Maxi condono per la Sagrada Familia

L’iconica basilica della Sagrada Familia di Barcellona dovrà pagare circa 36 milioni di euro alle autorità comunali per non essere mai stata in regola con i permessi edilizi; nessuna licenza di costruzione per tirare su uno degli edifici religiosi più famosi e suggestivi del mondo.

La splendida opera dell’architetto spagnolo Antoni Gaudì è in costruzione da 133 anni, ma senza alcuna supervisione ufficiale o permesso da parte del consiglio locale o del governo regionale; la basilica non è elencata nel registro delle proprietà e dal 1995 è segnalata nelle mappe topografiche comunali come un lotto vuoto appartenente alla diocesi di Barcellona, almeno secondo il quotidiano spagnolo ElPais.

La questione, davvero imbarazzante, ha imposto di correre ai ripari, così il Consiglio comunale, guidato dalla sindaca Ada Colau, e il comitato di costruzione dell’opera architettonica hanno raggiunto un accordo dopo lunghe trattative: un condono per regolarizzare la posizione dell’edificio di culto e permetterne l’ultimazione dei lavori. Nel 2026 la Sagrada Familia sarà portata finalmente a termine, mentre nei prossimi mesi i permessi verranno regolarizzati e sarà solo da quel momento che il monumento inizierà a pagare normalmente le tasse.

Quando Gaudì iniziò il suo progetto, nel 1882, esso non fu mai effettivamente approvato dal consiglio locale e le cose sono rimaste nascoste e immutate fino allo scorso ottobre. Adesso la sindaca di Barcellona è corsa ai ripari ed ha assicurato, via Twitter, che quei soldi saranno utilizzati per migliorare il trasporto pubblico locale; tragicomico dato che lo stesso Gaudì morì nel 1926 investito proprio da un tram barceloneta.

I lavori che porteranno a termine il faraonico progetto dell’architetto di Dio non seguiranno, tuttavia, le sue originali intenzioni; molto di quello che verrà realizzato è solo un’interpretazione dato che parecchie carte e disegni di Gaudì sono scomparsi durante la Seconda Guerra Mondiale.

In ogni caso, l’ultima pietra è prevista per il 2026, anno del centenario della morte dell’artista.

Nicola Massaro

Spagna: Catalogna, indipendentisti sempre più determinati

Dopo la grande marcia di Barcellona – organizzata per rendere omaggio alle vittime degli attentati terroristici dello scorso 17 e 18 agosto – aumentano le tensioni tra il governo centrale spagnolo e Barcellona. Mariano Rajoy – capo del governo spagnolo – ha chiesto invano ai separatisti della Catalogna di rinunciare al referendum indipendentista previsto per il primo ottobre.
Secondo Carles Puigdemont – capo dell’esecutivo catalano – è impossibile frenare la volontà di un popolo che vuole votare. Tuttavia, secondo Rajoy, la maggioranza dei catalani non desidera questo referendum. La stampa spagnola è rimasta indignata non soltanto per le bandiere indipendentiste durante la marcia di Barcellona, ma anche per fatto che il fanatismo indipendentista, ponendo la questione di una Catalogna autonoma davanti alla memoria delle vittime del terrorismo, stia tentando di rompere un senso di unità nazionale che è indispensabile anche nella lotta contro Daesh.
Intanto, i collettivi indipendentisti si preparano a lanciare una campagna in favore del referendum previsto per il primo ottobre.
Danilo Turco

Il terrore sulla Rambla di Barcellona

Finita la dolorosa identificazione delle vittime dell’attentato di Barcellona dello scorso 17 agosto,  costato la vita anche a 3 italiani, ricominciano le polemiche sulle indagini e sulla sicurezza. Madrid e le istituzioni catalane sono in disaccordo sullo smantellamento o meno della cellula jihadista. Ucciso il ricercato Younes Abouyaaqoub di 22 anni e di origine marocchina che il fuggitivo che faceva parte del commando che giovedì 17 agosto si è reso protagonista di due attacchi, uno a Barcellona, con 13 morti (oltre 120 i feriti, 15 in condizioni critiche) e l’altro sul lungomare di Cambrils dove c’è stata una vittima. Otto, invece, sono i terroristi morti e 4 si trovano in stato di arresto.

Se da Madrid il ministro dell’Interno, Ignacio Zoido, ha affermato il totale smantellamento del nucleo terroristico, in considerazione degli arrestati e degli uccisi dalla polizia, i Mossos d’Esquadra, le forze dell’ordine catalane, nonché il Ministro dell’Interno catalano, Joaquim Forn, hanno smentito il governo centrale. La diversità di vedute appare quantomeno inquietante e tende a rafforzare i dubbi dell’opinione pubblica riguardo l’effettivo coordinamento delle forze di polizia nelle indagini e lo scambio di informazioni prima e dopo le stragi terroristiche che stanno insanguinando l’Europa.

Così, nel frattempo, il giovane Abouqaaquob, esecutore materiale dell’attentato sulla Rambla, quello che si è lanciato con un furgone bianco  a velocità folle sulla gente indifesa, fuggitivo è stato rintracciato ed ucciso; mentre il covo degli jihadisti ad Alcanar, saltato in aria durante la preparazione di ordigni esplosivi, ha rivelato la programmazione meticolosa di attentati di portata ancora più grande e distruttiva. Secondo il capo dei Mossos, l’esplosione imprevista della villetta avrebbe stravolto i piani degli attentatori che avrebbero così optato per l’attacco con il furgone lanciato sulla Rambla. Ma poteva essere la Sagrada Familia l’obiettivo originario.

Durante le operazioni di bonifica attorno alla villetta di Alcanar, mercoledì notte, si è verificata un’altra deflagrazione che ha ferito 6 agenti, così sarebbero stati localizzati altri due depositi di esplosivo nel retro della casa. Tanto da rendere necessarie diverse esplosioni controllate e l’evacuazione degli abitanti di alcuni palazzi limitrofi. Eppure, anche di fronte a tutto ciò gli assassini di Barcellona non si sono fermati, portando avanti i loro propositi di morte.

A lasciare ancor più perplessi, anche  la dichiarazione del rabbino capo di Barcellona che ha invitato la sua comunità, da lui definita condannata, a pensare di comprare proprietà in Israele per lasciare la Catalogna, un posto oramai “perso”, dal quale è meglio andarsene prima che dopo.

Rossella Marchese

Terrorismo: Barcellona, Cambrils e lo spettro dell’autonomia catalana

 

In seguito ai due attentati di Barcellona e Cambrils, la pista di matrice terroristica si conferma. Il 19 agosto 2017 gli editorialisti della stampa spagnola hanno evidenziato l’importanza della questione unità nazionale in rapporto alla lotta contro il terrorismo.

L’articolo “Espagne: après les attentats, le spectre de l’autonomie de la Catalogne”, pubblicato da RFI il 19 agosto 2017, evidenzia come la stampa spagnola critichi quasi in modo unanime i commenti fatti da Carles Puigdemont – Presidente della Regione “Generalitat de Catalogne” – relativi al fatto che gli attacchi terroristici di Barcellona e Cambrils non muteranno (nonostante le interdizioni del sistema giudiziario e del governo di Madrid) la tabella di marcia relativa al referendum per l’indipendenza della Catalogna previsto per il primo ottobre.

Secondo il quotidiano (di Madrid) ABC, una tale dichiarazione evidenzia l’inopportunità politica o peggio ancora un errore etico sul significato del concetto d’interesse generale e di bene comune. Il giornale Catalano La Vanguardia critica la strumentalizzazione politica dell’attentato ed evidenzia come in nemici della Catalogna non siano a Madrid (e viceversa). Gli antagonisti della Spagna sono coloro i quali ritengono che il tempo del dialogo e dell’intesa abbia ceduto il posto a quello dei rimproveri e degli insulti. El Pais ritrae il popolo spagnolo come la carta vincente, pronto a essere esemplare e a mobilitarsi all’insegna della frase “No tinc por” (“io non ho paura” in catalano).

La sicurezza è una dei temi in cui le frizioni tra la regione della Catalogna e il governo centrale spagnolo sono particolarmente alte. La Catalogna e Madrid hanno migliorato i livelli di cooperazione. A luglio, il Ministro dell’Interno e la polizia catalana si sono riuniti per la prima volta dopo diversi anni. La polizia catalana è diventata parte del centro d’intelligence contro il terrorismo e il crimine organizzato. Tuttavia, a dispetto di tutti questi sforzi, i dispositivi di sicurezza di Barcellona sono spesso considerati inadeguati.

Molte critiche provengono dai partiti dell’opposizione e dal Ministero dell’Interno che aveva richiesto delle misure preventive e di protezione – mediante l’impiego di barriere e di più polizia – nei punti nevralgici della città. Il comune di Barcellona era d’accordo sull’incremento delle misure di sicurezza, ma solo in occasione di grandi eventi (come concerti o importanti partite di calcio). Pertanto, tali misure non dovevano costituire un approccio strategico quotidiano. Sulle Ramblas il comune aveva preferito impiegare una persistente presenza di polizia, ma senza installare blocchi di cemento. Secondo alcune critiche fatte al sindaco di Barcellona Ada Colau, queste barriere avrebbero potuto impedire alla vettura di proseguire il suo tragitto e di conseguenza avrebbero reso il bilancio in termine di vittime meno grave. Tuttavia, il sindaco ha replicato che è impossibile garantire la sicurezza al 100%.

Al momento dell’attentato, il comune di Barcellona aveva un livello di allerta pari a 4 (stabilito nel 2015, in seguito agli attentati successi in Francia) su una scala in cui il massimo livello è 5. Quest’ultimo livello prevede il dispiegamento dell’esercito per le strade della città.

Danilo Turco

 

 

 

 

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