La moda come protagonista del Natale 2021

La  moda è stata la protagonista di questo Natale; il settore dell’abbigliamento, secondo le indagini Ebay di Nielsen, è stato la tipologia di acquisti più amato dal 64% degli italiani in questo periodo dell’anno e in particolare in questo Natale 2021. In totale, secondo gli studi, sarebbero circa 1.000 gli adulti di età compresa tra i 18 e i 65 anni ad aver acquistato maggior numero di doni per Natale effettuando, in complesso, una spesa media di 300 euro a persona. I prodotti più richiesti, sempre nel settore del fashion, oltre ai capi d’abbigliamento  e fino ad oggi, sono anche i prodotti di cosmetica e profumeria (acquistato da donne dai 45-54 anni), seguito da prodotti per casa e arredamento. Gli uomini e i giovani, secondo gli studi, quest’anno hanno preferito i prodotti tech, quelli per il collezionismo e per gli hobby. Riguardo gli acquisti online, invece, il numero maggiore di coloro che hanno preferito questo metodo sono stati i genitori e i giovani che hanno poco tempo a disposizione.

La maggior parte delle persone, secondo gli esiti delle interviste, ha riservato un budget per i regali che varia dai 100 e i 300 euro, pochi sono stati coloro che avevano intenzione di spendere 400 o 500 euro per Natale e ancora di meno il numero di persone disposte a spendere cifre maggiori. È interessante, anche, conoscere l’atteggiamento che assume l’italiano nel momento delle compere per il Natale; ci sono state persone che hanno preferito vivere  intensamente l’adrenalina,  dunque fare spese per i cari il giorno della vigilia di Natale,  e ci sono state persone, invece, che hanno atteso con ansia l’arrivo del Natale e si sono precipitate ad acquistare i regali per i familiari sin dalla metà del mese di ottobre. Ognuno vive lo spirito del Natale a modo proprio, ma nessuno rinuncerebbe all’emozione di trovare almeno un dono sotto l’albero, soprattutto i bambini che hanno atteso con impazienza l’arrivo di Babbo Natale. Questo dicembre, tutti gli alberi di Natale situati all’interno delle gallerie delle grandi città, al centro delle piazze, nei centri commerciali, sono stati stracolmi di lettere scritte dai bambini per chiedere i doni a Santa Claus. Malgrado abbiamo vissuto e  ancora viviamo un momento difficile a causa del Covid19, che rende tutti un po’ più tristi e malinconici, una sorpresa sotto l’albero è stata un buon pretesto per portare allegria e un sorriso in ogni famiglia.

Alessandra Federico

Una passione per tutti: la fotografia

L’origine della fotografia, da dove deriva il nome, il fotografo che salvò la vita di Kim Phuc, la bambina sopravvissuta alla guerra in Vietnam.

La visione della vita per l’uomo cambiava quando, dalla metà del 1800, iniziavano le scoperte tecnologiche tra cui l’invenzione della fotografia; il Dagherrotipo, nel 1839, realizzato dal francese Louis Jacques Mandé Daguerre, fu il primo aggeggio per lo sviluppo di immagini, anche se questo strumento non era capace di riprodurle. Si trattava di una scatola di legno all’interno della quale si trovava una fessura per la lastra di rame e un obiettivo in vetro e ottone  che, esposta ai vapori dello iodio, e grazie soprattutto all’effetto della luce, (la luce alterava le sostanze utilizzate e passando attraverso il foro proiettava l’immagine), doveva stare posizionata per diversi minuti davanti al soggetto che si voleva riprendere. Una volta ottenuta l’immagine riprodotta si lavava in sale marino e nel mercurio per eliminare i residui di ioduro. Il tutto doveva obbligatoriamente avvenire in una camera oscura. Si scoprì, però, che l’utilizzo di vapori di mercurio rendeva la produzione di Dagherrotipi un procedimento che avrebbe poi, col tempo, recato danni alla salute di chi la utilizzava.

La luce ha avuto un’influenza notevole nella scoperta della fotografia e infatti “Scrittura di luce” è il vero significato della parola fotografia. Luce e grafia sono due parole greche che unite hanno dato vita a questo termine. Il primo apparecchio fotografico italiano fu prodotto l’8 ottobre del 1839 a Torino da Enrico Federico Jest assieme al figlio Carlo Alessandro e Antonio Risetti. Con l’invenzione della Calotipia ci fu la vera innovazione  per quanto riguarda lo sviluppo di immagini riproducibili con la tecnica del positivo/negativo che, a differenza del Dagherrotipo, dava la possibilità di riprodurre diverse copie di un’immagine. Questo metodo era più pratico ed economico perché permetteva di realizzare un diverso numero di macchine di dimensione piccola fino ad arrivare alla prima compatta della Kodak.

Arte e fotografia

Anche l’arte si univa finalmente alla fotografia: Nadar è  stato il primo fotografo artista che riusciva ad unire l’arte fotografica con la pittura. Era un vignettista e le sue caricature erano su tutti i giornali importanti dell’epoca e non solo,  i suoi lavori artistici e le sue fotografie le aveva racchiuse tutte all’interno del suo studio dove, nel 1874, ci fu la prima mostra degli impressionisti. La passione per l’arte e la fotografia, per Nadar, cresceva sempre di più e decise quindi di comprare uno dei primi aerostati per fotografare Parigi dall’alto. Ancora, fotografava personaggi importanti come politici, artisti e attori. Ma la storia della fotografia non termina qui: la verità è che nel 1813 Niépce studiava i perfezionamenti alle tecniche litografiche e insieme al fratello Claude iniziò a studiare la sensibilità alla luce del cloruro d’argento fino ad ottenere la sua prima immagine fotografica nel 1816. Ma andiamo ancora indietro nel tempo: il filosofo Aristotele riuscì già a notare che la luce, passando attraverso un piccolo foro, era in grado di proiettare un’immagine circolare e nel 1039; lo studioso arabo Alhazen Ibn Al- Haitham, definì camera oscura la scatola dove all’interno la luce che attraversava il foro riproduceva l’immagine. Oculus Artificialis, (la celebre camera oscura leonardiana) così le diede il nome Leonardo da Vinci dopo aver studiato la riflessione della luce sulle superfici sferiche nel 1515. Si può dedurre, dunque, che il metodo per riprodurre un’immagine sia stato scoperto molto tempo fa, ma che solo dopo diversi studi durati diversi anni si sia riuscito ad ottenere un’autentica fotografia. Ad oggi si crede che la fotografia sia solo un metodo per immortalare i momenti belli della nostra vita. La storia ci insegna che è da sempre stata uno strumento per raccontare, per rivelare, per mandare informazioni; e infatti, grazie alla fotografia, il fotografo Nick Ut salvò la vita a Kim durante la guerra in Vietnam.

La storia della bambina sopravvissuto alla guerra in Vietnam

“Quando si fotografano persone a colori si fotografano i loro vestiti. Quando si fotografano persone in bianco e nero si fotografano le loro anime”. Ted Grant

Era proprio questo l’intento di Nick mentre fotografava la piccola Kim; tutto il resto attorno non c’era più, anche il boato insopportabile delle bombe era diventato inesistente,  per Nick c’era solo il volto disperato della bambina che, con il corpo ricoperto da un ustione di primo grado, scappava, urlava e piangeva.  Per Nick c’era solo la voglia di fotografare l’anima di Kim, per raccontare la sua sofferenza, per dare voce a chi come lei vive uno strazio simile.

La fotografia ha salvato la vita di Kim. Kim Phuc era una bambina di soli 9 anni che ha vissuto la guerra in Vietnam. Si era rifugiata in un tempio con la sua famiglia quando, nel 1972, Trang Bang, un villaggio occupato dai nordvietnamiti viene attaccato da un aereo militare sudvietnamita che per errore lancia bombe al napalm (sostanza acida e infiammabile) sui civili sudvietnamiti.  I vestiti di Kim vengono completamente e istantaneamente disintegrati e il corpo gravemente ustionato. Presa dal dolore fisico, dallo spavento, dallo strazio, Kim, suo fratello e i loro cugini corrono più veloce che possono per trovare aiuto e rifugio. Durante la strada viene immortalata nella fotografia di Nick Ut (fotografo Associated Press) che  decide subito di portare la piccola in ospedale insistendo per far si che fosse trasferita in un ospedale americano dove le avrebbero dato le giuste cure e dove resterà poi per quattordici mesi in seguito a diverse operazioni.

Oggi Kim ha cinquantotto anni, vive in Canada con suo marito ed è madre di due bambini.  Da molti anni è guida di una fondazione “Kim Phuc Foundation”  che aiuta i bambini in situazioni di guerra fornendo loro assistenza medica e psicologica. Sebbene la vita per Kim non sia stata facile, malgrado le situazioni di terrore e le angosce che ha dovuto assorbire e che le hanno inevitabilmente lasciato un segno indelebile, ha trovato l’energia e l’audacia di non demordere e di soccorrere e sostenere coloro che hanno avuto un trascorso arduo, esattamente come l’ha vissuto. Esattamente con la stessa forza che  Kim bambina trovò per correre più forte che poteva.

Alessandra Federico

Napoli: Operazione Napoli Città Pulita aiuta i senza tetto e fa rifiorire la città

Questa volta, l’obiettivo di “Operazione Napoli città pulita”, progetto nato grazie all’associazione Comitato italiano per la Tutela della Salute, con l’intento di far riemergere la città di Napoli in collaborazione con altre associazioni, è quello di aiutare i senza fissa dimora a trovare un caldo alloggio e una seria assistenza, magari prima delle feste natalizie.

Lo strumento principale del progetto è come in altre occasioni la fotografia sociale come strumento di segnalazione e di risveglio delle coscienze. Tanti sono gli edifici pubblici o privati che potrebbero offrire loro ospitalità, eppure molti si limitano a portare del cibo freddo o delle coperte. Non sono pochi i senza tetto che muoiono per il freddo, per questo motivo, Operazione Napoli città pulita, si preoccuperà di chiedere a tutti i rappresentanti delle istituzioni di intervenire urgentemente secondo le loro competenze. I media potrebbero essere di grande aiuto, se, attraverso i loro servizi giornalistici, parlassero di più delle condizioni attuali di queste persone e della città, usufruendo di tante informazioni che anche il CITS potrebbe fornire. Solo il sindaco di Napoli, con una ordinanza agli uffici della polizia Municipale, però può far si che si possa finalmente eliminare questa situazione di disagio sia per la città che per i senza tetto, offrendogli una nuova quanto meritevole vita.

Gli organizzatori del progetto, però, hanno ritenuto opportuno premettere una cosa fondamentale: l’intenzione non è quella di mandar via i senza tetto abbandonandoli  e peggiorando la loro condizione di vita, al contrario, l’obiettivo prevede innanzitutto, di metterli in salvo da tutto ciò che di brutto potrebbe capitare loro (perche vivendo e, soprattutto, passando la notte sulle panchine, marciapiedi , strade della città corrono il rischio di prendere malattie gravi o addirittura di morire di freddo) e quindi, offrire loro una dignitosa vita alla pari di qualsiasi altra persona che ha il diritto di avere un tetto sulla testa, del cibo sano ogni giorno e assistenza psicologica.

Perché queste persone arrivano a vivere in queste condizioni?

A proposito di assistenza psicologica, è quasi raccapricciante sentire frasi del tipo: “è stata una loro scelta quella di vivere così”. Ed è proprio quando la scelta è personale che la faccenda diventa più chiara di quanto sembri: queste persone hanno bisogno anche di un sostegno psicologico, spirituale, vanno supportate proprio perché alcuni di loro potrebbero anche soffrire di disturbi mentali legati anche a una forte depressione dovuta a gravi perdite come familiari o traumi non risolti. Sono persone che hanno un vissuto difficile. Dunque, sono tanti e tutti diversi i motivi per i quali ognuno di loro finisce per condurre questo tipo di vita. Si lasciano andare, si abbandonano. È una condizione critica sulla quale nessuno dovrebbe scherzare e nessuno dovrebbe denigrarli. Non  diventa difficile, a questo punto, immaginare a quante persone sarà capitato, purtroppo, di assistere a scene poco piacevoli come quella di un passante che aggredisce un senza tetto perché  “deve andare via perché c’è troppa puzza a causa loro”. Una domanda sorge allora immediata alla mente di chi è dotato di una maggiore empatia: perché alcune persone sono cosi prepotenti, come si fa a non possedere alcuna coscienza, a vivere senza alcun minimo di senso di umanità, di emotività, di sensibilità? Basterebbe che pensassero, anche per un istante solo, se al posto di quel barbone ci fosse un loro fratello, il padre o anche un amico, sarebbe sufficiente per smettere di assumere comportamenti ripugnanti e, principalmente, per concepire che si tratta di persone che soffrono e che vanno assistite sotto ogni punto di vista compreso quello psicologico. Il primo passo per porgere loro il nostro aiuto è proprio quello di non aggredirli, ma rivolgerci a qualcuno che ha i requisiti giusti per cambiare la situazione. Assalirli in modo violento non è di certo la strada più giusta per risolvere le cose. Si può serenamente trovare una soluzione per non recare danni alla città e per non  aggravare ancora di più la loro vita già difficile di per sé.

Ed è proprio per questo che, i partecipanti di “Operazione Napoli città pulita”, intendono impegnarsi al massimo per raggiungere grandi risultati al fine di poter vivere in una città migliore lavorando, prima di tutto, sul piano umanitario. In sostanza, lo scopo del progetto è soprattutto quello di mettere in salvo queste persone e ottenere, poi, le strade più pulite. Il messaggio che vogliono trasmettere, tramite questa iniziativa i rappresentanti del progetto, non può essere equivocata: “vogliamo una città più pulita, più ordinata, di certo non abbandonando i senza tetto, ma, da come si può ben capire, il nostro primo obiettivo è quello di aiutarli. Inoltre, ci impegneremo anche per ottenere un atteggiamento corretto da parte del cittadino per far sì che quest’ultimo ami e rispetti la sua città e il nostro programma sarà molto più proficuo di quanto si immagina; abbiamo diverse proposte per far rinascere Napoli, come ad esempio quello del vuoto a buon rendere e tanti altri ancora in programmazione”.

Alessandra Federico

Vuoto a buon rendere: il giusto metodo per il riciclo

Come funziona, la differenza tra vuoto a perdere e vuoto a buon rendere, quali sono i vantaggi e quali imprese hanno aderito al progetto.

Il progetto vuoto a rendere nasce con l’intento di migliorare l’ambiente eliminando l’inquinamento di una percentuale la più alta possibile: la somma dei rifiuti si è ridotta del 96% mentre per vetro e plastica dell’80%.  Ma in che consiste il vuoto a buon rendere?

Il vuoto a buon rendere consiste nel restituire, dopo aver pagato una cauzione nel momento dell’acquisto che viene resa dopo la restituzione del contenitore,  una volta vuoto,  il contenitore al fornitore in modo da poter essere riutilizzato. Il progetto include sia bottiglie di vetro (40 riutilizzi) che in plastica (20 utilizzi),  tale riutilizzo comporta anche un risparmio energetico del 76,91% (le bottiglie per il vuoto a rendere sono più doppie per poterle riutilizzare più volte).

Al contrario del progetto vuoto a perdere, invece, che consiste nel gettare il contenitore anziché restituirli (usa e getta) contenitori non riutilizzabili eccetto quello contenente la nutella che solitamente viene usufruito come bicchiere o per tante altre funzioni. Inoltre, il vuoto a perdere, comporta un maggior consumo di energia e inquinamento: l’Ufficio federale dell’ambiente della Germania, dopo diversi studi, afferma che i vuoti  a rendere sono meno inquinanti. Soprattutto  per questioni politiche, ecologiche ed economiche il vuoto a buon rendere è considerato migliore del vuoto a perdere. Difatti, un’ordinanza tedesca del 1991 prevede che il 72% dei contenitori siano vuoti a rendere. Secondo quanto previsto dal DM 3 luglio 2017, nell’ottobre dello stesso anno, i venditori possono procedere all’iniziativa del vuoto a rendere. In Italia dal 2005 il vuoto a rendere copriva meno del 50%. Ogni italiano consuma 224 litri  all’anno, l’equivalente di undici miliardi di bottiglie (369,9 mila tonnellate di plastica all’anno ovvero 5,87 milioni di barili di petrolio in un anno) di cui solo il 15% va riciclato ma l’84% è in plastica e finisce  disperso nell’ambiente (la maggior parte in mare trasformandosi in microplastiche, mangiate poi dai pesci). Grazie al vuoto a rendere i camion che trasportano le bottiglie percorreranno migliaia di km in meno e non solo, i passaggi per il riutilizzo della bottiglia saranno la metà:  passa da casa nostra al deposito e poi al produttore che la sterilizza e riusa.  Con il vuoto a perdere, invece, i passaggi sono ben quattro: una volta gettata la bottiglia nella campana riciclo viene ritirata dal camion che la porta al centro racconta dove un altro camion si occupa di farla giungere all’impianto di frantumazione. Ancora, un altro camion parte verso la vetreria per la fusione in un forno a 1.400 gradi. La bottiglia nuova, trasportata ancora da un altro camion, torna al produttore per l’imbottigliamento. Basterebbe costruire un impianto di lavaggio vicino alla fonte anziché pagare la bottiglia nuova ogni volta; con il vuoto a buon rendere si riducono anche i costi di produzione: meno consumo di petrolio e meno emissioni di CO2.

Inoltre, è importante acquistare l’acqua in vetro non solo per il vuoto a rendere  (perché questo tipo di vetro viene sempre completamente riciclato e il 10 su 16% di bottiglie d’acqua sono in vetro) ma anche perché la plastica delle bottiglie esposta al sole rischia di danneggiare l’acqua e quindi è dannosa per il nostro organismo.

Anche la birra Ichnusa rilancia il vuoto a rendere

“Ogni bottiglia restituita, è una bottiglia che non viene abbandonata. Riuso, impegno e rispetto. Tre parole chiave che rappresentano il circolo virtuoso del vuoto a rendere.  Questa pratica che altrove è andata persa, in Sardegna resiste ancora ed è una tradizione consolidata e virtuosa. Le bottiglie così sono riutilizzate anche per vent’anni. Hanno una storia e danno un messaggio importante: il rispetto verso l’ambiente” – afferma il proprietario dell’azienda della birra sarda.

Il vuoto a buon rendere della birra Ichnusa lancia la nuova linea green di bottiglie. “Rispetto, riuso e impegno” è questo il motto che utilizza l’Ichnusa per il vuoto a rendere e sarà questa la scritta che troveremo sull’etichetta della nuova bottiglia della birra, oltre alla particolare novità del tappo verde. Grazie al progetto “vuoto a buon rendere” si potrà riutilizzare la stessa bottiglia per circa vent’anni:  il nuovo impianto di produzione permetterà allo storico birrificio sardo di ridurre il numero di vetro utilizzato.

La birra Peroni adotta il metodo vuoto a rendere

Anche la birra Peroni si tinge di verde per aderire all’idea del vuoto a rendere. La sua originalità, però, è  l’icona del riciclo che troviamo sulla grafica dell’etichetta accompagnato dalla scritta “Buona per noi e per l’ambiente, vuoto a rendere” come simboli universali di solidarietà.

In verità, la birra Peroni, si occupa di realizzare bottiglie per il vuoto a rendere sin dal 1846. “Birra Peroni è da sempre impegnata per la salvaguardia dell’ambiente. L’impegno che vogliamo trasmettere ai nostri consumatori con questo particolare formato. Pensare che quella bottiglia avrà ancora una lunga vita e non verrà smaltita in quel momento è una cosa incoraggiante, un segno di rispetto per l’ambiente e il territorio in cui viviamo, un progetto che abbiamo deciso di portare avanti con orgoglio e che siamo sicuri possa essere un piccolo ma concreto aiuto alla sostenibilità ambientale. Si tratta solo di acquisire una nuova abitudine, utile prima di tutto a noi stessi”,  dichiara Marina Manfredi, Marketing Manager Peroni Line.

Anche la birra Forst Kronen parteciperà al vuoto a rendere

Come la Peroni e l’Ichnusa, anche la Forst Kronen adotterà il metodo di vuoto a buon rendere. Dal tappo verde, la bottiglia Forst, sarà più spessa e resistenze per poterla riutilizzare.

Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologia, per evitare distorsioni di mercato, entro la fine dell’anno dovrà incontrare i direttori delle imprese che vogliono partecipare al vuoto a buon rendere e dovrà dare il regolamento applicativo, obiettivi da raggiungere, gli incentivi economici per le aziende, entità della cauzione, quale sarà la prassi per il venditore e per il consumatore.

Dal 3 luglio è entrata in vigore “la direttiva antiplastica” (una direttiva europea antiplastica vuole limitare l’usa e getta di piatti, posate e tutti i prodotti di plastica.).

Alessandra Federico

Protagonisti l’amore e le stelle per il romanzo di esordio di Cosimo Clemente

“La stanza delle stelle” edito da Bookabook è il romanzo di esordio di Cosimo Clemente. Ne parliamo con l’Autore.

Bancario, creativo, scrittore, sindacalista, come si conciliano nella sua vita queste quattro realtà? 

La creatività, caratteristica che mi ha sempre contraddistinto sin da bambino e che per anni è sembrata fonte di “distrazione” da cose apparentemente più importanti, è diventata oggi la mia dote migliore e attraversa trasversalmente tutto ciò di cui mi occupo per lavoro e passione; è la chiave per trovare nuove soluzioni e migliorare.

Com’è nata l’idea di questo suo primo romanzo?

L’idea è nata anni fa, durante il periodo di riadattamento alla vita di sempre in Italia, dopo un intenso periodo di vita all’estero denso di emozioni e nuove esperienze. Per superare il cambiamento ho iniziato a scrivere e in qualche modo raccontare a me stesso ciò che avevo vissuto. Poi un giorno mi sono accorto che la storia poteva diventare un romanzo da condividere.

“La stanza delle stelle”, perché ha scelto questo titolo?

Il titolo “La stanza delle stelle” è stato l’ultimo passo del romanzo, cercavo un simbolo che rappresentasse tutta la storia e l’ho trovato in un luogo emblematico per la storia (di cui non posso dirvi di più), teatro dei risvolti narrativi cruciali.

Nel suo romanzo c’è qualcosa della sua vita, si può definire autobiografico?

La storia è decisamente autobiografica, alcuni personaggi e passaggi sono stati romanzati e modificati per ragioni narrative ma tutte le emozioni di cui si parla mi appartengono.

Progetti per il futuro? Sta già lavorando ad un nuovo romanzo?

Per il futuro continuerò a lavorare per la diffusione di questa opera, vorrei avere tanti lettori a cui proporre un secondo Romanzo nel quale racconterò il destino dei personaggi che hanno già conosciuto leggendo “La stanza delle stelle”.

Alessandra Federico

“Napoli è” alla Race for the Cure

“Anche quest’anno abbiamo deciso, come Associazione Culturale ‘Napoli è’ di partecipare all’iniziativa di Komen Italia per la lotta al cancro al seno – evidenzia Alessandra Desideri, giornalista e direttore del Museo dei Sedili di Napoli”.

“La prevenzione – prosegue la giornalista – è essenziale e in questi due anni caratterizzati dalla pandemia da Covid 19, purtroppo, proprio prevenzione e cura dei tumori hanno subito un fortissimo rallentamento se non un vero e proprio blocco. E’ stato stimato che le diagnosi di tumore mancate in Europa sono pari a 1 milione e la previsione dell’incremento di nuovi casi potrebbe aumentare del 21% entro il 2040. E’ chiaro da questi dati quanto sia importante cercare di ritornare al più presto ai livelli pre-Covid e recuperare quanto non è stato possibile fare in questi due tragici anni”.

Iniziative come quella di Komen Italia sono quindi fondamentali per la ricerca e per tenere alta l’attenzione sull’importanza della promozione della cultura della prevenzione.

Federica Cavenati: il mondo della moda ha perso una stella

Federica Cavenati è stata una stilista bergamasca di moda italiana. La Fashion Stylist aveva dato vita nel 2017 al marchio londinese 16Arlingston assieme a Marco Capaldo, suo compagno di vita e collega di lavoro; Federica e Marco si erano conosciuti durante il percorso di studi nella sede londinese dell’Istituto Marangoni.  La coppia viveva e lavorava a Londra.

Temeraria, sfrontata  e determinata nell’ambito della moda e, allo stesso tempo dolce, generosa e dall’animo nobile, Federica, è riuscita a divenire notevolmente influente nel campo del Fashion in età molto giovane, anche se la vita non le è stata  riconoscente per il suo altruismo e la sua vitalità: era solo lo scorso settembre quando una malattia folgorante l’ha portata via per sempre. Tuttavia, solo oggi,  in una pagina di Vogue britannico dedicata esclusivamente alla stilista, la sua famiglia ha raccontato la grande disgrazia vissuta e del grande senso di perdita e di vuoto che la giovane donna ha lasciato nel cuore di tutti.  Non potevano di certo mancare le calorose dediche da parte della sua più cara amica Lena Dunham: “Che la sua risata senza freni e il suo sconfinato appetito per la creatività non risuonino più nello studio 16Arlington è una tragica perdita per tutti coloro che hanno avuto la fortuna di incontrarla. Kikka era una luce bianca; con un’energia inconfondibile e l’amica più incoraggiante e fieramente leale”.

Una immensa disgrazia, per il mondo della moda, quello di perdere una delle più giovani e audaci stiliste: Federica è stata, nonostante la sua giovane età, capace di arrivare molto in alto nel settore del fashion raggiungendo il suo più grande sogno che rincorreva sin da bambina: diventare  una acclamata Fashion Designer. Il suo marchio, sebbene fosse stato fondato da poco nel ramo del Fashion, aveva già attirato l’attenzione di molti, soprattutto quella di personaggi noti. Difatti, grandi celebrità come Jennifer Lopez, Kendall Jenner, Lizzo, Billie Elilish, Lady Gaga e Amal Clooney hanno indossato abiti 16Arlingston.

Federica verrà ricordata per sempre per il suo spirito intraprendente,  per il suo entusiasmo e per l’amore e la sensibilità che possedeva e per il suo spirito positivo e coraggioso. Una persona che rimarrà nel cuore di tutti noi.

Alessandra Federico

Oggi alla Federico II la presentazione del volume “Brevi scritti sul’Europa”

Si terrà a Napoli, oggi alle ore 17.00, presso l’Aula Spinelli del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, via Leopoldo Rodinò n. 22, la tavola rotonda dal titolo “L’Europa vista da prospettive diverse: problematiche e possibili soluzioni”, nell’ambito della presentazione del volume “Brevi scritti sull’Europa” a cura di Umberto Aleotti e Bianca Desideri.

Convegno alla Federico II: “L’Europa vista da prospettive diverse: problematiche e possibili soluzioni”

Si terrà a Napoli, domani giovedì 28 ottobre 2021, alle ore 17.00, presso l’Aula Spinelli del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, via Leopoldo Rodinò n. 22, la tavola rotonda dal titolo “L’Europa vista da prospettive diverse: problematiche e possibili soluzioni”, nell’ambito della presentazione del volume “Brevi scritti sull’Europa” a cura di Umberto Aleotti e Bianca Desideri.

Si tratta di un momento di riflessione sul futuro dell’Unione Europea alla luce dei mutamenti socio-economici causati dalla pandemia Covid-19 e sulle conseguenze prodotte dalla Brexit. La riflessione prende spunto da un testo, Brevi scritti sull’Europa, alla cui stesura hanno partecipato docenti universitari, giornalisti, avvocati, giuristi ed esperti, che hanno voluto offrire un contributo di idee ed esperienze alla pubblicazione, edita dalla Fondazione AIMC onlus.

Introdurranno i vari interventi, i saluti del prof. Vittorio Amato, Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, e del dott. Giuseppe Desideri, Presidente della Fondazione AIMC onlus.

 Interverranno, moderati dal prof. Gianluca Luise, docente di Storia delle Istituzioni Politiche europee dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, in qualità di relatori:

l’avv. Francesco Avolio, Vicepresidente della Delegazione Campana del Comitato Esecutivo dell’Unione Avvocati Europei (UAE);

la prof.ssa Antonella Batà, Docente di diritto privato presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”;

l’avv. Maurizio Bianco, già Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli;

il dott. Emilio Contrasto, Segretario Generale UNISIN/CONFSAL;

la dott.ssa Bianca Desideri, Docente di diritto dell’Unione Europea in master IUM Academy School, Segretario Regionale Responsabile della Campania UNISIN/CONFSAL;

il prof. Antonio Lanzaro, già Docente di diritto internazionale presso l’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”;

la prof.ssa Susanna Quadri, Docente di diritto internazionale presso l’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”;

il prof. Mario Raffa, già Decano di Ingegneria gestionale presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, componente del Direttivo del Premio Nazionale per l’Innovazione;

l’avv. prof. Umberto Aleotti, Docente di diritto internazionale presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Maddaloni (CE).

Alla Federico II presentazione del volume “Brevi scritti sull’Europa”

Si terrà a Napoli, giovedì 28 ottobre 2021, alle ore 17.00, presso l’Aula Spinelli del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, via Leopoldo Rodinò n. 22, la tavola rotonda dal titolo “L’Europa vista da prospettive diverse: problematiche e possibili soluzioni”, nell’ambito della presentazione del volume “Brevi scritti sull’Europa” a cura di Umberto Aleotti e Bianca Desideri.

Si tratta di un momento di riflessione sul futuro dell’Unione Europea alla luce dei mutamenti socio-economici causati dalla pandemia Covid-19 e sulle conseguenze prodotte dalla Brexit. La riflessione prende spunto da un testo, Brevi scritti sull’Europa, alla cui stesura hanno partecipato docenti universitari, giornalisti, avvocati, giuristi ed esperti, che hanno voluto offrire un contributo di idee ed esperienze alla pubblicazione, edita dalla Fondazione AIMC onlus.

Introdurranno i vari interventi, i saluti del prof. Vittorio Amato, Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, e del dott. Giuseppe Desideri, Presidente della Fondazione AIMC onlus.

Interverranno, moderati dal prof. Gianluca Luise, docente di Storia delle Istituzioni Politiche europee dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, in qualità di relatori:

l’avv. Francesco Avolio, Vicepresidente della Delegazione Campana del Comitato Esecutivo dell’Unione Avvocati Europei (UAE); la prof.ssa Antonella Batà, Docente di diritto privato presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”; l’avv. Maurizio Bianco, già Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli; il dott. Emilio Contrasto, Segretario Generale UNISIN/CONFSAL; la dott.ssa Bianca Desideri, Docente di diritto dell’Unione Europea in master IUM Academy School, Segretario Regionale Responsabile della Campania UNISIN/CONFSAL; il prof. Antonio Lanzaro, già Docente di diritto internazionale presso l’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”; la prof.ssa Susanna Quadri, Docente di diritto internazionale presso l’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”; il prof. Mario Raffa, già Decano di Ingegneria gestionale presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, componente del Direttivo del Premio Nazionale per l’Innovazione; l’avv. prof. Umberto Aleotti, Docente di diritto internazionale presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Maddaloni (CE).

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