Nascono nel 1851 i francobolli di Toscana

Da oltre 160 anni esistono i francobolli di Toscana. Sono quasi da considerarsi i primi che hanno calcato la scena della corrispondenza in Italia. Sono nati ufficialmente il 10 marzo del 1851 e furono istituiti con un decreto del Granduca ed eseguiti con il sistema adesivo più o meno come quello che si usa oggi. In commercio sono stati messi il 1° aprile dello stesso anno. Le quotazioni sono abbastanza interessanti e vale la pena collezionarli anche sulle buste. Per coloro i quali vogliono saperne di più è opportuno fare un po’ di storia, anche per vedere l’evoluzione dei tempi.

Nel 1736 si estingueva la Casa medicea con il Granduca Gian Gastone. Da quel momento il Granducato di Toscana era passato alla Casa arciducale degli Asburgo-Lorena che governò sino ai primi mesi del 1859 e, nel 1851, al momento della introduzione del francobollo regnava il Granduca Leopoldo II salito al trono il 18 aprile 1824 che in seguito ai moti popolari connessi alla Seconda guerra d’Indipendenza lasciò Firenze il 27 aprile 1859.

Va detto che il servizio postale prima dell’introduzione del francobollo era già molto efficiente e veniva svolto con un servizio di diligenze e con le corriere adibite in modo promiscuo anche al trasporto dei viaggiatori. Per fare una similitudine bisogna tornare ai pony readers che giravano in America a cavallo tutto il territorio e nel Granducato di Toscana il servizio funzionava quasi allo stesso modo con tante stazioni di posta dove avvenivano le operazioni di carico e scarico della corrispondenza per poi essere avviate con i postini dell’epoca nelle città del Granducato e da queste alle destinazioni stabilite. Nelle località principali infatti esistevano gli Uffici di posta quali collettori generali che, attraverso personale del luogo, si preoccupavano dell’inoltro della corrispondenza, mentre nei piccoli centri questo servizio  era effettuato in locali privati o dalle farmacie del posto.

Vi ricordate che cosa era il porto? Era il luogo di arrivo di una qualsiasi cosa che partiva da una parte ed arrivava ad un’altra e quindi da chi la spediva a chi la riceveva, per cui se un qualcosa doveva viaggiare passava per tante Province o Stati diversi ed il destinatario era costretto a pagare per ogni attraversamento una tassa, lettera o pacco o qualsiasi altra cosa dovesse viaggiare sul territorio. Per questo motivo molti scrivevano sul frontespizio della missiva cose non facilmente decifrabili ma che al destinatario erano chiare per cui una volta avuta la missiva nelle mani gli stessi la rifiutavano essendo venuti a conoscenza del contenuto della lettera. Con il francobollo, geniale intuizione, tutto ciò non era più possibile in quanto la tassa era pagata in partenza e non più dal destinatario.

Sempre per la storia va ricordato che nell’aprile del 1851 esistevano direzioni postali solo nei capoluoghi di compartimento, quindi non parliamo di capoluoghi di provincia e precisamente a Firenze, Arezzo, Livorno, Lucca, Pisa e Siena.

Da questi compartimenti poi dipendevano gli altri uffici distinti in amministrazioni, uffici di distribuzione di I, II, III e IV classe, situazione che sta a far intravedere la capillarità del servizio postale toscano e quindi anche il forte utilizzo della corrispondenza, di qui anche la grande varierà dei timbri utilizzati.

Tecnicamente l’esecuzione dei francobolli fu affidata alla tipografia granducale di Cambiai e Co. di Firenze, mentre gli stereotipi furono preparati da A. Alessandro su incisione di Giuseppe Niderose che era l’incisore ufficiale della Zecca del Granducato. Come ultimo va ricordato che la carta per la prima tiratura era di colore azzurro e veniva fornita per l’occasione dalla Cartiera Cini di San Marcello Pistoiese. La carta era fatta in maniera artigianale e la filigrana era composta di elementi la cui misura era sproporzionata in rapporto al francobollo, che infatti riusciva a contenere una minima parte della figura incisa nella filigrana che per la cronaca era costituita nella sua versione originaria ed integrale da corone granducali stilizzate disposte su quattro righe e separate verticalmente da una linea orizzontale.

Salvatore Adinolfi

Filatelia: i pacchi in concessione

Un po’ di storia va fatta sui “francobolli” usati per il trasporto dei pacchi da parte di ditte concessionarie autorizzate al trasporto di merce e di plichi particolari. Per questo trasporto furono studiate delle disposizioni particolari nuove, per l’epoca ed anche futuriste, che furono emanate con diverse leggi tra cui il decreto presidenziale numero 770 dell’11 luglio 1951 e poi sempre con un altro decreto presidenziale del 24 marzo 1953 che stabiliva e dava il via alle emissioni di speciali francobolli divisi in due sezioni denominati “marche per pacchi”.  Molti non sanno oggi di che cosa si parla e quindi è necessaria una descrizione quanto più particolareggiata possibile.

La sezione di sinistra di questo francobollo rettangolare aveva scritto sopra “sulla matrice” e veniva applicata dal corriere autorizzato appunto sulla matrice della bolletta di trasporto, mentre la sezione di destra con la scritta “sulla figlia” veniva applicata sulla copia della bolletta di trasporto che accompagnava il pacco.

Il regolamento del trasporto dei pacchi in concessione stabiliva anche l’importo della marca da applicare. Poteva quindi verificarsi il caso che per errore la sezione di sinistra e quella di destra si potessero invertire e quindi questa evenienza in quel momento storico poteva essere insignificante ma poi nel tempo ha avuto dei risvolti economici molto interessanti, tanto da essere molto ricercati per chi colleziona quelle particolarità storiche che a detta di molti sono molto interessanti.

Si poteva poi anche verificare che la marca non corrispondesse al valore del relativo porto per cui sulla stessa nota poteva esserci anche l’applicazione di una penale per integrare “l’evasione fiscale”.

Il personale preposto alla verifica delle bollette allorché rilevava degli errori, quali funzionari dello Stato applicavano, così come si è detto prima, una marca intera delle due sezioni sulla bolletta annullandola poi con un timbro speciale in loro dotazione che evidenziava, diciamo, l’errore dell’importo. Per amore di cronaca va evidenziato che il timbro poteva essere della forma a stampatello lineare oppure circolare con la dicitura all’interno che evidenziava l’errore.

Con queste correzioni si sono verificati casi di francobolli per pacchi in concessione con annulli usati in maniera postale con annulli regolari ed interi delle due sezioni. Anche questo è diventato nel tempo un capitolo importante nelle collezioni, perché va ricordato che in tanti collezionano particolarità e nel campo della Filatelia tutto può essere una particolarità.

Quest’argomento è stato oggetto di studio anche in un capitolo del Catalogo enciclopedico di francobolli della Repubblica ed attualmente attira molti collezionisti.

Salvatore Adinolfi

Rimedi e trucchetti per sopravvivere ai piccoli disastri quotidiani

 

Sarà sicuramente capitato a ciascuno di noi di dover risolvere, e spesso non saper come fare, un piccolo disastro: una macchia sulla cravatta o sull’abito, scarabocchi dei figli sui grembiulini o sulle divise scolastiche, macchie di vino o sugo su tovaglie, ecc., ecc., ma anche di dover sapere al meglio come utilizzare gli elettrodomestici, o i prodotti per la pulizia della casa scegliendo quelli più appropriati anche a tutela dell’ambiente.

Tanti  piccole informazioni utili raggruppate in un volume che riporta alla saggezza della nonna. “I rimedi della Nonna” edito da Rusconi Libri, fornisce utili e interessanti suggerimenti pratici per l’organizzazione domestica e per la soluzione di vari piccoli disastri.

“Torniamo ad utilizzare aceto, bicarbonato e limone e decotti: la nostra casa splenderà, la nostra salute migliorerà, l’ambiente e il portafoglio ringrazieranno!” questo il suggerimento che viene fuori dal volume.

Salvatore Adinolfi

Dopo la cucina della nonna, a tavola con i dolci

 

Dopo la cucina della nonna, un altro libro ha colpito la nostra attenzione. Della medesima collana dell’editore Rusconi Libri Impariamo dalle nonne, anche questo volume dalla piacevole veste editoriale, presenta molte ricette tratte dalla tradizione dolciaria delle nostre regioni. Sfogliando le pagine, le ricette di dolci noti e meno noti tengono viva l’attenzione del lettore e tra preparazioni semplici e laboriose fanno scoprire la nostra cultura dolciaria. Dolci per tutti i gusti e per tutte le stagioni e ricorrenze.

Il libro è pensato come il vecchio quaderno delle ricette che qualcuno ritrova nel cassetto e dove la nonna o la mamma hanno annotato ingredienti, dosi e modalità di preparazione e cottura per sfornare gustose leccornie per piccoli e grandi.

Il volume “è una raccolta di segretti, consigli eo semplici accorgimenti per irportare in tavola i spaori della nostra infanzia… Ricette per non dimenticare, e per insegnare ai nostri figli  il gusto delle cosegenuine fatte in casa”.

A questo forse aiutano anche i tanti programmi di gastronomia e di cucina che imperversano sui canali tv.

E allora perché non cimentarsi in qualche ricetta?

Salvatore Adinolfi

 

 

In filatelia cosa sono le affrancature gemelle?

Fra i tanti aspetti interessanti della filatelia vi è quello delle affrancature gemelle e più in generale di quelle miste, sulle quali si deve porre attenzione sia dal punto di vista storico sia da quello più materiale del valore economico.

Nel passato e sino al 1967, anno in cui la validità è diventata perenne, i francobolli avevano una scadenza ufficiale di validità che poteva essere più breve o più lunga, spesso riservata solo a uno specifico avvenimento. Tutti i francobolli, a una certa data stabilita, cessavano la loro validità con decreto e quindi non potevano più essere utilizzati per affrancare lettere e cartoline. Tutto ciò rispondeva al preciso scopo di evitare la falsificazione dei pezzi che era abbastanza diffusa all’epoca, analogo sistema era previsto per le banconote. Ogni x numero di anni le banconote andavano in pensione e venivano sostituite da nuove banconote stampate d’identico valore ma completamente differenti da quelle che andavano a sostituire. Allo stesso modo accadeva per i francobolli e più in generale nel campo dei valori bollati.

In altre occasioni eventi storici imprevedibili, come ad esempio la morte di un sovrano, non consentivano la sostituzione in tempo reale in tutto il regno dei francobolli o poteva anche accadere che per errore non fossero ritirati tutti i francobolli dell’emissione precedente. Poteva quindi capitare che la corrispondenza fosse affrancata con l’effigie di due re. E’ il caso, ad esempio, di lettere affrancate con l’effigie di Vittorio Emanuele II con il figlio Umberto I e di quest’ultimo con il figlio Vittorio Emanuele III.

E’ chiaro che nel settore tutti questi accavallamenti hanno creato curiosità filateliche molto apprezzate.

Nonostante tutti gli accorgimenti per evitare le falsificazioni, in ogni caso, molti francobolli del Regno d’Italia sono stati falsificati e molti sono passati regolarmente per posta. Quelli riportanti l’effigie di Vittorio Emanuele II con valori in tornesi e grana hanno raggiunto cifre altissime, anche intorno ai 90 mila euro a pezzo.

Ma ritorniamo alle affrancature miste. Spesso le ritroviamo tra Regno di Napoli e Province Napoletane, Regno di Napoli con lo Stato sardo. Nelle affrancature miste c’è sempre da perdersi… Spesso i francobolli delle Province Napoletane sono stati usati anche in altre regioni ed anche questi valori hanno raggiunto quotazioni di tutto rispetto che si aggirano intorno ai 40 mila euro a lettera.

Salvatore Adinolfi

Francobolli: la formazione del prezzo

Guardando un catalogo di francobolli bisogna sempre ricordare un concetto fondamentale: quello della formazione del prezzo.

Il prezzo dei francobolli non può subire sconti applicati in modo fisso sempre e comunque. Gli sconti che si possono fare sul prezzo di catalogo sono estremamente oggettivi, parliamo sempre di vendita normale e non dovuta a situazioni disastrose per cui si è costretti a svendere per forza per realizzare denaro. In una situazione normale di vendita e di acquisto il prezzo è sempre determinato in primis dalla rarità del pezzo per cui quello introvabile, rarissimo anche se “spellato”, anche mal centrato, anche con qualche piccolo bollo deturpante, è pur sempre un pezzo di grande valore. Ma allora come possiamo districarci in questo settore cercando di determinare un prezzo, il più equo possibile, pur in presenza di una quotazione di catalogo abbastanza impegnativa?

Ecco alcuni parametri da considerare. Primo la centratura: più la centratura rilascia un’immagine uguale in tutti gli angoli e più il francobollo si vicina a quella bellezza che definiamo “standard massimo”. Per essere più precisi il bianco che circonda l’immagine centrale deve essere più o meno uguale in tutti i settori, questa differenza nella centratura determina un prezzo sicuramente molto più alto di quello già assegnato dal catalogo che generalmente si riferisce ad una centratura di buon livello, ad esempio un francobollo con margini molto grandi con un annullo leggero, non deturpante, con i colori vivi e non smorti magari dovuti ad un’imperfetta conservazione possono far valere un pezzo due o tre volte ed anche di più del prezzo indicato dal catalogo. E ovviamente è valido anche il contrario, margini corti, annulli brutti perché impediscono la visione chiara della vignetta, strappi o tagli possono creare un abbattimento del prezzo anche del 90%.

All’occhio di un inesperto sembra difficilmente credibile che due francobolli pressoché uguali possano avere valori così fortemente diversi. In questo range esiste tutta una serie di valutazioni intermedie sempre tenendo in considerazione i parametri suesposti che, come già detto, possono far lievitare in maniera significativa il valore. E’ sempre opportuno, quindi, qualora si volesse acquistare francobolli di un certo valore affidarsi ad esperti della materia, far corredare i pezzi con più certificati proprio per cercare di ridurre al minimo i rischi rivenienti da valutazioni approssimative e  facilone di un mercato filatelico dove spesso si possono infiltrare personaggi con pochi scrupoli. Il perché è anche facilmente intuibile, i pezzi rari si comprano e si conservano talvolta anche per decine di anni e quando poi viene il momento per qualcuno di realizzare spesso si trova a contare una serie di errori di valutazione che all’atto dell’acquisto non sono stati tenuti in considerazione e sono spesso dettati anche dall’emotività che dà il tenere fra le mani un pezzo raro di cui si è sempre agognato il possesso.

Nel campo filatelico ci vuole molta attenzione, un invito che mi sento di fare a tutti compresi i commercianti è quello di non sponsorizzare solo i pezzi rari, la filatelia è bella anche se i pezzi sono quelli comuni.

Salvatore Adinolfi

Isola, la nostalgia nei fiordi

Un romanzo di formazione che ripercorre la vita di una famiglia europea del profondo Nord dove i protagonisti assumono forme immateriali, essenze interiori e rappresentazioni di ambienti naturali da sogno. Visioni e toni che nelle impressioni di lettori d’eccezione rivelano una narrazione inedita, raccontata da fiordi, ricordi d’infanzia, colorati dai vapori dei battelli, vettori indispensabili per connettere il mondo moderno della civiltà alla quiete atavica di un’isola. Un’Itaca dell’anima circondata da un arcipelago di altrettante stazioni di solitudini e aspirazioni dove il rimpianto del tempo trascorso caratterizza una solidale unione d’intenti fra generazioni apparentemente diverse, riunite dal volo migratorio dei gabbiani e dalla forza centripeta di mirabile attrazione al ritorno sui luoghi delle radici identitarie.

Un vero e proprio canto d’amore per la sua terra natia, quello realizzato da Siri Ranva Hjelm Jacobsen, autrice danese classe 1971, al suo primo romanzo con “Isola”, in libreria dallo scorso sette febbraio per i tipi di Iperborea.

Cresciuta in Danimarca, la Jacobsen è nata in una famiglia originaria delle isole Faroe. Questa circostanza è il vulnus in questo suo primo libro, maturato dopo gli studi umanistici e un percorso avviato nella scrittura con la collaborazione a diverse testate e quotidiani. Isola è un libro che racchiude già nel titolo un luogo complesso e intrigante per natura.

Seguendo un solco chiaramente autobiografico, l’Autrice instaura una voce narrante poetica che da subito la colloca in una selezionata schiera di autori del Nord Europa: da William Heinesen sino a Jon Fosse e Jon Kalman Stefànsson.

La trama si snoda nella ricerca a ritroso nel tempo di una giovane ragazza danese che ha sempre saputo di un’isola verde delle Faroe. Un luogo impervio e familiare chiamato “casa” che non ha mai conosciuto, che diede i natali alla sua famiglia di origine, emigrata negli anni Trenta in continente. Comincia con questo impeto la ricerca nel suo viaggio di ritorno a Suouroy, dove vissero i suoi nonni: Fritz, il pescatore dell’Artico e Marita, giovane sognatrice irrequieta.

Lo scorrere delle pagine alterna in sequenza un paragrafo dedicato alle vicende antiche con i nonni ricordati con i teneri vezzeggiativi “Omma” e “Abbi” e il successivo al vissuto contemporaneo della vacanza con i genitori in quei luoghi inesplorati. Dove le asperità dello scenario ambientale contaminano i ricordi di memorie autoctone e legami di sangue con altri aneddoti, spesso confusi fra leggende e segreti indicibili, corrispondenze amorose e trasgressive.

Si staglia in un graduale orizzonte un affresco d’immagini: stati d’animo che rilanciano temi decisivi come le ricadute introspettive dell’emigrazione, il fascino incognito dell’insularità, la ricerca catartica della conciliazione con la propria identità culturale e affettiva.

Il romanzo che ha debuttato in Italia con la presenza dell’autrice al festival letterario I Boreali 2018, lo scorso 23 febbraio a Milano, si avvale della traduzione dalla lingua madre danese di Maria Valeria d’Avino.

Luigi Coppola

The Truman Boss, una storia italiana

“La lentezza della giustizia non fa che agevolare chi sbaglia, mai chi subisce un torto”. 

La chiosa amara, per usare un eufemismo di Vincenzo Balli chiudeva una sua intervista rilasciata al cronista Matteo Scirè (ilsicilia.it), nello scorso giugno in occasione dell’uscita in libreria del suo primo libro.

“The Truman Boss” (Castelvecchi editore) scritto insieme al giornalista scrittore Giuseppe Lo Bianco, narra una vicenda realmente accaduta a Palermo nei primi anni del nuovo millennio.

Protagonista, lo stesso autore insieme alla sua famiglia, la moglie Patrizia, la figlioletta Lucrezia di tre anni all’epoca dei fatti.

“Per raccontarvi questa storia non bastano le righe di un libro. Non arrivano a restituire la tensione, l’ansia, la paura, il continuo scorrere di adrenalina che hanno vissuto i protagonisti per due anni e mezzo, immersi in un sistema di protezione antimafia nella Sicilia di Totò Cuffaro.”.

L’incipit della prima pagina, curata da Giuseppe Lo Bianco (autore anche del prologo al testo di Balli e dell’intervista finale allo stesso autore protagonista), chiarisce da subito il senso di una vicenda talmente ampia e grave da rendere necessarie successive occasioni d’incontro e approfondimenti sul tema. Tale premessa appare irrinunciabile per comprendere l’atteggiamento contemporaneo quasi “ostinato” di Balli nel promuovere questo libro in ogni luogo d’Italia (sarà presentato anche al prossimo Salone del libro a Torino) non per la mera soddisfazione delle copie vendute rispetto a un esordio editoriale, quanto per il seguito culturale che il caso reale comporta. Importante per le giovani generazioni italiane e non solo.

La trama del libro è molto dettagliata ed articolata e mette in evidenza lo sviluppo di una serie di eventi anche tragici anche  macchiati dal sangue che costringerà la famiglia Balli a più fughe repentine per riuscire a sopravvivere. Una vita blindata oltre l’inverosimile.  Quando la tenuta psicologica della moglie  Patrizia è quasi compromessa e la piccola Lucrezia soffre gravi malori, si realizza la svolta degna di un thriller, con la surreale aggravante della veridicità dei fatti narrati giudicati in un processo penale approdato con sentenza definitiva in Cassazione il 21 settembre 2016. Sulla base di queste conclusioni, riportate nell’intervista finale all’Autore, si desume l’impegno alla massima diffusione di questa esperienza che in un fantastico o assurdo ragionamento sembrerebbe porre la mafia nota alle cronache, come “parte lesa”, rispetto ad “altri colpevoli” che risultano periodicamente presenti in oscure dinamiche che permeano lo stato di diritto con contaminazioni mai chiarite dove, sovente, cresce, nella comune percezione, la distanza fra legalità e giustizia mentre si accorcia quella fra Stato e anti Stato. Le conclusioni di questa lettura richiamano alla mente ancora quel grido scomodo di rottura rivolto ai giovani napoletani, esternato dal grande Edoardo circa quaranta anni or sono, nel suo noto“fuitevenne”. Quell’imperio ruvido potrebbe essere oggi esteso ai giovani stritolati non solo dall’assenza di lavoro e futuro ma anche da una cultura che potrebbe risultare conservativa dello status quo. Il tentativo che si può definire quasi stoico di Vincenzo Balli parte proprio da qui.

Luigi Coppola

Possibili cure per i francobolli macchiati

Ci siamo lasciati a fine 2017 tentando di capire come poter smacchiare quei francobolli colpiti dalle “muffe”. Le virgolette sono opportune perché racchiudono nella parola muffa tutta una gamma di alterazioni della carta dovuta a tutta una serie di microrganismi. Il tentativo principe per smacchiarli è quello di immergerli in un recipiente con una piccola quantità di acqua e versare nella stessa qualche goccia di varechina, candeggina o acqua ossigenata, ripeto “cum grano salis”. Se la muffa non ha intaccato in modo sostanziale la carta, la macchia tenterà di sparire e come tutte le malattie prese in tempo guarirà.

È opportuno sapere che l’acqua ossigenata sempre a gocce, una o due, può essere usata anche sul retro del francobollo, con questo sistema le macchie o alcuni tipi di macchie tenderanno a sparire.

Per completezza va ricordato che non tutte sono dovute alla muffa, altre vengono definite di “ruggine” e sono quelle dovute a fenomeni chimici, tra cui l’ossidazione della carta, o, in altri casi, da un insediamento di microrganismi che in conseguenza del loro stesso metabolismo producono sostanze complesse che a loro volta danno vita ad organismi ancora più complessi che nella maturazione, come spesso succede anche nel nostro mondo, assumono colorazioni sempre più intense e più marcate e l’ossidazione poi crea una gamma di colori dalla quale si può evincere anche lo stato di conservazione della carta.

Le colorazioni vanno dal rosa pallido al rosso purpureo, per arrivare poi a quel rosso mattone da noi definito “rosso ruggine”.

Va detto che un’altra concausa per l’accelerazione di questa colorazione è determinata da un altro aspetto che è quello relativo allo stato di umidità presente nell’aria dove sono conservati i francobolli. Per questo motivo, va anche detto che una particolare attenzione va posta da coloro che abitano in zone vicino al mare, ai laghi ed anche vicino ai corsi d’acqua dove l’umidità è spesso più che presente.

I collezionisti in queste condizioni climatiche devono porre molta cura alle loro collezioni facendole tra l’altro arieggiare e tenendole il più possibile aperte, come si può dire “godute e fatte godere” e non essere, come spesso avviene, chiuse in armadi o ancor di più in casseforti senza né luce né aria.

Altro consiglio è quello di controllare anche i classificatori, buona regola sarebbe quella di utilizzare classificatori nuovi per i francobolli nuovi ed usati per quelli usati, ciò consentirebbe di evitare che microrganismi annidati su “carta vecchia” possano essere trasportati da un contenitore all’altro.

Salvatore Adinolfi

Collezionando: penny nero e due pence azzurro

In un precedente articolo pubblicato nell’agosto 2017 abbiamo iniziato a parlare della “nascita” del francobollo avvenuta nel lontano 1° maggio 1840 con l’immissione in vendita del penny  black e del two pence azzurro, entrambi con l’effigie della Regina Vittoria, contornata da fregio decorativo.

Riprendiamo l’argomento parlando più nello specifico del penny nero e del due pence azzurro. Questi due francobolli, perché erano solo due quell’anno, cominciarono subito ad essere collezionati da un signore che si chiamava Gray. Voi potreste dire com’è possibile due francobolli, sono solo due, eppure anche solo due esemplari sono riusciti ad appassionare, perché il signor Gray, seduto alla sua scrivania, incominciò a dividerli per sfumature di colore, per il taglio, per i bolli di annullamento e per tutte le curiosità che ci possono essere su un francobollo andando ad individuare anche quei piccoli errori, quelle piccole differenze dovute al logorio delle matrici, di qui uno studio unico nel suo genere.

Va detto che l’uomo per natura tende a conservare ed ordinare ciò che possiede, ed in questo esercizio egli accentua e fortifica il proprio senso dell’ordine.

L’uomo non raccoglie disordinatamente, ma secondo un principio, uno studio, una selezione che è sempre alla base di una ricerca. La filatelia, richiede nozioni tecniche che si apprendono, per chi non ha in famiglia un precursore, con appositi manuali o, come detto, con la tradizione orale come ogni e qualsiasi arte.

Il metodo, l’ordine, il gusto sono alla base di ogni raccolta, dalla più semplice a quella più complessa. Un piccolo aiuto comunque lo potete trovare anche in questi articoli e per qualsiasi altra notizia sono a disposizione delle Lettrici e dei Lettori che vorranno contattarmi scrivendo al nostro giornale.

Salvatore Adinolfi

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