I dati confortanti del 2017 per il Portogallo sono: crescita del 2,6 per cento, calo del debito, deficit all’1,7 per cento e disoccupazione all’8,5.
La suddetta eccezionale performance economica del Portogallo è giunta a tali risultati sotto un governo di coalizione del partito di sinistra con quello di estrema sinistra, eletta in base a un programma di critica ai diktat di Bruxelles che chiedeva il ripudio del debito pubblico, l’uscita dall’euro e dalla Nato, e la rinazionalizzazione di interi settori dell’economia portoghese.
Il simbolo di questa bizzarra combinazione di radicalismo politico e di performance economica, è la figura di Mario Centeno, il ministro delle Finanze che, almeno a parole, ha elaborato il piano per rompere con la logica dell’austerità imposta da Bruxelles ed è stato appena eletto presidente dell’Eurogruppo.
Paradossalmente è stato apprezzato anche dai critici delle politiche di austerità.
Quindi, cosa è successo tra il 2011 e oggi, cioè da quando il Portogallo voleva inizialmente affrontare la crisi smarcandosi da Grecia e Irlanda prima di negoziare un piano di salvataggio da 78 miliardi di euro?
Le crisi del 2008 e del 2010 colpiscono gravemente l’economia del Portogallo, che già si caratterizzava per diversi squilibri. Il continuo aumento del deficit, la crescita del debito, sia pubblico sia privato, l’aumento del disavanzo delle partite correnti, l’improvvisa cessazione dei flussi di capitali dal Nord al Sud, la crisi del credito, chiudono bruscamente al Portogallo le porte di accesso ai mercati finanziari. Il Portogallo cerca quindi l’aiuto dell’Ue e del Fondo monetario internazionale per poi accettare un drastico piano di riforme strutturali elaborato dalla Troika.
A partire dal 2014, la crescita riparte, la disoccupazione vive una fase di calo e la bilancia dei pagamenti lentamente si stabilizza.
In questo contesto, l’arrivo al potere di un governo di sinistra-estrema sinistra non porta con sé il rifiuto delle politiche di austerità iniziate nel 2011, ma produce un moderato alleggerimento dei vincoli alla domanda interna: aumenta il salario minimo e le pensioni più basse, senza indietreggiare sui tagli alla spesa e sulle riforme approvate.
E’ anche la ripresa della crescita nell’area euro che contribuisce anche alla ripresa del Portogallo.
Quindi è accaduto che la combinazione di una competitività che ha dato ripresa alla crescita, un leggero stimolo alla domanda e la difesa del rigore di bilancio, in un contesto di ripresa europea e globale, ha reso possibile il miglioramento del Portogallo nel 2017. Infatti, la contrazione della spesa pubblica e le riforme strutturali hanno consentito di migliorare la solvibilità del Paese, ripristinare l’equilibrio commerciale con l’estero ed eliminare i diversi ostacoli alla crescita.
L’attuale ripresa è sostenuta dalle esportazioni verso l’Ue e dalla adeguata gestione del debito e qualità del governo.
Danilo Turco