E gli angeli sono distanti. Interviste su Alda Merini

E gli angeli sono distanti ripercorre la vita di Alda Merini mediante le parole della poetessa e quelle di persone più o meno note, dall’editore Casiraghy a Emanuela Carniti Merini.
Quale figura di donna ne emerge?
Dalle interviste che ho fatto emerge una figura di donna molto sfaccettata, sicuramente generosa, poi anche autoironica e passionale, un vulcano in pratica. Io non ho avuto la fortuna di incontrare Alda Merini, ma negli ultimi anni mi sono appassionata molto alla sua poesia e quando si parla di Alda Merini, poesia e vita fanno un tutt’uno, così ho voluto dialogare con persone che hanno avuto modo di conoscerla in maniera più o meno approfondita.
Alda Merini sapeva voler bene e farsi volere bene. Le sue telefonate fiume agli amici erano una richiesta di contatto con il mondo, anche se il mondo l’aveva relegata per molto tempo ai margini della società.
Lo scrittore Crocifisso Dentello me l’ha descritta come una donna che amava provocare, anticonformista, che non parlava di letteratura e addirittura, se interrogata sull’argomento, cambiava discorso. La psichiatra Maria Antonietta Dicorato mi ha raccontato che il suo approccio con lei era stato difficile all’inizio, perché la poetessa era ostile verso la categoria degli psichiatri, ma una volta rotto il ghiaccio, Alda Merini aveva preso l’abitudine di chiamarla al telefono tutti i giorni per parlare di sé. Riccardo Redivo, che ha curato con me la raccolta di poesie e racconti di Alda Merini Confusione di stelle, pubblicata da Einaudi, ha definito il suo tono di voce profondo, consapevole del proprio dolore, a tratti sapiente. Anche Redivo aveva avuto delle difficoltà, all’inizio, ad approcciarsi con lei, perché gli aveva chiuso la porta in faccia rimproverandolo di non averla avvisata prima di arrivare. Ambrogio Borsani, curatore del Suono dell’ombra per Mondadori, conoscendola bene ha affermato che Alda Merini avrebbe preferito morire in manicomio piuttosto che vivere una vita senza poesia.
Pasolini sul Corriere della Sera scriveva “…perché come sanno bene gli avvocati, bisogna screditare senza pietà tutta la persona del testimone per screditare la sua testimonianza…”.
Cosa non è stato ancora perdonato ad Alda Merini?
A me sembra che oggi ad Alda Merini sia stato perdonato tutto. Tutti la adorano, ultimamente inizia ad essere valutata positivamente anche in ambito accademico, dove all’inizio si era restii a convalidare il suo valore. È una poetessa che piace sia agli intellettuali che alle persone con poca istruzione. Se si gira per i Social Network si vede quanto proliferano le pagine e i gruppi dedicati a lei. Tra i poeti del secondo Novecento Alda Merini spicca, e ancora di più spicca tra le poetesse di ogni tempo, dove ha un primato indiscutibile a livello di popolarità. Il fatto è che di Alda Merini si apprezzano due cose in particolare: per quanto riguarda la sua vita, paradossalmente se ne esalta la sfortuna – renderle tributo, anche post mortem, credo faccia sentire tutti più buoni, solidali e sensibili (so che può apparire forte come affermazione) –, per quanto riguarda la poesia, invece, si ama la sua semplicità – infatti la poesia di Alda Merini non ha molto di ermetico, di difficile, ma può essere compresa da tutti.
Alla poetessa dei Navigli non hanno perdonato molto quando era ancora in vita: soprattutto non le hanno perdonato il disturbo mentale, di cui non aveva colpa. Ma se il disturbo mentale fa molta paura quando chi ne è affetto è vivo ed è una mina vagante – come lo è stata la poetessa, come lo sono in generale i bipolari –, sembra meno pericoloso quando chi ne soffre muore, e allora torna ad essere una persona uguale alle altre, perché nella morte tutti siamo uguali, anche i cosiddetti ‘pazzi’. E non fanno più paura.
Il suo libro è stato pubblicato in occasione del decimo anniversario della morte di Alda Merini.
Qual è stata la più grande lezione della poetessa dei Navigli?
Per me la lezione di Alda Merini – sembra banale, ma per me è così –  è stata l’amore: la capacità di amare nonostante tutto, di resuscitare quando tutti ti hanno lasciato sola, di amare perfino un marito che ti ha picchiato, di amare la poesia nonostante i tanti rifiuti degli editori e infine, soprattutto, la conquista di amare se stessi anche se gli altri ti hanno stigmatizzato, anche se ti hanno fatto gli elettrochoc, anche se hanno detto che la tua poesia non è abbastanza colta, anche se ti hanno vietato di crescere le tue figlie, anche se qualche volta ti viene voglia di morire. Alda Merini è stata questo: un esempio di poetessa, ma ancora di più, per me, un esempio di donna. Perché non si è lasciata andare, ha combattuto senza cedere alla rabbia. Alda Merini è un esempio di amore.
Alda Merini è nota, per lo più ed anche, per aspetti massmediatici piuttosto che per i riverberi sentimentali, lirici e pirateschi di una donna che ha speso la sua vita nel combattere una rivoluzione sia estetica che linguistica. Per quale ragione, ancora oggi, risulta prevalente l’interesse per le polemiche civili, giornalistiche e letterarie rispetto alla versificazione?
Semplicemente perché sulle prime tutti possono mettere bocca, mentre non tutti hanno l’istruzione necessaria per recensire le sue opere, analizzandone le figure retoriche per esempio. E poi perché tutti siamo umani, quindi è naturale che ci sia più interesse per l’aspetto umano, specie quando è così singolare ed eccentrico, e meno per l’aspetto professionale. E poi anche perché Alda Merini ha saputo scuotere le coscienze. Le sue interviste meriterebbero uno studio a parte. Potrebbero essere trascritte e formare uno splendido libro a sé. La gente le ascolta ancora oggi incantata.
Le interviste che ha effettuato delineano una donna “disordinata, generosa, ironica e provocatoria” che, senza la poesia, non si sarebbe salvata dal buio delle reclusioni nell’ospedale psichiatrico di Milano e, successivamente, del reparto di psichiatria di Taranto. 
Questo delicatissimo libro nasce con uno scopo salvifico? La scrittura stessa può assurgere ad una funzione soterica?
Si scrive sempre per salvarsi. Passavo un bruttissimo periodo quando mi sono dedicata a questo libro di interviste, mi sono attaccata al telefono disturbando persone che per lo più non conoscevo (devo dire che si sono dimostrati tutti estremamente disponibili) e ammetto che per me questo piccolo libro, insieme al romanzo Maddalena bipolare che ho scritto poco tempo prima, è stato un appiglio, una ragione di vita in più quando tutto era diventato molto difficile da sopportare.
La figura di Alda Merini rappresenta salvezza, la salvezza di una che ce l’ha fatta, ha sconfitto la malattia, ha sconfitto l’incomprensione degli ‘addetti ai lavori’ che non la ritenevano abbastanza brava da volerla pubblicare, e poi, alla fine, se la sono contesa. Alda Merini ha sconfitto tutto, perfino la morte, tanto che è ancora più viva oggi fra di noi di quando era ancora viva.
Ornella Spagnulo ha seguito il master in scrittura creativa della Luiss – Luiss Writing School – dopo una laurea a pieni voti in Lettere con tesi pubblicata (Il reale meraviglioso di Isabel Allende) ed è dottoressa di ricerca in Italianistica. Ha curato una raccolta di inediti di Alda Merini per Einaudi, Confusione di stelle, insieme a Riccardo Redivo. Ha pubblicato quattro raccolte di poesie e un saggio di interviste su Alda Merini, E gli angeli sono distanti. Il suo primo romanzo, Maddalena bipolare, è stato vincitore dei premi: premio speciale della giuria concorso Casentino, 46° edizione, premio della critica concorso Montefiore, 11° edizione, premio speciale della giuria concorso Giovane Holden, 15° edizione, ed è stato selezionato come uno dei 200 libri più belli d’Italia dal concorso Tre Colori, 3° edizione.
Il suo sito è www.ornellaspagnulo.it.
Giuseppina Capone

La scomparsa di Catherine Spaak ha lasciato un vuoto nel mondo del cinema e della tv

Il cinema italiano e la tv hanno19 perso una delle sue brillanti stelle: Catherine Spaak è morta lo scorso diciassette aprile a settantasette anni, era nata a Boulogne- Billancourt (Francia) il 3 aprile del 1945. Figlia di madre attrice, Claudie Clèves, e padre sceneggiatore cinematografico, Charles Spaak, anche sua sorella Agnès è stata un’attrice prima di diventare fotografa. Sua zia, invece, era Suzanne Spaak (partigiana belga, salvò centinaia di ebrei durante l’olocausto). Ancora, lo zio Paul-Henri ricoprì il ruolo di primo ministro del Belgio.

Bella, affascinante e temeraria, la Spaak iniziò molto presto ad intraprendere la strada del cinema; a soli quattordici anni recitò una piccola parte nel film “Il buco” di Jacques Becker. Nel 1960, in Italia, debuttò con “Dolci inganni” di Alberto Lattuada. E fu proprio grazie al ruolo da adolescente spregiudicata che interpretò nel film di Lattuada, la carriera da attrice per Catherine fu rapida e in ascesa, di fatti, sempre nelle vesti di adolescente spregiudicata, nella prima metà degli Anni ‘60,  apparve in diversi film: “Diciottenni al sole”, “La noia”, “La parmigiana”, “Il sorpasso”, “La calda vita”, “La voglia matta”, “La bugiarda”.

Nel 1964 vennero pubblicati i suoi primi 45 giri in seguito ad un contratto offerto dalla casa discografica italiana “Dischi Ricordi”. In poco tempo diventarono successi da Hit parade. Da li a poco riuscì a diventare una presenza ricorrente nella commedia all’italiana e a continuò a lavorare con i più celebri registi e autori e, nel 1964, le venne attribuita la Targa d’oro ai David di Donatello. Nel musical televisivo tratto dall’omonima operetta, la Spaak interpretò nel 1968 la “Vedova allegra” per la regia di Antonello Falqui, mentre nel 1978-79, interpretò il ruolo di Rossana nella commedia musicale “Cyrano” di Domenico Modugno e Riccardo Pazzaglia con la regia di Daniele D’Anza.

La star del cinema italiano, dal 1970, ha anche collaborato per alcune testate giornalistiche come Amica, il Corriere della sera,  TV Sorrisi e Canzoni, Il Mattino, Marie Claire. Ma il suo curriculum nel mondo dello spettacolo si arricchì della presenza televisiva: condusse, per tre edizioni di fila, dal 1985 al 1988 “Forum” all’interno di “Buona Domenica”. La stima del pubblico nei confronti della Spaak era ormai arrivata all’apice, soprattutto come autrice e conduttrice di talk show.

Nella vita privata, Catherine è stata sposata 4 volte; il suo primo amore nacque sul set del film “La voglia matta” dove incontrò,  per la prima volta, Fabrizio Capucci negli anni sessanta. I due attori si innamorarono e si sposarono e poco tempo dopo diedero alla luce Sabrina, la quale è diventata  attrice di teatro, mentre Gabriele è il secondo figlio della Spaak nato dal matrimonio con Johnny Dorelli (1972 – 1979).  Dopo la fine del suo secondo matrimonio è stata sentimentalmente legata all’attore italiano Paolo Malco. Con l’architetto Daniel Rey è stata sposata dal 1993 al 2010, e con Vladimiro Tuselli dal 2013 al 2020.

Alessandra Federico

“La neve in tasca”, la raccolta di poesie di Franco Filice

Si terrà venerdì 20 maggio alle ore 18.00 a Napoli, presso la libreria The Spark creative hub in piazza Borsa, la presentazione del libro di poesie “La neve in tasca” di Franco Filice, Edizioni Oedipus. Con l’autore, interverrà l’attrice e drammaturga Daniela Mancini che leggerà alcuni brani tratti dal volume.

Franco Filice è traduttore letterario dal 1992. Ha esordito con il romanzo Thomas mio padre, di Monika Mann, Tullio Pironti. Dopo la traduzione della raccolta di saggi Contro l’antisemitismo, di Theodor W. Adorno, Manifestolibri 1994, per lunghi anni si è occupato della gestione della biblioteca del Goethe Institut di Napoli, prima di riprendere la traduzione letteraria come principale attività. Traduce soprattutto opere di narrativa tedesca contemporanea, tra cui, negli ultimi anni, Mare calmo, di Nicol Ljubic, L’angelo dell’oblio, di Maja Haderlap, La cosmonauta e Una terra senza fine, di Jo Lendle, La Stasi dietro il lavello, di Claudia Rusch, Figlie dell’estate, di Lisa-Maria Seydlitz, tutti per Keller editore, nonché Harold e Billy, di Einzlkind, per edizioni nottetempo. Ha insegnato Lingua e traduzione tedesca presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli.

 

Il re scugnizzo

Quanto è aderente la figura di Maradona al monello napoletano indicato nel titolo?
Diego era il perfetto modello di scugnizzo: cresciuto in strada, bambino vivace e irrequieto con una famiglia poco abbiente alle spalle… Le caratteristiche c’erano tutte.
Nel Novecento il calcio ha sconfitto i totalitarismi di Hitler e di Stalin.
Quale funzione politico-sociale-antropologica ha assunto Diego Armando Maradona?
Dittature e regimi totalitari hanno sempre sfruttato lo sport a fini propagandistici e politici. Lo stesso Maradona, su cui aveva messo gli occhi il dittatore argentino Videla, aveva rischiato di diventare oggetto di propaganda. Il suo rapporto con la politica è stato, però, sempre distaccato, nonostante le sue idee, notoriamente orientate a sinistra, e la sua amicizia con Castro: Diego si limitava a sostenere con la sua popolarità le cause sociali e politiche che sentiva vicine. Quello che offre in particolare la sua parabola umana, con la sua ascesa e la caduta, è però un esempio senza pari di come il talento – indipendentemente da chi lo possiede – possa cambiarti la vita.
Il 25 novembre 2020 la notizia del decesso di Maradona richiamò con veemenza l’interesse dell’opinione pubblica internazionale.
Un campione dello sport quale eroe tragico contemporaneo?
Diego è stato un uomo con uno strepitoso talento e un’enormità di difetti: due aspetti destinati a catalizzare l’opinione pubblica. Ha incarnato la forza, la fragilità, la ricchezza e la povertà. Con la sua vita ha raccontato una storia epica che resterà nella memoria e nel cuore di molti.
La sceneggiatura è accompagnata da emozionanti illustrazioni. Quali sono i ritmi della collaborazione tra chi crea una graphic novel?
La storia la scrivo da solo, dopo aver raccolto le idee e tracciato le linee fondamentali della trama. Quindi fornisco a Ernesto tutti i dettagli: le immagini di riferimento, i luoghi e talvolta anche schizzi della scena che avevo in mente. Dopodiché inizia il lavoro duro: il suo. Ernesto si isola per un paio di mesi e torna con quelle tavole meravigliose che ha visto. È un lavoro che portiamo avanti separatamente, malgrado la comunicazione resti costante.
Paolo, può offrirci un ricordo personale che lo lega al Pibe de Oro?
Negli anni in cui Diego era a Napoli, per una serie di vicende, finii in una scuola privata e mi ritrovai in classe Ciccio Baiano, che allora giocava nel Napoli. Quel giovane calciatore era letteralmente assillato dalle domande sulla vita privata di Maradona, come se il resto della squadra non esistesse. Pochi mesi dopo arrivò lo scudetto e alcuni di quei giorni incredibili sono finiti inesorabilmente nella nostra graphic novel.
Paolo Baron e Ernesto Carbonetti muovono i primi passi nel fumetto pubblicando Suburbans (2013) e Punk is Undead (2016) per 80144 Edizioni. Nel 2017 esce per Magic Press la graphic novel Lazzaro, il primo zombie e – sempre per 80144 Edizioni – Chiedi a John. Quando i Beatles persero Paul (2018), pubblicato anche in Francia, Spagna, Brasile e Stati Uniti per Image Comics col titolo Paul is Dead. Per il mercato internazionale – in lingua inglese – è appena uscito Jim Lives. The Mystery of the Lead Singer of The Doors and the 27 Club (Image Comics).
Giuseppina Capone

Il CITS e il Symposium sulla fotografia sociale

La fotografia sociale è il tema su cui si è basato il Symposium presso la sede del progetto Uniforme. Vincenzo Angrisani, Raffaele Federico, Emilio Oriente e Carlo Landolfi sono stati i conduttori di questo conviviale incontro descrivendo, accuratamente, la storia della fotografia. La fotografia oltrepassa i secoli attraversando anche l’evoluzione sullo studio da parte di artisti e scienziati fino ad arrivare ai tempi moderni dove, l’utilizzo dello Smartphone, è riuscito a svalutare il valore di questo strumento diminuendone, appunto, il potere suggestivo e rivoluzionario.

Può ancora oggi la fotografia svolgere la funzione di scuotere quelle coscienze impigrite perché rassegnate da una ineludibile realtà circostante? E’ questo il quesito che molte persone al giorno d’oggi si pongono. Le risposte date alla domanda sono state tutte diverse e sostanziate da esempi recenti; quello riportato nella discussione è relativo al propagarsi di immagini sui social che, nell’arco di poco tempo, sono state in grado di diventare virali e manipolare e influenzare, purtroppo e spesso negativamente, il comportamento delle persone più sensibili e fragili. Per questo motivo, la fotografia, deve tornare ad essere utilizzata allo scopo di trasmettere emozioni, a chi la osserva e a chi la scatta, attraverso informazioni interessanti e idee positive atte a migliorare l’ambiente e la qualità della vita delle persone. A tal proposito, attraverso il programma di attività sociale denominato “Scatta e riscatta”, il progetto “Vivere meglio” utilizza proprio la fotografia come strumento di sensibilizzazione e risveglio delle coscienze. Da settembre 2021 questo progetto ha dato vita ad una serie di iniziative che ha stimolato i cittadini a partecipare attivamente (singoli o in gruppi) e che, con le foto-segnalazioni di degrado ambientale e igienico sanitario, (indirizzate agli enti responsabili e alla Stampa) sono riusciti a evidenziare alcune problematiche risolte poi con esito positivo. Al dibattito, seguito agli interventi, ha piacevolmente partecipato con interesse il cospicuo pubblico presente al Symposium, che ha, inoltre, collaborato ad incrementare l’incontro con nuove idee e nuove proposte.  Tutti gli interventi saranno inseriti in una pubblicazione.

Alessandra Federico

FoCS: La condizione delle Donne negli eventi bellici

“La condizione delle Donne negli eventi bellici e nelle situazioni di conflitto” è il titolo dell’incontro tenutosi alla Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus.

“L’iniziativa – ha evidenziato il prof. Antonio Lanzaro, presidente della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus – raccoglie e rilancia, come focus di discussione, quanto emerso dalle riflessioni e istanze rappresentate a più voci in questi tragici mesi”

Si è trattato di una mattinata dedicata alla forte riflessione, così come nella tradizione della Fondazione, sulla condizione della Donna nelle situazioni di conflitto e guerra non solo di quelle in corso ma anche come non sia sostanzialmente mutata nel corso dei secoli.

Sono intervenuti: il presidente della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus prof. Antonio Lanzaro, la dott.ssa Bianca Desideri, Giornalista-Giurista, Direttore “Centro Studi e Ricerche Mario Borrelli della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus”; la dott.ssa Matilde Colombrino, assistente sociale della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus; Gaetano  Bonelli, Direttore del Museo di Napoli-Collezione Gaetano Bonelli e della Casa Museo “Enrico Caruso”; la dott.ssa Assunta Landri psicologa – psicoterapeuta, consulente Procura della Repubblica presso Tribunale di Napoli Sportello d’ascolto psicologico ”FocsAscolto” Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus.

Gli interventi, tutti di particolare interesse, hanno analizzato –  partendo dall’importanza fondamentale del rispetto del diritto internazionale, troppo spesso calpestato nelle situazioni di guerra e conflitto, per non dire completamente ignorato – la condizione delle donne e le violenze che nei loro confronti vengono perpetrate.  Al temine degli interventi la parola è passata al pubblico presente in sala che ha partecipato attivamente alla discussione con osservazioni e ponendo domande.

Un incontro dedicato a tutte le Donne ucraine e alle Donne di tutto il mondo coinvolte in situazioni di conflitto e violenza per sensibilizzare sempre più tutti a lavorare per la pace in ogni situazione e in ogni luogo.

Orsola Grimaldi

Alla FoCS l’incontro: La condizione delle Donne negli eventi bellici e nelle situazioni di conflitto

Martedì 17 maggio 2022 alle ore 10.30, la Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus, in piazzetta San Gennaro a Materdei n. 3, Napoli, organizza un incontro di informazione e formazione sul tema “La condizione delle Donne negli eventi bellici e nelle situazioni di conflitto”.

“L’iniziativa – evidenzia Antonio Lanzaro, presidente della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus – raccoglie e rilancia, come focus di discussione, quanto emerso dalle riflessioni e istanze rappresentate a più voci in questi tragici mesi ed anche nell’ambito dello sportello FocsAscolto, dello Spazio Donne e del Centro Studi e Ricerche Mario Borrelli”.

Un momento di forte riflessione, così come nella tradizione della Fondazione, sulla condizione della Donna nelle situazioni di conflitto e guerra in questa difficile situazione internazionale e alle porte dell’Unione europea, che si sovrappone alla pandemia da Covid-19.

Un incontro dedicato a tutte le Donne ucraine e di tutto il mondo coinvolte in situazioni di conflitto e violenza per sensibilizzare sempre più tutti a lavorare per la pace in ogni situazione e in ogni luogo.

Dopo i saluti del presidente della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus prof. Antonio Lanzaro interverranno: la Dott.ssa Bianca Desideri, Giornalista-Giurista, Direttore “Centro Studi e Ricerche Mario Borrelli della Fondazione Casa dello Scugnizzoonlus” anche in veste di moderatrice; la dott.ssa Matilde Colombrino, assistente sociale della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus; Gaetano  Bonelli, Direttore del Museo di Napoli-Collezione Gaetano Bonelli e della Casa Museo “Enrico Caruso”; l’Arch. Laura Bourellis, esperta Beni Culturali, Consigliera Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus; la Dott.ssa Assunta Landri psicologa – psicoterapeuta, consulente Procura della Repubblica presso Tribunale di Napoli Sportello d’ascolto psicologico ”FocsAscolto” Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus.

Per partecipare all’evento è necessario attenersi alla vigente normativa per il contenimento del Covid-19.

“Scatta e riscatta” con il CITS

Il 13 maggio 2022, nell’ambito del Maggio dei Monumenti, si è tenuta  una interessante  ecofotopasseggiata organizzata dal CITS.

L’iniziativa, che ha il Patrocinio morale della seconda Municipalità del Comune di Napoli, ha condotto i volontari del progetto VIVERE MEGLIO lungo  via Duomo  fino a raggiungere la Chiesa San Giorgio Maggiore ai Mannesi.

La Chiesa risalente il IV secolo d.c., è un prezioso tesoro semignorato, posto in piazzetta ai Mannesi, un piccolo largo che da via Duomo conduce a  via Forcella.

Come tutto il patrimonio artistico culturale di Napoli è un luogo trascurato, con rifiuti abbandonati lungo la strada, cassonetti per i rifiuti aperti 24h24. La carreggiata presenta diverse buche causate da sampietrini divelti e sparsi ovunque.

Tutto meticolosamente documentato da fotografie  che andranno  a costituire  la mostra estemporanea “Scatta e riscatta”.

Lo stilista Valentino Garavani compie 90 anni

 Il celebre stilista di moda Valentino Garavani compie 90 anni. “Happy Birthday Mr.V” è la scritta che è apparsa sulla felpa Valentino il giorno del suo compleanno. La felpa, che è in edizione limitata, si può acquistare sul sito valentino.com  e il ricavato andrà alla Fondazione Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti.

“ I love beauty, it’s not my fault” è la frase che il re dell’alta moda italiana ha espresso il giorno del suo novantesimo compleanno lo scorso 11 maggio. Ma non finisce qui, per festeggiare i 90 anni dello stilista, all’interno del Teatro Sociale di Voghera, fino al 5 giugno, si terrà una mostra con le creazioni di Valentino dagli Anni Sessanta ai Duemila.

Gli amanti dell’alta moda potranno ammirare tutte le meravigliose creazioni Valentino; dai disegni, bozzetti, ritagli originali, illustrazioni, fotografie e trentasei elegantissimi abiti rossi ricavati dall’archivio.

Valentino  Clemente Ludovico Garavani, noto come Valentino, è nato a Voghera (provincia di Pavia in Lombardia) l’11 maggio del 1932. Valentino ha da sempre avuto le idee molto chiare su quale sarebbe stato il suo futuro; sin da bambino era nota la sua dedizione al disegno, all’arte e alla moda e, infatti, la sua carriera nel campo del fashion iniziò molto presto; nella sua città di origine, Valentino, presso l’atelier della stilista Ernestina Salvadeo, iniziò ad apprendere le prime nozioni. Sempre più motivato a voler migliorare nel campo del designer, il giovane aspirante stilista decise di frequentare una scuola di figurino a Milano. Poco tempo dopo  studiò presso l’Ecole de la Chambre Syndicale de la Couture a Parigi. Ancora, terminato il percorso a Parigi, Valentino perfezionò i suoi studi da Emilio Schuberth a Roma. Collaborò con Guy Laroche e, nel 1957,  riuscì finalmente a dare vita alla propria maison: la maison Valentino.

Il vero successo lo raggiunse quando, nel 1962, presentò la sua prima collezione al Pitti Moda di Firenze.  Fu un vero e proprio trampolino di lancio per Valentino  lo show tenuto al Pitti di Firenze; da quel momento iniziò per lui la collezione di premi prestigiosi e l’apertura di atelier anche in città internazionali e non solo, anche le più celebri star del cinema iniziarono a vestire Valentino.

“Ho un primato: otto attrici hanno ritirato un Oscar vestite da me.”- Valentino

Alessandra Federico

Marcostefano Gallo: L’illusione del melograno

Il percorso dei protagonisti si dipana anche a ritroso nel tempo; si serve di ricordi ingialliti e via via emergenti. La sua personale indagine adopera flashback che compongono un puzzle di notevole suspense. Quale valore attribuisce all’elemento della “memoria” nella sua produzione? Si possono davvero chiudere i conti con il passato?
La memoria, in particolar modo nei romanzi in cui si indaga negli aspetti più torbidi dell’animo umano, è un elemento fondamentale, asse portante del comportamento dei veri personaggi, che spesso agiscono in base alle esperienze pregresse, che siano positive o meno. I conti con il passato non si chiudono mai, c’è sempre qualcosa che ritorna anche quando pensiamo sia tutto finito. È la natura umana del resto, soprattutto quella dei più fragili: volgiamo lo sguardo avanti ma la mente ed il cuore rimangono sempre un po’ negli anni persi, per varie ragioni.
Il suo romanzo narra di Tancredi e sua madre, agli antipodi tuttavia legati da un laccio sentimentale inscindibile, quello della famiglia.
Perché i legami familiari sono sempre così passionali, in grado, al contempo, di allontanare ed attirare, congiungere e dividere, annientare e generare?
La famiglia è il luogo in cui non scegli di abitare, ma quello che ti viene posto in dote, da questa casualità possono nascere divergenze (o convergenze) che inevitabilmente segnano la tua esistenza ed il tuo cammino. Essendo appunto persone con le quali spesso si convive a lungo tutto è amplificato ai massimi livelli, ed il sangue in comune porta inevitabilmente ad una sorta si legame speciale.
Tancredi vive come un animale in cattività, inconsapevole della propria natura. Quanto coraggio occorre per saltare dal trampolino ed aprirsi ad una vita piena in cui far emergere con forza il proprio talento?
Mi viene in mente il titolo di un disco del mio gruppo, i Noir Col: La teoria del primo passo. Ebbene, ogni passo che facciamo verso le nostre scelte è una rottura inevitabile con il vissuto che fino a quel momento abbiamo avuto.  C’è chi nasce con questo coraggio e riesce a sfruttarlo, c’è invece chi come Tancredi ha bisogno di una “spinta” causata da fattori esterni, che in questo caso non faranno altro che infondegli la fiducia giusta.
Macchinazioni, intrighi, segreti, misteri, verità sapientemente celate, insabbiamenti, enigmi: sono ingredienti essenziali del giallo. Il suo romanzo in che misura diverge dal genere codificato?
Generalmente faccio solo un tipo di distinzione nel mondo del romanzo: bello o brutto. Penso che nel caso di questa storia ho affrontato un tema che mi è caro, ovvero l’indagare sugli aspetti più neri dell’animo umano, il nostro personale “dark side of the moon”. In generale poi le storie ambientate nei piccoli borghi sono sempre in un certo qual modo intrise da segreti, misteri e verità che diventano menzogna (e viceversa). È l’animo umano ad essere così tremendamente complicato, per fortuna di chi deve scriverne.
Lei è uno storico dell’arte, scrittore, cantante e autore della band Noir Col.  Quanto ha riversato nella sua scrittura della sua eclettica vita professionale e spirituale?
Direi che tutto confluisce in un unico contenitore. Gli studi universitari mi hanno infuso il metodo giusto e la pazienza che occorre per orchestrare un’opera complessa come un romanzo, mentre la musica mi ha regalato il senso della fluidità nello scrivere (cosa che non per tutti è un pregio). In generale direi che la scrittura è una perfetta sintesi di quel che è stato il mio percorso di studi, che ha modellato anche la forma dei miei sogni.
Marcostefano Gallo, ha conseguito una Laurea Specialistica in Storia dell’Arte. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni letterarie:
“L’arte di uccidere” Calabria Letteraria Editrice (2007)
“L’infinito per me” CSA Editrice (2008)
“La vendetta ha il mio stesso nome” CSA Editrice (2009)
“Circo Dovrosky” Ferrari Editore (2016)
“La fragilità dei Palindromi” Ferrari Editore (2018)
“Lo strano caso del Rêverie” Scatole Parlanti (2020)
“L’illusione del melograno” Pellegrini (2021)
Giuseppina Capone
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