Catalogna: una mancata mediazione ufficiale da parte dell’Ue

Nessun ruolo d’intermediazione è stato proposto ufficialmente dall’Unione europea per la risoluzione delle tensioni tra il governo spagnolo e la Catalogna. L’Ue non vuole rischiare di incrementare le rivendicazioni autonomiste a livello regionale, né ledere la sovranità nazionale della Spagna.

Secondo la Commissione europea le tensioni tra il governo della Spagna e la Catalogna rappresentano una questione interna spagnola. Il Parlamento europeo si è dimostrato critico non soltanto sulle violenze perpetuate dalle forze di polizia, ma anche sul progetto indipendentista. Tuttavia, nessuna istituzione comunitaria e nessuno dei tre principali partiti del Parlamento europeo hanno richiesto un ruolo ufficiale di mediazione.

Secondo l’eurodeputato Alain Lamassoure – profondo conoscitore della questione basca ed ex deputato dei Pyrénées-Atlantiques negli anni ’80 –, lo svolgimento di una mediazione ufficiale potrebbe costituire un vantaggio per Carles Puigdemont. Inoltre, Lamassoure evidenzia come le istituzioni europee non intendano indebolire uno Stato membro sovrano. Il funzionamento dell’Ue si basa sull’unità e la stabilità dei suoi Stati membri. Bruxelles senza dubbio aspira a un dialogo tra Madrid e Barcellona; tuttavia, Lamassoure considera qualsiasi ingerenza negli affari spagnoli inammissibile, poiché non c’è stata alcuna violazione dello stato di diritto, né si sono verificate delle discriminazioni giuridiche.

Le immagini della violenza perpetuata durante il referendum hanno turbato il nord dell’Europa e hanno fatto ricordare scenari di tipo sovietico. Ciò nonostante – per timore di aprire il vaso di Pandora delle rivendicazioni autonomiste regionali – nessuna domanda è pervenuta da Parigi, Bruxelles o Berlino, sebbene la crisi sia così profonda e la posizione di Madrid rigida rispetto all’istanza indipendentista catalana (anche  se Puigdemont sembra aver rinunciato a una dichiarazione unilaterale di indipendenza).

La linea europea, di non prendere alcuna posizione su tale questione di politica interna della Spagna, è stata sposata integralmente anche dalla Svizzera. Per questa nazione, come per l’Ue, una facilitazione sarebbe ammissibile solo se richiesta dalle parti direttamente interessate.

Danilo Turco

«Catalonia is Spain»: tensioni per il referendum

Il primo ottobre alle 9.00, sono stati aperti alcuni seggi per il referendum per l’autodeterminazione della Catalogna. Madrid ha promesso di ostacolare lo svolgimento di questa votazione.

Domenica 1° ottobre, alcuni seggi per il voto del referendum per l’autodeterminazione della Catalogna sono stati aperti alle 9.00. Altri seggi sono stati circondati dalla polizia che ha sequestrato le urne e le schede elettorali. Le forze di polizia sono entrate con la forza nel seggio elettorale del presidente regionale Carles Puigdemont che, tuttavia, è riuscito a votare presso un altro seggio.

Le conseguenze di una secessione della Catalogna – che rappresenta il 19% del PIL della Spagna – sono difficilmente calcolabili e molto inquietanti per molti spagnoli. Madrid ha promesso di impegnarsi a contrastare questo voto. Carles Puigdmeont ha garantito, in caso di vittoria del “si”, la proclamazione dell’indipendenza entro 48 ore.

La polizia catalana aveva avuto la precisa direttiva di recarsi, di prima mattina, presso alcuni centri per bloccarne l’accesso e per invitare eventuali occupanti a uscire. Tuttavia, Enric Millo – Rappresentante dello Stato in Catalogna – ha vivamente criticato la polizia catalana che non ha impedito agli elettori di depositare le schede elettorali nell’urna. Il Governo spagnolo ha comunque inviato nella Regione, alle 8 del mattino, la polizia e la guardia civile per fermare i seggi e sequestrare il materiale elettorale. Nonostante l’ordine di procedere con delicatezza, a Barcellona, 38 votanti sono stati feriti dalla polizia che ha impiegato dei proiettili di gomma. Carles Puigdemont ha parlato di impiego ingiustificato, irrazionale e irresponsabile della violenza da parte dello Stato.

Per aggirare i blocchi della polizia ai seggi elettorali, il governo indipendentista sostiene l’idea di un censimento universale e cioè, tutti i cittadini catalani possono votare in qualunque seggio e non solo in quelli in cui sono iscritti. Secondo il governo della Catalogna, nonostante l’intervento della polizia, il 73% dei seggi elettorali erano ancora aperti a mezzogiorno.

Il 6 settembre gli indipendentisti avevano deciso questo referendum, nonostante l’interdizione della Corte costituzionale. L’opinione nella Regione è divisa in parti quasi uguali sull’indipendenza, ma si reputa che la maggioranza aspiri a un referendum legale concordato con Madrid. Da qualche anno la volontà indipendentista si è irrobustita nella potente Regione autonoma della Catalogna. Né i procedimenti giudiziari, né gli arresti o le perquisizioni sono riusciti a dissuadere i separatisti di questa Regione dall’organizzare uno scrutinio irregolare. Tuttavia, molte persone sono scese in piazza per protestare contro un referendum considerato non rappresentativo. «Catalonia is Spain» era scritto su alcuni cartelloni.

Danilo Turco

Spagna: Catalogna, indipendentisti sempre più determinati

Dopo la grande marcia di Barcellona – organizzata per rendere omaggio alle vittime degli attentati terroristici dello scorso 17 e 18 agosto – aumentano le tensioni tra il governo centrale spagnolo e Barcellona. Mariano Rajoy – capo del governo spagnolo – ha chiesto invano ai separatisti della Catalogna di rinunciare al referendum indipendentista previsto per il primo ottobre.
Secondo Carles Puigdemont – capo dell’esecutivo catalano – è impossibile frenare la volontà di un popolo che vuole votare. Tuttavia, secondo Rajoy, la maggioranza dei catalani non desidera questo referendum. La stampa spagnola è rimasta indignata non soltanto per le bandiere indipendentiste durante la marcia di Barcellona, ma anche per fatto che il fanatismo indipendentista, ponendo la questione di una Catalogna autonoma davanti alla memoria delle vittime del terrorismo, stia tentando di rompere un senso di unità nazionale che è indispensabile anche nella lotta contro Daesh.
Intanto, i collettivi indipendentisti si preparano a lanciare una campagna in favore del referendum previsto per il primo ottobre.
Danilo Turco

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