Il caso inquietante che ha coinvolto un gruppo di donne yazide è scoppiato in Germania poco tempo fa, ma ha creato subito allarmismo attorno a quello che è, ormai, il tema centrale del dibattito politico europeo degli ultimi mesi: la sicurezza delle frontiere.
Il punto di partenza è la storia che una giovane yazida ha raccontato ai media tedeschi lo scorso agosto; fuggita dall’Iraq dopo essere stata venduta ad un miliziano dell’Isis che l’ha stuprata e seviziata per mesi, arrivata in Germania, da rifugiata, ha incontrato il suo carnefice nei pressi di Stoccarda, davanti ad un supermercato. Nonostante abbia denunciato l’accaduto, la giovane non è riuscita a fare arrestare l’uomo e ha deciso di ritornare in Iraq.
Il dramma delle donne yazide, divenute schiave sessuali per sedicenti appartenenti allo Stato Islamico, è noto alla Comunità Internazionale almeno dal 2015; la schiavitù sessuale è una pratica che l’Isis ha ritenuto di dover istituzionalizzare, non solo attraverso una burocrazia dello stupro (mercati dove vengono vendute le donne, listini prezzi, contratti d’acquisto notarizzati da corti islamiche), ma anche con una teologia dello stupro. Il settimanale dell’Isis Dabiq spiegava, non molto tempo fa, come fosse legittimo trattare le donne yazide quali spoglie di guerra; mentre il «Dipartimento Fatwe» dell’Isis illustrava la liceità di avere rapporti anche con ragazzine che non avessero raggiunto la pubertà.
Alla luce di questi fatti, che sono storia a noi contemporanea, l’episodio vissuto dalla giovane ha più dell’inquietante.
Secondo gli attivisti yazidi e siriani presenti in Germania, non è stato un caso isolato. Dopo l’attacco alla città irachena di Sinjar, nell’agosto del 2014, circa 1800 giovani donne sono state rapite e seviziate dall’Isis; molte di quelle che sono riuscite a fuggire in Europa, dopo che la famiglia ne ha pagato il riscatto, hanno trovato rifugio in Germania dove sono stati avviati dei programmi di supporto, per queste donne e e per tutti i profughi accolti nel paese, di circa 95 milioni di euro. Tuttavia, assieme alle vittime, pare che in Europa siano arrivati anche i criminali, e che questi godano degli stessi diritti delle donne che hanno torturato. Come ha spiegato ai media tedeschi (e non solo) Aghiad Al Kheder, il siriano portavoce dell’associazione Sound and Picture, che è diventata un punto di riferimento per i rifugiati in Germania, è accaduto che alcuni affiliati al gruppo terroristico abbiano rubato l’identità ad altri siriani e siano riusciti ad ottenere asilo politico approfittando della politica delle porte aperte di Angela Merkel. Sarebbero entrati in questo modo circa 900 membri dell’Isis in Germania. Mentre un altro gruppo è rappresentato dai returneers, i foreing fighters che hanno combattuto in Siria e hanno fatto ritorno in Europa. Ovviamente, si sta lavorando per l’identificazione e l’incriminazione di questi soggetti. Inoltre, a far ben sperare la comunità yazida è il fatto che la Germania è uno dei pochi Paesi che permette di procedere contro un soggetto per reati commessi aldi fuori della sua giurisdizione; ed è proprio dalla Germania che gli yazidi hanno fatto partire le denunce contro gli jihadisti, per portarli, in futuro, di fronte alla Corte dell’Aja.
Rossella Marchese