La Fotografia in Italia con FOTOIT

Il numero di settembre di FOTOIT, la rivista della FIAF (Federazione Italiana delle Associazioni Fotografiche),si apre con l’editoriale del Presidente FIAF Roberto Rossi in cui parla delle iniziative in corso e di quelle programmate  fra le quali quelle per la chiusura delle celebrazioni dei 75 anni di vita.

La sezione “Periscopio” segnala eventi fotografici  (mostre, concorsi, letture portfolio, presentazione di volumi, ecc.) in giro per l’Italia.

In questo numero, come usuale nella rivista, spazio agli autori: Robert Doisneau, Alessandro Fruzzetti, Francesco Faraci, Mario Cresci, Chiara Innocenti (che è anche l’autrice scelta per la copertina), Leonilda Prato, Massimo Alfano, Marco De Angelis, Anna Pierottini.

“Singolarmente fotografia” è dedicata alle foto dell’anno. Per “Lavori in corso” istruzioni di lavoro con “Il Focus Stacking 2”.

Interessante il saggio sulla Fotografia transfigurativa e la “Storia di una fotografia” con Tearful.

La rubrica Circoli FIAF presenta l’Associazione Culturale Fotografica La Tangenziale.

Antonio Desideri

 

“I Lunedì dei Castelli” appuntamento dal 2 ottobre con l’Istituto Italiano dei Castelli

Parte il 2 ottobre il ciclo di seminari “I Lunedì dei Castelli”, un appuntamento serale autunnale dedicato a tutti coloro che vorranno conoscere il variegato mondo delle fortificazioni e potranno incontrarsi con altre persone interessate al tema e con i soci dell’Istituto Italiano dei Castelli.

“Si tratta del primo ciclo strutturato a livello nazionale – sottolineano gli organizzatori –  promosso dal nostro Istituto, dopo l’esperienza pilota “paesaggio e fortificazioni” svoltasi nel 2021, durante la pandemia. L’obiettivo del corso è fornire ai partecipanti una prima chiave di lettura per la corretta conoscenza del vastissimo patrimonio di architettura fortificata ancora oggi presente sul territorio nazionale e che costituisce una componente fondamentale dei Beni Culturali Archeologici ed Architettonici”.

Il ciclo di seminari sarà svolto in modalità online su piattaforma Google Meet ed articolato in 11 incontri. I seminari saranno tenuti dai membri del Consiglio Scientifico dell’Istituto Italiano dei Castelli, da docenti delle Università italiane, da funzionari delle soprintendenze.

Quali sono i temi trattati nel ciclo di conferenze?

“Tra i temi trattati – elencano gli organizzatori – : le fortificazioni in epoca classica, con approfondimento dei casi paradigmatici di Paestum e Pompei; l’architettura difensiva normanno-sveva in Italia meridionale tra XI e XIII secolo; il sistema dei castelli viscontei in Lombardia; le caratteristiche architettoniche e funzionali dei castelli siciliani, con particolare attenzione alle influenze arabe; le artiglierie nevrobalistiche e la rivoluzione della polvere da sparo, tecniche che modificarono la prassi ossidionale a partire dal XIV secolo; le trasformazioni dei castelli in Italia centrale e nel Mezzogiorno nella seconda metà del XV secolo per l’adeguamento alle nuove tecniche di assedio (fase dell’architettura militare di Transito); la fortificazione cd. “alla moderna” caratterizzata dall’introduzione della traccia all’italiana (fronte bastionato) che caratterizzerà l’evoluzione dell’architettura militare per circa tre secoli, con gli esempi paradigmatici delle fortezze veneziane dello “Stato di Terra”; i grandi forti di sbarramento in Piemonte e Valle d’Aosta tra XVII e XVIII secolo (Exilles, Bard, Demonte, La Brunetta, Fenestrelle); la scuola militare prussiana e il caso dei forti di Verona e del Quadrilatero; le opere difensive in calcestruzzo armato e la protezione delle coste nel XX secolo, con particolare riferimento alla Sardegna e, infine, l’iconografia dei castelli nelle rappresentazioni artistiche in Trentino Alto Adige”.

Un ciclo di seminari dedicato non solo agli appassionati, ma, soprattutto, agli operatori dei beni culturali, studenti, architetti e ingegneri.

La partecipazione al ciclo di studi consente, agli studenti, di richiedere al proprio corso di laurea il riconoscimento di crediti per le attività a scelta/libere.

A fine corso agli iscritti sarà rilasciato attestato di frequenza.

Per iscrizioni e informazioni:: corsocastellologia@istitutoitalianocastelli.it tel. 392 7204031

Antonio Desideri

Il 12 settembre sms di sperimentazione in Campania per il sistema IT-Alert

Il 12 settembre sarà un giorno di svolta per la regione Campania, poiché la Protezione Civile inoltrerà a tutti i residenti in regione un SMS di allerta per terremoti o altre calamità.

Il Dipartimento di Protezione Civile continua così la sperimentazione del test IT-Alert, avvenuto anche in altre regioni della penisola, prendendo spunto dal modello statunitense, cercando di garantire più sicurezza ai cittadini, ma c’è da sottolineare come questo sia solo un esperimento e che quindi non c’è da preoccuparsi, in quanto la completa attivazione è prevista per il 2024.

Ci troviamo dinanzi ad un efficace e tecnologico programma di sicurezza, che attraverso gli SMS può arrivare anche alle fasce d’età più giovani, non sempre attente a comunicazione su giornali o in televisione, ma che con questo metodo si spera siano più attente.

Rocco Angri

Chiara Ricci: Anna Magnani. Racconto d’attrice

Anna Magnani è difficilmente etichettabile o incasellabile.

In quali luoghi della sua anima vanno ricercate le ragioni di un’identità tanto complessa e multiforme?

Anna Magnani è stata molto spesso accusata di avere un brutto carattere. È anche vero, però, che chiunque tenti di farsi rispettare e di far valere le proprie ragioni ottiene questo “risultato”. Anna Magnani ha avuto un’infanzia difficile, è stata lontana da sua mamma e solo da adulta ha scoperto il nome di suo padre (Pietro Del Duce, e a lei non piaceva essere chiamata “la figlia Del Duce” e così, pare, fermò le sue ricerche). È cresciuta con la nonna, le sue zie e lo zio Romano. Sin da piccola ha vissuto l’abbandono e la paura di poter essere lasciata da un momento all’altro ha segnato profondamente il suo carattere e il suo rapporto con gli uomini. Ha sempre cercato di avere il controllo della situazione uscendone molto spesso sconfitta. Ha sempre cercato di poter essere amata. Aveva una vorace fame d’affetto. È stata una donna che ha dovuto lottare per far valere il suo talento, per imporre il suo aspetto fisico, la sua bellezza non canonica. Anna Magnani è stata imprenditrice di se stessa, capofamiglia, donna e uomo di casa occupandosi anche di suo figlio Luca che, ancora bambino, si ammala di poliomielite. Non ha avuto produttori né registi potenti alle spalle pronti, in qualche modo, a tutelarla o difenderla. La vita le ha insegnato forzatamente a cavarsela da sola, ad essere diffidente, a colpire per prima perché, fedele a un proverbio, “chi mena prima mena due volte”. Anna Magnani ha nascosto tutte le sue fragilità dietro la corazza di una donna dal carattere forte, indomabile, impossibile, scostante. In parte è vero, perché sapeva essere anche tutto questo. Per difendersi. Per mettersi di traverso alla mancata professionalità o al solo sentore di ipocrisia. E ancora, per “vendicarsi” e “riscattarsi”, se così si può dire, di quei terribili abbandoni di una bambina con la testa colma di domande senza risposta.

Lei non ricostruisce semplicemente la biografia di Nannarella, pur interessantissima bensì ne traccia la valenza simbolica, estetica e politica.

Quali sono le ragioni che l’hanno indotta a concentrarsi proprio su questo nome?

Io ho “incontrato” per la prima volta Anna Magnani quando avevo circa sei anni. In realtà, ho conosciuto prima il suo nome e poi il suo volto che ho scoperto tempo dopo, quando ho visto per la prima Roma città aperta. Da allora non l’ho più dimenticata. Da ragazzina, dopo aver letto la bellissima biografia di Patrizia Carrano, ho iniziato a scrivere lettere e a telefonare a casa di persone che avevano lavorato con lei, che la conoscevano. Con alcune di queste persone sono nate delle bellissime amicizie: ad esempio, con la stessa Patrizia Carrano, Marcello Gatti, Rinaldo Ricci ovvero lo storico aiuto regista di Luchino Visconti. Il mio unico desiderio era fare qualcosa per “la” Magnani, dedicarle qualcosa di mio. I miei studi e poi la mia tesi di Laurea, tanti progetti, una prima pubblicazione. Ma non era ancora abbastanza. Ho creato un mio archivio personale (che curo da quando avevo tredici anni) contenente fotografie, locandine, riviste.. Ho allestito mostre e poi questo nuovo libro. Un omaggio e un dono a una donna e a un’artista che ammiro, che non si è mai arresa e non si è mai lasciata condizionare. In un certo senso, sono cresciuta con lei e le ho dedicato gran parte della mia vita. Ho voluto raccontare il suo “essere donna” e il suo “essere attrice” con rispetto, onestà e tanta passione. Ho desiderato “incontrare” e “conoscere” questa donna più da vicino, ho scelto di partire dal suo indissolubile amore per il teatro, di avvicinarmi alla sua vita privata, alle sue tante vicissitudini ma restando sempre in punta di piedi.

Dopo le riprese del film “Mamma Roma”, Pasolini commentò così la loro collaborazione: “Anna è romantica, vede la figura nel paesaggio, è come Pierre-Auguste Renoir, io invece sono sulla strada del Masaccio.”

Può interpretare questa sottile asserzione pasoliniana?

La pittura è una costante nel cinema di Pier Paolo Pasolini. La pittura del Masaccio è costruita sui chiaroscuri, sulla staticità, sulla precisa razionalità prospettica, sull’organizzazione geometrica dello spazio. Renoir, invece, è un’esplosione di colori intensi, luminosi, vivi, ma anche di movimento, le sue opere hanno un assetto geometrico che avvolge lo spettatore trascinandolo all’interno della tela. Ecco: questi due piani rappresentano i caratteri e le essenze profonde di Pier Paolo Pasolini e Anna Magnani. Ragione e istinto. Razionalità e impulsività. Proprio da questi opposti sono nate delle incomprensioni durante la lavorazione di Mamma Roma tali da portare Anna Magnani a dichiarare di sentirsi tradita dal suo regista, pur ammirandolo infinitamente. Nonostante questo la meraviglia e la potenza di questo film sono ancora tutte lì, intatte.

Il legame fra Anna Magnani ed il teatro: la “migliore scuola” che le fece “spuntare le ali”

Reputa che l’esperienza teatrale sia stata più intensa e viscerale rispetto alle indimenticabili prove cinematografiche?

Credo che Anna Magnani, come più volte ha dichiarato lei stessa, abbia avuto un amore profondo e assoluto per il teatro. Purtroppo, per sue scelte professionali e personali, lo ha “frequentato” poco preferendogli il cinema. Eppure sono convinta che i primi spettacoli, la rivista durante la Seconda guerra mondiale e poi le lunghe tournée de La lupa e Medea tra il 1965 e il 1966 abbiano lasciato dei segni indelebili nell’attrice. Sì, penso che il contatto diretto con il pubblico, lo studio della voce, la misura del gesto e dei movimenti sul palcoscenico, i riti prima di andare in scena e quelli del “dopo teatro” abbiano regalato ad Anna Magnani delle emozioni intense, uniche e immediate che il cinema, nonostante la sua “riproducibilità”  e la capacità di arrivare a tanta gente nello stesso momento, non è riuscito a darle.

Anna Magnani, forse, era un’intellettuale mancata, non già un’attrice popolaresca bensì un’attrice che tendeva ad essere enormemente funzionale ed intellettuale.

Qual è il suo lascito alle donne del nostro tempo?

Se posso, desidero sottolineare questo: Anna Magnani nonostante i suoi tanti personaggi di popolane, canzonettiste, fruttivendole e il suo carattere, il linguaggio spesso “colorito” era una donna molto colta. Parlava correttamente il francese, aveva acquisito un buon inglese, suonava il pianoforte, era amante della letteratura e dell’arte, sapeva a memoria le ballate del Seicento francese. Per lei hanno scritto Tennessee Williams, Eduardo De Filippo, Pier Paolo Pasolini. È stata ritratta di Renzo Vespignani, Tabet, Anna Salvatore, Carlo Levi… Poteva essere la più snob e la più spontanea delle donne, pronta ad abbandonarsi a quella che lei chiamava la “ruzza”, ovvero il buonumore, la voglia di ridere e di lasciarsi andare all’allegria più sfrenata. Proprio per questo alle donne del nostro tempo ha lasciato in eredità la capacità di essere ciò che si desidera senza mai tradirsi. Ha lasciato la determinazione di poter essere ciò che si vuole senza dover scendere a compromessi. Ha lasciato in eredità la possibilità di poter e dover rompere gli schemi, di non arrendersi all’ipocrisia e a qualsiasi sua manifestazione. E ancora, ci ha lasciato una grande umanità e un immenso talento magistralmente raccontati dalla vasta galleria di donne che ha portato sul grande schermo e in teatro.

 

Chiara Ricci

Nasce a Roma nel 1984. Nel 2008 si laurea in Dams (Discipline delle Arti, Musica e Spettacolo) con una tesi dal titolo Il Teatro davanti alla Macchina da presa – Elementi di teatro nel cinema di Anna Magnani. Nel 2010 consegue la Laurea Magistrale con lode in “Cinema, Televisione and Produzione Multimediale” con una tesi dedicata alla prima regista donna del cinema italiano Elvira Notari la cui riduzione è stata pubblicata negli Stati Uniti. Ha curato e scritto i saggi monografici: Anna Magnani. Vissi d’Arte Vissi d’Amore, Edizioni Sabinae 2009 (con il quale vince il Premio Internazionale Giuseppe Sciacca nella sezione “Saggistica”), Signore & Signori… Alberto Lionello (Ag Book Publishing, 2014), Valeria Moriconi. Femmina e donna del Teatro italiano (Ag Book Publishing, 2015), Il cinema in penombra di Elvira Notari (Lfa Publishing, 2016), Lilla Brignone. Una vita a teatro (Edizioni Sabinae, 2018), Ugo Tognazzi. Ridere è una cosa seria e Monica Vitti (Edizioni Sabinae, 2022). Nel novembre 2022, inoltre, viene pubblicato il saggio d’inchiesta Wilma Montesi. Una storia sbagliata (Golem Edizioni) dedicato alla ricostruzione della tragica e misteriosa morte della giovane ragazza romana trovata senza vita sulla spiaggia di Torvaianica l’11 aprile 1953. Nell’aprile 2017 l’Università degli Studi Roma Tre le conferisce la nomina di “Cultore della materia di Storia del Cinema e di Filmologia”. È Presidente dell’Associazione Culturale “Piazza Navona”, creatrice e ideatrice della Rubrica online “Piazza Navona” (www.riccichiara.com) e del Premio Letterario Nazionale “EquiLibri”. È curatrice di mostre dedicate al cinema con materiale proveniente dal proprio archivio personale e tiene lezioni e conferenze in Italia e all’estero dedicate alla Storia del Cinema e del Teatro.

 

Giuseppina Capone

 

La collina di Posillipo ed il Parco Virgiliano, necessario riqualificarli

 L’ingresso del Parco Virgiliano, situato alla fine del viale Virgilio, presenta un’entrata monumentale,  composta da quattro  pilastri, attraverso  la quale si accede ai viali  che conducono alle  numerose terrazze  dalle quali si  gode la visione del  golfo e  delle sue isole e si accede  all’impianto sportivo realizzato negli anni settanta dello sorso secolo.

L’impianto comprende un campo di calcio, una pista e varie  strutture  per l’Atletica leggera.

Nel 1975 venne realizzato un anfiteatro che si affaccia sul golfo dove furono organizzati concerti e spettacoli estivi.

Per un lungo  periodo il Parco fu abbandonato a se stesso, lasciando che precipitasse in uno stato di estremo degrado.

Nel 1997  l’Amministrazione comunale  decise di riqualificarlo  riaprendolo al pubblico nel luglio del 2002 consentendo esclusivamente l’accesso  pedonale.

La vegetazione, ispirata a quella in uso nelle antiche strade romane, schiera ai lati dei viali dei pini  marini ed altre specie di arbusti quali lecci, olivi, roveri, oltre al denso sottobosco di piante di rosmarino, fillirea e mirto, da  diversi anni soffre della mancanza di una corretta e costante cura e manutenzione.

Nel 2018, dopo una tragedia sfiorata in via Tito Lucrezio Caro, ed anche a  causa della fuoriuscita di radici che danneggiavano il manto stradale, il Comune di Napoli ordinò  il taglio di  numerosi  fusti di pino marino.

Attualmente, dopo la caduta di un pino su un furgone, l’amministrazione comunale  ha  fatto  sapere che non ci sarà, per il  momento, una nuova  piantumazione  di pini, decretando  così la  scomparsa dal panorama di Napoli del simbolo che la rappresentava in tutte le cartoline in giro per il mondo.  Se a tutto questo si aggiunge il crollo di una struttura di legno  realizzata  nei pressi  di un chioschetto, la chiusura  dei servizi igienici, l’interruzione   della  fornitura idrica e la mancanza di attenzione al parco  sottomarino  della Gaiola, non si può che essere rammaricati nel vedere il nostro patrimonio naturale ed archeologico unico  al mondo in uno stato di  tale abbandono.

Alessandra Federico

Non si fermano gli aumenti. Federconsumatori prevede una nuova stangata autunnale

L’Osservatorio  Nazionale di Federconsumatori (O.N.F.) ha calcolato la “stangata autunnale” che si abbatterà sulla testa delle famiglie italiane tra settembre e novembre prossimi.

Una sorpresa al rientro delle vacanze non certo positiva e che nessuno vorrebbe. Da tempo, ormai, le famiglie stanno facendo i conti con i continui aumenti delle bollette, riscaldamento, visite mediche, prodotti scolastici, alimentari, benzina, mutui, prestiti, ecc. e i salti mortali per far quadrare le entrate con le uscite in continuo aumento.

L’Osservatorio di Federconsumatori prevede che “tra settembre e novembre le famiglie faranno i conti con una spesa di 2.924,70 euro per bollette, riscaldamento, visite mediche e prodotti scolastici. Cifre che salgono vertiginosamente se sommiamo le voci relative a benzina e alimentazione”.

Si tratta di “ben 252,92 euro in più rispetto all’autunno 2022 (in cui già era iniziata l’ondata di rincari)”. Ma la cifra non si ferma a questo, secondo Federconsumatori “non possiamo non calcolare, soprattutto quest’anno, visti i forti incrementi, le spese per due settori fondamentali quali alimentazione e carburanti. Se all’importo della stangata sommiamo queste voci di spesa il totale ammonta a 5.104,90 euro da settembre a novembre, 480,12 euro in più rispetto al 2022”.

All’appello mancano ancora “le bollette (su cui pesa fortemente il rialzo di luce e gas previsto per il IV trimestre dell’anno), la TARI, le spese per il riscaldamento. Per non parlare della spesa per alimentari e benzina, i cui costi sono schizzati alle stelle, non sempre in maniera giustificata, come più volte abbiamo rilevato”.

Qualche dato più nel dettaglio. Le famiglie spenderanno nel periodo settembre-novembre:

Scuola (libri, dizionari, parte del corredo) 906,59 €

Esami/visite mediche 274,00 €

Bollette (acqua, luce, gas, telefonia) 1.144,11 €

Tari (seconda rata) 171,00 €

Riscaldamento (prima rata) 429,00 €

TOTALE 2.924,70 €

Alimentazione 1.594,00 €

Benzina 586,20 €

Per molte famiglie tutti questi aumenti saranno difficilmente sostenibili, per molti addirittura insostenibili.

Nella situazione di forte difficoltà in cui si trovano le famiglie, per molti, questi costi saranno insostenibili. Occorre secondo Federconsumatori che “il Governo corra ai ripari, adottando misure in grado di sostenere le famiglie e contenere i rincari, attraverso:

– la costituzione di Comitati di sorveglianza sui prezzi costituiti territorialmente con la partecipazione delle Associazioni dei consumatori;

– l’aumento dei poteri di indagine e di sanzione di Mr. Prezzi;

– la rimodulazione dell’Iva sui generi di largo consumo e la riforma delle accise e degli oneri di

sistema sui beni energetici e carburanti;

– l’alleggerimento strutturale del peso del fisco e del cuneo fiscale sui redditi fissi, con la

detassazione di stipendi e pensioni, il sostegno ai rinnovi contrattuali e la giusta perequazione delle

pensioni al costo della vita” e per quanto riguarda i fondi necessari fornisce un elenco di interventi che potrebbero essere messi in campo.

Antonio Desideri

Intervista a Katya Maugeri autrice del libro “Tutte le cose che ho perso”

Le donne detenute rappresentano appena il 4% dell’intera popolazione carceraria, percentuale esigua.

Emarginate fra gli emarginati: è possibile intravedere nella scarsità numerica la ragione per la quale se ne discute raramente?

La realtà carceraria è sommersa dal pregiudizio, dall’indifferenza collettiva che vede il carcere come una istituzione punitiva pertanto i detenuti e le detenute sono considerati scarti della società.                                                               
Le sette donne intervistate, recluse nel carcere femminile di Rebibbia, protagoniste di storie autobiografiche, non hanno nomi bensì numeri. Perché?

I capitoli sono divisi in “celle” con dei numeri che le rappresentano.

Loro, durante le nostre chiacchierate, mi hanno raccontato di sentirsi identificate in numeri e private della loro identità.

“Lo dovrebbero raccontare tutti che tra quelle mura il tempo smette di esistere”.

Un tempo senza frequenza, senza scansione.

Da quali azioni e pensieri è scandita la quotidianità dietro le sbarre?

È un non-tempo in un non-luogo, in cui si resta sospesi e intrappolati.

Ci sono varie attività che stimolano la creatività delle detenute, ma solo chi realmente ha la forza emotiva di rimettersi in gioco trova in quelle azioni il punto dal quale rinascere. Altre, invece, si abbandonano in pensieri negativi e scelgono azioni estreme.

“Il carcere è un universo parallelo, una realtà intrisa di pensieri disordinati, confusi, dove la stessa identità personale rischia di perdersi.”

Qual è il rapporto delle detenute con la peculiare condizione della genitorialità?

La genitorialità è molto complessa all’interno di un istituto penitenziario.

A soffrirne sono certamente i bambini che, da innocenti, scontano una pena ingiusta.

I bambini non dovrebbero assolutamente vivere dietro le sbarre, dovrebbero vivere da bambini liberi di poter sognare il proprio futuro.

Il 2022 è ricordato come l’anno record dei suicidi in carcere; nei primi sei mesi del 2023 già 25 persone si sono tolte la vita in cella. Qualche giorno fa 3 persone hanno scelto di morire.

Lo Stato non dovrebbe salvaguardare la salute e la libertà personale?

La salute mentale non si cura all’interno di un carcere ma in strutture specializzate, servono percorsi individuali per cercare di recuperare chi vive la detenzione.

I suicidi mostrano una chiara fotografia dei disagi all’interno degli istituti carcerari, sono dati allarmanti, è un’emergenza che non può più essere ignorata.

Il libro-inchiesta è arricchito dalla prefazione del magistrato Francesco Maisto, Garante dei detenuti, dalla postfazione della sociologa Eleonora de Nardis e dal contributo di Sandro Libianchi, Presidente del Coordinamento nazionale Operatori per la Salute nelle Carceri Italiane.

Che senso ha, oggi, l’uso del termine “rieducazione”?

La rieducazione è indispensabile se davvero vogliamo definirci una società civile, umana.

È la finalità della pena e consiste nel creare da parte dello Stato durante l’esecuzione della stessa, le condizioni necessarie affinché il detenuto possa successivamente reinserirsi nella società in modo dignitoso mettendolo poi in condizioni, una volta in libertà, di non commettere nuovi reati

“Il carrellino della felicità”.

Qual è il ruolo e la funzione degli psicofarmaci dietro le sbarre?

Il “carello della felicità” rappresenta il modo che hanno le detenute di sospendere i loro pensieri, le loro ansie.

Sono psicofarmaci prescritti per le loro patologie, non vengono forniti a caso chiaramente. È un modo per anestetizzarsi e allontanare angosce e preoccupazioni.

Dottoressa Maugeri, la narrazione della propria esperienza può assumere una finalità terapeutica?

La scrittura autobiografica è terapeutica, assolutamente. Me ne occupo da diversi anni all’interno di una comunità terapeutica per tossicodipendenti.

Raccontare di sé porta inevitabilmente a conoscere le proprie ombre, gli errori e le origini di questi sbagli. Raccontarsi è un pò come ritrovarsi. E da quel punto iniziare a migliorare, uscire fuori dal tunnel e camminare verso un futuro migliore.

Giuseppina Capone

Nola, alla luce nuovi reperti archeologici

La città di Nola è sempre stata un punto strategico nella Penisola, crocevia di diversi popoli, che hanno lasciato traccia nel centro campano.

Capita sempre più spesso, infatti, che vengano annunciate nuove scoperte, come il caso di qualche giorno fa, quando, in una zona periferica della città, è stato portato alla luce un reperto risalente all’età medioevale, nello specifico i molteplici impianti di calcare per la trasformazione in calce ci possono ricondurre ad un quartiere dell’artigianato.

La datazione è ancora incerta, ma si potrebbero collocare i ritrovamenti nel periodo VI-VII secolo, inoltre, la presenza di statue rappresentanti toghe romane ci fa comprendere come Nola fosse non solo abitata dai Germani, protagonisti dei famosi regni Romano-Barbarici, ma anche da mercanti e artigiani provenienti dall’Impero Romano d’Oriente e quindi di grande spessore.

Non ci dobbiamo meravigliare dinanzi a questa fusione tra due popoli così diversi, infatti Nola era stata un fiore all’occhiello della civiltà romana, insieme a Cuma e Capua, di conseguenza edifici e cultura romana erano ben collocati nella cittadina di Nola, spunto e occasione di erudizione per i “cugini” di Costantinopoli, che nonostante si dovessero confrontare con i rozzi barbari, non perdevano occasione di frequentare Nola e il vicino regno di Napoli per spunto ed erudizione “classica”, mantenendo culturalmente e socialmente viva la città.

Rocco Angri

 

(Foto di Rocco Angri)

Anfiteatro di Nola nuovamente visibile

Nola è un centro ricco di storia, addirittura più antico di Roma, grazie ai resti risalenti all’età del bronzo, al nome di origine etrusca “Hyria” e a quello sannitico “Nuvla” e diventato un vero e proprio punto di riferimento nella penisola durante l’epoca romana.

Parlare della “Festa dei gigli” (classificata come bene immateriale del patrimonio UNESCO) sarebbe limitativo, visto ciò che il territorio nolano ha da offrire, come il famoso “Anfiteatro Laterizio”, risalente al I sec a.C., che misura all’incirca 138×108 m, di cui purtroppo al giorno d’oggi è stato portato alla luce circa un terzo, anche se in questi ultimi mesi il vento sembra star cambiando.

La Soprintendenza dell’Area metropolitana di Napoli, rappresentata dall’arch. Mariano Nuzzo, ha programmato la riqualificazione dell’area dell’anfiteatro, cercando di riportare alla luce l’intera struttura, che magari darà spazio a nuove scoperte, e di aprire al pubblico lo spazio che riguarda anche le mura della città.

L’anfiteatro fu realizzato intorno al 80 a.C. sotto commissione di Silla, che dopo aver conquistato la città di Nola, ordinò una sorta di sviluppo civile e urbanistico, che racchiudeva nel progetto la realizzazione della struttura vicino alle mura della città, di cui ancora oggi possiamo vedere i resti.

Nel corso dei secoli l’anfiteatro subì diverse ristrutturazioni, tra cui una in cui si sostituirono le mura precedenti con delle nuove in tufo, più resistenti, che intorno al XV sec furono usate per la realizzazione della facciata di Palazzo Orsini.

Disponiamo anche di alcune testimonianze scritte, prima tra tutte quella di Ambrogio Leone nel suo “De Nola”, nel 1514 e altre fonti minori aragonesi che ci parlano della maestosità dell’anfiteatro, ed infine lo storico polacco Karl Beloch, amante di Napoli e dintorni, parla dell’anfiteatro come opera che sta andando a deteriorarsi, infatti era visibile ben poco, visto l’innalzamento del terreno e la poca attenzione che veniva data all’area.

Nel 1993 finalmente gli scavi hanno portato alla luce una piccola parte dell’anfiteatro, ma ci auguriamo che i lavori avviati dalla Soprintendenza, che dovrebbero terminare il 25/12/2023 diano ottimi risultati, conferendo a Nola un ulteriore motivo di vanto e sperando che nuovi elementi possano far tornare un flusso turistico per ammirare i resti dell’antica civiltà romana.

Rocco Angri

Claudio Scarano, un artista che ama definirsi “modestamente pittore”

Modestamente pittore, così si definisce Claudio Scarano , versatile e pluripremiato artista, considerato dalla critica come “l’ultimo pittore della Scuola di Posillipo”, l’ultimo pittore dell’800 napoletano.

Guardare le opere di Scarano porta a scoprire luoghi noti e meno noti che attraverso le sue pennellate diventano vera e propria emozione che si trasferisce nel soggetto della sua opera pittorica. E così, pennellata dopo pennellata, le immagini prendono corpo e i colori attraverso le loro combinazioni e ombreggiature costruiscono visioni e prospettive mettendo in risalto la sua abilità tecnica e la sua capacità di combinare insieme, in un mix vincente, colore ed emozione dando alla pittura quella “voce” propria che ne fa l’opera identificativa dell’autore.

Claudio Scarano nella sua lunga carriera artistica ha al suo attivo mostre personali e collettive in Italia e all’estero (New York, Londra, Francia), numerosi premi e riconoscimenti nazionali ed internazionali, riconoscimenti da critici e stampa. Tra i riconoscimenti internazionali che Scarano ritiene particolarmente significativi vi è l’Oscar Mondiale della pittura a Montecarlo.

Alcune sue opere sono esposte in via permanente nel Museo dei Sedili di Napoli presso la Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus.

La sua abilità artistica si rivela sia nelle opere realizzate in studio sia in quelle in “estemporanea” dove le pennellate conservano tutta la loro forza e valore. I suoi quadri e la sua carriera travalicano il suo definirsi semplicemente come “modestamente pittore”.

Antonio Desideri

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