Salvatore Conaci: Cosa accadde davvero a Evie Benson

Il percorso della protagonista, Evie, si dipana anche a ritroso nel tempo; si serve di ricordi ingialliti e via via emergenti. La sua personale analisi adopera flashback che compongono un puzzle psicologico di notevole suspense. Quale valore attribuisce all’elemento della “memoria” nella sua produzione? Si possono davvero chiudere i conti con il passato?
Amo raccontare la memoria. Siamo quello che siamo perché ricordiamo gli anni, i passi, le sensazioni. Ricordiamo le persone, e ciò che è stato tra noi e loro. E da questo flusso delle cose umane impariamo lezioni nella gioia e nella disperazione. La memoria è una maestra che non si può ignorare, e quanto più ci sforziamo di non darle retta, tanto più sta vincendo le correnti del tempo, in una battaglia che non finirà mai con una chiusura totale dei conti. Il passato trova sempre la strada per raggiungerci, in un modo o nell’altro.
Uno dei temi del romanzo è il dolore muliebre. Perché ha deciso d’illuminare un aspetto troppo spesso taciuto?
Veneravamo un Dio femmina qualcosa come 20 mila anni fa. Oggi, invece, la nostra società è fallocentrica. Al livello microsociologico resiste una misoginia che diventa ginecofobia al livello ‘macro’. Così, le donne portano sulle spalle il doppio del fardello: quello umano, e quello di una società per loro in salita. Questo mi fa orrore. La mia Evie – ma non solo lei – è stata un’occasione di confronto col mio lato femminile, con la mia empatia verso l’universo femmina. Un esercizio di ascolto, oltreché una denuncia. Se ci esercitassimo tutti all’ascolto, elimineremmo gli ostacoli, anziché fare mansplaining su come le donne dovrebbero schivarli.
Macchinazioni, intrighi, segreti, misteri, verità sapientemente celate, insabbiamenti, enigmi: sono ingredienti essenziali del thriller. Il suo romanzo in che misura diverge dal genere codificato?
È proprio col mistero che ho provato a conferire originalità al romanzo. Col suo galoppo spesso estremo, il thriller è abbastanza esaltante da non aver bisogno di incognite e punti interrogativi per accattivare. Spesso, nel thriller si conosce ogni elemento, e a tenerci incollati è una sola domanda: riusciranno, i protagonisti, a cavarsela? Io ho preso un thriller e ho tentato di dargli un taglio da giallo, con misteri che ottengono risposte poco a poco. Chi è stato? Perché? Cosa accadde davvero a Evie Benson?
Le sue righe suggeriscono l’amore come un sentimento che intrappola, che non dà scampo e non prevede vie di fuga: Elena e Paride infrangono ogni regola, ogni convenzione narra Omero. Ebbene, se non si sceglie d’amare né d’essere amati, in che misura si sceglie di scrivere?
L’amore costringe ad amare, per parafrasare e sintetizzare Dante. È un tiranno: non possiamo scegliere chi, né come. Per come la vedo, esiste una sola regola, che avvicina amore e scrittura a distanza minima, la distanza di una vocale: si ama quando si ha qualcosa da dare, e si scrive quando si ha qualcosa da dire. E sono due condizioni su cui non abbiamo alcun controllo.
La sua scrittura, scorrevole ed incisiva, diretta e frizzante, pare rinviare al linguaggio delle serie TV. Quanto risponde ad una sua precisa volontà la contaminazione dei linguaggi?
Sono un appassionato sostenitore del concetto di lingua come mezzo, mai come fine. Cosa accadde davvero a Evie Benson narra fatti di fantasia, ma dal potenziale di verosimiglianza elevato. Volevo che il romanzo potesse essere diretto, immediato come una serie TV, proprio perché là fuori le strade pullulano di Evie Benson. Volevo che il messaggio arrivasse. Finora, la scelta sembra darmi ragione.
Salvatore Conaci nasce a Catanzaro, nel ‘90. Tra il 2016 e il 2017, collabora con le riviste Luoghi Misteriosi e ‘900 Letterario. Nel 2015, pubblica Perle nere (Montedit), raccolta di novelle dell’orrore. Il suo primo romanzo è Ordo Mortis (Writers Editor, 2018), che ottiene la menzione di merito al III Premio Internazionale Cumani Quasimodo. Col racconto Odio i treni, a ottobre 2020 è finalista del Premio Letterario Internazionale Nautilus, e vincitore del Premio Speciale Litweb. Di maggio 2021 è il suo thriller psicologico Cosa accadde davvero a Evie Benson (bookabook), per mesi nella Top 100 di Amazon. A ottobre 2021, è tra i vincitori del Concorso Letterario Halloween all’italiana, col racconto Grazie a Dio!
Giuseppina Capone

Dopo” I Promessi sposi” tanti altri classici per “la mia prima biblioteca”

Una collana dedicata a far appassionare i piccoli ai grandi classici della letteratura quella che EMSE ha portato in edicola.

Libri riccamente illustrati che raccontano ai giovanissimi lettori le tante storie che hanno visto protagonisti personaggi diventati famosi grazie alla capacità creativa e letteraria dei loro autori, veri giganti della letteratura italiana e internazionale.

Dai Promessi Sposi che apre la collana ai Viaggi di Gulliver, a Moby Dick, all’Odissea, per proseguire con Alice nel paese delle meraviglie, Ventimila leghe sotto i mari, Zanna Bianca, L’isola del tesoro, Don Chisciotte della Mancia, I tre moschettieri, Le avventure di Pinocchio, Robinson Crusoe, Peter Pan, Le avventure di Tom Sawyer e ancora tante altre avventure e tanti altri personaggi.

La collana si compone di 50 volumi ed è destinata a dare un forte contributo a far avvicinare alla lettura i più piccini.

Antonio Desideri

 

Intervista a Laura Pezzino: A New York con Patti Smith. La sciamana del Chelsea Hotel 

Patti Smith è globalmente nota per l’immenso carisma interpretativo e la suggestiva intensità delle parole delle sue canzoni. Ciò le ha fatto guadagnare l’epiteto di “sacerdotessa maudite del rock”. Ebbene, perché  “La sciamana del Chelsea Hotel”?
Il termine “sciamana” indica colei che media tra due mondi, squello della cosiddetta “realtà” e quello “altro”, popolato dai morti, dagli spiriti, dalle anime. Ha una tradizione antichissima, e ha anche un suono bellissimo che richiama il vento, un vento che porta cambiamenti. Applicato a Patti Smith assume un significato laico e metaforico: i mondi altri con i quali è entrata in contatto sono quelli della poesia, della scrittura, della musica, luoghi in cui si è soggetti all’ispirazione e verso i quali si riceve una chiamata. E il Chelsea Hotel, che durante il secolo scorso ha ospitato almeno due generazione di personalità geniali, per lei ha funzionato come un vero e proprio stargate magico, attraversando il quale è potuta diventare ciò che sognava fin da bambina: un’artista che potesse esprimere se stessa.
La stazione di Port Authority,  il Greenwich Village, Washington Square, Brooklyn, il cbgb e gli Electric Lady Studios, la St. Mark’s Church: lei ripercorre le tappe dell’iter newyorkese di Patti Smith.
In che modo ha operato una selezione; a quale istanza ha risposto? La sua è una “geobiografia”?
È una geobiografia perché, fin da subito, mi è sembrato più “semplice” provare a ripercorrere la vita di un’altra persona, di per sé imperscrutabile, ripercorrendo i luoghi che aveva attraversato piuttosto che procedere senza dei veri e propri appigli. Dopo essermi a lungo documentata ho scelto i posti che, a mio parere, hanno lasciato un’impronta visibile ancora oggi sul suo percorso artistico. Ne avrei potuti scegliere molti altri, Patti non è certo una a cui piace restare ferma. Però alla fine, nell’economia di questo libro, mi è sembrato di avere operato delle scelte almeno secondo il mio giudizio coerenti.
La New York di  Patti Smith è ancora pulsante o ne è la pallida ombra?
Moltissimi dei luoghi che hanno segnato delle tappe fondamentali per la sua formazione non esistono più: il Chelsea Hotel, per esempio, e poi il CBGB, il Max’s, la libreria Scribner e la Brentano’s, l’ino Café. Neppure quel clima lì, il fermento degli anni Sessanta e Settanta, esiste più. Ma molto è rimasto, oppure si è trasformato. Non potrei mai definire pallida una città come New York: potrà essere brutta, sotto certi aspetti, crudele, respingente, oppure esaltante, scintillante, chiassosa, ma la tiepidezza non credo le si addica molto.
Il suo homo viaticor ha uno sguardo delicatamente carezzevole, accoratamente umile, soavemente poetico, fortemente empatico e mai profanatore dei luoghi newyorchési.
In quale accezione possiamo declinare il suo uso del termine “viaggio”?
Il mio viaggio nella New York di Patti Smith è un insieme di viaggi: la somma di quelli che, negli anni, ho fatto in quella città in momenti per me molto diversi, e quelli che ho intrapreso dentro la mia, di vita. Siamo tutti in viaggio, e con questo non dico nulla di nuovo. Anche scrivere un libro lo è, un viaggio faticosissimo ma che, come spesso accade, lascia anche molti spazi aperti alla gioia, alla scoperta. Fare di questo testo una recerche mi è sembrato il modo migliore per fissare una meta e, quindi, individuare le strade migliori per raggiungerla. Alcune si sono rivelate dei vicoli ciechi e sono state abbandonate. Altre mi si sono materializzate davanti ed erano giuste. E come in un vero viaggio la strada si è “fatta” durante il cammino.
Lei compie una ricerca in absentia. Oltre a Patti Smith, immensa protagonista del rock, del proto-punk e della New-wave, cosa la lega a New York?
Un senso di libertà che non ha nulla di romantico o di ideale. In quella città mi sono sentita più libera – che per me significa “me stessa” – che in qualsiasi altro luogo. I motivi possono essere tantissimi, ma anche nessuno. I luoghi hanno un loro spirito e credo che ciascuno di noi assorba molto dei posti in cui si trova se riesce a porsi dentro di essi in maniera aperta.
Laura Pezzino è una giornalista. Appassionata di letteratura e poesia da sempre, è stata a lungo book editor del settimanale Vanity Fair. Oggi collabora con varie testate e case editrici.
Giuseppina Capone

Procida ’22. Capitale italiana della Cultura

Una pubblicazione per presentare al pubblico la bella e suggestiva Procida che è stata designata capitale della Cultura per il 2022, quella realizzata in collaborazione con Guida editori,  che Repubblica ha voluto regalare ai suoi lettori. Il volume in 240 pagine ricche anche di immagini presenta l’sola con racconti di grandi scrittori e una guida agli eventi che si terranno nel corso del 2022 nell’isola di Arturo.

Procida ’22 si inserisce nella collana Novanta/ Venti, fondata nell’aprile di due anni fa, quando la redazione di Napoli di Repubblica, inaugurata il 18 aprile del 1990, festeggiò il trentesimo compleanno, in pieno lockdown. Il  volume è curato da Ottavio Ragone e Conchita Sannino. Le parole di Maurizio Molinari, direttore di Repubblica, racchiudono il presente e il futuro della suggestiva isola “Procida può diventare il paradigma di una condizione contemporanea: stare dentro la globalizzazione ma con una propria essenza, riconoscibile e certa, che renda un luogo diverso da ogni altro, lo ponga al centro di relazioni forti e capillari ma al tempo stesso lo preservi con la propria  millenaria storia, bella tutela e valorizzazione dell’ambiente”.

Bianca Desideri

Studiare il latino, ponte tra passato e presente

Un’iniziativa editoriale che sicuramente non è passata e non può passare inosservata quella presa del Corriere della Sera che, oltre ad altre collane, ha lanciato nei mesi scorsi in edicola un’opera importante per la cultura del nostro Paese e dedicata ad una lingua che qualcuno potrebbe annoverare tra quelle morte: il latino.

Il latino è la lingua ma anche la cultura “alle radici dell’Occidente” e come tale la ritroviamo ogni giorno anche percorrendo le strade delle nostre città dove vediamo iscrizioni in una lingua, appunto il latino, che è stata la base di una civiltà che ha espanso i suoi confini, fisici e culturali, oltre quelli in cui il nostro Paese è oggi racchiusa. Molte delle nostre città si basano anche sulla struttura urbanistica che da quella civiltà hanno preso consistenza; comprendere la vita e la cultura romana di cui il latino era la lingua non significa solo studiare una fase della storia umana di una popolazione ma anche comprendere la cultura del nostro presente che prende l’avvio da quella.

Per meglio comprendere i diversi aspetti i  venti volumi prevedono una parte più strettamente storico-letteraria ed una dedicata invece alla lingua e alla sua grammatica. Il tutto corredato da esercizi e giochi per rendere più vicina una lingua bella da imparare o da riscoprire.

Bianca Desideri

Flora Fusarelli: Le deboli

Flora Fusarelli è autrice di numerose recensioni di libri, ha curato una collana di classici e varie raccolte di racconti. Con Le deboli si cimenta nel suo primo romanzo.
Marietta, Vincenzina e Annuccia: un caleidoscopio di universi femminili, dissimili quanto ad età ed esperienza esistenziale. Qual tratto le accomuna?
Il tratto principale che le accomuna è di sicuro il loro essere donne oltre che quello di appartenere alla stessa famiglia. Essere donne con una forza che non sanno di avere ma che sapranno tirare fuori al momento giusto.
“I luoghi in cui si nasce, anche se li abbandoni presto, rimangono comunque dentro per tutta la vita”. Quale valore attribuisce all’elemento della “memoria” nel suo romanzo?
La memoria è fondamentale, non sono nel mio romanzo ma in ogni aspetto della nostra vita. Dovremmo ricordare per capire e imparare. Dico in modo quasi qualunquista che senza lo sguardo al passato e alla memoria non potremmo vivere il presente.
Quelle descritte sono di certo donne emblematiche: le loro passioni, le scelte, la debolezza e l’impeto del loro essere, ma anche l’inarrendevolezza e la forza di volontà che le hanno connotate. Quale messaggio ci offrono?
Ad essere sincera nessun messaggio specifico. Forse semplicemente l’idea che ogni persona ha il suo modo di essere, le sue sfaccettature. Ogni persona reagisce alle cose secondo la propria forza e le proprie possibilità.
“Le deboli” ha, evidentemente, richiesto ricerche storiche accurate e meticolose. Quale metodo si è imposta di adottare per trattenere le informazioni e, poi, renderle narrativa?
In realtà la parte storica è piuttosto una cornice, inevitabile, che mi ha permesso di inquadrare la storia in un contesto adeguato. Negli anni ’40, il patriarcato e il fascismo hanno evidenziato degli aspetti già esistenti e nemmeno troppo latenti in relazione alla figura della donna. Non ho seguito metodi e, come sempre quando scrivo, sono andata molto a istinto elaborando informazioni che già avevo.
Le donne sono riuscite ad abbattere con fiera determinazione le gabbie concettuali in cui abbiamo abitato per lungo tempo. Ebbene in cosa si diversifica il punto di vista muliebre?
Nel mio sguardo c’è una diversità di genere che è soltanto quella naturale esistente tra uomo e donna. È per questo che non amo molto parlare di femminismi. Il femminismo è uno soltanto che si può sicuramente scindere creando diverse visioni, ma resta uno e unico ed è soltanto quello che ci appartiene in quanto donne. Quello insito, atavico, ancestrale e profondo.
Giuseppina Capone

Le  “Grandi imprese della storia” una collana per conoscere la storia dell’umanità

Una collana inedita quella del Corriere della Sera che sta portando in edicola da agosto 2021 una serie di monografie dedicate alle grandi imprese compiute da personaggi mossi da “coraggio, ambizione, istinto” e che aprendo i confini del pensiero e dell’orizzonte hanno cambiato la storia del mondo.

Partendo dalla ricerca di Troia che portò Heinrich Schliemann alla scoperta della gloriosa città tanto narrata e cercata con i suoi tesori di arte, ricordo e cultura, le monografie via via ripercorrono, attraverso la storia e la biografia di chi ha condotto l’impresa, la scoperta dell’America di Colombo, le spedizioni verso il Polo Sud di Amundsen. Per proseguire poi con la conquista dello spazio e il primo passo sulla Luna, i viaggi di Marco Polo, gli studi di Darwin,le scalate dell’Everest e del K2, e ancora tanti altri personaggi e tante altre storie che hanno alimentato sogni e fantasie della nostra umanità spesso fortunatamente concretizzatisi.

Alessandra Desideri

Iniziativa editoriale de La Gazzetta dello Sport per conoscere meglio i “Grandi italiani”

30A dicembre 2021 ha preso l’avvio l’iniziativa editoriale de La Gazzetta dello Sport dedicato agli Italiani illustri. Una collana inedita per “per raccontare vite, conquiste e opere degli italiani che hanno cambiato il mondo come nessuno ha mai fatto prima”.

Ha aperto la presenza in edicola la monografia dedicata a Leonardo da Vinci curata dal giornalista, saggista e critico d’arte Andrea Dusio.

Ingegno straordinario Leonardo ha lasciato un segno indelebile non solo come artista,pittore, ma anche come inventore. “I suo saper procede attraverso l’osservazione e lo strumento del disegno”. Un genio planetario la cui estrema attualità è fonte continua di studio.

Il piano competo dell’opera dei Grandi italiani prevede al momento 40 monografie.

Alessandra Desideri

Il rimbalzo incontrollato

Marco Squarcia nel 2014 pubblica L’Attimo in più. A questo si aggiunge nel dicembre 2018, Quasi Grandi altra raccolta di novelle dai Monti Sibillini fino al Mare Adriatico, pubblicato dalle Mezzelane Editore. L’ultimo lavoro è “Ti racconto una storia”, raccolta di storie ambientate nella provincia di Fermo, editato da Simple Edizioni nel Gennaio 2021. Nell’inverno 2021, pubblico il libro “Il rimbalzo incontrollato”.
Jean Paul Sartre scrive: «Il calcio è la metafora della vita».
Questo luogo comune può essere rovesciato in: «La vita è la metafora del calcio»?
Il calcio o nel mio caso il calcio a 5, è vita  a tutti gli effetti. All’interno del gioco ci sono tantissime dinamiche che si ripropongono in altrettanti aspetti della vita di tutti i giorni. Socializzare è già di per sé la prima forzata causa che spinge molta gente a fare sport. E’ vero quel che dice José Mourinho: “Chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio”, perché il gioco del pallone è filosofia, studio, competenza, vittoria  o sconfitta, è vita, per l’appunto in tutta la sua totalità.
Nel Novecento il calcio ha sconfitto i totalitarismi di Hitler e di Stalin. Quale funzione politico-sociale-antropologica assume oggi il football rispetto alla sua esperienza? 
Come descrivo nel mio libro lo sport, più che il calcio io direi, riveste una funzione estremamente importante.  Dopo la famiglia e la scuola, è la terza agenzia educativa di accompagnamento nella crescita dell’uomo. I bambini che praticano regolarmente attività fisica o sport acquisiscono maggior fiducia e maggior autostima verso se stessi. Lo sport è fondamentale anche per l’eliminazione di ogni forma di stress o depressione, aiuta a svagarsi. Il calcio è lo sport più popolare anche perché molto semplice da praticare: un pallone fatto in qualunque modo, anche arrotolando dei fogli di carta e due porte inventate (due aste, due zaini, due secchi…). Questa semplicità secondo me, permette di superare molte barriere. Di qui anche il calcio a 5, ha avuto una notevole importanza per lo sviluppo sociale di tanti ragazzi che hanno visto nelle palestre, un “rifugio” dal fuori che a volte, spaventa.
Il suo racconto lascia intendere che calcio sia il modello cognitivo del controllo e dell’abbandono, sostitutivo del “sistema di sicurezza” della storia del pensiero occidentale. Il calcio come idea di libertà, appunto un rimbalzo incontrollato e pieno di gioia?
Nel mio volume racconto l’avventura di una banda di “folli”, come ci piaceva e piace tutt’ora chiamarci. Il calcio a 5, se va affrontato con i giusti valori, permette a mio avviso, di trovare una grande libertà che ogni persona dovrebbe prima o poi, raggiungere: consapevolezza dei propri mezzi. Questa è una libertà che inibisce, fa diventare grandi e può regalare assolutamente tanti attimi di felicità. D’altronde come cito nel mio libro: “Il libro è scritto pensando alla possibilità che sempre più bambini e ragazzi incontrino allenatori che li facciano innamorare dello sport. La teologa Dorothee Solle rispose a chi le chiedeva, alla luce dei suoi studi teologici e religiosi, come avrebbe spiegato a un bambino il concetto religioso di felicità: “Gli darei una palla e lo farei giocare”. E’ il compito di ogni allenatore: mostrare che anche una palla può regalare brevi ma intensissimi momenti di felicità.”
La Var possiede una pretesa: controllare il gioco ed eliminare l’errore.
Ciò non stride con il carattere “hayekiano” di siffatto sport, che si profila come l’esito delle azioni dei giocatori e non di una volontà pianificatrice calata dall’alto? L’errore non è una variabile da accettare?
L’errore è la variabile per eccellenza dello sport: senza di esso qualsiasi partita finirebbe 0-0. nessuna emozione, nessun sentimento, il nulla. La var che nel futsal non esiste, ha la funzione di regolarizzare non tante l’errore umano del giocatore, quando quello dell’arbitro. Un fallo non visto in area è punibile con un rigore, un fuorigioco che non c’è, può essere rivisto al monitor. Certo il romanticismo dell’imprevedibilità sicuramente viene meno, ma ne guadagna la regolarità del gioco. Personalmente insisto molto sull’errore coi ragazzi giovani che alleno, perché è da lì che si può migliorare, osservandosi. E in allenamento per fortuna, non c’è comunque la var.
Considerati i frequenti fatti di cronaca, anche bui, quale connubio ritiene possa essere stabilito tra sport e civiltà?
Purtroppo gli episodi di violenza o inciviltà, sono uno specchio della società confusa e menefreghista che in parte si è sviluppata. Il problema più grande però, secondo me, sta nell’esempio. La civiltà di una persona nello sport, si misura da come questa accetta ad esempio, la sconfitta. Da come questa non cerchi alibi, non punti il dito, non alzi la voce, ma faccia semmai, autocritica. E invece troppo spesso anche nelle palestre di calcio a 5, si vedono “pseudo allenatori”, essere maleducatori invece che educatori, che dovrebbe essere la primissima obiettivi che dovremmo porci di fronte ad un gruppo di adolescenti. Miglioriamo le conoscenze, miglioriamo il nostro background e comprendiamo il vero valore della sconfitta; solo così accetteremo noi stessi e di conseguenza anche gli altri. Con orgoglio ho inserito episodi simili in cui mi sono trovato in campo, e non solo, nei due anni alla Futsal Fermo. Non un elogio al sottoscritto, ma un racconto di come ho interpretato ciò che mi capitava.
Giuseppina Capone

La  Bibbia dei Piccoli

45 uscite in edicola per raccontare con linguaggio semplice e ricche illustrazioni la Bibbia ai piccoli lettori. Una pubblicazione edita da RBA Italia per far conoscere il vecchio e il nuovo testamento attraverso le più belle storie dei libri della Genesi, dell’Esodo, dei Giudici, di Samuele, di Re e da altri libri. Dal nuovo testamento i piccoli lettori potranno seguire il racconto della vita di Gesù.

Un’interessante iniziativa editoriale dedicata ai bambini da leggere piacevolmente da soli o con gli adulti.

Orsola Grimaldi

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