Rimedi e trucchetti per sopravvivere ai piccoli disastri quotidiani

 

Sarà sicuramente capitato a ciascuno di noi di dover risolvere, e spesso non saper come fare, un piccolo disastro: una macchia sulla cravatta o sull’abito, scarabocchi dei figli sui grembiulini o sulle divise scolastiche, macchie di vino o sugo su tovaglie, ecc., ecc., ma anche di dover sapere al meglio come utilizzare gli elettrodomestici, o i prodotti per la pulizia della casa scegliendo quelli più appropriati anche a tutela dell’ambiente.

Tanti  piccole informazioni utili raggruppate in un volume che riporta alla saggezza della nonna. “I rimedi della Nonna” edito da Rusconi Libri, fornisce utili e interessanti suggerimenti pratici per l’organizzazione domestica e per la soluzione di vari piccoli disastri.

“Torniamo ad utilizzare aceto, bicarbonato e limone e decotti: la nostra casa splenderà, la nostra salute migliorerà, l’ambiente e il portafoglio ringrazieranno!” questo il suggerimento che viene fuori dal volume.

Salvatore Adinolfi

Dopo la cucina della nonna, a tavola con i dolci

 

Dopo la cucina della nonna, un altro libro ha colpito la nostra attenzione. Della medesima collana dell’editore Rusconi Libri Impariamo dalle nonne, anche questo volume dalla piacevole veste editoriale, presenta molte ricette tratte dalla tradizione dolciaria delle nostre regioni. Sfogliando le pagine, le ricette di dolci noti e meno noti tengono viva l’attenzione del lettore e tra preparazioni semplici e laboriose fanno scoprire la nostra cultura dolciaria. Dolci per tutti i gusti e per tutte le stagioni e ricorrenze.

Il libro è pensato come il vecchio quaderno delle ricette che qualcuno ritrova nel cassetto e dove la nonna o la mamma hanno annotato ingredienti, dosi e modalità di preparazione e cottura per sfornare gustose leccornie per piccoli e grandi.

Il volume “è una raccolta di segretti, consigli eo semplici accorgimenti per irportare in tavola i spaori della nostra infanzia… Ricette per non dimenticare, e per insegnare ai nostri figli  il gusto delle cosegenuine fatte in casa”.

A questo forse aiutano anche i tanti programmi di gastronomia e di cucina che imperversano sui canali tv.

E allora perché non cimentarsi in qualche ricetta?

Salvatore Adinolfi

 

 

Isola, la nostalgia nei fiordi

Un romanzo di formazione che ripercorre la vita di una famiglia europea del profondo Nord dove i protagonisti assumono forme immateriali, essenze interiori e rappresentazioni di ambienti naturali da sogno. Visioni e toni che nelle impressioni di lettori d’eccezione rivelano una narrazione inedita, raccontata da fiordi, ricordi d’infanzia, colorati dai vapori dei battelli, vettori indispensabili per connettere il mondo moderno della civiltà alla quiete atavica di un’isola. Un’Itaca dell’anima circondata da un arcipelago di altrettante stazioni di solitudini e aspirazioni dove il rimpianto del tempo trascorso caratterizza una solidale unione d’intenti fra generazioni apparentemente diverse, riunite dal volo migratorio dei gabbiani e dalla forza centripeta di mirabile attrazione al ritorno sui luoghi delle radici identitarie.

Un vero e proprio canto d’amore per la sua terra natia, quello realizzato da Siri Ranva Hjelm Jacobsen, autrice danese classe 1971, al suo primo romanzo con “Isola”, in libreria dallo scorso sette febbraio per i tipi di Iperborea.

Cresciuta in Danimarca, la Jacobsen è nata in una famiglia originaria delle isole Faroe. Questa circostanza è il vulnus in questo suo primo libro, maturato dopo gli studi umanistici e un percorso avviato nella scrittura con la collaborazione a diverse testate e quotidiani. Isola è un libro che racchiude già nel titolo un luogo complesso e intrigante per natura.

Seguendo un solco chiaramente autobiografico, l’Autrice instaura una voce narrante poetica che da subito la colloca in una selezionata schiera di autori del Nord Europa: da William Heinesen sino a Jon Fosse e Jon Kalman Stefànsson.

La trama si snoda nella ricerca a ritroso nel tempo di una giovane ragazza danese che ha sempre saputo di un’isola verde delle Faroe. Un luogo impervio e familiare chiamato “casa” che non ha mai conosciuto, che diede i natali alla sua famiglia di origine, emigrata negli anni Trenta in continente. Comincia con questo impeto la ricerca nel suo viaggio di ritorno a Suouroy, dove vissero i suoi nonni: Fritz, il pescatore dell’Artico e Marita, giovane sognatrice irrequieta.

Lo scorrere delle pagine alterna in sequenza un paragrafo dedicato alle vicende antiche con i nonni ricordati con i teneri vezzeggiativi “Omma” e “Abbi” e il successivo al vissuto contemporaneo della vacanza con i genitori in quei luoghi inesplorati. Dove le asperità dello scenario ambientale contaminano i ricordi di memorie autoctone e legami di sangue con altri aneddoti, spesso confusi fra leggende e segreti indicibili, corrispondenze amorose e trasgressive.

Si staglia in un graduale orizzonte un affresco d’immagini: stati d’animo che rilanciano temi decisivi come le ricadute introspettive dell’emigrazione, il fascino incognito dell’insularità, la ricerca catartica della conciliazione con la propria identità culturale e affettiva.

Il romanzo che ha debuttato in Italia con la presenza dell’autrice al festival letterario I Boreali 2018, lo scorso 23 febbraio a Milano, si avvale della traduzione dalla lingua madre danese di Maria Valeria d’Avino.

Luigi Coppola

The Truman Boss, una storia italiana

“La lentezza della giustizia non fa che agevolare chi sbaglia, mai chi subisce un torto”. 

La chiosa amara, per usare un eufemismo di Vincenzo Balli chiudeva una sua intervista rilasciata al cronista Matteo Scirè (ilsicilia.it), nello scorso giugno in occasione dell’uscita in libreria del suo primo libro.

“The Truman Boss” (Castelvecchi editore) scritto insieme al giornalista scrittore Giuseppe Lo Bianco, narra una vicenda realmente accaduta a Palermo nei primi anni del nuovo millennio.

Protagonista, lo stesso autore insieme alla sua famiglia, la moglie Patrizia, la figlioletta Lucrezia di tre anni all’epoca dei fatti.

“Per raccontarvi questa storia non bastano le righe di un libro. Non arrivano a restituire la tensione, l’ansia, la paura, il continuo scorrere di adrenalina che hanno vissuto i protagonisti per due anni e mezzo, immersi in un sistema di protezione antimafia nella Sicilia di Totò Cuffaro.”.

L’incipit della prima pagina, curata da Giuseppe Lo Bianco (autore anche del prologo al testo di Balli e dell’intervista finale allo stesso autore protagonista), chiarisce da subito il senso di una vicenda talmente ampia e grave da rendere necessarie successive occasioni d’incontro e approfondimenti sul tema. Tale premessa appare irrinunciabile per comprendere l’atteggiamento contemporaneo quasi “ostinato” di Balli nel promuovere questo libro in ogni luogo d’Italia (sarà presentato anche al prossimo Salone del libro a Torino) non per la mera soddisfazione delle copie vendute rispetto a un esordio editoriale, quanto per il seguito culturale che il caso reale comporta. Importante per le giovani generazioni italiane e non solo.

La trama del libro è molto dettagliata ed articolata e mette in evidenza lo sviluppo di una serie di eventi anche tragici anche  macchiati dal sangue che costringerà la famiglia Balli a più fughe repentine per riuscire a sopravvivere. Una vita blindata oltre l’inverosimile.  Quando la tenuta psicologica della moglie  Patrizia è quasi compromessa e la piccola Lucrezia soffre gravi malori, si realizza la svolta degna di un thriller, con la surreale aggravante della veridicità dei fatti narrati giudicati in un processo penale approdato con sentenza definitiva in Cassazione il 21 settembre 2016. Sulla base di queste conclusioni, riportate nell’intervista finale all’Autore, si desume l’impegno alla massima diffusione di questa esperienza che in un fantastico o assurdo ragionamento sembrerebbe porre la mafia nota alle cronache, come “parte lesa”, rispetto ad “altri colpevoli” che risultano periodicamente presenti in oscure dinamiche che permeano lo stato di diritto con contaminazioni mai chiarite dove, sovente, cresce, nella comune percezione, la distanza fra legalità e giustizia mentre si accorcia quella fra Stato e anti Stato. Le conclusioni di questa lettura richiamano alla mente ancora quel grido scomodo di rottura rivolto ai giovani napoletani, esternato dal grande Edoardo circa quaranta anni or sono, nel suo noto“fuitevenne”. Quell’imperio ruvido potrebbe essere oggi esteso ai giovani stritolati non solo dall’assenza di lavoro e futuro ma anche da una cultura che potrebbe risultare conservativa dello status quo. Il tentativo che si può definire quasi stoico di Vincenzo Balli parte proprio da qui.

Luigi Coppola

 Mimì Capatosta, l’utopia della normalità

“Abbiamo scelto di lasciare parlare il cuore anziché le paure”.  La frase che risalta nel bianco assoluto della quarta di copertina, svela una matrice ideologica che permea le pagine di un saggio uscito in libreria lo scorso tre ottobre, edito da Fandango Libri per la collana documenti. Mimì Capatosta è l’ultima fatica letteraria di Tiziana Barillà, giornalista scrittrice, già inviata del settimanale Left, cofondatrice della testata www.ilsalto.net. Il sottotitolo (Mimmo Lucano e il modello Riace) con l’immagine del faccione sorridente del protagonista, cattura l’attenzione del lettore per scoprire una micro realtà italiana, la cui portata ha suscitato un’attenzione mediale internazionale nell’incontro di più dinamiche storiche complesse, realizzatosi in una specifica terra del sud d’Italia, la Locride.

Il libro tratta le vicende che nell’ultimo ventennio hanno cambiato la vita sociale di Riace e di una zona importante del territorio circostante, grazie all’azione politica e sociale impressa da Domenico Lucano, dal 2004 sindaco nel comune già noto per il ritrovamento marino dei “bronzi” nell’agosto del 1972.  Il suo progetto politico istituzionale è assurto ai primi posti nelle classifiche della popolarità globale, grazie al report pubblicato nella primavera del 2016 dalla famosa testata americana Fortune. Nella consueta classifica annuale dei cinquanta World Greatest Leaders, gli uomini e le donne più influenti nel mondo, fra Obama, Papa Bergoglio, Angela Merkel e i più noti profili, al quarantesimo posto, unico italiano, c’è Mimmo Lucano.  La motivazione di questo straordinario riconoscimento che attesta l’essere il migliore sindaco del mondo, consta nell’aver applicato nell’estremo sud d’Italia, alle falde dell’Aspromonte, “l’utopia della normalità”.  Una pratica avviata sin dal 1998 con lo sbarco a Riace di centinaia di profughi curdi. Nei suoi mandati istituzionali da sindaco, Lucano ha ospitato oltre seimila migranti che hanno ripopolato Riace, rendendo il centro della Locride un melting pot multietnico con oltre una dozzina di diverse nazionalità extra comunitarie. Un processo in netta controtendenza rispetto alla visione percepita del “problema” immigrazione nel nostro Paese: dagli albori degli anni novanta con le crisi di Albania e Balcani, sino ai giorni nostri con l’ecatombe nel Mediterraneo e la gestione del problema da parte dell’Unione Europea.

Il “modello Riace” scompagina la consueta vulgata nei confronti degli immigrati, considerati rifugiati e prima emergenza nazionale.  Nella Locride è la comunità locale che cerca, accoglie e ringrazia gli ultimi arrivati. Riconosciuti come chi ripopola paesi e centri storici abbandonati. Per la prima volta i migranti sono messi nella condizione di ricreare un tessuto urbano e cittadino fatto di relazioni e avviamenti per una serie di lavori che ricreano un’attività economica. Sostenuta con i progetti e i fondi europei per le politiche di accoglienza (s.p.r.a.r.) che creano nuovi posti di lavoro specifici per settanta, ottanta unità, fra mediatori culturali e addetti alla logistica a trecentosessanta gradi, di una sana e sostenibile integrazione. Non è un’operazione semplice, quella che conduce un ghanese a diventare il responsabile della raccolta differenziata, attrezzato con piccoli carretti fra i vicoli stretti del centro storico.  Così decisiva risulta la fruizione di vecchie case abbandonate da oltre cinquant’anni dai riacesi emigrati all’estero e ripristinate all’abitazione delle nuove famiglie arrivate. Per non dimenticare la potabilizzazione di una sorgente d’acqua che affranchi l’uso dell’acqua, bene comune e gratuito, dai monopoli affaristici di dubbia provenienza. Non è una favola la narrazione partita “dal basso”. Quella di Tiziana Barillà ha vissuto le fasi salienti di una vera e dura contrapposizione sorta a Riace nel 2016 fra l’amministrazione, la comunità calabra e le istituzioni centrali del governo italiano. Impossibilitato secondo l’impianto normativo vigente a riconoscere le iniziative di Lucano, volte a fronteggiare la sospensione o i ritardi dei fondi utili a continuare i progetti avviati. Nodo controverso, l’adozione di un sistema di “moneta locale” basato sullo scambio di bonus cartacei, equiparabili a buoni prepagati, raffiguranti, secondo il controvalore di scambio, personaggi storici dalla chiara vocazione rivoluzionaria. Lucano non è l’iconografia dell’uomo solo al comando. La sua popolarità recente ha già calamitato nel territorio troupe di editori tv (Beppe Fiorello ne ha già vestito i panni per una fiction di prossima programmazione televisiva) ed è già fiorente una narrativa indotta.

Il testo di Barillà, è un memoriale inedito, “un atto dovuto” secondo la direttrice editoriale di Fandango, Tiziana Traina che insieme alla scrittrice e allo stesso Lucano, ha partecipato alla prima presentazione del libro, avvenuta a Roma presso la sala stampa della Camera dei Deputati, (https://www.youtube.com/watch?v=iJ8Vy4pi4O4) lo scorso quattro ottobre.

Leggere le pagine di Mimì Capatosta, conduce inevitabilmente il lettore a vivere da cittadino, quei territori troppo “periferici “rispetto alle istituzioni dello Stato, dove la distanza fra giustizia e legalità, come ricorda anche Davide Mattiello nella presentazione citata, diviene pericolosamente enorme. La tendenza ricorrente, in una comunicazione superficiale, quando non di parte, nel creare miti o personaggi, declina in questo caso un passaggio da circoscrivere se non da archiviare. Rimane viva, a prescindere dai testi, dalle capacità talentuose di singoli individui libertari o anarchici, secondo le diverse interpretazioni, la contaminazione solidale di una comunità che scopre la via di una convivenza possibile, grazie anche e soprattutto all’aiuto di territori, comuni diversi e lontani. Protagonista, non solo nel libro, quanto nelle iniziative collegiali, le Rete dei Comuni Solidali (Recosol), rappresentata da Chiara Sasso.

Nella Locride, un territorio, impossibile dimenticarlo, condizionato pesantemente da presenze criminali, cristallizzatesi nelle strutture apparentemente più credibili o istituzionali, il modello Riace non è più utopia. Le iniziative degli ultimi giorni avviate dalla Procura di Locri che indaga sulle attività amministrative di Lucano confermano la necessità di approfondire e conoscere una realtà che coinvolge in ogni caso la nostra vita quotidiana.

Luigi Coppola

Come “spaccare” sui social media

social mediaGuy Kawasaki,guru di Canva, e Peg Fitzpatrick,social media strategist, sono gli Autori di un brillante e piacevole volume “L’arte dei social media” che in modo semplice e lineare si prefigge di mettere in condizione il lettore di “spaccare” sui social media.

Nel nostro tempo i social media sono uno degli elementi decisivi per determinare un successo o un fallimento.

Trucchi, suggerimenti, consigli dati da esperti, anzi superesperti, per conquistare il mondo dei media ed esserne protagonisti sia a fini commerciali, sia per se stessi o per utilizzare gli strumenti nel proprio lavoro o professione.

Gli Autori presentano una “strategia concreta per avere una presenza calibrata, esauriente e persuasiva sui social media”.

Un viaggio nei media con utili suggerimenti per promuovere un’attività economica, un prodotto o magari noi stessi.

 

Alessandra Desideri

 

Guy Kawasaki, Peg Fitzpatrick

L’arte dei social media

Hoepli, 2015, pp. 190, € 19,90

eBook disponibile

L’Ordine mondiale di Kissinger

Copertina Kissinger, Ordine Mondiale, MondadoriI

Henry Kissinger continua ad essere uno dei più alti esponenti della struttura di vertice del potere statunitense. La sua biografia è impressionante. Professore universitario, capo della sicurezza nazionale e consigliere di due presidenti, consulente di politica internazionale per quasi tutte le successive amministrazioni ed infine premio Nobel per la pace. Egli ricopre un ruolo primario negli anni della guerra in Vietnam, durante la cosiddetta Guerra fredda. Riesce a gestire con sagacia i rapporti con una Cina molto pericolosa, costruisce una solida base teorica per giustificare e coordinare la politica imperiale degli USA per la tutela dei suoi interessi nel mondo di cui questo libro è la mirabile sintesi teorica racchiusa in 405 pagine scritte con chiarezza ed una ottima traduzione. Le deduzioni che sono riportate nel libro possono non essere condivisibili, ma rimane il fatto che l’Autore riesce abilmente a giustificare il crescendo del ruolo americano nel mondo come tutela della stabilità geopolitica del pianeta in nome della pace fra le Nazioni. Le pagine corrono lungo il filo della storia dell’Europa che è il luogo dove nascono, si sviluppano e muoiono idee che muovono popoli e destini continentali.

Il libro, che si intitola emblematicamente “Ordine Mondiale”, appoggia e sviluppa l’impianto concettuale di un primato USA nel mondo partendo dalla pace di Westfalia che chiude la terribile Guerra dei Trent’Anni nel 1648, con un una popolazione che è quasi dimezzata. Questa pace si impernia sul principio dell’equilibrio fra le Nazioni impedendo che una di essere possa prevalere sulle altre generando conflitti di potenza militare. Un principio che viene sagacemente utilizzato dall’Inghilterra per evitare che una Nazione possa far saltare gli equilibri europei nel proposito di minacciare i suoi interessi commerciali via mare.

Dividere e comandare è una strategia che gli USA apprenderanno dagli inglesi e sapranno utilizzare in tutti i teatri geopolitici del pianeta. Attraverso una lunga e puntuale disamina storica e politica, Kissinger spiega perché gli USA devono proteggere l’Europa dallo strapotere espansionistico della Russia, anche post marxista di Putin. Ovviamente, spiegare con quali mezzi militari, di tortura e spionistici gli USA cercano di costruire l’Ordine Mondiale, non rientra nei percorsi narrativi di questo poderoso testo. Verso la pagina 299, l’Autore scrive una lunga tirata retorica in toni messianici sul ruolo dell’America chiamata ad essere custode della pace mondiale. Il famoso Autore ha però l’intelligenza di comprendere che un tale disegno, che ricorda quello del Sacro Romano Impero, non è possibile senza il confronto serrato con altre potenze economiche e soprattutto militari, quali la Cina, l’India e purtroppo per lui, con la Russia, Paese di cui gli USA hanno timore e che non hanno mai capito fino in fondo, al pari della Cina.

Si tratta di un testo ricchissimo in informazioni storiche, geopolitiche, economiche scritte con padronanza e scioltezza che portano a valutazioni con le quali possiamo non essere d’accordo. Considerato il ruolo preminente dell’Autore su tutti i teatri geopolitici mondiali dagli anni 60 ad oggi, vale in ogni caso la pena leggerlo con attenzione per comprendere meglio cosa c’è stato e c’è oggi dietro alle strategie imperiali USA le cui ripercussioni possono lanciare il mondo verso la III Guerra Mondiale, se i meccanismi limitativi connaturati alle vere democrazie verranno meno.

 

Manlio Lo Presti

 

Henry Kissinger

Ordine Mondiale

Mondadori, 2015

pagg. 405, €28,00

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