Il Comune destina un immobile alla Comunità LGBTQI 

L’attenzione che il Comune di Napoli mostra verso i diritti delle persone e nella situazione specifica della Comunità LGBTQI si è concretizzata nei giorni scorsi con l’approvazione di un provvedimento della Giunta Comunale, a firma del Sindaco Luigi de Magistris, con il quale viene messo a disposizione della comunità LGBTQI un immobile comunale. La struttura sarà destinata all’accoglienza delle persone vittime di discriminazione e violenza omo/transfobica e di genere.

Il progetto sarà realizzato in partenariato con la rete locale di associazioni LGBTQI per la partecipazione al bando di “Fondazione con il Sud” dedicato all’Housing Sociale 2018.
Trova così concretizzazione con il provvedimento approvato l’impegno assunto con la comunità LGBTQI. IL progetto prevede la realizzazione a Napoli di una struttura idonea a fornire fornisca non solo protezione e sicurezza ma in grado di avviare con l’erogazione di vari servizi, veri e propri percorsi di autonomia e di empowerment.

“In qualità di delegata alle Pari Opportunità” – ha dichiarato Simonetta Marino – “ringrazio il Sindaco, la Giunta, i dirigenti, i servizi e tutto il personale che con tenacia si sono prodigati per raggiungere  questo importante risultato”.

Un inizio importante per fornire alle vittime di discriminazione e violenza un “luogo sicuro” dove poter trovare accoglienza.

Alessandra Desideri

Vecchietti al Welfare Day: necessario secondo pilastro sanitario

Di grande interesse il Welfare Day dal titolo “La Salute è un diritto. Di tutti”, promosso come ogni anno da RBM Assicurazione Salute, e tenutosi a Roma il 6 giugno scorso. Dai dati presentati è emerso come 2 italiani su 3 hanno pagato direttamente le cure sanitaria per un esborso medio di 655 a testa.

Un importo significativo considerato che molte famiglie a causa della crisi economica si trovano a dover far quadrare il bilancio con grande difficoltà, ancor di più quando si verificano situazioni che richiedono esborsi per cure mediche o per acquisto di farmaci o protesi.

Dal “VIII Rapporto CENSIS-RBM Assicurazione Salute” presentato è emerso che 7 cittadini su 10 hanno acquistato farmaci (per una spesa complessiva di 17 miliardi di euro), 6 cittadini su 10 visite specialistiche (per 7,5 miliardi), 4 su 10 prestazioni odontoiatriche (per 8 miliardi), 5 su 10 prestazioni diagnostiche e analisi di laboratorio (per 3,8 miliardi) e 1 su 10 protesi e presidi (per quasi 1 miliardo).

Un dato significati quello dell’indebitamento legato alle cure sanitarie: 7 milioni di cittadini hanno dovuto indebitarsi per pagarsi le cure e 2,8 hanno venduto la casa o svincolato i propri investimenti.

Marco Vecchietti, Amministratore Delegato di RBM Assicurazione Salute ha evidenziato che: “La spesa sanitaria privata rappresenta la piú grande forma di disuguaglianza in sanitá. Con l’introduzione di un Secondo Pilastro Sanitario si potrebbe tagliare di 20 miliardi di euro, riducendone l’impatto sui redditi delle famiglie italiane, in particolare per quelli medio bassi”.

Secondo le stime della Ragioneria Generale da oggi a 7 anni nel nostro Paese saranno necessari dai 20 ai 30 miliardi di euro in più per finanziare un Sistema Sanitario ormai gravato dalle sfide demografiche e da mutamenti economici e sociali. “Il che, in altri termini, vuol dire – ha spiegato Marco Vecchietti – che se non si avvierà anche nel nostro Paese un Secondo Pilastro Sanitario attraverso un sistema di Polizze e Fondi Sanitari aperti a tutti, il costo delle cure che i cittadini dovranno pagare di tasca propria finirà per raggiungere (nel 2025) quasi 1.000 Euro a testa”.

Nel 2016-2017 la spesa sanitaria privata (che lo scorso anno era di 37,3 miliardi) è aumentata del +2,9% di contro al +1,5% della spesa totale per consumi delle famiglie italiane. Nel 2013-2017 è invece aumentata del +9,6%, mentre la spesa totale per consumi del +5,3%. La spesa sanitaria privata cresce il doppio rispetto a quella totale per i consumi.

La spesa sanitaria privata “è la più grande forma di disuguaglianza in sanità”, il cittadino, infatti, viene posto di fronte alla scelta tra pagare o non curarsi. Purtroppo accade che non tutti possono permettersi di pagare e quindi sono costretti a non curarsi adeguatamente o a non curarsi per nulla.

Alessandra Desideri

Qualche riflessione su politica ed economia nell’Italia di oggi

Sarebbe oltremodo importante riuscire a frenare il diffondersi di dichiarazioni continue che tendono a destabilizzare condizioni e stili di vita che non consentono un ritorno al passato ormai sepolto.

Occorrerebbe non ricercare consenso politico attraverso slogan proponendo una visione del mondo dei tempi passati, con i confini e i muri che delimitano le relazioni internazionali. Occorre una politica moderna, stimolo per l’innovazione, la ricerca e che combatte situazioni di arretratezza nel lavoro, come il caporalato, per concedere il soggiorno a chi ha un lavoro e facilitare gli impieghi stagionali. Poi, per difendere la qualità dei prodotti italiani in agricoltura non andrebbero imposti dazi sul riso asiatico e sudamericano e poi, andrebbe ratificato il Ceta, il trattato Ue-Canada, il più avanzato nella protezione dell’origine dei nostri prodotti.

Inoltre, sui finanziamenti UE impegnati si osserva che negli appalti pubblici si nasconde il rischio di corruzione, come mostrano le cronache e la flessibilità – richiesta dagli operatori e recepita dal Codice dei contratti del 2016 – ha di fatto accresciuto il numero di gare finite a imprese vicine alla politica.

Infine,la modernizzazione dei sistemi di pagamento al dettaglio, che prevedono l’uso di strumenti diversi dal contante per le spese sui consumi, è ormai un fenomeno strutturale in Italia e altrove, anche se avviene si consolida più lentamente rispetto ad altri Paesi. Il dato più significativo al riguardo ci sarà con l’entrata in vigore nel 2018 della direttiva europea Psd2 sui pagamenti digitali. A riguardo la proposta di abolire il limite all’uso dei contanti, risulta in controtendenza rispetto al concreto diffondersi della digitalizzazione dell’economia e nei sistemi di pagamento al dettaglio, in linea con quanto accade nei Paesi più avanzati e con l’effettiva esperienza delle famiglie consumatrici in Italia.

Danilo Turco

I cinquant’anni di sacerdozio di Monsignor Meloni, Sassari in festa

“La vita è un cammino verso l’immortalità e l’immortalità è dono di Dio.”

Il saluto escatologico di Monsignor Pietro Meloni termina la solenne cerimonia liturgica celebrata nella Chiesa di san Giuseppe a Sassari per festeggiare il suo cinquantesimo anniversario della ordinazione sacerdotale.

Centinaia di fedeli sassaresi, amici e una corposa schiera di familiari hanno stipato una delle più belle e antiche chiese del centro turritano nella serata estiva della prima domenica di luglio.  Insieme al presule festeggiato che ha presieduto la liturgia,oltre una dozzina di presbiteri e ministranti hanno concelebrato la speciale messa di ringraziamento insieme a Monsignor Gianfranco Saba, Vescovo di Sassari e Monsignor Mauro Maria Morfino, Vescovo alla diocesi di Alghero e Bosa, con il parroco della stessa parrocchia, don Massimiliano Salis.  “Il vescovo è l’immagine del Padre e la sua forza è la dolcezza! È questa la parola di Sant’Ignazio vescovo di Antiochia, martire della Chiesa nascente, che ha ispirato fin dall’inizio la mia missione pastorale.”

Le parole di Monsignor Meloni hanno risuonato nella sua omelia, ribadendo il mantra  (Gaudium et Spes – la gioia e la speranza) che ha distinto il suo intenso magistero nella Chiesa iniziato proprio nella parrocchia di San Giuseppe dove ricevette i sacramenti della Prima Comunione e della Cresima, per poi coltivarne una feconda crescita nell’Azione Cattolica. Con dolcezza paterna e leggeri spunti ironici, Monsignor Meloni ha ricordato i passi salienti del suo percorso sacerdotale, avviato con l’ordinazione avvenuta con l’imposizione delle mani di Monsignor Paolo Carta il ventotto giugno del 1968.

Un cammino di fede supportato costantemente dalla presenza amorevole dei genitori. Ricordati alcuni momenti decisivi: nel 1983 quando l’allora vescovo sassarese, Monsignor Isgrò, gli consegnò la lettera di Papa Giovanni Paolo II, che lo conferiva Vescovo alla Diocesi di Ampurias e Tempio, incarico ricoperto per nove anni prima di passare alla guida della Diocesi di Nuoro. Non mancano aneddoti divertenti svelati come in un intimo focolare domestico. Nel segno del filiale affetto, il saluto finale di Monsignor Gianfranco Saba, da pochi mesi alla guida pastorale della diocesi sassarese, ha ribadito il solco virtuoso tracciato nell’azione pastorale del suo Maestro. Ha ricordato gli anni in Gallura, quando anche in situazioni di estrema sofferenza per il territorio, il vescovo Meloni è sempre stato un riferimento importante per la comunità locale. Così per il forte impulso dato alla pastorale di mediazione, grazie alla rinascita editoriale della testata editoriale Gallura e Anglona. All’unisono al suo rientro a Sassari, nel rilancio del settimanale diocesano “Libertà”.

Anche il sindaco Nicola Sanna nel congedare l’assemblea ha ricordato il ruolo di prezioso interlocutore con le istituzioni, assolto dall’emerito vescovo Meloni, soprattutto in situazioni di estrema criticità sociale (negli anni di piombo dell’emergenza terrorismo) come nei decisivi passaggi di vertenze economiche occupazionali vissute nel territorio sardo.

L’evento gaudioso del primo luglio rilancia incoraggianti auspici per la Chiesa Episcopale Sarda nove mesi dopo la Settimana Sociale dei Cattolici di Cagliari e pochi giorni dopo l’investitura cardinalizia di Papa Francesco del neo porporato e fraterno amico Angelino Becciu.

Luigi Coppola

 

Alberto Angela torna in prima serata su Raiuno con Ulisse e riceve la cittadinanza onoraria di Napoli

Alberto Angela dal 26 giugno è cittadino onorario di Napoli. La cerimonia si è tenuta nella Sala dei Baroni al Maschio Angioino, gremita di appassionati e fan dello scienziato e divulgatore. Ad accoglierlo, il sindaco Luigi de Magistris, il vice sindaco Raffaele Del Giudice e l’assessore alla Cultura Nino Daniele.

“Da oggi – ha detto de Magistris – Aberto Angela è un nostro concittadino: attenzione, non perché nei suoi programmi abbia parlato bene di Napoli, ma perché è riuscito a comprenderla e a raccontarla a fondo, senza patinature folcloristiche, con la comprensione dello scienziato, la pazienza dello storico e la sensibilità di un uomo di cultura”.

Alberto Angela, ha dichiarato il primo cittadino della città adagiata all’ombra del Vesuvio, ha colto l’umanità di una città che è insieme Inferno, Purgatorio e Paradiso. Non è mai stata una lettura superficiale né improntata al folklore. Alberto Angela è riuscito a cogliere la complessità di Napoli con la comprensione dello scienziato, la pazienza dello storico e la sensibilità dell’uomo di cultura”.Il divulgatore scientifico, ha evidenziato “l’emozione” che ha provato, “inaspettata” e, di conseguenza, “ancora più gradita”. Nel raccontare Napoli “abbiamo sempre fatto un lavoro sincero, vero, trasparente, perché la città ha questo volto”. “Devi entrare a Napoli per conoscerla, dichiara, ho compreso, negli anni, il suo vero volto che sono le persone”. Non nasconde i problemi di Napoli, “le tante complessità, ma quale città non le ha?”. Il conduttore non solo ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Napoli, ma nei giorni scorsi, ha ritirato anche il premio qualità del Moige, e presto tornerà in tv in prima serata, sulla rete ammiraglia.

“Proporre la cultura in prima serata il sabato sera su Rai1 è una bella sfida», afferma Alberto Angela, ricevendo nella Sala della Regina della Camera dei deputati il Premio qualità del Moige per il suo programma Meraviglie – La penisola dei tesori”.

Angela si appresta nella prossima stagione a portare su Rai1 anche il suo programma del sabato sera su Rai3, di “Ulisse, il piacere della scoperta”. “È un’ulteriore evoluzione, ha spiegato il direttore di rete Angelo Teodoli. Proponiamo un confronto fra cultura e spettacolo. Ha già funzionato, noi scommettiamo su quello”. Il primo evento, “sarà il 22 settembre, con “Una notte a Pompei”, la settimana seguente riprenderà la programmazione di Ulisse” ha aggiunto il direttore di Rai1.

“In Italia è facile fare cultura, dice Angela, con il patrimonio artistico e culturale che abbiamo. Non facciamo che raccogliere una tradizione antica che appartiene anche alla televisione. Io ho respirato in casa tradizione di servizio pubblico, ma l’ho trovata anche nei direttori con cui ho lavorato”. Questo “è uno dei pochi Paesi che propone la cultura in prima serata, aggiunge. Qui funziona, il pubblico italiano è diverso e il servizio pubblico è uno specchio di quello che c’è dall’altra parte dello schermo. È importante non lasciare quel pubblico da solo». Il premio «è un impulso ad andare avanti. Io non cerco ascolti, cerco di far arrivare una cultura che appartiene a tutti. Perché conoscendo tu proteggi, conclude, e questo è molto importante per il nostro futuro”.

Nicola Massaro

Chi sceglie l’unione civile

Nel 2016, in Italia, quando è stata introdotta le legge sulle unioni civili, due terzi delle registrazioni sono state fra uomini, ma col tempo le disparità si vanno attenuando quando aumentano i diritti garantiti.

In Italia esiste un divario fra le coppie omosessuali e gay e lesbiche che non si avvalgono nella stessa misura dei diritti che le nuove leggi riconoscono.

Secondo l’Istat due terzi delle unioni civili registrate nel 2016 sono fra uomini e Bologna è il comune in cui tali unioni risultano le più numerose.

Le unioni fra due donne non hanno raggiunto, negli ultimi due anni, il 30 per cento. Tale differenza dipende da molti fattori, come ad esempio il minor numero di lesbiche presenti nella popolazione italiana e in quella di molti paesi occidentali. In altri termini, per un fattore culturale sono più numerosi gli uomini a dichiararsi non eterosessuali e/o bisessuali. Questo non vale solo per l’Italia, ma per tutti i Paesi per i quali abbiamo dati (tabella 1), anche se la distanza fra gli uni e le altre sta diminuendo.

 

Cattura

 

Numerosi sono i Paesi che da tempo hanno legiferato in favore delle unioni civili con leggi che riconoscevano alle coppie omosessuali una parte dei diritti e degli obblighi del matrimonio. Il primo Paese è stato la Danimarca(1989), a seguire si trovano Norvegia, Svezia, Olanda, Belgio, Francia e altri. All’inizio la quota di unioni civili costituite da donne è stata molto più bassa di quella che si è avuta in Italia, con il 19% in Danimarca nel 1989 e il 26% nei quattro anni dopo in Norvegia e poi in Svezia(1995). Anche nei Paesi nei quali la legge sulle unioni civili è stata approvata alcuni anni dopo, il divario di genere iniziale era significativo. Nel 1999, in Francia, la quota delle coppie di lesbiche è stata il 34 per cento delle unioni e medesimo nel Regno Unito, (2005), mentre in Svizzera(2007), è risultata al 29%.

Danilo Turco

Mare Monstrum Mare Nostrum, non solo immigrazione

Appare impresa ardua, almeno un’operazione complicata, riuscire a inquadrare in un contesto verosimile il tema dell’immigrazione nel nostro Paese, riferito agli sbarchi marittimi ripetutisi negli ultimi anni nel canale di Sicilia con l’orribile, non meglio quantificata strage di morti annegati, molti dei quali rimasti nei flutti del Mediterraneo.

La percezione di un fenomeno grave, amplificata da un’incessante mole di notizie quotidiane, supera notevolmente la conoscenza delle cause che sono all’origine di questo dramma epocale, soprattutto delle storie degli esseri umani coinvolti, in gran parte vittime di condotte spietate perpetrate da altri esseri umani non sempre stranieri, non sempre lontani dai nostri luoghi quotidiani, dai nostri costumi, dalla nostra cultura.

Tocca ancora al lavoro di alcuni giornalisti di approfondimento, autori d’inchieste, inviati e contaminati nei luoghi consumati dai migranti, nei teatri della sofferenza, in mezzo al mare o sulle banchine di approdo, nei centri di accoglienza (o detenzione), raccontare visioni diverse dalle nostre, documenti non sempre fruibili a un’opinione pubblica sempre più spaventata o infastidita.

Risponde a queste domande, dando una chiave di lettura utile per le vicende che si susseguono in questi giorni, il saggio di Cristina Giudici, Mare Monstrum Mare Nostrum, dato alle stampe nel luglio del 2015 per i caratteri di UTET edizioni.  Nonostante siano trascorsi tre anni dalla sua uscita, il testo si rivela uno strumento essenziale in un’interpretazione laica che esplora lati oscuri del fenomeno condividendo lunghissime giornate di vita e lavoro con alcuni protagonisti impegnati da lustri nel contrasto all’immigrazione clandestina e al vasto indotto di criminalità a esso collegato.

Nei dieci capitoli del volume la Giudici svela una realtà complessa e aggrovigliata che evolve prima e dopo le più note scene drammatiche proposte dai media circa le disperate traversate marittime, i salvataggi effettuati in mare dagli uomini della Guardia Costiera, gli sbarchi sulla terraferma nei bivacchi delle banchine dei porti siciliani. Visioni apparentemente tutte uguali con i convogli di materiale umano riversati a Lampedusa o Pozzallo, Porto Empedocle, Augusta o Catania.

Il reportage della Giudici, redattrice del Foglio, già vincitrice del Premio Maria Grazia Cutuli nel 2005 (con L’Italia di Allah – Bruno Mondadori), vive nell’ingaggio durato alcune settimane in una particolare squadra operativa, coordinata dalla Procura di Siracusa.  In particolare con il sostituto commissario della Polizia di Stato Carlo Parini, responsabile del Gruppo interforze di contrasto all’immigrazione clandestina noto come GICIC. Nello straordinario pool, unico in Italia nel suo genere, oltre a diversi uomini appartenenti a più corpi militari operativi (inclusi guardia di finanza e guardia costiera) vi partecipano alcuni immigrati impegnati soprattutto in incarichi di traduzione e relazioni con i profughi tratti in salvo.

Nell’attività primaria di caccia agli scafisti e al contrasto delle organizzazioni criminali radicate sulle coste africane, colluse con le mafie nostrane, emerge il profilo più prezioso, il marocchino Aziz, brillante “detective kebabbaro”.  Avanza una fitta trama d’investigazioni e indagini giudiziarie che superano i confini nazionali e seguono le vie improbabili di personaggi senza scrupoli che alimentano il traffico di umani, in scenari orribili di guerra e inciviltà. Le tele ricostruite dal lavoro dell’autrice impegnata a braccare la “strana coppia”  (Parini – Aziz) dalle non comuni doti umane e di resistenza al logorio fisico, sprezzante per il pericolo, in tante operazioni estreme, consegna un quadro inedito dove emergono soprattutto le doti legate a singole espressioni d’impegno personale e dedizione. Personalità forti dai caratteri non sempre concilianti che muovono iniziative dove il perimetro legale e istituzionale non sempre può coprire decisioni rapide legate al buon senso dell’obiettivo comune.

Testimonianze che confermano l’essenza di determinati risultati dipendenti dalla particolare competenza di uomini che rimangono unici, talvolta isolati nel loro lavoro in ogni caso decisivo. Così Carlo Parini, senza apparire l’eroe fra mondi contrapposti, può risultare valoroso alle sue strutture gerarchiche come un don Andrea Gallo a Genova risultava tale alle gerarchie porporate. Di qui si comprende l’unicità del “modello Siracusa” come in ambiti analoghi è unico il “modello Riace” di Mimmo Lucano (https://www.networknews24.it/2017/10/28/mimi-capatosta-lutopia-della-normalita/).

Il prezioso contributo della Giudici (ispiratrice di un nuovo progetto di ampio respiro dedicato a una corretta presa di coscienza delle migrazioni contemporanee – https://radici.online/) conferma come l’impegno quotidiano di tutte le risorse istituzionali in campo (decisivi i contributi e le aperture delle Procure di Catania e Siracusa con i relativi responsabili) debba essere esplorato e diffuso secondo corrette e opportune coordinate evitando scorciatoie strumentali che aumentano fatalmente le discriminazioni sociali e culturali non solo nel nostro Paese.

Luigi Coppola

 

La rivincita del cuore

“La rivincita del cuore. Attesa, dolore e gioie, fra testimonianze e racconti”, pubblicato da Homo Scrivens, è nato dall’esperienza e testimonianza di Umberto Mormile, malato di SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), scomparso da tempo.

Non si poteva più muovere ma la sua voglia di comunicare ed esprimersi era ancora più forte di prima, da questa forte volontà sono nate molte delle pagine di questo volume curato da Emilia Ferrara e che porta in copertina un cuore pieno di nomi su fondo azzurro.

“Sono cosciente di non saper scrivere, non mi sento affatto uno scrittore. Scrivo solo – queste le parole di Umberto Mormile – perché mi fa star bene, anche perché non sapendo fare musica e non riuscendo a dipingere, mi diletto a scrivere con la speranza di trasmettere qualche emozione. Se così fosse, mi sentirei davvero un fortunato”.

Nell’intervento di Adele Ferrara “L’amore e la resistenza nonostante la SLA” si sente tutta la forza della vita nelle sue vibranti parole “la nostra malattia abbandona la zona buia per farsi luce. Pensiamo ai nostri affetti, ai nostri studi, alla nostra cultura, alle esperienze di lavoro fatte, e ci rendiamo conto che possiamo essere utili agli altri compagni di avventura che non hanno la possibilità di farsi valere”.

Nella prefazione Eduardo Savarese parla della malattia e di come possa diventare fonte di luce. “I temi scelti per i racconti presenti in questa raccolta, nella loro varietà e nelle molteplici sfumature con le quali vengono declinati, costituiscono l’evidenza luminosa e, forse, ovvia del fatto che la condizione del malato diviene una forma di vita” e aggiunge “la vita trascorre lungo un fiume di accadimenti molto simili per ciascun essere umano: l’amore, l’amicizia, la solitudine, la paura, la speranza, la resistenza, il combattimento…” e tutti questi sentimenti e sensazioni li ritroviamo nelle pagine di questo coinvolgente libro che ci porta a riflettere sulla condizione dell’uomo, sulla sua fragilità, ma allo stesso tempo sulla sua forza di andare oltre il dolore.

Racconti, quelli raccolti in questo elegante volume, che reinventano la vita. Una reinvenzione, che per Savarese, è doppia “perché il punto di partenza e il terminale di arrivo hanno a che fare con la sfida di chi ha immaginato di nuovo la sua vita, per resistere al male e realizzare con ogni sforzo la propria insostituibile pienezza esistenziale”.

Emilia Ferrara racconta, nella sua introduzione, la nascita del libro e come si è arrivati poi alla pubblicazione inserendo anche altri racconti e quattro poesie.

Ne ricordiamo solo una per il legame affettivo che con la nostra Redazione aveva l’Autore, prematuramente e tragicamente scomparso, Alessandro Selvaggio.  Un terribile 18 ottobre del 2015 Alessandro ha lasciato un vuoto incolmabile in tutti coloro che lo hanno conosciuto. Lo avevamo subito ricordato pubblicando su www.napolie.it la sua poesia e un pensiero che ci piace riproporre:

“Alessandro non c’è l’ha fatta.  Il giovane ventenne, studente universitario di psicologia, amante della poesia,  pieno di vita e di speranze, ci ha purtroppo lasciato.

Avevamo appena incominciato a conoscerlo e a volergli bene. Sensibile e intelligente studiava e lavorava, come fanno molti giovani. Amava la cultura e, con la timidezza ma anche con la voglia di essere protagonista positivo di un percorso di crescita, si faceva coinvolgere con grande entusiasmo in iniziative ed eventi.  Ci piace ricordarlo con alcuni versi della sua poesia “Emozioni di un preludio”.

Se guardi avanti, ci sono delle sottili linee di luce

che si riflettono nell’acqua scura.

E dei fari in lontananza, che illuminano fiocamente l’orizzonte buio.

Dei fari che rappresentano il mistero, di una terra e di un mondo,

ancora tutto da scoprire”.

 

Il ricavato della vendita  dell’antologia sarà devoluto all’associazione AISLA onlus (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica ) sezione di Napoli.

Salvatore Adinolfi

Rapporto UNICEF: necessaria vitamina A per oltre 140 milioni di bambini

Un rapporto, quello recentemente prodotto dall’UNICEF, che evidenzia la tragica situazione di oltre 140 milioni di bambini che sono maggiormente a rischio di contrarre malattie, perdere l’udito, diventare ciechi e rischiano di morire se non verrà somministrata sufficiente vitamina A.
Secondo il rapporto basterebbero solo due dosi di vitamina A all’anno per salvarli. Oltretutto l’intervento è a basso costo, ma la copertura economica per sostenerlo si è ridotta già nel 2016.
SI tratta di una vitamina, quella A, che serve a rafforzare il sistema immunitario e proteggere i bambini da malattie che possono essere potenzialmente letali (morbillo, diarrea).
La situazione evidenziata dal rapporto mette allo scoperto che sono ben 26 i paesi con i più alti tassi di mortalità infantile. Proprio in questi paesi dove sarebbe urgente e necessaria la somministrazione della vitamina A ben 61 milioni di bambini non hanno avuto gli integratori. Un numero che risulta nel 2016 triplo rispetto all’anno precedente.
“Il futuro di questo intervento a basso costo e ad alto impatto è in bilico, e con esso la sopravvivenza, la salute e lo sviluppo dei bambini più vulnerabili”, ha dichiarato Victor Aguayo, responsabile del programma globale di nutrizione dell’UNICEF. “Questo grave declino rappresenta una situazione senza precedenti e un motivo di allarme, in quanto rischia di compromettere decenni di progressi”.
Nel rapporto, l’UNICEF raccomanda di migliorare la copertura con una serie di interventi: maggiore impegno da parte dei governi nazionali e dei loro partner per lo sviluppo per raggiungere ogni bambino con una dose di vitamina A, due volte; costruire sistemi più forti in modo che i servizi sanitari, compresi gli integratori di vitamina A, siano forniti regolarmente ed equamente; raccogliere e condividere conoscenze sui modi per somministrare integratori di vitamina A, attraverso vaccinazioni di routine e altri servizi di routine per i bambini. Infine monitorare ogni bambino, attraverso un migliore uso delle tessere e dei libretti sanitari per sapere quali bambini ricevono due integratori di vitamina A all’anno per una protezione completa.
Il rapporto chiede anche “una alimentazione integrata per i bambini e di aumentare il sostegno all’allattamento al seno nei primi due anni” e allo stesso tempo, rileva che “fino a quando i bambini non avranno accesso ad una dieta nutriente e sicura che li protegga dalla carenza di vitamina A, i programmi di integrazione della vitamina A rimarranno essenziali in molti paesi”.
Alessandra Desideri

Il ritorno agli Atenei, cresce il numero degli studenti universitari

Rispetto all’anno accademico 2016/2017, per questo appena trascorso il numero degli iscritti è salito ancora, quasi 12mila matricole in più in tutta Italia. Un trend positivo, questo, che si ripete ormai da quattro anni; uno dei pochi in realtà.

Dagli anni Duemila, questa, per le immatricolazioni universitarie è l’annata migliore. Tra esperti del settore e rettori, tutti sono concordi nel dire che si è tornati a vedere quota 300mila nuovi iscritti nel 2018. Ciò vuol dire che anche per l’università la grande crisi 2008-2014 ha smesso di mordere.

La crescita è abbastanza omogenea in tutto il Paese e questo rappresenta un plusvalore, soprattutto se si considera, dati ufficiali del Miur alla mano, che di 44 atenei che crescono, 14 si trovano al Sud.

L’Università di Ferrara guida la fila, raddoppiando gli iscritti da 3mila a 7mila, grazie all’abolizione del numero chiuso in buona parte dei dipartimenti; segue l’Università dell’Insurbia (Como e Varese), mentre i successivi, terzo e quarto posto di questa classifica, spettano agli Atenei di Messina e Catanzaro. Va registrata una crisi nel Centro Italia, area geograficamente limitata ma con molte università a risultati negativi. Agli Atenei messi in seria difficoltà dai terremoti, L’Aquila e Macerata, si aggiungono le difficoltà di prestigiose università laziali quali La Sapienza, Tor Vergata, con il rettore sotto processo per tentata concussione ed istigazione alla corruzione, la Tuscia nel Viterbese e l’Università di Roma foro Italico.

Pure l’Alma Mater di Bologna non sembra brillare in questa indagine, pagando un calo delle immatricolazioni per aver introdotto il numero chiuso in alcuni dipartimenti molto popolari, come Scienze Politiche. Mentre la Federico II di Napoli vive una ritrovata fiducia dei suoi studenti, attraendone molti sia dentro che fuori regione.

Intervistato sull’argomento, il rettore della virtuosa Università di Ferrara, Giorgio Zauli, ha parlato dell’abolizione del numero chiuso per i corsi di laurea a livello locale come di una battaglia culturale: “facciamo male al Paese se impediamo ai giovani di seguire le proprie inclinazioni. Tra l’altro c’è bisogno di più laureati, non il contrario. Come per Medicina: tra 10 anni mancheranno 110mila medici in Italia. Mantenere il numero chiuso a livello nazionale non ha senso”.

I paletti sono come sempre stretti, il sottofinanziamento degli Atenei e della ricerca all’interno di essi è un dato reale, tuttavia la tendenza positiva che mostra questa indagine non è da sottovalutare. Significa, anche, che nell’ultimo quadriennio positivo per le immatricolazioni, sono stati recuperati all’istruzione superiore decine di migliaia di diplomati; e questa è certamente un’ottima notizia.

Rossella Marchese

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