Passaggio da ora solare a ora legale addio?

Ora solare o ora legale permanente? Sarà ogni singolo Stato dell’Unione Europea a deciderlo se dovesse passare l’intenzione di proporre l’abolizione del passaggio dall’una all’altra nel corso dell’anno, infatti la “scelta del fuso orario resta una competenza nazionale”.

L’annuncio è del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. E’ stata infatti oggi 31 agosto depositata la proposta definitiva della Commissione UE che dovrà essere approvata successivamente dal Parlamento europeo e dai Capi di Stato e di Governo dell’UE all’interno del Consiglio europeo.

“La gente vuole farlo, quindi lo faremo”, ha dichiarato Junker. 4,6 milioni di persone hanno infatti hanno partecipato al sondaggio sull’argomento commissionato dalla Commissione europea.

Il risultato? Sembra da varie fonti che più dell’80 per cento dei partecipanti abbia chiesto l’abolizione dell’ora legale.

Niente più attenzione al fatidico cambio delle lancette degli orologi di un’ora che ci hanno accompagnato fino ad oggi.

Fu introdotta per permettere di fruire di risparmi di energia elettrica guadagnando un’ora di luce solare e sfruttare meglio le ore di luce naturale nel periodo estivo.

Abbandoneremo l’ora legale che nel nostro Paese ha avuto alterne vicende. Introdotta nel 1916 fu abolita nel 1920 per poi essere reintrodotta ed abolita più volte, per diventare definitiva nel 1966. Nel resto d’Europa è stata adottata fra gli anni Settanta e Novanta. Nel 2000 una direttiva comunitaria ha obbligato gli stati membri a introdurla fra il 25 e il 31 marzo di ogni anno e a rimuoverla fra il 25 e il 31 ottobre.

Il 2018 potrebbe quindi essere l’ultimo anno del cambio di lancette sui nostri orologi.

Salvatore Adinolfi

Opacità dell’Italia e trasparenza dell’Ordinamento europeo

Sempre maggiore trasparenza delle istituzioni è prevista dall’ordinamento europeo.

In Italia invece, non si fa luce su diverse zone d’ombra istituzionali e quindi sulle politiche pubbliche.

L’ordinamento europeo si è sempre più evoluto in termini di trasparenza sull’operato delle istituzioni. In Italia non esiste un moderno funzionamento delle Camere, una disciplina delle lobby e, pertanto, a differenza di quanto accade in UE, vi è opacità sulle scelte che influenzano il processo legislativo. Inoltre, sono mal gestiti e applicati gli strumenti per la trasparenza riferiti alla regolamentazione sulla produzione del governo, come l’analisi di impatto, la valutazione preventiva di costi e benefici delle ipotesi di intervento normativo, come risultato di una comparazione fra opzioni alternative; la verifica di impatto, vale a dire l’esame degli effetti prodotti dall’opzione prescelta. Infine, manca un compiuto “ciclo di valutazione” delle politiche pubbliche sui profili regolatori, ma soprattutto per gli studi di fattibilità delle diverse ipotesi di azione risolutiva, del  controllo in itinere e alla verifica dei risultati.

La trasparenza di tale “ciclo” consentirebbe di conoscere realmente l’operato dei pubblici poteri. Quindi, per la conferma dello sviluppo democratico del nostro Paese, si spera che i recenti miglioramenti in ambito di trasparenza in sede UE possano contaminare il nostro sistema italiano in tempi non lunghi.

Danilo Turco

Meno conflittualità nel dibattito pubblico per la costruzione di opere pubbliche

Il dibattito pubblico può certo aiutare a migliorare le decisioni delle amministrazioni sulle scelte riguardanti le opere pubbliche, ma è opportuno che tutti i soggetti interessanti siano consapevoli dei limiti da non superare.

Sulla Gazzetta ufficiale del 25 giugno 2017 è stato, infatti, pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 76 del 10 maggio 2017 sul dibattito pubblico (Dp). Il testo del Dpcm ha avuto una lunga gestazione nella precedente legislatura, ma non era stato possibile emanarlo a causa dello scioglimento delle Camere. Questo nuovo strumento può migliorare l’efficacia delle decisioni amministrative, a condizione che tutti i soggetti interessanti, oltre a coglierne le opportunità, siano anche coscienti dei confini che non possono essere superati. La sua introduzione, sul modello del dèbat public francese, costituisce una novità per l’ordinamento statale, ma non per quello regionale (vedi la legge regionale 46/2013 della Regione Toscana o quella 28/2017 della Regione Puglia).

Questo Dpcm definisce il dibattito pubblico e lo intende un processo di informazione, partecipazione dei soggetti interessati sul confronto pubblico sull’opportunità e sulle soluzioni progettuali di opere, progetti o interventi e, per poter migliorare la progettazione e l’efficacia delle decisioni pubbliche, Individua le tipologie, le caratteristiche e il valore economico degli investimenti che devono essere sottoposti a Dp, ne definisce la procedura da seguire e i tempi del suo svolgimento.

Questo Dp consente di superare questioni emerse negli anni che hanno alimentato spesso contestazioni non fondate su conoscenze , ma su superficiali e non corrette idee diffuse e che hanno bloccato la realizzazione ad esempio di strade, aeroporti. Si tratta di prese di posizioni alimentate anche dal fatto che i soggetti e le comunità interessate non sono state coinvolte e informate, o lo sono state a decisione già presa.

Il suddetto Dpcm, prevede che il Dp debba svolgersi “nelle fasi iniziali di elaborazione di un progetto di un’opera o di un intervento, in relazione ai contenuti del progetto di fattibilità ovvero del documento di fattibilità delle scelte progettuali”.  La documentazione, approntata dall’amministrazione promotrice, dovrà fornire ai soggetti interessati le informazioni sulle motivazioni dell’investimento, sulle alternative alla soluzione proposta, anche con l’ipotesi di non realizzarlo affatto, sulle scelte progettuali e sulle valutazioni dei suoi impatti sociali, economici ed ambientali. Il Dp è una procedura consultiva che intende garantire la realizzazione dell’opera senza alcuna contestazione, riducendo le occasioni di tensioni e conflitti, specie se animate da motivazioni politiche pregiudiziali.

Danilo Turco

 

L’immigrazione di colf e badanti

I lavoratori domestici in Italia (più di due milioni) sono affidati gran parte a stranieri e quasi il 60 per cento non è in regola. Basterebbe una sanatoria per garantire benefici sostenibili?

In Italia lo Stato ha sempre più delegato alle famiglie la gestione del welfare. Secondo stime Istat, solo il 10 per cento degli oltre 2 milioni di persone non autosufficienti è assistito in strutture residenziali (Ra).

L’Italia, come Germania e Giappone, è uno dei Paesi più anziani al mondo e si stima che nel 2050 il numero delle persone con più di 75 anni è destinato ad aumentare, da 7 a 12 milioni (+74%), cioè passare dall’11% al 21% della popolazione.

L’assistenza domiciliare si compone di assistenza domiciliare integrata, a cura delle Asl, e servizi di assistenza domiciliare, a cura dei Comuni, che raggiungono rispettivamente 650 mila e 130 mila anziani, anche se quasi sempre per un tempo molto limitato.

Nel nostro Paese la figura del “caregiver familiare” è molto diffusa. Si tratta di un familiare che si prende cura, a titolo gratuito, di un genitore o del coniuge non autosufficiente. Figura istituzionalizzata alla fine della scorsa legislatura con un fondo di sostegno piuttosto modesto (60 milioni di euro). Per questo motivo in Italia si è andato affermando l’impiego di badanti e colf  e da una ricerca Domina dell’Associazione nazionale famiglie datori di lavoro domestico, risulta che le famiglie italiane spendano per i lavoratori domestici 7 miliardi ogni anno, facendone risparmiare 15 allo Stato che, altrimenti, dovrebbe farsi carico di circa 800 mila anziani non autosufficienti.

Danilo Turco

Una professione emergente: il data scientist

In Italia sono stati assunti circa 1500 data scientist nel 2017, si tratta di una figura che richiede competenze multidisciplinari (statistiche, matematiche ed economiche).

Si generano quantità immense di dati attraverso l’utilizzo dei social network, del web e dei processi automatici/digitali specie per  acquisti on line e anche gli scontrini di supermercati connessi alla carta fedeltà, Questi cosiddetti big-data se analizzati con intelligenza, consentono di conoscere i diversi aspetti qualitativi sullo stile di vita e le loro tendenze, informazioni utili per poter poi pianificare le politiche pubbliche o i piani di marketing aziendali.

I “big-data” evidenziano i comportamenti umani e le loro analisi avvengono attraverso lo studio delle reti neurali artificiali (artificial neural networks) o dell’apprendimento automatico (machine learning), riferiti allo studio sull’intelligenza artificiale, che si evolvendo negli anni grazie soprattutto al miglioramento della potenza di calcolo e nella capacità analitica di affinare le tecniche di stima, di classificazione e di previsione del dato.

Come si forma un data scientist?

Diversi Paesi cercano di sfruttare le sinergie fra insegnamento universitario e apprendimento a distanza. Uno dei casi più noti è quello del professor Balaraman Ravindran in India, che tiene i suoi corsi tramite una piattaforma governativa che consente successivamente agli studenti di sostenere gli esami di persona in diverse parti del paese, guadagnando una certificazione formale riconosciuta in ambito lavorativo.

Si tratta di una scelta professionale utile in campo lavorativo in quanto risulta in costante aumento il numero di aziende (di grandi e piccole dimensioni) che manifestano l’esigenza di assumere figure professionali specializzate, denominati data scientist, o capaci di maneggiare ed estrapolare informazioni a supporto dei processi decisionali. Sono figure professionali ancora rare da trovare, ma necessarie. Le loro analisi devono  risultare chiare e semplici per poter essere divulgate. Si tratta di una figura che richiede competenze multidisciplinari (statistiche, matematiche ed economiche) e deve essere capace di estrarre dati da database MySQL, di gestire gli Analytics, di sviluppare algoritmi di ottimizzazione e di saper disporre di sufficienti competenze nel settore del business.

La piattaforma Kaggle è di grande stimolo per chi desideri approcciarsi a questo lavoro. Essa presenta un concorso a premi in lingua inglese, per individuare tali figure professionali e offre gratuitamente anche la potenza di calcolo on-line per i partecipanti con risorse limitate perché ciò che viene premiato al concorso è la capacità analitica, cioè la competenza di base posseduta.

Danilo Turco

 

 

 

Il Museo della Seconda Guerra Mondiale di Felonica

 

Nell’inverno del 1942-43 in Russia infuriava la Seconda Guerra Mondiale e i soldati sovietici spingevano le lunghe file dei nemici fatti prigionieri in marcia sul fronte del Don e a Stalingrado, per poi caricarli sui treni  che avevano come ultima destinazione i gulag nel profondo nord delle steppe siberiane. Tra quei prigionieri, molti furono gli Italiani e pochi riuscirono a sopravvivere a quella traversata mortale. Il freddo, le ferite, le malattie, la denutrizione troncarono parecchie vite, così i corpi venivano ammassati negli ultimi vagoni di quei treni e questi, una volta pieni, venivano sganciati in prossimità di snodi o centri abitati, per essere svuotati.

La città di Kirov, sul fiume Vjatka, fu uno di quegli avamposti logistici usati dai soldati russi per liberarsi dei cadaveri nemici; senza troppe cerimonie con l’esplosivo si realizzavano grandi fosse comuni a ridosso della Transiberiana che attraversava la città.

Questa storia è il fondamento del Museo della Seconda Guerra Mondiale di Felonica, in provincia di Mantova; una struttura del tutto particolare che al suo interno ospita i resti, i cimeli, dei caduti italiani al fronte russo.

Ventiquattro volontari, questo l’organico del museo, che a proprie spese si alternano i quei luoghi, lontani quasi 4mila km da casa, per scavare di fianco a quella ferrovia ancora funzionante e recuperare pezzi di un passato fatto di storie personali interrotte bruscamente. Assieme al personale della locale Organizzazione Pubblica Volontaria Giovanile Ricognitori di Kirov, che aiutano nelle operazioni di sondaggio e delimitazione del terreno delle fosse comuni, i nostri contemporanei connazionali ritrovano bottoni, pezzi di divise, lavorando assieme ai russi per dare identità a coloro che non sono mai tornati in patria.

Fino ad ora sono state recuperate 11 piastrine di riconoscimento, restituite dai “memoriali russi” alle relative autorità nazionali, al fine di permettere i necessari approfondimenti. E sono stati recuperati i resti di 298 caduti italiani, ungheresi e tedeschi, perché l’impegno dei volontari di Felonica è transnazionale.

Tuttavia la spinta al recupero dei nostri caduti, e non solo, sul territorio russo, avrebbe bisogno di costante alimento, supporto e attenzione, anche da parte delle istituzioni, visto che le fosse di Kirov sono ancora piene. Per questo motivo la senatrice a vita Elena Cattaneo ha preso a cuore la faccenda,  appellandosi al Presidente della Repubblica e al Ministro della Difesa affinché i Ventiquattro di Felonica non vengano lasciati soli; sta nella ferma volontà dello Stato, infatti, l’intenzione di non affidare all’oblio collettivo del tempo il sacrificio dei singoli.

Rossella Marchese

Immigrazione e la nuova proposta della Commissione europea

La nuova proposta della Commissione europea per la gestione delle migrazioni risente degli umori politici. Sembra più che non si faccia attenzione ai diritti umani ma si fa attenzione a come realizzare i rimpatri.

Nel 2017 gli sbarchi sulle coste europee sono notevolmente diminuiti (172 mila nel 2017) mentre i richiedenti asilo nel mondo sono aumentati, raggiungendo la cifra record di 71,4 milioni (rapporto annuale Unhcr). Tutto questo è l’effetto delle politiche di esternalizzazione delle frontiere dell’Unione Europea, basate sugli accordi con i Paesi di transito (Niger, Libia, Tunisia), comprese le campagne di criminalizzazione italiane delle Ong impegnate nei soccorsi in mare. Oggi la priorità non è la tutela dei diritti umani, ma è la riaffermazione dei confini nazionali e comunitari. Caso strano è che, mentre gli sbarchi e le richieste di asilo nella Ue raggiungono i livelli più bassi degli ultimi anni, nell’agenda politica la questione ha assunto toni drammatici e divisivi e la sua risonanza simbolica ed emotiva risalta nell’ultima iniziativa europea sull’argomento.

L’attuale proposta operativa dalla Commissione si articola sostanzialmente in tre punti: primo, realizzare accordi con i Paesi esterni per realizzare strutture di accoglienza e valutazione delle istanze di protezione internazionale prima dell’accesso sul territorio della Ue, agendo in collaborazione con le agenzie internazionali (l’Organizzazione mondiale per le migrazioni e Unhcr), proprio per contenere le critiche sulla mancata tutela dei diritti umani nei Paesi coinvolti; secondo, realizzare “centri controllati” su base volontaria all’interno dell’Unione per trattenere i richiedenti asilo, identificarli e valutare rapidamente le loro istanze, con il sostegno tecnico e finanziario della Ue; terzo, incentivate la partecipazione volontaria dei paesi membri alla ricollocazione dei rifugiati, grazie al contributo comunitario di 6 mila euro per ogni persona accolta .

E’ importante osservare come il documento esplicativo della natura dei centri controllati (Non-paper on “controlled centres” in the EU – interim framework) non usa mai la locuzione “diritti umani”, una volta sola il termine “diritto” e ben dieci volte la parola “ritorno”.

Danilo Turco

Quale futuro per la democrazia: diretta o indiretta?

Casaleggio prevede la fine della democrazia rappresentativa e affida il futuro alla democrazia diretta.

Riguardo alla fine del Parlamento per l’avanzata della democrazia diretta, il ministro Riccardo Fraccaro ha presentato in questi giorni un progetto di riforma costituzionale che tocca proprio gli istituti di democrazia diretta (tra le altre cose, eliminazione di quorum e introduzione di referendum consultivi). E’ indubbio che i meccanismi di delega creano molti problemi, ma non è pensabile che tutte le decisioni necessarie siano prese sempre da tutti i cittadini.

Non esiste Paese democratico in cui le decisioni non spettino a un Parlamento di eletti: le poche alternative vanno infatti nella direzioni di potere maggiormente concentrato, come accade negli stati autoritari delle dittature.

La domanda corretta sarebbe come ritagliare spazi di democrazia diretta e democrazia rappresentativa, riferendosi alle necessità dei casi e delle situazioni. La Costituzione italiana riconosce tutto questo prevedendo il referendum abrogativo, quello confermativo di riforma costituzionale, nonché la possibilità di iniziativa legislativa popolare e pone determinati limiti (il quorum, le materie, le firme, etc.). Inoltre, maggiori possibilità sono riconosciute dalla legge a livello di governo inferiore, come i referendum consultivi e propositivi e i bilanci partecipativi.

Infine, occorre riflettere su come in democrazia non siano importanti solo quali meccanismi di scelta sono da adottare, ma soprattutto sapersi assumere le responsabilità degli effetti delle  scelte fatte.

Danilo Turco

Sport e solidarietà insieme nella Barcolana Turritana

A sostegno del reparto di reumatologia di Sassari ben venti associazioni ed enti hanno aderito alla Barcolana Turritana l’evento di sport e solidarietà svoltosi sul litorale di Porto torre il 20 e 21 luglio.

Tante le discipline sportive a confronto:  nuoto, ciclismo, canoa, vela, tennis. E poi ancora aquafitness, scacchi, spinning e calcio balilla, tennis da tavolo.

La dodicesima edizione ha visto, come abbiamo ricordato, venti associazioni ed enti, coordinate dalla Fidapa di Porto Torres, insieme per raggiungere l’obiettivo di sostenere il progetto di potenziamento del Reparto di Reumatologia dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari.

Trenta gli sponsor che hanno aderito alla manifestazione patrocinata dal Comune di Porto Torres, dall’Università di Sassari, dalla Consulta del Volontariato con la partecipazione del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco.

“L’evento è nato con lo scopo di ricordare la nostra socia Elisabetta Fara – ha sottolineato Ersilia Fiori, presidente della Fidapa di Porto Torres – e per proseguire la sua battaglia contro le malattie rare. Siamo riusciti a finanziare grazie alla raccolta, alle donazioni e ai contributi ricevuti ben cinque di borse di studio, mentre lo scorso anno abbiamo acquistato apparecchiature per il day hospital oncologico. Quest’anno sosterremo il potenziamento del reparto di Reumatologia dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari, per i pazienti affetti da lupus e da patologie autoimmuni. Fondamentale è il supporto degli enti, delle associazioni, dei volontari e delle aziende che lavorano in sinergia con la Fidapa e che ci consentono ogni anno di riproporre questa manifestazione”.

Un impegno importante per aiutare la struttura se si considera che il reparto di Reumatologia ha un numero di pazienti in crescita: sono quasi 150 le persone assistite periodicamente, affette da malattie come il lupus, la sclerosi sistemica e l’artrite reumatoide. Il reparto diretto dal professor Giuseppe Passiu ha acquisito di recente nuovi spazi per i quali sono necessarie apparecchiature. Grazie all’iniziativa della Barcolana sarà possibile acquistarle con la raccolta fondi avviata in occasione dell’iniziativa.

“Esprimo il mio ringraziamento a nome della nostra comunità – ha affermato l’Assessora Mara Rassu – perché la Barcolana è un esempio positivo di sinergia tra persone, associazioni ed enti, dove lo sport diventa uno strumento per stare insieme e fare del bene. È un bel messaggio di unione e condivisione, per raggiungere obiettivi solidali di cui dobbiamo essere orgogliosi”.

Hanno partecipato all’evento: Lega navale italiana, Asso.ve.la, Freedom in water, Progetto Albatross, Avis, Piscina Libyssonis, Area fitness Libyssonis, Happy Fitness Center, Ciclisti Turritani, Ka.no.sar. Scout Cngei, Asd Porto Torres Scacchi, Tennis club Porto Torres, Etnos, Ficr, Crono Sassari, Gruppo canottaggio “Giuseppe Usai”.

Videosorveglianza per il Parco Nazionale del Vesuvio  

Lo scorso 16 luglio è stato presentato il Sistema di videosorveglianza del Parco Nazionale del Vesuvio al Palazzo Mediceo Ottaviano (NA), dove ha sede l’Ente Parco Nazionale del Vesuvio.

Era presente il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa.
Il sistema di videosorveglianza è stato realizzato da Fastweb e Innovaway nell’ambito della Convenzione Consip “Sistemi di Videosorveglianza e servizi connessi”.

Si tratta di un importante ausilio tecnologico che consentirà di controllare il territorio favorendo la prevenzione degli illeciti ambientali “lungo le vie di accesso, gli stradelli forestali, i siti oggetto di sversamento dei rifiuti e di supporto al piano Antincendio Boschivo dell’area protetta del Parco Nazionale del Vesuvio”.
“È doveroso un ringraziamento a tutti coloro che hanno lavorato per la realizzazione di questo impianto, ho seguito personalmente l’avanzamento dei lavori e, devo dire, c’è stato grande l’impegno, al di là del lavoro tecnico, si è vista la passione profusa per il territorio. Per questo ringrazio i dirigenti, i lavoratori ed i tecnici di Fastweb e di Innovaway, le due società che hanno realizzato l’impianto” i ringraziamenti iniziali del Presidente del Parco Nazionale del Vesuvio Agostino Casillo.
I siti video sorvegliati sono in totale 35 collegati a 3 centrali operative: Sede Ente Parco del Vesuvio di Ottaviano, sala dei Carabinieri Forestali di San Sebastiano al Vesuvio e la stazione dei Carabinieri di Ottaviano.
Per il progetto del Parco Nazionale del Vesuvio, Fastweb ha scelto come Partner Innovaway “per le competenze in ambito IoT e per le competenze specifiche nell’integrazione di strumenti intelligenti per il controllo del territorio e per il monitoraggio distribuito”.
Una soluzione di controllo all’avanguardia per il nostro Parco del Vesuvio.
“Chiedo ai comuni di aiutarci a rendere più vivibile il nostro territorio e a difenderci dagli attacchi dei criminali ambientali e non solo” il monito del Ministro dell’Ambiente Costa a tutti i sindaci, per aumentare il controllo e la sicurezza del nostro Paese.

Il controllo e la sicurezza dei territori sono fondamentali per garantire ambiente e cittadini e un futuro alle nuove generazioni. Il futuro del pianeta passa anche dai singoli territori.

Alessandra Desideri

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