed ha particolare senso anche alla luce delle precisazioni fatte da Nello Daniele, fratello di Pino, all’indomani della presentazione dell’evento benefico, per il quale, nonostante la Paradis che il cantautore tanto amava fosse quella che ora si trova esposta nelle sale di Palazzo San Giacomo, una chitarra di Pino che fa del bene è sempre specchio della sua essenza.

Rossella Marchese

La Mothe-Chandeniers, il castello salvato da 10.0000 utenti della rete

Il castello abbandonato di epoca medievale, in Francia, nel mezzo di un bosco e circondato dalle acque, protagonista di questa favola a lieto fine è Château de La Mothe-Chandeniers. Diversi proprietari hanno tentato di salvare questo castello e riportarlo all’antico splendore, ma per quasi 80 anni nessuno è stato in grado di effettuare l’opera di recupero della struttura ormai invasa dalla natura circostante, ma ancora in buono stato di conservazione.

Dal 1 dicembre, però, il castello ha dei nuovi proprietari, sono circa 10.000 e sono tutti gli utenti che, attraverso l’associazione Adopte a castle e la piattaforma di crowdfunding Dartagnans.fr, in circa 80 giorni hanno raccolto 500.000 euro per il suo acquisto. Dunque, il castello La Mothe-Chandeniers è salvo, così ha dichiarato Romain Delaume, co-fondatore di Dartagnans.fr, sito web specializzato nel salvataggio e conservazione del patrimonio culturale. E questo è stato possibile grazie alla collaborazione di 45 nazioni: brasiliani, americani, italiani, francesi, giapponesi, australiani, tedeschi, ecc, tutti uniti per la stessa causa. Ogni utente ha contribuito con una somma minima di € 51 e adesso ognuno di loro può vantare la comproprietà di Mothe-Chandeniers.

La comunità online intende ora ripristinare l’intero castello, e infatti, la somma in eccedenza ai 500.000 euro raccolti per l’acquisto, circa 400.000 euro, servirà per la ristrutturazione e la riabilitazione totale dei luoghi.

L’iniziativa di Dartagnans.fr ha avuto un risvolto mediatico senza precedenti, dimostrando,  inoltre, la fattività di un concetto importante: non solo i grandi sponsor, le aziende, o le multinazionali possono essere artefici privilegiati del salvataggio del patrimonio artistico e culturale, ovunque esso si trovi; anche le persone comuni hanno facoltà di partecipare alla conservazione della bellezza, con la garanzia di molta più democrazia.

Rossella Marchese

L’odissea del CAM, il Contemporary Art Museum di Casoria

Il CAM (Contemporary Art Museum) di Casoria combatte le sue battaglie per rimanere in vita, nonostante la cronica assenza dei fondi culturali ministeriali, praticamente da sempre, da quando, nel 2004, il suo fondatore e direttore, Antonio Manfredi, ha aperto i battenti di un’area espositiva di 3500 mq che ha la forma di un grande anfiteatro open space e nel quale sono raccolte, in varie sezioni denominate “sale”, circa 1200 opere, in una collezione permanente, di arte contemporanea di pittura, scultura, fotografia, video, arte multimediale ed installazioni di artisti provenienti da tutto il mondo. E non solo, il CAM vanta una delle maggiori collezioni europee di arte multimediale, di arte orientale, di arte contemporanea africana e la più completa collezione di opere degli artisti napoletani contemporanei dal secondo dopoguerra ad oggi

Nonostante ciò, il pericolo di chiudere è concreto anche per il prossimo 2018, tant’è che l’ultima campagna lanciata dal coriaceo direttore Manfredi, “support o’ CAM”, prevede   rivoluzionaria proposta per sopperire alla eterna mancanza di finanziamenti istituzionali.

Saranno gli stessi artisti a finanziare il museo adottando annualmente 1 metro degli spazi del museo e al contempo, privati cittadini e aziende potranno fare lo stesso, adottando a loro volta  una delle opere in collezione permanente oppure partecipando con una piccola somma  e vedere inserito il proprio nome permanentemente sulla “Colonna delle donazioni” al centro del museo. Una delle più interessanti operazioni artistiche mai realizzate da una istituzione culturale autogestita direttamente dagli artisti, da privati cittadini amici del museo e dalle aziende.

Ancora una volta l’unicità del CAM si manifesta con tutta la sua forza dirompente; il direttore Manfredi, che non è nuovo a forme di protesta originali e clamorose ha dichiarato con una nota all’ANSA, prima di farsi fotografare incatenato al termosifone della stanza del Sindaco di Casoria, Pasquale Fuccio, a proposito del pericolo chiusura: “Non permetterò ancora di giocare con un museo che da tredici anni lotta per la sopravvivenza e realizza mostre contro ogni forma di sopruso sociale e culturale in una terra di camorra e di problematiche sociali spaventose. Siamo un bene da tutelare”.

Rossella Marchese

Poesie II di Carlo del Preite, un successo assicurato

Venerdì 24 novembre, negli accoglienti locali della libreria Raffaello, in via Kerbaker, una sorta di “ open space” con tanto di bar, spazio lettura e una variegata offerta commerciale che va com’è ovvio dai libri a materiali di cartoleria, dischi, films e persino giocattoli, vi è stata la presentazione del libro del poeta Carlo Del Preite :”POESIE II”, per i tipi delle prestigiose edizioni Cuzzolin.

E’ stata una presentazione agile, brillante, in alcuni passaggi, grazie allo “humor” dell’autore, persino divertente.

Nulla di paludato insomma, ad onta della presenza nel parterre di prestigiosi accademici e ciò, foto carlo1a parere di chi scrive, ha permesso di far emergere la bellezza dei versi di Del Preite che, in una silloge corposa di quasi settanta liriche ha messo a nudo non solo i suoi sentimenti ma, come avviene per la vera poesia, è riuscito ad interpretare, in una sorta di artistica simbiosi, quelli degli altri, sia i presenti sia, ne siamo convinti, i suoi futuri lettori.

La serata è stata condotta con sapienza e ritmo dal giornalista Giancarlo Borriello, aperta dal presidente dell’Associazione Culturale  “Napoli è” ( che ha prodotto l’opera) Giuseppe Desideri e dalla vicepresidente Bianca Desideri. E’ stata impreziosita dall’intervento di Gerardo Grossi che ha tradotto in lingua spagnola alcune liriche del poeta affidandole alla dolcissima lettura di Juana Mari Arcelius.

I puntuti rilievi del critico Stefano Manferlotti hanno messo un po’ di pepe alla discussione rendendolo vieppiù interessante.

Ad armonizzare il tutto è stata la presenza del cantautore Enrico Mosiello che ha, come sempre avviene, incantato la platea.

Ino Fragna

1 49 50 51 52 53 59
seers cmp badge