Pensare in maniera critica

“Colui che impara e impara e non mette in pratica ciò che sa, è come colui che ara e ara e non semina” Platone.

I filosofi per aiutare a pensare, in edicola una biblioteca essenziale per avvicinarsi alla filosofia. Protagonista del primo numero è Platone.

“Nell’epoca dell’iperconnessione, della sovrabbondanza e della varietà dell’informazione, Imparare a pensare è una collezione che ti offrirà gli strumenti necessari per riflettere e indagare su tutte le questioni fondamentali della realtà che ci circonda. Un ponte tra i grandi filosofi di tutti i tempi e il tuo pensiero” è quanto si legge nella presentazione dell’opera “Imparare a Pensare”.

Giustizia, etica, conoscenza, vita sociale, senso dell’esistenza, verità sono alcuni dei temi ai quali ci avvicineranno i protagonisti di questa collana di 60 volumi.

Giuseppina Capone

 

Dolce&Gabbana danno voce ai giovani stilisti emergenti

“Miss Sohee è una vera artista, e già i suoi primi lavori ne sono una prova. La sua visione e l’identità del suo stile ci hanno colpito da subito. Conoscendola, abbiamo anche avuto l’opportunità di apprezzare la genuinità e la freschezza del suo approccio al lavoro, molto vicino al nostro. La sua dedizione e l’amore per il fatto a mano ci hanno convinto a supportare questo progetto, siamo davvero felici di poterle essere accanto in questo momento speciale: il futuro è dei giovani”. Dichiarano Dolce&Gabbana durante un’intervista. Miss Sohee è una giovane stilista emergente coreana e grazie a Domenico Dolce e Stefano Gabbana, Shoee realizzerà presto il suo più grande sogno; i re della moda italiana saranno entusiasti di darle l’opportunità di partecipare alla Milano Fashion Week che si terrà a febbraio, dove potrà  presentare la sua prima collezione. Davvero un programma interessante quello di supportare i giovani stilisti emergenti e, grazie proprio a questa meravigliosa iniziativa partita da Dolce e Gabbana, che la Camera Nazionale della Moda Italiana e lo stilista Valentino hanno appena confermato che a breve si terrà un nuovo progetto che partirà  a febbraio durante Mfw e Marco Rambaldi sarà il protagonista: si tratta di una serie di appuntamenti digitali in cui sarà ospite un giovane designer della moda e dove, sul canale Instagram di @maisonvalentino,  presenteranno la collezione propria gli stilisti emergenti. Ancora, il progetto di menthorship è un’idea di Alessandro Dell’Acqua e Tomorrow Ltd in cui sostengono i nuovi talenti. Già dal novembre 2020 alcuni designer presentavano la collezione attraverso fashion film sulle piattaforme digitali Gucci, gli stessi stilisti che oggi mostreranno le proprie collezioni all’interno della piattaforma polifunzionale digitale Vault di Gucci, dove si trova il concept store creato da Alessandro Michele direttore creativo di Gucci.

“Sono davvero entusiasta di vedere la mia visione prendere finalmente vita. Sono estremamente grata a Domenico e Stefano per il loro generoso supporto e per questa opportunità unica. Sapere di poter contare su di loro e che incoraggiano la mia creatività è un vero onore”. Afferma Miss Sohee.

Nonostante la sua giovane età il marchio di Miss Shoee è già amato da molte celebrità: Shoee Park, è la griffe stimata da Bella Hadid, Miley Crus e Ariana Grande.

Alessandra Federico

Gli Uffizi apre la collana Musei del mondo

I lettori del Corriere della Sera in questi ultimi giorni del 2021 hanno ricevuto in omaggio due pubblicazioni: Uffizi e Il cielo è di tutti riservate a due pubblici diversi, il primo agli amanti della cultura e dell’arte, il secondo ai piccoli lettori in età prescolare. Due grandi nomi per le due pubblicazioni: Philippe Daverio e Gianni Rodari.

Uffizi dà il via alla serie su i “Musei del mondo”, un viaggio attraverso 40 musei in tutto il mondo alla scoperta dei tantissimi capolavori più o meno conosciuti custoditi in questi gioielli d’arte e cultura. Un omaggio all’opera di artisti italiani e stranieri ed anche allo storico e critico d’arte Daverio scomparso lo scorso anno. Un modo per viaggiare anche senza muoversi da casa propria attraverso i volumi riccamente illustrati, rigorosi scientificamente ma dal taglio divulgativo. Ogni volume racconta una collezione con aneddoti e curiosità e approfondimenti su una selezione dei capolavori più significativi. Giotto, Beato Angelico, Paolo Uccello, Piero della Francesca, Leonardo, Botticelli, Bellini, Perugino, Michelangelo, Raffaello, Tiziano, Caravaggio e tanti altri artisti sono i protagonisti dei volumi.

Gli Uffizi sono stati incoronati quest’anno dal periodico culturale “Timeout” come miglior museo al mondo in una top ten in cui ha superato Louvre, Ermitage o Moma.

Giuseppina Capone

La moda come protagonista del Natale 2021

La  moda è stata la protagonista di questo Natale; il settore dell’abbigliamento, secondo le indagini Ebay di Nielsen, è stato la tipologia di acquisti più amato dal 64% degli italiani in questo periodo dell’anno e in particolare in questo Natale 2021. In totale, secondo gli studi, sarebbero circa 1.000 gli adulti di età compresa tra i 18 e i 65 anni ad aver acquistato maggior numero di doni per Natale effettuando, in complesso, una spesa media di 300 euro a persona. I prodotti più richiesti, sempre nel settore del fashion, oltre ai capi d’abbigliamento  e fino ad oggi, sono anche i prodotti di cosmetica e profumeria (acquistato da donne dai 45-54 anni), seguito da prodotti per casa e arredamento. Gli uomini e i giovani, secondo gli studi, quest’anno hanno preferito i prodotti tech, quelli per il collezionismo e per gli hobby. Riguardo gli acquisti online, invece, il numero maggiore di coloro che hanno preferito questo metodo sono stati i genitori e i giovani che hanno poco tempo a disposizione.

La maggior parte delle persone, secondo gli esiti delle interviste, ha riservato un budget per i regali che varia dai 100 e i 300 euro, pochi sono stati coloro che avevano intenzione di spendere 400 o 500 euro per Natale e ancora di meno il numero di persone disposte a spendere cifre maggiori. È interessante, anche, conoscere l’atteggiamento che assume l’italiano nel momento delle compere per il Natale; ci sono state persone che hanno preferito vivere  intensamente l’adrenalina,  dunque fare spese per i cari il giorno della vigilia di Natale,  e ci sono state persone, invece, che hanno atteso con ansia l’arrivo del Natale e si sono precipitate ad acquistare i regali per i familiari sin dalla metà del mese di ottobre. Ognuno vive lo spirito del Natale a modo proprio, ma nessuno rinuncerebbe all’emozione di trovare almeno un dono sotto l’albero, soprattutto i bambini che hanno atteso con impazienza l’arrivo di Babbo Natale. Questo dicembre, tutti gli alberi di Natale situati all’interno delle gallerie delle grandi città, al centro delle piazze, nei centri commerciali, sono stati stracolmi di lettere scritte dai bambini per chiedere i doni a Santa Claus. Malgrado abbiamo vissuto e  ancora viviamo un momento difficile a causa del Covid19, che rende tutti un po’ più tristi e malinconici, una sorpresa sotto l’albero è stata un buon pretesto per portare allegria e un sorriso in ogni famiglia.

Alessandra Federico

Una passione per tutti: la fotografia

L’origine della fotografia, da dove deriva il nome, il fotografo che salvò la vita di Kim Phuc, la bambina sopravvissuta alla guerra in Vietnam.

La visione della vita per l’uomo cambiava quando, dalla metà del 1800, iniziavano le scoperte tecnologiche tra cui l’invenzione della fotografia; il Dagherrotipo, nel 1839, realizzato dal francese Louis Jacques Mandé Daguerre, fu il primo aggeggio per lo sviluppo di immagini, anche se questo strumento non era capace di riprodurle. Si trattava di una scatola di legno all’interno della quale si trovava una fessura per la lastra di rame e un obiettivo in vetro e ottone  che, esposta ai vapori dello iodio, e grazie soprattutto all’effetto della luce, (la luce alterava le sostanze utilizzate e passando attraverso il foro proiettava l’immagine), doveva stare posizionata per diversi minuti davanti al soggetto che si voleva riprendere. Una volta ottenuta l’immagine riprodotta si lavava in sale marino e nel mercurio per eliminare i residui di ioduro. Il tutto doveva obbligatoriamente avvenire in una camera oscura. Si scoprì, però, che l’utilizzo di vapori di mercurio rendeva la produzione di Dagherrotipi un procedimento che avrebbe poi, col tempo, recato danni alla salute di chi la utilizzava.

La luce ha avuto un’influenza notevole nella scoperta della fotografia e infatti “Scrittura di luce” è il vero significato della parola fotografia. Luce e grafia sono due parole greche che unite hanno dato vita a questo termine. Il primo apparecchio fotografico italiano fu prodotto l’8 ottobre del 1839 a Torino da Enrico Federico Jest assieme al figlio Carlo Alessandro e Antonio Risetti. Con l’invenzione della Calotipia ci fu la vera innovazione  per quanto riguarda lo sviluppo di immagini riproducibili con la tecnica del positivo/negativo che, a differenza del Dagherrotipo, dava la possibilità di riprodurre diverse copie di un’immagine. Questo metodo era più pratico ed economico perché permetteva di realizzare un diverso numero di macchine di dimensione piccola fino ad arrivare alla prima compatta della Kodak.

Arte e fotografia

Anche l’arte si univa finalmente alla fotografia: Nadar è  stato il primo fotografo artista che riusciva ad unire l’arte fotografica con la pittura. Era un vignettista e le sue caricature erano su tutti i giornali importanti dell’epoca e non solo,  i suoi lavori artistici e le sue fotografie le aveva racchiuse tutte all’interno del suo studio dove, nel 1874, ci fu la prima mostra degli impressionisti. La passione per l’arte e la fotografia, per Nadar, cresceva sempre di più e decise quindi di comprare uno dei primi aerostati per fotografare Parigi dall’alto. Ancora, fotografava personaggi importanti come politici, artisti e attori. Ma la storia della fotografia non termina qui: la verità è che nel 1813 Niépce studiava i perfezionamenti alle tecniche litografiche e insieme al fratello Claude iniziò a studiare la sensibilità alla luce del cloruro d’argento fino ad ottenere la sua prima immagine fotografica nel 1816. Ma andiamo ancora indietro nel tempo: il filosofo Aristotele riuscì già a notare che la luce, passando attraverso un piccolo foro, era in grado di proiettare un’immagine circolare e nel 1039; lo studioso arabo Alhazen Ibn Al- Haitham, definì camera oscura la scatola dove all’interno la luce che attraversava il foro riproduceva l’immagine. Oculus Artificialis, (la celebre camera oscura leonardiana) così le diede il nome Leonardo da Vinci dopo aver studiato la riflessione della luce sulle superfici sferiche nel 1515. Si può dedurre, dunque, che il metodo per riprodurre un’immagine sia stato scoperto molto tempo fa, ma che solo dopo diversi studi durati diversi anni si sia riuscito ad ottenere un’autentica fotografia. Ad oggi si crede che la fotografia sia solo un metodo per immortalare i momenti belli della nostra vita. La storia ci insegna che è da sempre stata uno strumento per raccontare, per rivelare, per mandare informazioni; e infatti, grazie alla fotografia, il fotografo Nick Ut salvò la vita a Kim durante la guerra in Vietnam.

La storia della bambina sopravvissuto alla guerra in Vietnam

“Quando si fotografano persone a colori si fotografano i loro vestiti. Quando si fotografano persone in bianco e nero si fotografano le loro anime”. Ted Grant

Era proprio questo l’intento di Nick mentre fotografava la piccola Kim; tutto il resto attorno non c’era più, anche il boato insopportabile delle bombe era diventato inesistente,  per Nick c’era solo il volto disperato della bambina che, con il corpo ricoperto da un ustione di primo grado, scappava, urlava e piangeva.  Per Nick c’era solo la voglia di fotografare l’anima di Kim, per raccontare la sua sofferenza, per dare voce a chi come lei vive uno strazio simile.

La fotografia ha salvato la vita di Kim. Kim Phuc era una bambina di soli 9 anni che ha vissuto la guerra in Vietnam. Si era rifugiata in un tempio con la sua famiglia quando, nel 1972, Trang Bang, un villaggio occupato dai nordvietnamiti viene attaccato da un aereo militare sudvietnamita che per errore lancia bombe al napalm (sostanza acida e infiammabile) sui civili sudvietnamiti.  I vestiti di Kim vengono completamente e istantaneamente disintegrati e il corpo gravemente ustionato. Presa dal dolore fisico, dallo spavento, dallo strazio, Kim, suo fratello e i loro cugini corrono più veloce che possono per trovare aiuto e rifugio. Durante la strada viene immortalata nella fotografia di Nick Ut (fotografo Associated Press) che  decide subito di portare la piccola in ospedale insistendo per far si che fosse trasferita in un ospedale americano dove le avrebbero dato le giuste cure e dove resterà poi per quattordici mesi in seguito a diverse operazioni.

Oggi Kim ha cinquantotto anni, vive in Canada con suo marito ed è madre di due bambini.  Da molti anni è guida di una fondazione “Kim Phuc Foundation”  che aiuta i bambini in situazioni di guerra fornendo loro assistenza medica e psicologica. Sebbene la vita per Kim non sia stata facile, malgrado le situazioni di terrore e le angosce che ha dovuto assorbire e che le hanno inevitabilmente lasciato un segno indelebile, ha trovato l’energia e l’audacia di non demordere e di soccorrere e sostenere coloro che hanno avuto un trascorso arduo, esattamente come l’ha vissuto. Esattamente con la stessa forza che  Kim bambina trovò per correre più forte che poteva.

Alessandra Federico

Napoli: Operazione Napoli Città Pulita aiuta i senza tetto e fa rifiorire la città

Questa volta, l’obiettivo di “Operazione Napoli città pulita”, progetto nato grazie all’associazione Comitato italiano per la Tutela della Salute, con l’intento di far riemergere la città di Napoli in collaborazione con altre associazioni, è quello di aiutare i senza fissa dimora a trovare un caldo alloggio e una seria assistenza, magari prima delle feste natalizie.

Lo strumento principale del progetto è come in altre occasioni la fotografia sociale come strumento di segnalazione e di risveglio delle coscienze. Tanti sono gli edifici pubblici o privati che potrebbero offrire loro ospitalità, eppure molti si limitano a portare del cibo freddo o delle coperte. Non sono pochi i senza tetto che muoiono per il freddo, per questo motivo, Operazione Napoli città pulita, si preoccuperà di chiedere a tutti i rappresentanti delle istituzioni di intervenire urgentemente secondo le loro competenze. I media potrebbero essere di grande aiuto, se, attraverso i loro servizi giornalistici, parlassero di più delle condizioni attuali di queste persone e della città, usufruendo di tante informazioni che anche il CITS potrebbe fornire. Solo il sindaco di Napoli, con una ordinanza agli uffici della polizia Municipale, però può far si che si possa finalmente eliminare questa situazione di disagio sia per la città che per i senza tetto, offrendogli una nuova quanto meritevole vita.

Gli organizzatori del progetto, però, hanno ritenuto opportuno premettere una cosa fondamentale: l’intenzione non è quella di mandar via i senza tetto abbandonandoli  e peggiorando la loro condizione di vita, al contrario, l’obiettivo prevede innanzitutto, di metterli in salvo da tutto ciò che di brutto potrebbe capitare loro (perche vivendo e, soprattutto, passando la notte sulle panchine, marciapiedi , strade della città corrono il rischio di prendere malattie gravi o addirittura di morire di freddo) e quindi, offrire loro una dignitosa vita alla pari di qualsiasi altra persona che ha il diritto di avere un tetto sulla testa, del cibo sano ogni giorno e assistenza psicologica.

Perché queste persone arrivano a vivere in queste condizioni?

A proposito di assistenza psicologica, è quasi raccapricciante sentire frasi del tipo: “è stata una loro scelta quella di vivere così”. Ed è proprio quando la scelta è personale che la faccenda diventa più chiara di quanto sembri: queste persone hanno bisogno anche di un sostegno psicologico, spirituale, vanno supportate proprio perché alcuni di loro potrebbero anche soffrire di disturbi mentali legati anche a una forte depressione dovuta a gravi perdite come familiari o traumi non risolti. Sono persone che hanno un vissuto difficile. Dunque, sono tanti e tutti diversi i motivi per i quali ognuno di loro finisce per condurre questo tipo di vita. Si lasciano andare, si abbandonano. È una condizione critica sulla quale nessuno dovrebbe scherzare e nessuno dovrebbe denigrarli. Non  diventa difficile, a questo punto, immaginare a quante persone sarà capitato, purtroppo, di assistere a scene poco piacevoli come quella di un passante che aggredisce un senza tetto perché  “deve andare via perché c’è troppa puzza a causa loro”. Una domanda sorge allora immediata alla mente di chi è dotato di una maggiore empatia: perché alcune persone sono cosi prepotenti, come si fa a non possedere alcuna coscienza, a vivere senza alcun minimo di senso di umanità, di emotività, di sensibilità? Basterebbe che pensassero, anche per un istante solo, se al posto di quel barbone ci fosse un loro fratello, il padre o anche un amico, sarebbe sufficiente per smettere di assumere comportamenti ripugnanti e, principalmente, per concepire che si tratta di persone che soffrono e che vanno assistite sotto ogni punto di vista compreso quello psicologico. Il primo passo per porgere loro il nostro aiuto è proprio quello di non aggredirli, ma rivolgerci a qualcuno che ha i requisiti giusti per cambiare la situazione. Assalirli in modo violento non è di certo la strada più giusta per risolvere le cose. Si può serenamente trovare una soluzione per non recare danni alla città e per non  aggravare ancora di più la loro vita già difficile di per sé.

Ed è proprio per questo che, i partecipanti di “Operazione Napoli città pulita”, intendono impegnarsi al massimo per raggiungere grandi risultati al fine di poter vivere in una città migliore lavorando, prima di tutto, sul piano umanitario. In sostanza, lo scopo del progetto è soprattutto quello di mettere in salvo queste persone e ottenere, poi, le strade più pulite. Il messaggio che vogliono trasmettere, tramite questa iniziativa i rappresentanti del progetto, non può essere equivocata: “vogliamo una città più pulita, più ordinata, di certo non abbandonando i senza tetto, ma, da come si può ben capire, il nostro primo obiettivo è quello di aiutarli. Inoltre, ci impegneremo anche per ottenere un atteggiamento corretto da parte del cittadino per far sì che quest’ultimo ami e rispetti la sua città e il nostro programma sarà molto più proficuo di quanto si immagina; abbiamo diverse proposte per far rinascere Napoli, come ad esempio quello del vuoto a buon rendere e tanti altri ancora in programmazione”.

Alessandra Federico

Il Natale 2021 a Porto Torres. Ripartono gli eventi in città

“Questo cartellone è il frutto di un gran lavoro di squadra che ha coinvolto il consiglio comunale insieme al mondo associativo e commerciale turritano. C’è stata da parte di tutti una grande disponibilità a collaborare: il risultato è un calendario di appuntamenti adatto a tutte le fasce d’età e ai differenti gusti culturali. Ci sono diversi eventi in grado di richiamare pubblico da tutto il territorio. Stiamo gettando le basi per rendere l’offerta culturale di Porto Torres attrattiva per tutto il Nord Ovest della Sardegna”.

Con un sentito incipit Maria Bastiana Cocco, Assessore alla Cultura al Comune di Porto Torres, ha avviato la presentazione del palinsesto di eventi programmato dalla Giunta comunale nel centro turritano.

Alla conferenza stampa tenutasi nella mattinata del 7 dicembre presso la sala giunta dell’amministrazione comunale, ha partecipato una nutrita delegazione politica della maggioranza di governo presente nell’assemblea consiliare.

La stella polare che ha guidato con virtuosa sinergia l’amministrazione comunale e l’associazionismo cittadino coordinato dalla consulta del volontariato, ha illuminato e ampliato, nella maggiore estensione del termine, il tema della partecipazione.

Un’idea volta a portare le luci del Natale in tutti i quartieri cittadini, non solo con la rete di luminarie sistemate nelle vie cittadine.  Per attuare questo obiettivo condiviso dalla pluralità delle forze politiche e civili della comunità cittadina, sono aumentate le iniziative d’intrattenimento che contemplano un piccolo contributo economico da parte cittadini. Un gesto che distribuirà una quota sugli incassi, destinata a troppi cittadini caduti in gravi difficoltà per le terribili ricadute della pandemia Covid19 sul tessuto economico e sociale della città.

In linea con questo fil rouge buona parte dei trenta eventi che delineeranno il percorso festivo che culminerà, come di consueto, il prossimo 6 gennaio con un primo ritorno in presenza con la “Befana in piazza”. L’atteso appuntamento per la gioia dei più piccoli, inaugurato molti anni fa per la prima volta proprio nel comune portotorrese.

In questa direzione gli eventi di questa rinnovata edizione, la prima dopo la sospensione dello scorso anno imposta dalla quarantena sanitaria.

L’intero programmaè fruibile al link del portale istituzionale : https://www.comune.porto-torres.ss.it/Comunicazione/Notizie/Il-cartellone-del-Natale-turritano-2021

Luigi Coppola

 

(Nella foto allegata da sx: Presidente commissione cultura Antonello Cabitta – Assessore Cultura Maria Bastiana Cocco – Consiglieri comunali Gavino Ruiu  e  Gavino Sanna

Alla FoCS giornate formative ed informative sulla violenza di genere

Nell’ambito delle iniziative per la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne l’11 e il 25 novembre, nella Sala “Mario Borrelli” della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus (FoCS), si sono tenuti due incontri sul tema della violenza di genere rispettivamente sulle relazioni abusanti e sulla pubblicità sessista.

Nel primo incontro organizzato dalla FoCS il focus è stato centrato sulle possibili forme di relazione che si strutturano tra la persona violenta e quella oggetto della violenza; troppo spesso si cercano semplificazioni che non sono corrispondenti se non ad una parte molto esigua della realtà: come quella, ad esempio, in cui c’è una donna che vuole lasciarsi alle spalle una relazione che sente finita e un uomo che non accetta la fine del rapporto e reagisce in modo più o meno aggressivo. Nella realtà le forme di violenza e di prevaricazione sono molteplici e non si manifestano purtroppo solo con l’aggressione fisica; se la violenza espressa con le percosse è grave e può nella sua forma più estrema esitare nella deturpazione del corpo o nel femminicidio, la violenza psicologica (stalking, revenge porn, gaslighting) non è meno grave e può comportare conseguenze molto gravi sia in termini di disturbi mentali che di condotte suicidarie. La legge c.d. “Codice Rosso”, entrata in vigore il 9 agosto 2019, è un provvedimento volto a rafforzare la tutela delle vittime dei reati di violenza domestica e di genere, inasprendone la repressione tramite interventi sul Codice Penale e sul Codice di Procedura Penale.

Nel secondo incontro, il 25 novembre, sono state proiettate delle immagini relative alla figura e alla narrazione della donna nell’arte: dalla rappresentazione della donna associata alla fecondità come la Venere di Willendorf attraverso le madonne del Medioevo e all’esaltazione della bellezza femminile del rinascimento fino al femminino “pericoloso” di Munch o di Klimt del Novecento, la figura della donna è incasellata in ruoli predefiniti precisi. La parte relativa all’immagine della donna nella pubblicità dagli anni ‘50 ad oggi, è stato un momento forte: dalle immagini di donne casalinghe circondate da elettrodomestici, tipica delle pubblicità di 70/60 anni fa, i “creativi” sono passati ad un uso sempre più esplicito del corpo femminile, denudato e parcellizzato per vendere prodotti, fino alle immagini scioccanti di donne stuprate in gruppo o assassinate per reclamizzare uno strofinaccio che “cancella ogni traccia”. Il 4 novembre 2021 il Senato ha approvato la legge che finalmente vieta “sulle strade e sui veicoli qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi …”. Ora si tratta di applicarla.

Assunta Landri

Sara Jessica Parker: “pelle flaccida” critiche e insulti per il suo aspetto 

29“Sembra che le persone non vogliano vederci a posto con noi stesse, preferiscono che soffriamo un po’ per quello che siamo oggi, sia che decidiamo di invecchiare in maniera naturale o che proviamo a fare qualcosa per sentirci meglio. Sono come sono. Non ho scelta. Cosa ci posso fare? Smettere di invecchiare? Scomparire?”.

Si difende così, in una pagina Vogue dedicata interamente  a lei, Sara Jessica Parker, (attrice famosa di sex and city)  contro le offese spietate sui social da parte di altre donne: “Troppo vecchia”, “un frutto avvizzito”, “pelle flaccida”. Tanti sono stati i perfidi commenti alle foto della Parker in cui mostra qualche ruga e qualche capello bianco: “sei invecchiata male, dovresti ritirarti”.

Ma per quale motivo alcune donne giudicano altre donne per l’aspetto estetico?

Probabilmente, la difficoltà nell’abolire la mentalità maschilista, sta proprio nella forma mentis sbagliata della  donna stessa; finché sarà anche la donna a credere che ci siano dei ruoli da rispettare a seconda del sesso della persona (è compito dell’uomo pagare in qualunque occasione, l’uomo guida l’automobile, la donna porta la spesa e si occupa delle faccende domestiche, insomma, per alcune tutto ciò è sinonimo di gentiluomo) sarà complicato uscire da questo modo di pensare rigido e retrogrado. In poche parole, purtroppo e spesso, è proprio la donna ad utilizzare stereotipi propri della cultura maschilista soprattutto quando insulta un’altra donna proprio come farebbe un uomo. E forse, tale atteggiamento, condurrà sempre l’uomo a comportarsi da padre padrone e non avrà mai l’opportunità di evolversi in una visione della vita più ampia in cui potrebbe riuscire a convincersi che siamo tutti uguali. Eppure la galanteria è sinonimo di gentilezza, cortesia, premura e non di prevaricazione e prepotenza. Se è vero che la donna è riuscita ad evolversi, a ribellarsi, e a capire che però deve ancora continuare a lottare per ottenere ogni diritto che le spetta,  allora sarà anche in grado di comprendere qual è il modo opportuno per farlo; diffamare altre donne non è di certo la strada giusta. Ci sarebbe una grande svolta se ogni donna mandasse un messaggio istruttivo proprio come quello della Parker: “siamo come siamo, e la donna deve accettarsi per com’è e non essere schiava della chirurgia plastica e dei Botox come la maggior parte delle donne”. Il messaggio della star arriva chiaro e diretto: le donne devono imparare ad accettare sé stesse al contrario di chi le vorrebbe tutte uguali cercando solo di abbassare la loro autostima.

“Ci sono così tante chiacchiere misogine intorno a noi, e pensare che su un uomo non sarebbero mai state fatte” –  afferma l’attrice – tuttavia, la frase “ l’uomo invecchia meglio della donna”  non può che essere stata inventata da una donna. Forse una donna in conflitto con altre?

Ma intendiamoci meglio: forse la donna è in cerca di continua approvazione dell’uomo, e chissà se è addirittura rassegnata al fatto che, così facendo, diventa l’oggetto di quest’ultimo. Forse è  questo che la porta addirittura anche a rischiare la vita con chirurgie plastiche pur di piacergli. Se così fosse diventa semplice captare da cosa deriva tutto questo astio tra donne. Ragion per cui alcuni quesiti saltano facilmente alla nostra mente: chissà che vita conducono, che passato hanno avuto e che tipo di uomo hanno accanto coloro che passano il loro tempo a sminuire le altre, quelle che disprezzano altre donne per l’aspetto estetico. Ci piacerebbe saperlo, sarebbe interessante per tutti.

 Alessandra Federico

 

 

Selena Pastorino: Filosofia della maternità

Selena Pastorino (Genova, 1986) è Dottoressa di ricerca in Filosofia e docente di Filosofia e Storia presso il Liceo Mazzini di Genova. Si occupa di pensiero nietzscheano (Prospettive dell’interpretazione, ETS, 2017; Per la dottrina dello stile e Da quali stelle siamo caduti?, Il melangolo, 2018), pop-filosofia (Black Mirror, con Fausto Lammoglia, Mimesis, 2019) e filosofia del corpo (Filosofia della danza, Il melangolo, 2020). Nel 2018 è diventata mamma.

La maternità è un’esperienza corporea: ritiene che ciò le conferisca lo statuto di una condizione che si esaurisce nella costituzione corporea?

Sicuramente il corpo è stato per me l’ambito in cui ho potuto esperire la maternità con più forza, la dimensione in cui credo che si concretizzi meglio il senso di questa relazione. Penso che sarebbe tuttavia rischioso accettare, senza resto, una sorta di riduzione di questa esperienza alla sola sfera corporea. In primo luogo perché renderebbe meno evidente l’inclusione di forme di maternità non tradizionali, ma non per questo meno degne di questo nome: come ho provato a chiarire, madre si dice e si è sempre detto in molti modi, nessuno dei quali ha una priorità sugli altri. In secondo luogo, come ogni pratica umana anche l’essere madre non si riduce alla mera fisicità, bensì include un confronto costante con quello che si potrebbe chiamare il concetto culturale di maternità, vale a dire l’ideale materno che si considera “normale” in un preciso contesto storico-sociale e che determina aspettative spesso molto intrusive nel rapporto di ogni madre al figlio. Nonostante queste due derive, cancellare la realtà incarnata della maternità, la viscerale iscrizione di questa relazione nel corpo di ogni madre, anche se non è stata gestante, è altrettanto pericoloso, perché ne dimentica la concretezza e l’irreversibilità.

Il pensiero filosofico ha costantemente tentato di porre distanti l’attività di pensiero e la corporeità dell’esperienza. In questo saggio pare cogliersi una posizione di segno differente. Perché, a suo avviso, l’approccio della Filosofia continua ad essere meramente teorico?

La filosofia occidentale muove dallo stesso paradigma culturale che contribuisce ad alimentare, quello per cui da una parte si trova la realtà materiale, ivi compresa quella corporea, con il suo divenire complesso e, in quanto tale, incomprensibile, e dall’altra l’immaterialità di istanze meta-fisiche, tra cui, nell’umano, il pensiero. Immaginare e praticare l’uscita da questa contrapposizione di sapore manicheo implica il coraggio di osare una radicale decostruzione, per usare non a caso un termine della filosofia derridiana, e di tentare una non meno intrepida sperimentazione. Gli esempi di chi ha raccolto questa sfida, nel passato e nella contemporaneità, sono più numerosi di quanto potrebbe sembrare, ma è innegabile che una certa matrice continui a restare dominante, con tutte le implicazioni che comporta anche sul piano della convivenza sociale, dominata da una paradossale smaterializzazione venerante della corporeità. C’è da auspicarsi con Nietzsche che un nuovo modo di filosofare sia davvero all’orizzonte.

Questo saggio muove dalla personale esperienza corporea della maternità nel duplice senso di generazione e crescita di una figlia. Esiste un medium tra mente e corpo?

Con una boutade potrei dire che siamo noi a esistere come medium tra mente e corpo. Questi due termini mi sembra, infatti, si configurino come poli di una tensione senza soluzione di continuità che ci realizza, che ci rende cioè reali e vivi. In questo senso, la prospettiva autobiografica è il punto di partenza della riflessione filosofica nel mio lavoro, affinché si possa fornire un quadro alternativo a quella contrapposizione culturale di cui si è detto: l’esperienza incarnata sostituisce quella dicotomia impossibile con la concretezza del vissuto, da cui il pensiero origina ma a cui anche deve sempre essere ricondotto, per non perdere di vista quel reale con cui dovrebbe confrontarsi.

Superando Cartesio, si potrebbe affermare che il corpo pensi. Qual è stato l’apporto delle neuroscienze ai suoi studi?

Il pensiero del corpo è esattamente la chiave di lettura di quel genitivo che compare nel titolo: “Filosofia della maternità” non significa una trattazione astratta e generalizzata sull’essere madre, ma lo sviluppo di quella riflessione che da questa esperienza, che si è detta innegabilmente corporea, nasce. Per questo motivo ho integrato il mio vissuto a una ricerca approfondita che si è avvalsa del confronto di molte discipline, dalla psicanalisi alla medicina, dalla bioetica alle neuroscienze, dalla narrativa alla storia, come un tema così complesso quale la maternità non poteva che implicare. In particolare, sul versante scientifico ho trovato molto utile il contributo di lavori che hanno sondato lo sviluppo congiunto di corpo e mente, nei molteplici sensi di questo termine, nelle diverse epoche gestazionali (per esempio lo splendido testo di Ammaniti e Ferrari, Il corpo non dimentica, edito da Raffaello Cortina lo scorso anno), nonché gli effetti dell’esperienza materna sul corpo della madre, sia come gestante sia come genitore.

Il tema della “maternità surrogata” è fortemente divisivo. Reputa che possa essere considerata quale un paradigma decisivo per declinare una nuova grammatica filosofica?

Per trattare una questione così delicata penso che sia anzitutto importante scegliere le parole con cui si vuole definirla: ciò che è comunemente noto come “maternità surrogata” sarebbe più corretto chiamarlo “gestazione per altri”, espressione che predilige una certa neutralità terminologica per lasciare spazio a un confronto meno determinato. Si tratta sicuramente di un’esperienza che fa resistenza alla riflessione perché prevede un’esplicita messa in gioco di tutti gli assunti culturali da cui sempre muoviamo, ma che troppo spesso tendiamo a cristallizzare in un’ideologia irriflessa e immutabile. La realtà, come si diceva, è ben più complessa e prenderne atto sarebbe importante proprio per una disciplina come la filosofia che ha il compito di riflettere sul reale per fornire una forma di orientamento. Personalmente, per non eludere una possibile domanda in sottotesto, ho maturato nei confronti della “gestazione per altri” come di altre modalità non tradizionali di genitorialità la profonda consapevolezza della mia ignoranza. La posizione di privilegio di cui ha goduto la mia esperienza di maternità e di cui in generale per la maggior parte dei suoi aspetti gode la mia esistenza, esige anzitutto un confronto con chi ha un diverso vissuto, con chi può esprimersi su questi temi a partire dalla concretezza incarnata della pratica. La teoria, necessaria per la riflessione, può essere accolta solo dopo un confronto con la realtà. Anche in questo rovesciamento di prospettiva penso che i temi “divisivi” siano un’ottima occasione per la filosofia di rinnovarsi e proporre così ancora il proprio lavoro come un prezioso contributo all’esistenza.

Giuseppina Capone

1 38 39 40 41 42 86
seers cmp badge