I cinque pilastri della salute, i diritti civili e i diritti dei più fragili

Durante la lezione sui diritti civili e i diritti dei più fragili dell’antropologa Margaret Mead, uno studente venne colto da una forte curiosità riguardo quale fosse stato il primo segno di civiltà in una cultura. La domanda venne accolta con grande piacere dalla Mead la quale volle dare una risposta esaustiva ai fini di trasmettere un messaggio forte e chiaro ai suoi studenti; ciò che conta ed è sempre contato, a quanto pare, è la premura che abbiamo verso il prossimo. Difatti, il primo segno di civiltà in una cultura è stato un femore rotto e poi guarito. Un femore guarito è la prova che qualcuno si è preso cura del ferito, che ne ha bendato le ferite, che lo ha portato in un luogo sicuro e lo ha aiutato a sentirsi meglio. “Aiutare qualcun altro che si trova in difficoltà è il punto da cui una civiltà inizia” – concluse l’antropologa.

Lo studente fu sorpreso ma allo stesso tempo compiaciuto dalla risposta, in quanto credeva che la Mead gli avrebbe raccontato di armi, pentole e terracotta, di macine di pietra. Ma la risposta fu ben più complessa. Infatti, quel giorno, gli studenti hanno imparato non solo qual è stato il primo segno di civiltà in una cultura, ovvero la prima volta che l’uomo ha provato il sentimento dell’empatia e l’ha riconosciuto (aiutando il prossimo) ma hanno compreso e imparato a provare empatia verso chi ha bisogno di aiuto e, quindi, ogni alunno ha appreso il concetto di fragilità. Questo concetto si traduce in “facile rottura”: la persona fragile e insicura, di conseguenza, ha scarsa autostima, si scoraggia e si deprime facilmente. Ed è colei che ha proprio più bisogno di aiuto.

Ma quali dimensioni includono il concetto di fragilità? Nella dimensione spazio-tempo la fragilità assume connotati che includono i regni di ogni natura; dall’aspetto fisico e psicologico,  a quello socio economico e territoriale. Comprendere che ogni essere vivente possa essere fragile, fa sì che ogni individuo si riconosca parte della comunità, e si assuma la responsabilità sociale di non lasciare mai nessuno solo nelle difficoltà e nella disperazione. Se lo stato trasmettesse sicurezza e certezza ai cittadini, ( a partire dall’organizzazione dei servizi pubblici, a fornire lavoro, e tanto altro) quest’ultimi sarebbero di certo persone appagate e avrebbero quella serenità mentale fondamentale per condurre uno stile di vita sano e di conseguenza per vivere in empatia con il prossimo e riuscirebbero, così, a prendersi cura l’uno dell’altro.

Alessandra Federico

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