La stampa tipografica dei francobolli

In questo articolo tratteremo i diversi modi con cui sono stati stampati i francobolli italiani ed anche quelli della vicina Repubblica di San Marino.

I sistemi principali di produzione dei francobolli sono quello tipografico, usato fino al 1929 con alcune eccezioni ed il sistema rotocalcografico usato dal 1929 in poi. Oltre a questi due sistemi,che possiamo definire principali, sono stati utilizzati i sistemi litografico, quello in offset o fotolitografico, il calcografico ed il rotocalcografico, qualche volta, come vedremo più avanti, anche contemporaneamente.

La stampa tipografica consiste nel creare una composizione recante in rilievo le parti destinate a dare la stampa. L’inchiostro versato sulla composizione, a contatto con la carta, impregna le parti in rilievo e nel successivo contatto determina la composizione dell’immagine.

Una delle caratteristiche di questo tipo di stampa è che i francobolli stampati presentano il disegno leggermente in rilievo anche al rovescio. Per la stampa tipografica dei francobolli si parte da un punzone in acciaio sul quale il disegno del francobollo viene inciso negativamente a mezzo di bulino. Con un bilanciere, in cui è inserito il punzone, vengono punzonate tante impronte di piombo, quante ne occorrono per la composizione di un foglio di 200 o 400 francobolli. Composta la relativa forma, questa è immessa nel bagno galvanico dove la forma di piombo viene riprodotta in rame. La stampa è eseguita su macchina tipografica nella quale le parti in rilievo della composizione vengono inchiostrate per imprimere l’immagine da riprodurre.

I francobolli tipografici italiani furono emessi dal dicembre 1863 per l’Italia e dall’agosto 1874 per la Repubblica di San Marino fino al 1929, per essere precisi detto tipo di stampa continuò per i pacchi postali fino al 1945.

Nello stesso periodo, comunque accanto a questo sistema di produzione tipografica furono utilizzati anche, per alcuni valori, il sistema litografico e quello in calcografia. I francobolli stampati in tipografia hanno in comune numerosi elementi relativi alla composizione dei fogli, alle diciture marginali, ai numeri progressivi e numeri di tavola apposti sul margine superiore dei fogli, al fondo di sicurezza, alla gomma e alla dentellatura. Va, comunque, detto che la stampa dei francobolli italiani spetta allo Stato, in applicazione della norma contenuta nell’articolo 26 della legge sulla riforma postale del 5 maggio 1862 n. 604. Lo Stato italiano ha sempre provveduto a questo suo compito, ad eccezione del periodo relativo alla parentesi londinese ed altre poche serie emesse, per i curiosi, nel 1908, 1921, 1923, 1925 e 1944. Con la legge 11 maggio 1865 n. 2285 fu creata l’Officina Governativa Carte Valori, mentre il successivo R.D. 25 maggio 1865 n. 2316, contiene le norme per l’impianto dell’Officina, che fu posta alle dipendenze del Ministero delle Finanze.

Salvatore Adinolfi

 

Ripercorrendo la storia della posta militare

A beneficio dei tanti lettori amanti della storia,dedichiamo alla posta militare uno spazio nella nostra rubrica. Potranno così attraverso questa ricostruzione, seppur limitata, ripercorrere brevemente le vicende delle guerre mondiali, le nostre vicende in Albania, Grecia, Iugoslavia, gli spostamenti delle armate, le varie dislocazioni delle nostre forze militari e degli alleati sul campo di battaglia. In verità all’epoca della Prima Guerra Mondiale non c’era un’affrancatura dedicata ai militari, ma solo bolli, timbri e fascette. Quando la lotta si fece più dura ed il silenzio e la censura imperavano, spesso l’unica dicitura consentita come indirizzo del soldato era una laconica scritta “zona di guerra” ed una matricola che indicavano a chi doveva rispondere la località dove il militare era assegnato e spesso anche per queste comunicazioni si utilizzavano cartoline in franchigia. Successivamente, nel Secondo conflitto mondiale, per questioni di interesse più squisitamente economico, furono utilizzati francobolli della serie imperiale sovrastampati con la dicitura “P.M.”.

L’emissione di questi francobolli, destinati in primis ai militari operanti in Albania, Iugoslavia e Grecia, avvenne attraverso l’emanazione di due decreti ministeriali, il primo datato 11 settembre 1942 ed il secondo 25 luglio 1943. Complessivamente furono autorizzati 20 valori. La validità ufficiale scadeva il 7 agosto 1945, ma il loro uso fu tollerato per quasi un anno fino al luglio 1946. Di questi 20 valori alcuni su busta regolarmente viaggiati sono abbastanza rari ed il costo è anche notevole. Per regolarmente viaggiati si intende che sono stati utilizzati in affrancature di emergenze dall’8 settembre 1943 al 7 agosto 1945, data di validità del decreto ministeriale, l’utilizzo successivo è di scarso valore filatelico. Anche la storia di questi francobolli è particolare, la loro emissione fu autorizzata per sostituire i francobolli italiani utilizzati negli uffici di posta militare in Albania, Grecia, Iugoslavia e negli altri paesi limitrofi, in quanto qualche solerte ufficio postale si era accorto che molto del quantitativo di francobolli italiani inviati in quelle località era acquistato ad un prezzo di gran lunga sotto il facciale per effetto della moneta locale e rivenduto in Italia con un largo margine di guadagno. I prodotti cambiano ma la nostra natura “commerciale” no.

Per ritornare alla storia va detto che nel periodo che va dal 1915 al 1923 circa 30 corpi d’armata erano stati dislocati sul fronte di guerra insieme a tanti altri comandi più piccoli ed alle tantissime divisioni, tutti o quasi tutti con timbri postali identificativi autonomi, posta da campo delle 30 armate che all’inizio del 1915 erano dislocate sul territorio. Parliamo della 1^. Le armate erano schierate nella Venezia Tridentina dallo Stelvio alla Croda Grande occupando il versante della Vallarsa dalla parte di Rovereto, fino alla Valsugana. In questo territorio furono utilizzati 21 timbri postali diversi di posta militare, oggi il valore di questi timbri varia da zona a zona. Ci sono timbri come quello dell’Ufficio Posta Militare 1^ Armata A dell’11/10/15 che sono rarissimi ed altri molto comuni. Gli Uffici più importanti operarono tra Verona Ala, Malcesine e Vicenza. Dal 28/5/15 operò lo sportello di Vicenza del Comando della 1^ Armata e dal marzo del 1918 si spostò a San martino Buonalbergo sino al 7/11/18, dal giorno successivo cominciò ad operare a Trento sino alla chiusura definitiva.

Salvatore Adinolfi

Francobolli: la formazione del prezzo

Guardando un catalogo di francobolli bisogna sempre ricordare un concetto fondamentale: quello della formazione del prezzo.

Il prezzo dei francobolli non può subire sconti applicati in modo fisso sempre e comunque. Gli sconti che si possono fare sul prezzo di catalogo sono estremamente oggettivi, parliamo sempre di vendita normale e non dovuta a situazioni disastrose per cui si è costretti a svendere per forza per realizzare denaro. In una situazione normale di vendita e di acquisto il prezzo è sempre determinato in primis dalla rarità del pezzo per cui quello introvabile, rarissimo anche se “spellato”, anche mal centrato, anche con qualche piccolo bollo deturpante, è pur sempre un pezzo di grande valore. Ma allora come possiamo districarci in questo settore cercando di determinare un prezzo, il più equo possibile, pur in presenza di una quotazione di catalogo abbastanza impegnativa?

Ecco alcuni parametri da considerare. Primo la centratura: più la centratura rilascia un’immagine uguale in tutti gli angoli e più il francobollo si vicina a quella bellezza che definiamo “standard massimo”. Per essere più precisi il bianco che circonda l’immagine centrale deve essere più o meno uguale in tutti i settori, questa differenza nella centratura determina un prezzo sicuramente molto più alto di quello già assegnato dal catalogo che generalmente si riferisce ad una centratura di buon livello, ad esempio un francobollo con margini molto grandi con un annullo leggero, non deturpante, con i colori vivi e non smorti magari dovuti ad un’imperfetta conservazione possono far valere un pezzo due o tre volte ed anche di più del prezzo indicato dal catalogo. E ovviamente è valido anche il contrario, margini corti, annulli brutti perché impediscono la visione chiara della vignetta, strappi o tagli possono creare un abbattimento del prezzo anche del 90%.

All’occhio di un inesperto sembra difficilmente credibile che due francobolli pressoché uguali possano avere valori così fortemente diversi. In questo range esiste tutta una serie di valutazioni intermedie sempre tenendo in considerazione i parametri suesposti che, come già detto, possono far lievitare in maniera significativa il valore. E’ sempre opportuno, quindi, qualora si volesse acquistare francobolli di un certo valore affidarsi ad esperti della materia, far corredare i pezzi con più certificati proprio per cercare di ridurre al minimo i rischi rivenienti da valutazioni approssimative e  facilone di un mercato filatelico dove spesso si possono infiltrare personaggi con pochi scrupoli. Il perché è anche facilmente intuibile, i pezzi rari si comprano e si conservano talvolta anche per decine di anni e quando poi viene il momento per qualcuno di realizzare spesso si trova a contare una serie di errori di valutazione che all’atto dell’acquisto non sono stati tenuti in considerazione e sono spesso dettati anche dall’emotività che dà il tenere fra le mani un pezzo raro di cui si è sempre agognato il possesso.

Nel campo filatelico ci vuole molta attenzione, un invito che mi sento di fare a tutti compresi i commercianti è quello di non sponsorizzare solo i pezzi rari, la filatelia è bella anche se i pezzi sono quelli comuni.

Salvatore Adinolfi

Francobolli macchiati, cause e possibili cure

In molte occasioni è possibile osservare delle piccole macchie di vari colori su carte antiche ed anche sui francobolli applicati su vecchie lettere. Sicuramente ci saremo chiesti di che natura erano queste macchie, che cosa erano, e sembra opportuno pensare di fare un’indagine conoscitiva sulle cause di queste più o meno vistose alterazioni della cellulosa. È ovvio comunque che materiale filatelico con queste caratteristiche penalizzanti è di scarso valore, se non per quei valori per i quali  non averlo e averlo alterato è preferibile la seconda soluzione.

La carta è un materiale che fino a qualche anno fa era prodotta dalla cellulosa dell’albero, per cui era un materiale organico soggetto a tutte le alterazioni che potevano prodursi con una cattiva conservazione ed era quindi soggetta ad agenti patogeni di ogni tipo che potevano con diverso impatto alterare la carta.

Con una conservazione in un luogo asciutto e ventilato, con una pulizia frequente, la carta può avere limiti di conservazione incredibili, infatti abbiamo testimonianze di papiri di oltre 4000 anni fa, ma quando su questa per i casi più fortuiti s’innesta l’umidità ed una cattiva conservazione è facile che si impiantino delle colonie di microrganismi. Accade così che la lenta erosione ed escavazione di questi agenti intacchi, se così possiamo dire, il tessuto connettivo della carta. Ed in molti casi è successo proprio ciò. Va ricordato che nei tempi andati la distribuzione della posta avveniva con i mezzi più disparati ed in qualche caso anche fortuiti e spesso, prima di essere consegnata ai destinatari, restava in luoghi aperti per molto tempo in sacchi di iuta alla mercé di tutti gli agenti atmosferici del momento. Situazione che favoriva in molti casi l’attecchimento di colonie di microrganismi quasi come se fosse un “cultivar di allevamento” di agenti patogeni consentendo così la creazione di quell’humus ideale per vivere e moltiplicarsi. Questa degenerazione dava poi origine ad una vasta gamma di spore fungine capaci di dar vita a numerose tipologie di muffe.

Va ricordato, senza allarmare nessuno, che le lettere sono state sempre in grado di fare da veicolo trasportando colonie di microorganismi portatori anche momenti particolari quali ad esempio le pestilenze di contagio per cui era necessario addirittura bonificarle con la disinfezione. A tal proposito vanno ricordati i bolli adesivi di Reggio Emilia che si applicavano sui contenitore delle missive durante la peste del 1855, per i collezionisti va detto che i bolli recavano la scritta “Uffizio di disinfezione di Regio” ed erano di quattro tipi.

Oggi liberarsi della muffa è abbastanza semplice, ci sono tanti prodotti che servono a distruggerla, ma, purtroppo, le carte contaminate e non riprese al tempo rapidamente hanno lasciato anche delle depressioni della carta molto profonde, anche con buchi, tanto da richiedere in alcuni casi l’intervento di un restauratore. Va detto comunque che al di là di quelle che oggi sono le nuove tecnologie ed i nuovi rimedi chimici, le collezioni specialmente di francobolli, di annullamenti, di cartoline e di lettere, vanno custodite in luoghi asciutti molto areati, in quanto la carta ha, come si suol dire, necessità di respirare, e questo è un concetto ben chiaro agli archivisti, ovviamente parlo dei vecchi archivisti, di quelli cioè che trattano ancora la vecchia e cara carta. Per quelli moderni, cioè per quelli che oggi si occupano di CD, DVD e altrti supporti informatici ci sono già altri problemi, infatti con il tempo è stato verificato che anche i CD sono soggetti a deterioramento con perdita di files, per cui è necessario anche per questi ricorrere all’ausilio del “restauratore” per evitare ulteriori perdite di informazioni.

Certo che questa è una bella rivincita per noi che, nonostante tutte le muffe e tutti gli ingiallimenti del tempo, ancora siamo in grado di maneggiare carte di centinaia di anni ed apprezzarne il contenuto, cosa che sicuramente non potrebbe essere fatta con gli strumenti informatici attuali.

Riprenderemo l’argomento cause e cure in un altro articolo.

Salvatore Adinolfi

Il 5 lire del Manzoni

Un valore importante per una collezione è costituito dal 5 lire del Manzoni. È il pezzo più importante di una serie di sei francobolli (10 – 15 – 30 – 50 centesimi, 1 lira e 5 lire) emessa nel cinquantenario della morte del Letterato – Poeta. È sicuramente tra i più rari francobolli commemorativi di posta ordinaria insieme con la serie del Congresso filatelico di Trieste del 1922 e i due alti valori della serie delle Crociere Italiane del 1924 che ebbero però una tiratura inferiore. Ciò è dovuto alla grande dispersione avvenuta di questo francobollo a causa della gomma di cattiva qualità, appiccicaticcia e tenace, che produceva facilmente macchie gialle e rossastre, degli annullamenti falsi, numerosissimi ed infine del formato, che offriva spesso il fianco a possibili difetti di dentellatura.
Vale la pena precisare che tutti i sei valori furono venduti solo a Milano e a Roma, ovviamente perché la prima era la patria del Poeta e la seconda perché luogo delle celebrazioni dell’evento e capitale d’Italia. In verità alcuni pezzi furono usati in altre città anche durante la validità del francobollo, ma sono così tanti quelli con annullo postumo che non vengono presi neanche in considerazione.
La stampa venne effettuata a Roma dallo stabilimento grafico Petitti. Sembra che comunque da questo stabilimento furono immessi sul mercato clandestinamente scarti di stampa, con o senza gomma ed anche non dentellati. Alcuni di questi francobolli furono anche manipolati alterando la dentellatura, addirittura con una doppia dentellatura. Tutte cose abbastanza visibili ed anche poco apprezzate. Ma inquadriamo per un attimo i “dati anagrafici”.
– Data di emissione: 29 dicembre 1923
– Validità: fino al 28 gennaio 1924
– Stampa: tipografica
– Colore: violetto e nero
– Gomma: bianca o giallognola, lucida
– Carta: tra media e sottile a macchina
– Filigrana corona con due simboli per francobollo
– Dentellature a pettine
– Tiratura 35.000 esemplari
Solo per la cronaca va ricordato che l’incisione del 5 lire fu fatta da Enrico Federici, lavorando l’effigie di Manzoni molto finemente. Dico ciò perché una delle falsificazioni dell’epoca riproduceva l’immagine del Manzoni quasi come una scimmia e quindi facilmente individuabile come falso.
Il 5 lire ebbe anche corso nelle colonie italiane e, sovrastampato in rosso, fu usato in Cirenaica, Eritrea, Somalia e Tripolitania, ne furono stampati all’incirca 3750 esemplari per ogni Colonia.
Le varietà conosciute sono poche e fra queste spicca quella con il centro fortemente spostato dalla corona, spostamento di circa 2 mm; con queste caratteristiche ne sono conosciuti 50 esemplari.
Sempre come varietà ci sono quelle con la filigrana capovolta. Il 14° esemplare di uno dei quattro quarti di foglio presenta un interessante ritocco, un tratto verticale più marcato, che completa la parte destra dell’ornato floreale di sinistra (non è un bisticcio di parole), teoricamente con queste caratteristiche, visto il quantitativo di francobolli emessi (35.000) dovrebbero essere 175, ma, come già detto, le distruzioni e le dispersioni hanno creato dei forti vuoti sul già esiguo numero di francobolli.
In ultimo va ricordato che su lettera forse non esistono, ma se c’è qualcuno che lo possiede potrebbe valere anche una fortuna. Altra combinazione assai rara sono le coppie. Occhio ai falsi!

Salvatore Adinolfi

I Perfin

perfin

Nel corso degli anni il francobollo è stato usato nei modi più disparati, come francobollo pubblicitario, come marca da bollo, come chiudilettera, ma abbiamo avuto anche qualche “utilizzo frazionato”ovvero chi era in possesso di un valore più alto, prendiamo ad esempio 10 centesimi e doveva pagare una tassa per un importo pari alla “metà”, con un colpo di forbici tagliava in diagonale il francobollo e lo utilizzava per la tariffa occorrente di 5 centesimi.

Ci sono stati poi in altri Paesi usi di francobolli che pure è utile conoscere. Sono quelli “preannullati” che hanno avuto un largo impiego in Francia, in Ungheria, nel Belgio ed in Austria e persino negli Stati Uniti e nel Canada.

In concreto si tratta di francobolli preannullati dalle Amministrazioni postali dei Paesi suddetti ed utilizzati per l’affrancatura di stampati, circolari, giornali, in definitiva per tutti gli usi per grandi quantità di spedizioni.

Il sistema era semplice: l’annullamento era fatto in anticipo, la clientela prenotava ed acquistava in grandi quantitativi i francobolli che gli servivano per quelle spedizioni che avevano o un annullo tipografico eseguito direttamente a stampa o che poteva essere apposto con quei timbri a mano ancora oggi usati degli uffici postali. Tutto ciò dava luogo ad una sorta di francobolli sovrastampati che a seconda di come erano annullati creava una serie infinita di varietà. Un altro mondo, sempre nell’ambito della filatelia, è costituito dai cosiddetti perfin.

Qualcuno potrebbe chiedere che cosa sono? Semplice, sono francobolli perforati direttamente

dalle aziende per impedire il furto degli stessi da parte dei dipendenti. Tantissimi di questi sono perforati con la sigla BCI (Banca Commerciale Italiana) ed altre ancora.

Ci sono oggi due filosofie completamente contrastanti che regolano questo tipo di francobollo o per meglio dire, il tipo di foratura, c’è, infatti, chi li considera francobolli bucati e quindi rotti e quindi senza nessun valore filatelico e chi invece li considera rarità trattandoli a parte e dando loro un valore addirittura superiore a quello espresso dai cataloghi per i francobolli integri. Noi ci associamo alla seconda filosofia che è quella di considerarli rarità specialmente per quelli che sono i valori più grandi.

Va ricordato che in molti cataloghi specializzati si trovano i perfin e sono quotati con un valore aggiunto rispetto a quello assegnato al francobollo talvolta superiore al doppio se utilizzati prima del ‘900 e al 50% per quelli emessi successivamente.

Sempre in altri Paesi ci sono delle perforazioni ufficiali fatte da alcune amministrazioni postali per destinare i francobolli ad usi più o meno particolari quali tassazione, franchigie e servizi. In quei Paesi dove fu adottato questo tipo di perforazione, i francobolli “bucati” raggiungono anche valori consistenti, in quanto le perforazioni non sono sempre tutte uguali e creano così una serie di varietà notevoli: più punti, più larghi, più stretti, lettere spezzate, ecc.

A titolo esemplificativo possiamo ricordare che la Tunisia ha contraddistinto le prime emissioni dei segnatassi con la lettera T, mentre la Confederazione australiana con le lettere “O.S”, mentre la Baviera con la lettera E. In Svizzera, invece, le Ferrovie usavano per la loro corrispondenza in franchigia una perforazione a croce.

 

Salvatore Adinolfi

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