Quando un genitore è iperprotettivo, lo è solo fin di bene. Lo scopo dei genitori è quello di far crescere i propri figli in un ambiente ovattato per proteggerli anche dai pericoli inesistenti. Vorrebbero, inoltre, che la vita del proprio figlio fosse perfetta e priva di difficoltà e di ostacoli, senza capire che saranno proprio questi ultimi che lo aiuteranno a far sviluppare le proprie capacità e ad acquisire fiducia in se stesso per poi riuscire a cavarsela da solo.
Tutto questo può facilmente provocare l’effetto opposto: timore di uscire dalla propria zona di comfort anche in età adulta, ansia, depressione, e, naturalmente, il bisogno incessante di avere accanto almeno uno dei due genitori per qualsiasi scelta si debba fare, da quella di un abito, fino alla più intima decisione quale quella di un fidanzato/a o di un percorso universitario. Questo, di conseguenza, può far aumentare la paura di crescere e di diventare autonomi e indipendenti. Ancora, potrebbe acquisire grandi difficoltà a gestire la propria vita e a sviluppare una sana autostima, a risolvere le difficoltà da solo e a scoprire il proprio carattere. Nel peggiore dei casi potrebbe divenire una persona molto fragile e facilmente manipolabile dal prossimo.
I bambini hanno bisogno di esplorare il mondo per capire, sin dalla tenera età, chi vorranno essere e quali sono le cose che piacciono o no, per formare il proprio carattere e per iniziare a capire quale potrebbe essere un giorno il proprio posto nel mondo.
Allo stesso tempo, però, una persona cresciuta in un nucleo familiare molto protettivo, può riscontrare anche effetti positivi: essere prudente, riflessivo, giudizioso. Ancora, essere diffidente, che alle volte può portare anche a un giovamento.
Altre volte, invece, potrebbero sentire il bisogno di circondarsi del numero di persone che l’hanno cresciuta e protetta sin dalla nascita.
È giusto che i genitori aiutino i propri figli a superare le difficoltà, ma è ancora più giusto che insegnino loro come si affrontano, intervenendo solo qualora la questione dovesse diventare insormontabile. Ma è fondamentale lasciare loro la giusta libertà per evitare conseguenze poco desiderate.
“Ho trentacinque anni e fino a cinque anni fa non mi ritenevo una persona particolarmente autonoma e indipendente, avevo ancora bisogno di mia madre per prendere qualsiasi decisione, anche la più banale. I miei genitori sono da sempre stati eccessivamente protettivi con me”.
Benedetta, trentacinque anni, napoletana, racconta la sua esperienza con i suoi genitori iperprotettivi.
Benedetta, in che modo si comportavano con te i tuoi genitori?
Non potevo fare tutto quello che facevano le mie amiche nemmeno quando avevo già ormai venti anni. Se all’età di cinque anni, ad esempio, cadevo e mi sbucciavo le ginocchia, come tutte le bambine della mia età, loro mi medicavano e non mi facevano giocare più nel cortile di casa nostra, fino a quando le mie ferite non si fossero risanate. “Se cadi di nuovo, devi andare all’ospedale perché le ferite non si chiuderanno più”, mi dicevano.
Quali sono state le conseguenze del loro comportamento per te?
Questo loro modo di fare ha fatto si che io crescessi con paure e angosce, con il timore di non essere in grado di andare mai oltre i miei limiti. Avevo paura anche solo di mettere il piede fuori di casa da sola. Paura della vita, di cosa potesse accadermi quando loro non c’erano. Inoltre, ho avuto difficoltà a relazionarmi con le persone. Avevo addirittura paura di attraversare la strada da sola fino a pochi anni fa, avevo vergogna di chiedere un etto di prosciutto al banco salumeria al supermercato. Avevo paura anche della mia stessa ombra. L’unica conseguenza positiva è stata quella di farmi diventare una persona prudente.
Quando hai iniziato a sentire l’esigenza di distaccarti dai tuoi genitori?
Credo che inconsciamente io abbia sempre sentito questo fiato sul collo dei miei, soprattutto di mio padre – la sua unica figlia femmina dopo tre maschi – che anche loro, chi più e chi meno, hanno sempre avuto un atteggiamento maschilista nei miei confronti. “Tu sei femmina, stanne fuori, sei femmina non puoi venire con noi, sei femmina, non lo puoi fare”. Mi dicevano in continuazione. Ho quindi trascorso gran parte della mia esistenza a occuparmi dei miei fratelli, a lavare la loro biancheria, cucinare, stirare e a fare tutto quello che può fare una donna sottomessa da un uomo. Io ne avevo ben quattro di uomini. All’età di trenta anni ho conosciuto una ragazza mentre facevo la spesa al market. Lei era ben vestita e parlava come se avesse il mondo nelle sue mani, ne rimasi affascinata. Da quel momento è come se dentro di me qualcosa fosse cambiato ed era uscita fuori tutta la mia voglia di ribellarmi e vivere la vita come dicevo io. Mi piaceva parlare con lei, volevo essere come lei. Marta aveva ventotto anni ed era all’ultimo anno di architettura. Conviveva con altre sue amiche in una casa al centro storico di Napoli. Marta mi aiutò a trovare un lavoro come commessa e da lì a poco andai a vivere con lei e con le sue coinquiline.
Oggi com’è la tua vita?
Decisamente entusiasmante. Lavoro tanto ma mi piace perché conosco continuamente persone diverse e questo mi ha aiutato tanto a sbloccarmi anche con i ragazzi. Tanto che, in breve tempo, ho iniziato a frequentare quattro uomini nello stesso periodo. La mia amica non riusciva a darsi una spiegazione del come sia stato possibile che io tanto chiusa in me stessa, tanto timida, avessi radicalmente cambiato vita e frequentato più di un uomo. Da lì a poco, scoprimmo, grazie al consulto di uno psicoterapeuta, che questo fenomeno strano per noi, non aveva altro che una spiegazione semplice: i quattro uomini della mia vita (papà e tre fratelli) avevano avuto un atteggiamento morboso nei miei confronti, tanto che, una volta diventata adulta, ho sentito il bisogno di avere quattro ragazzi. Naturalmente l’ho superato e a oggi ho un solo ragazzo e il rapporto con i miei genitori è totalmente cambiato, anche se inizialmente ho dovuto lottare per farmi accettare così come sono. Adesso sono felice, anche se spesso mi capita di pensare al passato e rammaricarmi del fatto di non essere andata via di casa molto prima. Allo stesso tempo penso che non sia mai troppo tardi per prendere la vita in mano e farne ciò che si vuole.
Alessandra Federico