Pubblicare il primo romanzo a 58 anni con un editore indipendente e vincere la cinquantaquattresima edizione del Premio Campiello “Opera prima” nel 2015. Un riconoscimento giunto “solo” 45 anni dopo averne scritto la prima pagina in un istituto religioso, nel memorabile 14 maggio 1975. Nel mezzo aver consumato decine di mestieri più diversi in giro per il mondo.
La parola “felicità” è spesso bandita anche nel gergo degli scrittori, come un rito scaramantico quasi che il migliore stato d’animo umano possa evaporare nelle contingenze di vendita dei principali produttori editoriali nazionali.
La gioiosa anomalia traspare da subito nell’incontro con Matteo Locci, al secolo Gesuino Nemus, autore de “La teologia del cinghiale”, distribuito nella primavera 2015 per i tipi di Elliot editore.
La presentazione del libro, recentissimo caso editoriale, avviene nella fresca serata dello scorso cinque agosto a Porto Torres, nel programma regionale Entula, festival del libro diffuso, promosso da Liberos (http://liberos.it/). Nutrito il parterre all’aperto presso la libreria Koinè al corso Vittorio Emanuele dove con Aldo Addis è Barbara Proli a interloquire con lo speciale autore originario dell’Ogliastra. Sin dalle prime battute esterna una personalità unica dai toni inediti, rispetto ai consueti canoni di un reading letterario: “… questo libro è la Salerno Reggio Calabria della letteratura…”.
La modestia di Locci non è uno stratagemma manicheo ad uso di strategie editoriali di vendita.
La narrazione del suo vissuto sovrappone, in un incastro antropologico, la trama del romanzo. Un complicato caso di cronaca nera avvolto in una ambientazione noir carica di visioni autoctone, sospese fra la tradizione di una terra insulare e antica con l’avviata modernità di una nuova era universale scandita con i primi passi umani sulla Luna nel 1969.
Stupefacente risulta la semplicità fiabesca, congenita alla scrittura di Nemus. Uno pseudonimo scelto non a caso, quasi a rimarcare l’imposizione di una scelta relazionale di tenue profilo. Inversamente proporzionale ad una produzione bulimica di un testo dalla lunghezza spropositata nella sua bozza originaria. Quest’ultima alimentata da una lettura onnivora dell’Autore, ritrovatosi, ancora dopo i cinquant’anni, senza un lavoro stabile. L’eccessiva non autostima nelle proprie potenzialità, descritta con una ironia ruvida e tragicomica, ben rappresenta la cifra neorealistica del mancato decollo sociale dell’isola. Sarà proprio l’ostinato tentativo di affrancarsi dal giogo dell’appiattimento passivo, dall’unanime pianto di un percepito isolamento culturale oltre l’oggettiva insularità del luogo natio, il paradosso vincente in una sfida dall’apparente esito scontato.
“Il 12 febbraio 2015 invio per la prima volta il testo ad una casa editrice, il 18 ho un contratto…” – insiste Nemus, nell’emozione di un ricordo simile al pellegrino reduce da Lourdes, guarito miracolosamente da una atroce infermità. Il neo romanziere aggiunge l’incredibile requisito, richiesto all’epoca dall’editore romano: l’invio del testo su carta. Un invito a nozze per l’autore di Jerzu (centro barbaricino noto in tutto il mondo per l’eccellente Cannonau), amanuense sin dall’infanzia che, solo sul crepuscolo del secolo breve, aveva socializzato con i primi dispositivi automatici di videoscrittura.
Barbara Proli, docente di lettere, ricercatrice competente nella letteratura sarda emergente, declina la prosa complessa e composita di Nemus (sul tavolo della discussione anche il secondo romanzo – Elliot 2016 – “ I bambini sardi non piangono mai”), estraendone la leggerezza essenziale della lettura. Focale decisiva nel successo popolare che è valsa la conquista del Campiello oltre l’accesso alla finale del premio Bancarella. Un’impresa titanica per un testo esordiente con un editore indipendente. Una storia felice nel terzo millennio in un’isola che c’è, seppure piegata su se stessa. Un evento che insegna quella rivoluzione culturale possibile espressa nelle potenzialità di ciascuno, nessuno escluso. Lo stimolo all’emulazione virtuosa, nella consapevolezza dei propri mezzi è la lezione migliore nella notte d’agosto turritana.
Il prossimo appuntamento con Entula nel centro turritano è il 18 agosto. In arrivo lo scrittore russo Nicolai Lilin, autore de “Spy story love story”, Einaudi 2016.
Luigi Coppola