Nina Ricci, la casa di moda italiana a Parigi

Nina Ricci, nome d’arte di Maria Nielli, è stata una stilista italiana. Nina nacque a Torino nel 1883 ma all’età di dodici anni si trasferì in Francia dove, solo un anno dopo, iniziò a lavorare come stilista apprendista e nel 1908 entrò a far parte dello staff della casa di moda parigina di Raffin con cui collaborò per ben 20 anni. Pochi anni prima di cooperare con la Ruffin, nel 1904, Maria si unì in matrimonio con Luigi Ricci, con il quale, nel 1905, diede alla luce il primo ed unico figlio Robert. L’affinità e la complicità tra madre e figlio era molto forte sin da quando Robert era bambino e, nel 1932, nella capitale francese, fondarono insieme la maison Nina Ricci. Nella maison, il ruolo di Robert era quello di amministratore degli affari e delle finanze, mentre Nina si occupava della parte creativa; disegnava e aveva una grande dimestichezza nel gestire i tessuti tanto da riuscire a sviluppare i modelli direttamente sul manichino o sul corpo dell’indossatrice.

In poco tempo, gli abiti realizzati dalla Nina furono apprezzati da molte donne parigine soprattutto per la scelta della qualità della stoffa, per la raffinatezza del taglio e dello stile e per la femminilità, grazia e originalità che la designer di moda donava ad ogni abito che creava.

Nel 1945, dopo la guerra, l’obiettivo di Robert Ricci per sostenere il ripristino post-bellico, fu quello di mettere in mostra al Louvre 150 manichini vestiti da 40 maison parigine (tra cui Balenciaga e Madame Grès). La mostra ebbe un successo inaspettato tanto da essere mandata in tour per l’Europa e negli Stati Uniti. L’idea della mostra al Louvre e del tour fu approvata e messa in atto da Lucien Lelong, Presidente della Camera francese.

La maison Ricci continuava la sua attività con la realizzazione di strepitosi abiti soprattutto dal design floreale; ricamato, dipinto, applicato o stampato su tessuto; Nina amava molto i colori delicati e le clienti iniziavano a fidarsi completamente di lei fino a lasciarle decidere addirittura il colore del tessuto o il design. Robert diede vita alla sua prima fragranza nel 1946 e la seconda nel 1948 con L’Air du temps diventata, da lì a poco, una delle profumazione più amate e vendute ancora oggi. Nel 1954 Nina decise di cedere il suo incarico lasciando scegliere il nuovo direttore artistico a suo figlio Robert che, in breve tempo, riuscì a trovare il designer all’altezza delle loro aspettative: Jules-Francois Crahay (belga). Jules lavorò per la maison per 9 anni per poi passare a Lanvin. Diversi sono stati i designer che, dalla morte di Nina ad oggi, hanno lavorato per la Maison Ricci; Gerard Pipart fu il nuovo designer della casa di moda Ricci dopo Jules, continuando la realizzazione di meravigliosi ed eleganti abiti proprio come quelli che realizzava Nina.

Quando Maria morì nel 1970, Robert continuò con la creazione dei profumi e nel campo della contabilità fino al suo ultimo giorno di vita (1988). Ma, poco dopo la morte della madre, nel 1970, a dirigere la maison fu Crahay e, nel 1988, appunto dopo la morte di Robert, la famiglia Massimo Guissan acquistò la casa di moda dove Massimo lavorò per diversi anni come stilista, fino a quando, nel maggio 2002, fu lo stilista statunitense James Aguiar ad acquisire il ruolo di designer disegnando le collezioni per due intere stagioni. Prese poi il posto di Aguair, nel 2003, Lars Nilsson che rivisitò in parte lo stile classico sostituendo alcune stoffe a quelle più moderne, ma mantenendo ugualmente la stessa classe della fondatrice della maison. Nel 2006, Lars, fu sostituito da Olivier Theyskens. Ad oggi, dal 2010, il direttore creativo della casa di moda Nina Ricci è Peter Copping.

Alessandra Federico

 

Arte a Napoli: il Museo di Capodimonte ospita le opere di Caravaggio e di altri artisti del ‘600

“Oltre Caravaggio, un nuovo racconto della pittura a Napoli” è la grande mostra dedicata a uno dei più celebri artisti che hanno fatto la storia dell’arte italiana e non solo, il Museo di Capodimonte, ospiterà più di 200 importanti opere di diversi grandi pittori del 1600.

La mostra, a cura di Stefano Causa, docente di Storia dell’arte moderna e contemporanea presso l’Università  degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa e di Patrizia Piscitelli la responsabile Ufficio mostre del Museo Real Bosco di Capodimonte a Napoli, è in esposizione fino al 7 gennaio 2023 nel Museo e Real Bosco di Capodimonte.

All’interno di 24 grandi sale del museo, gli appassionati di arte e di storia, hanno l’opportunità di ammirare anche meravigliosi capolavori di altri pittori del seicento napoletano come le straordinarie opere di Jusepe de Ribera, artista spagnolo sbarcato a Napoli nel 1616.

L’arte e la tecnica di Caravaggio e di Ribera sono stati di grande insegnamento anche per gli altri pittori di quel tempo, come Luca Giordano, Francesco Fracanzano, Massimo Stanzione, Andrea Vaccaro, Battistello Caracciolo, Carlo Sellitto. Ogni singolo artista era pronto ad imparare e a rielaborare le nozioni apprese dai due maestri dell’arte, in una tecnica personale ma altrettanto originale.

Secondo Roberto Longhi, storico d’arte (1890-1970), il naturalismo di Caravaggio (Michelangelo Merisi) è la spina dorsale dell’arte napoletana. Tuttavia, lo scopo di questa mostra, è innanzitutto quello di fare omaggio a Caravaggio e al suo periodo trascorso nella città partenopea.

Caravaggio a Napoli

Napoli è una città ricca di storia e di arte e a contribuire a questa affascinante storia è stato anche Caravaggio con le sue meravigliose opere lasciate in eredità alla città partenopea.

Durante il suo soggiorno a Napoli, l’artista, dipinse diversi affreschi ma solo Le sette opere di misericordia corporali e La Flagellazione di Cristo (1607-1608 conservato nella Basilica di San Domenico Maggiore spostato in seguito proprio al museo di Capodimonte), sono rimasti a Napoli. È stato proprio lo stile che Caravaggio utilizzò per la realizzazione di questi affreschi ad essere stato di grande incoraggiamento per la pittura barocca partenopea, dando, da lì a poco, vita a molti esponenti caravaggeschi di quell’epoca come appunto gli altri pittori di cui i dipinti sono esposti al museo di Capodimonte assieme a quelli di Caravaggio. Indubbiamente, il soggiorno a Napoli per Caravaggio, che durò circa un anno e iniziò al termine dell’anno 1606, fu un periodo altroché gioioso ma soprattutto fruttuoso; a Napoli l’artista viveva nei quartieri spagnoli e durante l’intero anno continuava a dipingere e a realizzare magnifici affreschi come la Giuditta che decapita Oloferne (scomparsa); la Salomè con la testa di Golia (1607 – Kunsthistorisches Museum di Vienna); una prima versione della Flagellazione di Cristo (1607 – Musée des Beaux di Rouen); la Crocifissione di sant’Andrea (1607 – Cleveland Museum of Art); la Madonna del Rosario (1606-1607 – Kunsthistorisches Museum di Vienna) gli fu commissionata dai Carafa Colonna per la cappella di famiglia nella Basilica di San Domenico di sant’Andrea ed è stata la sua più importante opera eseguita durante il soggiorno a Napoli.

Nell’estate del 1609, Napoli, ebbe nuovamente la fortuna di ospitare il giovane artista milanese, e il quel periodo, Merisi, realizzò altre opere come il San Giovanni Battista disteso, la Negazione di San Pietro, il San Giovanni Battista, il Davide con la testa di Golia; la Salomè con la testa del Battista (per i cavalieri dell’ordine) e la Salomè con la testa del Battista destinato a Madrid. Tre tele per la chiesa di Sant’Anna dei Lombardi di Napoli: il San Francesco che riceve le Stimmate, il San Francesco in meditazione e una resurrezione (perdute tutte e tre le tele durante il terremoto del 1805). L’ultimo dipinto di Caravaggio a Napoli fu il Martirio di sant’Orsola (1610).

Alessandra Federico

Dalì e Hitchcock a Napoli: la prima mostra Spellbound

Continua a Napoli l’esposizione del progetto Dalì Universe. Lo scopo del progetto è quello di creare un connubio tra cinema, arte e musica, ed è proprio grazie all’opera del re del surrealismo Salvador Dalì (scenografia di un sogno) per il film Spellbound (Io ti salverò) del re del thriller psicologico Alfred Hitchcock, che si è potuto dare vita a questa interessantissima mostra iniziata il 14 aprile 2022.

La mostra, dedicata a Salvador Dalì e ad Alfred Hitchcock, a cura di Beniamino Levi, è in esposizione all’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta fino al 30 settembre 2022. Nel corso di una conferenza stampa, coordinata dalla presentatrice Veronica Maya alla presenza dell’Assessore regionale al Turismo Felice Casucci, del Rettore della Pietrasanta mons. Vincenzo De Gregorio, del direttore del Polo Culturale Pietrasanta Onlus Raffaele Iovine e del direttore del MANN Paolo Giulierini, Beniamino Levi e il direttore artistico hanno dato il via alla presentazione della mostra.

È Napoli, come unica città europea, ad avere il privilegio di ospitare due dei più grandi artisti della storia dell’arte e del cinema, in procinto di una prossima mostra a Seul in Corea e a New York.

La mostra a Napoli si svolge con l’esposizione di  più di cento opere di Dalì, e il tema principale mira essenzialmente sulla psiche umana; recupero della memoria, perdita della memoria, paranoia, fase onirica e psicoanalisi accompagnato, naturalmente, da autentici effetti sonori e multimediali della cinematografia di Hitchcock. L’allestimento, all’interno del film di Hitchcock “Spellbound” è ricco di opere di vetro Daum, libri illustrati, grafiche, tarocchi daliniani, sculture di bronzo, design e arredi surrealisti dal valore inestimabile che si  affacciano, appunto, sull’iconografia surrealista, per questo motivo, l’arte di Hitchcock si sposa perfettamente con quella di Dalì e con la sua originale opera dipinta nel 1945 per il film Spellbound. Perché solo Dalì, con il surrealismo, è stato in grado di raccontare il concetto dell’inconscio, anche attraverso la realizzazione della scenografia per il film Spellbound, esattamente all’altezza di ciò che il regista Hitchcock desiderava. La connessione tra arte e cinema è davvero imprescindibile, le loro strade si sono da sempre incontrate e hanno avuto una grande influenza l’uno sull’altra; i registi, ad esempio, hanno da sempre respirato l’influsso della storia dell’arte e reso la storia del cinema ricca di attinenze all’arte anche raccontando la biografia e la carriera dei più celebri artisti. Allo stesso tempo, l’arte assorbe continuamente influenze dei film o dei grandi registi. Settima arte, così anche viene definita la cinematografia, che, secondo Ricciotto Canudo nel 1921 (poeta, scrittore e critico cinematografico italiano), sta per indicare un nuovo mezzo di espressione, sintesi delle arti dello spazio e del tempo.

Alessandra Federico

Ascoltare, guardare: l’uomo greco si volge all’Altro

L’uomo greco è curioso, pettegolo, invadente, indiscreto: guarda l’Altro, lo osserva attentamente e lo narra abilmente. Omero è ammaliato e sedotto dalle innumerevoli, illimitate, infinite immagini che galleggiano sulla superficie mondana. Desidera vedere e conoscere.

Egli ambisce a puntellare con parole lo straordinario assortimento dei comportamenti umani: sesso, matrimonio, famiglia, guerra, religione, architettura. L’Odissea apre il sipario con l’eroe che “di  molti uomini vide le città e conobbe i pensieri

Il superpotere della visione e dell’osservazione. L’intrico d’amore, frode, menzogna, vergogna, voyeurismo.

La narrazione omerica rende potentemente deflagrante l’impatto visivo della beltà femminile e l’urto tragico nell’esito.

Gli anziani, allorché scorgono “Elena venire verso la torre”, la comparano ad una dea immortale: probabilmente battersi per lei può valere lutti.

Omero eccita, stimola e, soprattutto, accresce la nostra immaginazione visiva.

Com’è il guerriero omerico? Thàuma idèsthai! Splendido a vedersi!

La verbalizzazione è un monumento da ammirare e contemplare.

La custodia vigile avviene mediante l’occhio e l’orecchio, secondo Omero.

Allora, ecco un tumulo nel settimo libro dell’Iliade: “qualcuno tra gli uomini futuri/navigando con nave ricca di remi il livido mare:/’ecco tomba d’eroe che morì anticamente:/l’uccise – ed era un forte – Ettore Ettore luminoso’./ Così dirà qualcuno, e non perirà la mia fama”.

Lo intravedete? E’ “visibile da lontano”, afono. Parla per esso Ettore.

Anche le pietre sono mute, tuttavia si esprimono mediante iscrizioni: “Io sono la tomba, il monumento o la coppa di Tizio

Se un monumento non parla, non può essere ricordato, come asserito nell’Iliade è “tomba d’un uomo morto in antico

Ciò che è memorabile, ovvero degno di memoria, si trasforma in klèos, fama, da klùein, udire: resiste all’usura corrosiva del tempo.

In fondo, morire akleès è una sciagura senza rimedio.

Telemaco afferma che sarebbe stato meglio per il padre decedere ad Ilio: ”tutti gli Achei gli avrebbero fatto una tomba/e anche a suo figlio avrebbe acquistato gran gloria (klèos) per dopo./Ma ora se lo portarono ingloriosamente (akleiòs) le Arpie”

L’ascolto come mezzo di spietato ed accanito controllo sociale.

La memoria, orbene, parrebbe dipendere dall’udito ma è la vista che veicola, spinge sull’acceleratore delle vibranti emozioni.

Penelope ed Odisseo, durante l’agnizione, giocano con lo sguardo; Priamo ed Achille si scambiano occhiate di sbigottimento ed apprezzamento. Ed Achille, conscio del gigantesco turbamento che potrebbe provocare la vista del cadavere di Ettore comanda che sia deterso altrove “perché Priamo non lo vedesse,/e nel cuore angosciato non trattenesse più l’ira/alla vista del figlio, e l’animo si gonfiasse ad Achille,/e lo uccidesse, violasse il comando di Zeus

Il Greco spicca per la sua capacità attentiva, misura i dettagli, usa la visione per parlare e l’ascolto per emettere giudizi.

Giuseppina Capone

Al Convitto per ciechi Colosimo si conclude il Service Lions “Kairos-integrazione al contrario”

Con la cerimonia  di consegna a disabili e soggetti fragili e svantaggiati  delle donazioni frutto della raccolta-fondi realizzata in seno al Service Lions “Kairos-integrazione al contrario” si conclude il 15 giugno, alle 17.30, presso il Convitto per ciechi Colosimo, un impegnativo  Progetto teso a sensibilizzare comunità, studenti, Istituzioni su diversità e disabilità, per un mondo più’ giusto. Il Progetto ha sortito più esiti: la consegna di materiale didattico a più scuole del Distretto per valorizzare diversità ed inclusione imparando a “mettersi nei panni degli altri”; un libro, “Gli invisibili”, pubblicato da ben cento Clubs Lions del Distretto 108 Ya e scritto a circa sessanta mani da esperti, la cui  presentazione ad aprile  ha consentito un proficuo scambio tra istituzioni ed  associazioni; uno spettacolo teatrale sul “dopo di noi”  rappresentato a scopi solidali dal regista ed autore Angelo Rojo Mirisciotti e dalla sua Compagnia “Prove d’amore”.

L’impegno dei Lions non si esaurirà con questo nuovo incontro di “addetti ai lavori”, uniti, in una sede storica votata al recupero e potenziamento delle abilità diverse di giovani non vedenti, per dare luce e voce agli “invisibili”. Anche nel nuovo anno sociale i Lions  continueranno infatti  a combattere per i diritti dei più fragili ed il libro “Gli invisibili”, curato dalla Lion napoletana Valeria Mirisciotti, diventerà un audiobook per chi ha problemi di lettura, inserito nel circuito del “Libro parlato Lions” dell’Audiobiblioteca di Verbania.

Virginia Ciaravolo: D’improvviso si è spenta la luce. Storie di stupri, lacrime e sangue

Dottoressa Ciaravolo, qual è il sentire comune rispetto allo stupro, oggi, stanti le campagne d’informazione promosse da stampa, istituzioni e social network?

Credo che ancora siamo lontani da un’informazione corretta e capillare sullo stupro e sul tema della violenza di Genere . Dobbiamo fare di più nell’ambito della scuola e della formazione di esperti. Trattare la violenza sessuale come più volte evidenziato nel libro, significa diventare per queste donne cestino , significa essere sfiorati da brutture indicibili e se non adeguatamente formati , si corre il rischio di colludere.

Oggidì, il corpo messo al centro del dibattito nella società contemporanea è quello muliebre. Quali forze diverse ed in contrapposizione si combattono su questo campo?

Nel libro è stato analizzato il tema del corpo femminile come costruzione culturale volta a dimostrarne l’inferiorità biologica che ha contribuito alla creazione di stereotipi . Un corpo e’ una persona da dominare. La donna viene deumanizzata e “cosìficata” oggetto di piacere e potere usato, consumato e gettato come carta straccia.

Si reputa che la intimate partner violence si riveli una strategia per “fare il genere”, e per “fare le maschilità”. La polisemia di accezioni (genere linguistico, biologico e sociale) che la lingua sviluppa dimostra quanto la dimensione linguistica emani riecheggiamenti nella maniera in cui si avverte la realtà, si erige l’identità e si calcificano i preconcetti. Reputa che modi di dire, proverbi e battute possano costituire l’anticamera di forme di violenza?

Il linguaggio è lo speculare delle strutture profonde sociali e cognitive che influenzano i modi di pensare e di essere. Linguaggi sessisti, razzisti che inferiorizzano umiliano l’altra/o da sé fanno parte del circuito della violenza.

Quanto è responsabile la società nel suo complesso nell’avvalorare la cultura dello stupro?

Lo stupro come la violenza sono un fenomeno culturale e come tale vanno affrontati in senso multidisciplinare. Vale a dire attraverso una visione psicologica, antropologica, giuridica politica e legislativa. Nel libro mi sono avvalsa della collaborazione di esperti in varie discipline :Emerita Cretella, Stefania Ascari, Antonella Esposito, Nunzia Brancati, Valeria Fedeli, Luigi Riello, Alessandro Giuliano, Mauro Valentini.

A., una diciottenne a cui, in una giornata di sole, “d’improvviso si è spenta la luce” Qual è la sua storia?

Una storia dolorosa, come tutte quelle in cui si consuma una violenza che lascia come un terreno riarso , un buio improvviso dal quale sembra di non poter più uscire. Ma la forza della rinascita sta proprio in nella storia, in quel racconto che A ha volto donare per andare oltre quel buio. Mi auguro che questo ,insieme al lavoro terapeutico potrà far rinascere nuovi semi di speranza in una nuova alba di vita.

 

Virginia Ciaravolo Psicoterapeuta – criminologa, Presidente dell’Associazione Mai più violenza infinita Onlus, si occupa prevalentemente di Donne e minori. Esperta in reati di violenza di genere, abusi, bullismo e cyberbullismo. Laureata in Psicologia, Psicoterapeuta specialista in infanzia, adolescenza ed età adulta. Nel 2010 coniuga la sua passione per la criminologia conseguendo la laurea in Scienze dell’investigazione e sicurezza, presso l’Università di Perugia. Formatrice in numerosi corsi sulle tematiche evidenziate, ha collaborato con la Questura di Napoli ed e’ docente/consulente esterno per il Dipartimento Pubblica sicurezza. Fa parte della task force del primo Osservatorio nazionale CNOP sulla prevenzione dei suicidi. Inoltre collabora al Tavolo tecnico su abusi minori in ambito sportivo, Dipartimento Sport Presidenza Consiglio dei ministri Autrice di numerose pubblicazione, l’ultima opera pubblicata luglio 2021 per Armando Editore “ La violenza di genere dalla A alla Z.” .

Giuseppina Capone

E’ morta Liliana De Curtis

Triste giorno oggi per il mondo della cultura, è morta la figlia del grande Totò: Liliana De Curtis all’età di 89 anni. Era nata il 10 maggio 1933 a Roma da Antonio De Curtis e Diana Rogliani. Attrice e scrittrice Liliana si è spenta nella sua abitazione a Roma. Molte le iniziative artistiche e culturali in ricordo del padre che nel corso degli anni l’hanno vista protagonista o ospite d’onore.

L’irrazionale ed il mondo greco

I greci sono profondamente ed interiormente consci del vigore, dello stupore e delle insidie insite nell’irrazionale.
In fondo, perché ritenere i greci antichi immuni da forme di pensiero primitive, se non è immune alcuna società che cade sotto la nostra diretta osservazione?
Occorre scardinare una grecità costruita artificiosamente dagli storiografi, demolire l’immagine annacquata e neoclassica, palesarne antinomie e diversità.
Scorrazzando da Omero fino al II secolo a.C., si possono illuminare le teorie sul soprannaturale, il credito attribuito al sogno nonché all’influenza delle stelle, i fenomeni psichici prossimi alla trance ed all’allucinazione, come l’ossessione dionisiaca ed il furore profetico, la divinazione, l’orfismo e le pratiche magiche, delineando così aspetti ed espressioni dell’irrazionalismo greco.
I Greci hanno sempre sentito l’esperienza delle passioni come un fatto misterioso e pauroso in cui sperimentare la forza che è in noi, che ci possiede, anziché venir posseduta da noi stessi.
Il primo riferimento è all’Iliade: Agamennone offre in sacrificio Ifigenia, sangue del suo sangue, al fine di propiziare la buona disposizione d’Artemide ed inaugurare l’impresa bellica contro Troia. Inconfutabilmente, adattamenti posteriori di siffatto evento rimpiazzano il sacrificio della giovane con una bestia, mostrando un divenire della sensibilità. Agamennone medesimo, d’altronde, è angosciato ed agghiacciato per quanto gli esige la dea.
L’ate s’impadronisce della mente, obnubila la coscienza, rende provvisoriamente folli.
In molteplici altri brani Omero marca come un comportamento precipitoso, nefasto ed irresponsabile sia analogamente attribuito a forze soprannaturali.
Tali esegesi, verosimilmente, non sono traslati, allegorie o fantasie bensì fenomeni psichici.
Quest’analisi ha influenzato certamente Julian Jaynes così come Antonio Damasio nel tentativo di connettere ragione e sentimento, calcolo e creatività o intuizione, teoria o speculazione e prassi.
La grecità è davvero, pertanto, esclusivamente speculativa e razionale?
Probabilmente, è avvenuto un transito dalla shame culture alla guilt culture: un’atmosfera oppressiva, popolata di spettri.
Come non menzionare Nietzsche e chiedersi: Apollo e Dioniso rivaleggiavano sul serio?
Il senso schiacciante dell’ignoranza umana, dell’assenza di sicurezza in cui vivono gli uomini, la paura del phthonos divino, la paura del miasma sarebbero stati intollerabili se un divino consigliere onnisciente non avesse garantito ai Greci, dietro il caos apparente, l’esistenza di una sapienza e di una finalità.
Apollo, il dio solare, nasce da tale precipizio d’inquietudine, dalla corposità di questo panico.
Il razionalismo si mostra ipometrope nel non badare al fatto che, anche laddove la divinità si dilegui, i suoi riti perdurano parecchio più lungamente nello spirito sia dei popoli che dei singoli.
Ecco, il presupposto culturale e psicologico della definizione nietzscheana delle chiese come “Die Grüfte und Grabmäler Gottes
Audacemente interessante è l’ipotesi concernente l’ascendente dello sciamanesimo sui greci:  l’apertura del Mar Nero al commercio greco nel VII secolo avrebbe influito sul concepimento d’idee circa la relazione tra corpo e anima.
Pitagora è addotto come esempio di più importante sciamano greco. Orfeo, alla stessa maniera, è stimato quale figura sciamanica. Platone stesso, il più genuino emblema di questo processo d’avvio del razionalismo, si fa un simbolo controverso, operando un fecondo innesto delle idee magico-religiose che hanno remota origine nella civiltà sciamanistica settentrionale, anzi i Custodi della Repubblica sarebbero sciamani razionalizzati. La sua sistematicità ed il suo metodo s’imbevono, orbene, d’ingredienti magico-religiosi d’origine orientale.
Nel periodo ellenistico, poi, si ravviva l’esaltazione per la divinazione, la medicina magica e l’alchimia.
La grecità è eccitata dalle consuetudini orientali più illogiche ed acritiche.
Epicuro volle, viceversa, cassare il nocciolo granitico della prassi, facendo strada al pensiero della salvezza, a culti e riti distanti dalla mediazione razionale.
Il motivo?
La paura della libertà.
La luce produce ancora ora orrore e sgomento; quindi occorre assumere contezza dello strato ctonio ed indicibile della razionalità.
Giuseppina Capone

Identità in vetrina. A Sassari le Associazioni cittadine nelle scuole

Una cordata di Associazioni storiche cittadine coinvolte insieme per un progetto di tutela e diffusione del patrimonio storico culturale della città. Una vera e propria alleanza culturale messa in campo tra le scuole, l’Intergremio, il Centro Commerciale Naturale “Stelle del Centro” con la partecipazione dei CCN “Piazza d’Italia e Via Roma”, “via Manno” e il Comitato “Largo Brigata Sassari”.

Un’azione sinergica in continuità con quanto già avviato nel 2021 con il liceo Margherita di Castelvì e l’Accademia delle Belle Arti “Mario Sironi” di Sassari.

In questa nuova edizione di “L’identità’ in vetrinaUn percorso fra tradizione, storia e modernità” si estende l’intervento con il nuovo progetto “Tradizione e giovani generazioni a tutela del patrimonio culturale” dedicato agli alunni dell’Istituto Comprensivo San Donato – Plesso Forlanini.

Il progetto si pone l’obiettivo di valorizzare le principali risorse culturali materiali e immateriali, a partire dal Patrimonio Unesco dei Candelieri, dei Gremi e le cerimonie e tradizioni ad essi collegate che connotano la Città di Sassari, il suo territorio e le sue plurime Comunità.

Nuovi protocolli di intesa con le istituzioni del territorio, quali l’Università di Sassari-Dipartimento Comunicazione Pubblica e Professioni dell’Informazione, in corso di definizione, e le scuole cittadine consentiranno di usufruire di preziose collaborazioni e ampi spazi di iniziativa.

Nel palinsesto delle attività connesse emerge il protocollo d’intesa siglato dalla dirigente scolastica Patrizia Mercuri con la presidente CCN Giusy Mura.

Il progetto prevede una serie di attività con la scuola sul tema della storia dei Candelieri e delle tradizioni laiche e religiose che accompagnano la Faradda.

Il primo incontro, realizzatosi lo scorso venticinque maggio ha coinvolto gli alunni e alunne del plesso scolastico Forlanini. Grazie alla disponibilità dell’Intergremio con il presidente Fabio Madau, del responsabile dell’organizzazione dei Piccoli Candelieri, Marco Dettori.

All’incontro hanno partecipato Salvatore Spada, già presidente dell’Intergremio e Gianfranco La Robina, già responsabile dei Piccoli Candelieri, storico capocandeliere, chiamati ad offrire la loro esperienza e consulenza per le attività del CCN.

La conferenza, è stata aperta da un video, curato dal fotografo Gian Michele Manca, che raccoglie i momenti salienti delle fasi che precedono, accompagnano e concludono la Festa con l’ingresso nella Chiesa di Santa Maria.

I numerosi alunni e alunne della scuola primaria hanno dimostrato una grande partecipazione e formulato interessanti domande e considerazioni sui vari aspetti della tradizione. Un saggio dell’accompagnamento musicale che caratterizza l’intera discesa dei Candelieri è stato offerto dal giovanissimo Mirko Nicoletti, che si è esibito con il tamburo nei tradizionali ritmi utilizzati nelle varie fasi dei movimenti di ballo dei portatori dei Candelieri, suscitando grande attenzione e allegria tra i giovanissimi spettatori.

Come CCN del Centro cittadino stiamo consolidando una serie di progetti con la stretta e fattiva collaborazione di tutti i commercianti ed artigiani del Centro della Città. È un impegno importante che ci vede collaborare con le Scuole e le istituzioni che ricoprono un ruolo fondamentale nelle nostre Comunità” dichiara la Presidente Giusy Mura, che prosegue “Vogliamo contribuire a conservare il Patrimonio culturale materiale e immateriale della città di Sassari e, allo stesso tempo, creare le condizioni per rivitalizzare il Centro Cittadino e l’economia del nostro Territorio”.

Il presidente dell’Intergremio Fabio Madau ribadisce che “Per l’Intergremio e per tutti i gremianti è fondamentale continuare ad operare per la conoscenza, il rispetto e la conservazione delle migliori tradizioni della Città. La presenza dei Gremi nell’opera di sensibilizzazione delle giovani generazioni è tra gli obiettivi e le priorità dell’insieme dell’organizzazione”.

La prosecuzione del progetto L’identità in vetrinaUn percorso fra tradizione, storia e modernità ha tra gli obiettivi quello di ampliare e consolidare un percorso positivo di valorizzazione dell’identità e delle tradizioni delle Comunità della Città di Sassari.

La Scuola è l’istituzione fondamentale in cui le giovani generazioni possono acquisire la conoscenza e il rispetto per il Patrimonio materiale e immateriale, così da contribuire alla crescita sociale e culturale delle proprie Comunità e, soprattutto, alla formazione di cittadini e cittadine consapevoli.

Per queste considerazioni, il progetto proseguirà con la ripresa dell’anno scolastico 2022/2023 con nuovi incontri di approfondimento e di iniziative sul tema dei Candelieri e delle tradizioni che accompagnano l’evento.

Luigi Coppola

 

 

(Foto di Luigi Coppola: La Faradda del 2015)

Il prof. Leonardo Di Mauro è il nuovo presidente dell’Istituto Italiano dei Castelli – sezione Campania

Si è costituito il 31 maggio scorso il nuovo Consiglio Direttivo dell’Istituto Italiano dei Castelli – sezione Campania, per il triennio 2022 – 2025.

Il prof. Leonardo Di Mauro è il nuovo presidente, succede a Luigi Maglio che ha guidato l’Istituto nella regione per tre mandati consecutivi.

Entrano nel nuovo consiglio per la prima volta il prof. Giuseppe Pignatelli Spinazzola, dell’Università Luigi Vanvitelli, la storica dell’arte Alessia Fresca, la giornalista Bianca Desideri e l’architetto Giuseppe de Pascale. Confermati la prof.ssa Marina Fumo (Università Federico II), gli architetti Valeria D’Alessandro, Domenico Tirendi, Lucio Sisto e Paolo Mascilli Migliorini.

L’architetto Luigi Maglio è stato nominato vicepresidente. La presidenza onoraria è stata assegnata al prof. Mario Pasquino. Il dott. Leo Donnarumma è il segretario della Sezione Giovani.

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