Il Salotto Tolino presenta un libro di Renato Ribaud

Domenica, 31 marzo, a Napoli, “Gli Amici della Domenica del Salotto Tolino” trasferiranno occasionalmente la loro consueta riunione mensile sulla collina del Vomero, tra le pareti del teatro Diana, alle 11, per la preesentazione del libro “’A sfugliatella tra storia e curiosità dei dolci napoletani” di Renato Ribaud, pubblicato da Adriano Gallina Editore

Marzo Donna 2019: prima edizione di  “Felice di Essere…” alla Municipalità 2

Nell’ambito della rassegna ideata e promossa dal Comune di Napoli Marzo Donna 2019 – Se tutte le donne del mondo…”, la Consulta delle Associazioni e delle Organizzazioni di Volontariato della Municipalità 2 di Napoli presenta la prima edizione di “Felice di essere…”, incontro aperto al pubblico per omaggiare la donna ed esaltare il ruolo della stessa all’interno della società.

L’evento, patrocinato dalla Municipalità 2 del Comune di Napoli, si svolgerà mercoledì 27 marzo dalle ore 10:00 alle ore 13:00, presso la Sala della Pace e della Solidarietà della Municipalità 2 (Piazza Dante, 93 Napoli) e vedrà – in uno all’adesione delle scuole I.C. VI Circolo Fava-Gioia e I.I.S.G. Marconi di Giugliano in Campania – l’intervento delle associazioni presenti sul territorio e la partecipazione della cittadinanza al dibattito/confronto, attraverso le arti e il “dialogo”.

Programma

Porteranno i saluti, Francesco Chirico, Presidente della Municipalità 2 di Napoli, Giovanna Farina, Presidente della Consulta delle Associazioni e delle Organizzazioni di Volontariato, Municipalità 2, Assunta Bottone, Dirigente scolastico del I.C. VI°circolo Fava – Gioia, Giovanna Mugione, Dirigente Scolastico I.I.S. G. Marconi di Giugliano in Campania eAssunta Cimminiello, assessore alla Scuola e Welfare Municipalità 2.

La manifestazione si aprirà con la video proiezione del brano musicale “Mi sento bene”, a seguire l’Associazione Psicologi in Contatto Onlus, con il Dott. Salvatore Rotondi, Presidente e la dott.ssa Alice Carella, psicologa psicoterapeuta psicodrammaticista, proporrà “Le forme archetipali del Femminile”, drammatizzazione di eventi recitati e narrati sulla capacità creativa e generatrice femminile in generale e della donna in particolare.

Gli alunni della III F dell’I.I.S. “G. Marconi” di Giugliano in Campania si confronteranno con “Felici di essere… protagonisti del nostro tempo”, reading poetico ispirato al personaggio di Frida Kahlo con la presentazione di alcune creazioni di moda realizzate durante il percorso formativo in un dialogo confronto con l’Associazione Napoli è e con la dott.ssa Bianca Desideri, la dott.ssa Assunta Landri, l’avv. Antonella Verde, la prof.ssa Paola Boggi ed il prof. Francesco Marsicano.

Il dibattito proseguirà con la video proiezione de “L’Arte dei laureati”, storytelling con Sara Montenera e Fabiana D’Iglio de l’Arte dei Laureati – laboratorio artigianale di ceramiche e con l’Associazione Donne Architetto – Napoli che esporrà “In salute e in Sicurezza”, riflessioni pratiche sostenibili con l’arch. Emma Buondonno presidente, l’arch. Giovanna Farina e l’arch. Rossella Russo.

Il terzo momento della manifestazione vedrà l’intervento dell’Associazione NomoƩ Movimento Forense con “Le voci delle donne”, reading poetico/letterario e body painting partecipativo/simbolico a cura dell’avv. Argia di Donato, Presidente, “Donne a colori” performance poetica a cura degli studenti della VE dell’I.C. VI°circolo Fava – Gioia con la prof.ssa Elena Varriale, poeta (referente Area didattica) e “La felicità delle donne: una vittoria di squadra” con l’avv. Emanuela Monaco, Segretario.

Chiuderà l’incontro, la performance a cura della sinergia tra l’Associazione Ritual Project Procida e l’Associazione Centro Antiviolenza Teresa Buonocore OnlusBalliamo sul mondo”, danza  tradizionale del sud del mondo con l’avv. Claudia Esposito, Presidente.

Sono previsti gli interventi della dott.ssa Sabrina Acampora psicologa, della dott.ssa Maria Alifuococonsigliera Commissione Scuola Municipalità 2,  di Chiara Carlomagnoeducatrice, di Lino Cavallaroartista presidente emerito dell’Associazione Rinascita Artistica Partenopea,  della dott.ssa Clara Capraro – Coordinatrice GPA Municipalità 2, di Francesco Grandullo –Presidente Commissione Scuola e Pari Opportunità Municipalità 2, della prof.ssa Cristina Morone, del Prof. Antonello Picciano, del Dott. Federico Ponepsicologo, degli Amici del Cenacolo Poetico Napoli è, del prof. Livio Severino e del prof. Carlo Valledocente I.I.S. “G. Marconi” di Giugliano in Campania.

 

 

 

 

Il trauma erotico affettivo. A Porto Torres l’otto marzo con Pier Pietro Brunelli

“E quando tutto sembra perduto, quando il dolore diventa insopportabile e ci si sente di impazzire, di essere precipitati in un inferno dal quale non si uscirà mai più, bisogna ricordarsi che quello che si sta vivendo nella carne della propria anima, sono le spine di rovi che presto potranno trasformarsi in rose.”

La chiosa di Eliana Loi fa sua una citazione intrisa di poesia e speranza che termina un otto marzo da ricordare e rilanciare a Porto Torres come in tutto il Paese.

I versi scelti sono tratti da un altro libro dell’ospite arrivato da Milano nel profondo e sempre più isolato nord Sardegna, nel giorno dedicato alla donna.   “Amori distruttivi e vampirizzati”, il titolo di uno dei saggi più indicativi nella ricerca e nella professione di Pier Pietro Brunelli.

Psicologo e psicoterapeuta, iscritto all’ordine degli Psicoterapeuti della Lombardia, Brunelli da molti anni lavora sulla diagnosi e la cura dei traumi amorosi.  Dopo la prima laurea conseguita al DAMS di Bologna con il professor Umberto Eco e una specializzazione all’Università Cattolica in Comunicazioni Sociali, gli studi e la laurea in Psicologia approfondiscono la Psicoterapia analitica junghiana che mettono lo studioso come un referente di primo piano in Europa.

I percorsi di auto analisi condotti da Brunelli approdano in situazioni socio-terapeutiche che, attraverso la ricerca e la conoscenza di se stessi, favoriscono l’approfondimento animista grazie all’interazione con altre discipline artistiche dei linguaggi umani, con uno sguardo privilegiato al teatro e alla musica. Esperienze maturate con gruppi laboratori ali arricchiti dal confronto con alcuni profili di scuola internazionale. La prima attrice del Teatr Laborarium fondato da Jerzy Grotowsky in Polonia, Rena Mirecka ad esempio, assurge a stella polare.

Pier Pietro Brunelli, a suo agio in Sardegna dove coniuga l’attività professionale con meditazioni individuali nelle brevi escursioni vacanziere, fa il suo debutto a Porto Torres, ospite nel progetto PASSARE OLTRE… promosso dall’associazione A.G.D’H.O.S  diretta da Eliana Loi e Cristina Barletta.  L’incontro con il terapeuta, presidente del Collettivo culturale Albedo, chiude una trilogia d’appuntamenti pertinenti le dinamiche relazionali, inaugurati il 3 dicembre 2017 con la professoressa Flavia Dragani e proseguiti lo scorso trentuno agosto con la partecipazione della criminologa Cinzia Mammoliti.

La conferenza intitolata “Il trauma erotico – affettivo” si consuma nella serata dell’otto marzo presso le Tenute Li Lioni, sponsor dell’iniziativa insieme alla struttura alberghiera Il Melo di Porto Torres.  La coincidenza della data sdogana o prova a farlo, una serie di stereotipi che ricorrono puntuali non solo in coincidenza dell’otto marzo quanto nella cronaca quotidiana, macchiata irreversibilmente dal rosso del sangue femminile versato (in troppi eventi di maltrattamenti, vessazioni sino ai più efferati femminicidi), rispetto a tante sfumature o disquisizioni in rosa sul ruolo della donna. Davanti ad una platea di circa settanta persone in larga maggioranza donne (a conferma del radicamento culturale stereotipato), Brunelli affronta il nucleo delle criticità affettive nei rapporti di coppia come in qualsiasi altro nucleo familiare.  “Se la donna ha acquistato la sua liberazione sessuale, la liberazione del cuore è il programma per i prossimi cinquanta anni.” Da questa enunciazione il confine labile con la sfera delle relazioni sentimentali squilibrate è varcato con una narrazione fluida che intercetta la concentrazione unanime dei presenti. I concetti di “vampirizzazione” enunciati nello stesso libro citato in apertura, fanno il paio con efficaci metafore della mitologia greco romana richiamate nell’ultimo pamphlet di Andrea Camilleri (Conversazioni su Tiresia, Sellerio Editore).

Analizzando le fasi e i comportamenti tipici, ben noti in un’ampia percentuale della società italiana, sale l’attenzione in sala sulle definizioni codificate nel DSA, spesso svalutate in una vulgata non sempre adeguata anche e soprattutto dai media.  In particolare Brunelli destruttura l’archetipo del “narcisista” dimensionandolo su un profilo molto diverso secondo i casi trattati. Molti quelli con situazioni complesse dove i “mostri” o le “vittime” non appaiono con norme definite. Una “questione idiopatica” nel pensiero di Brunelli che racchiude una serie di esperienze vissute con alcuni dei suoi pazienti nel suo ultimo libro, “Se l’amore diventa un inferno” (Rizzoli 2016).  Il testo si rivela come uno strumento utile a riconoscere e prevenire dinamiche disturbate e relazioni tossiche. Una serie di testimonianze emerse anche nel forum online moderato dallo stesso Brunelli attraverso il suo blog http://www.albedoimagination.com/ si dissolvono rapidamente oltre tre ore dove il dibattito è sostenuto da molte domande dei partecipanti. Emerge l’approccio Junghiano proposto dal relatore dove l’elemento sentimentale e animista dell’individuo esercita una percentuale decisiva nel processo di riabilitazione e guarigione del soggetto. Altra storia per i trattamenti terapeutici e l’impiego dei relativi operatori in un sistema di salute pubblica italiana inevitabilmente distante dagli standard di altri paesi occidentali.  I canali informativi circa l’approccio con queste patologie dell’anima sono sempre più importanti e necessari.

“Se un sorriso è neutralizzatore dell’aggressività, il vero antidoto è l’amore.”

La dichiarazione di Brunelli appare una certezza, in ogni caso un auspicio da perseguire.

Luigi Coppola

Un teatro che difende le donne

 

Domenica, a Napoli, alle 19, nell’ambito della rassegna “Teatro da camera” presentata da PeoniArt Eventi ed organizzata dall’associazione “La città che vogliamo”, “L’ammore, ll’arraggia e ll’addore d’’o mare”, con Anita Pavone, Myriam Lattanzio ed Ugo Gangheri.

“Uno spettacolo – come ci dice Pavone, che ne è anche autrice dei testi – con un tema forte, che spero vedano in tanti, soprattutto uomini, perché alla fine c’è una dolcissima preghiera dedicata a loro, affinché ci stiano accanto nella lotta contro i femminicidi e ogni altro sopruso ai danni delle donne”.

Ma qual è la trama?

“Si tratta di cinque monologhi inediti incentrati sulla violenza nei confronti del mondo femminile, una violenza che notoriamente ha molte modalità, psicologica, familiare, sessuale, omicida. La speranza è che questa attuale società cambi, giacché sta andando verso un maschilismo estremamente preoccupante, e non c’è giorno nel quale non si senta di donne violentate, aggredite con acidi corrosivi, e più. Né la legislazione sembra particolarmente imparziale se alcune sentenze hanno mostrato indulgenza, anche fino all’assoluzione, verso stupratori, quando non anche assassini, perché le loro vittime indossavano biancheria intima leziosa o l’aggressore era in preda a tempesta emotiva, inclinando così ad una demonizzazione della figura femminile che fa ricordare molto il medioevo. Sono anni che studio il problema della violenza sulle donne finendo col leggere testimonianze veramente terribili. Da qui un doveroso impegno sbocciato in me per la causa muliebre che mi vede affiancata da Myriam Lattanzio, altra interprete di questo e di altri spettacoli analoghi. Ma pure nel musicista Ugo Gangheri ho trovato la giusta sensibilità e, con Myriam, un ottimo collaboratore creativo. I vari premi ricevuti per questo testo non sono che uno sprone a continuare ed un’approvazione che mi rende fiduciosa”.

In conclusione, cosa si aspetta da questo lavoro?

“Semplicemente che la gente ci ascolti”.

Rosario Ruggiero

La “nave asilo” Caracciolo e l’esperienza di Giulia Civita Franceschini  

Un esperimento educativo del tutto particolare nacque a Napoli nel 1913, negli stessi anni in cui in Italia si andava diffondendo la navigazione a vapore e, assieme ad essa, una tradizione di scuole nautiche e formazione di figure specifiche che avrebbero dato lustro all’intera Nazione.

In quel contesto storico l’esperienza della nave asilo Caracciolo fu un unicum.

Grazie all’educatrice Giulia Civita Franceschini, quello che poteva rimanere un semplice tentativo di togliere piccoli scugnizzi dalle strade e farne manovalanza per i cantieri marittimi di Castellammare di Stabia e per le navi, si trasformò in un’impresa pedagogica unica che attirò l’attenzione e i complimenti, tra gli altri, di Maria Montessori, Enrico Ferri, Edouard Claparède.

La memoria di questa esperienza scolare è oggi conservata in un ricco archivio costituito da molte  foto e lettere, materiale a stampa, documenti ufficiali, materiale relativo all’istituzione, all’amministrazione e alla gestione della nave, nonché appunti personali e minute di Giulia Civita e testi di interventi pronunciati in manifestazioni pubbliche; tutto materiale preziosissimo di proprietà di Ornella Labriola, deceduta nel 1991, e per sua volontà pervenuto al Museo del Mare di Napoli attraverso i discendenti di un “caracciolino”, Gennaro Aubry, legato alla signora Giulia Civita Franceschini da un rapporto filiale.

Il progetto, ispirato dal principio del “mare redentore” che influenzò la Franceschini, si svolse dal 1913 al 1928 e consentì alla donna di salvare dalla delinquenza e dall’abbandono più di 700 bambini che sulla Caracciolo vivevano come in una comunità a se stante ed autonoma.

La Caracciolo si distaccava da un comune istituto di ricovero e si configurava piuttosto come una particolare modalità di adozione. Gli accolti infatti erano considerati i figli adottivi di una famiglia culturale, non biologica. In tal modo Giulia volle rovesciare lo statuto del bambino orfano o abbandonato, privo di una rete di protezione familiare, predisponendo intorno a questo soggetto debolissimo un ambiente protettivo, vicario della famiglia, il più possibile lontano dalle atmosfere del riformatorio e dell’orfanotrofio.

La prova più efficace del successo di questo modello sta nelle parole della stessa Giulia che a distanza di anni, ripensando ai suoi “caracciolini” e al legame affettivo che continuava a mantenersi vivo tra loro, scriveva:  “moltissimi hanno famiglia, qualcuno ha persino nipoti; eppure ancora, con affetto immutato, rammentano me e tutti coloro che con me collaborarono e che spianarono ad essi la via. […] Resta ancora tra loro, vivissimo, il senso di stretta fratellanza che, dopo tanti lustri, ancora prova che io ottenni quello che volli”.

Ciò che appare ancora attualissimo è la qualità della sperimentazione educativa che si attuò a bordo della nave. Essa si basava su principi avanzatissimi, soprattutto perché praticati in una realtà sociale in cui un intervento di tipo assistenzialistico era generalmente ritenuto più che sufficiente. Al contrario, Giulia Civita non si accontentò di una mera forma di assistenza né di un esclusivo addestramento ai lavori marinareschi: i ragazzi venivano lasciati liberi di scegliere i compiti da svolgere, seguendo le proprie inclinazioni; a tutti i marinaretti, poi, non appena in grado di scrivere, veniva chiesto di mettere per iscritto un racconto della propria vita, anticipando il modo in cui oggi viene intesa la narrazione autobiografica nei percorsi di crescita, ed ancora, il rapporto con gli animali, di cui prendersi cura, aveva un ruolo importante nel percorso educativo sulla Caracciolo.

Questi elementi, assieme ad altri, fecero del progetto di Giulia Civita Franceschini un unicum irripetuto nella storia italiana, che l’avvento del Fascismo interruppe, purtroppo, bruscamente, assimilando gli sforzi della donna nel sistema educativo corporativo.

Rossella Marchese

 

 

 

Bafta Awards 2019: premiati “A star is born” e Rami Malek

La 72a edizione dei British Academy Film Awards, premi conferiti dalla British Academy of Film and Television Arts alle migliori produzioni cinematografiche del 2018 si è tenuta alla Royal Albert Hall di Londra. La cerimonia è stata presentata per il terzo anno consecutivo dall’attrice britannica Joanna Lumley. Le candidature sono state annunciate il 9 gennaio 2019. I film della serata sono stati La favorita di Yorgos Lanthimos e Roma di Alfonso Cuarón, che probabilmente si prenderanno anche molti degli Oscar più importanti.

La favorita ha ricevuto sette premi, compresi quelli a Olivia Colman e Rachel Weisz come miglior attrice protagonista e non protagonista. Roma ha ricevuto quattro premi, due dei quali molto importanti: quello per il miglior film e quello per la miglior regia. Rami Malek ha vinto il premio come miglior attore protagonista per essere stato Freddie Mercury in Bohemian Rhapsody e Mahershala Ali è stato premiato come miglior attore non protagonista per la sua interpretazione in Green Book.

Come ha scritto Alex Marshall sul New York Times, la cerimonia di quest’anno è stata più rilassata e meno seria rispetto all’anno scorso, quando la maggior parte degli invitati indossò abiti neri in solidarietà al movimento #MeToo e a Time’s Up, l’associazione fondata da circa 300 donne del mondo del cinema per combattere discriminazioni e molestie. È stato, ha scritto Marshall, «un evento spensierato, con giusto un paio di battute a tema politico». Nel consegnare il premio per la miglior colonna sonora l’attore e regista Andy Serkis ha detto che «un film senza musica è come il Regno Unito senza l’Europa».

I BAFTA, sono considerati importanti anche in previsione degli Oscar, la cui cerimonia di premiazione sarà il 24 febbraio. Anche agli Oscar ci si aspetta che molti premi finiscano divisi tra Roma e La favorita, entrambi nominati in dieci categorie.

Nicola Massaro

I luoghi delle fiabe di Basile in Lucania

C’era una volta… e magari proprio in Lucania. Quando Basile completò il suo Cunto de li Cunti, una raccolta di 50 racconti ispirati dalla tradizione orale popolare, lo fece ad Acerenza, in provincia di Potenza, nel 1630, dopo aver preso servizio per il Duca di Acerenza  Galeazzo Pinelli e dopo aver girato in lungo e in largo tra Campania e Basilicata.

In effetti la Lucania appariva agli occhi dei visitatori un luogo incantato : ecco cosa diceva l’enciclopedia Treccani sulla Basilicata nell’edizione del 1930: Un mondo vasto di leggende sull’antichità dei paesi, con eroi eponimi, e fate, orchi, regine, re, maghi, palazzi incantati; la comparsa degli spiriti e del monaciello popola fantasie e racconti orali; diavoli che costruiscono ponti giganteschi, o sovrappongono montagne a montagne.

Racconti come La Bella Addormentata nel Bosco, Hansel e Gretel, Raperonzolo, o Cenerentola, da sempre nell’immaginario patrimonio del popolo e del folklore tedesco (grazie al tramite dei fratelli Grimm), sono, invece, frutto dei racconti orali tramandati dagli abitanti di remoti luoghi del nostro Meridione, trascritti per la prima volta e in dialetto, dal nobile napoletano Giambattista Basile.

Il ricercatore Raffaele Glinni ha provato ad identificare i luoghi dove sono nate queste fiabe, scoprendo analogie sorprendenti.

La bella principessa dalla lunghissima chioma, rinchiusa nella torre di un castello, in realtà non fu Raperonzolo, bensì Petrosinella, imprigionata nel castello federiciano di Lagopesole.  Il suo nome, tanto bizzarro, deriva dal prezzemolo (la pianta che coltivava la strega e che la futura mamma della protagonista del racconto aveva rubato per soddisfare una voglia dovuta alla gravidanza), ma anche da pietra, infatti ancora oggi è visibile la statua di una donna con le trecce posta sopra una torre nel castello in attesa di essere liberata. La fiaba venne poi diffusa da Normanni in Sicilia, dove continua ad essere raccontata dai pescatori.

Il Monte Pollino fa da scenario a quella che è la favola della Bella Addormentata nel Bosco. Ancora oggi la cima della montagna si chiama serra Dolcedorme e Cozzo della Principessa. Si ipotizza che i pastori presero a raccontarla vedendo sulla cima e tra le nebbie i pini Loricati, i cui rami, una volta caduti e persa la corteccia, assomigliano ad esseri umani in riposo.

Ma la stessa Acerenza conserva antichi riferimenti alle leggende popolari che intrecciano ninfe, fontane miracolose, passaggi misteriosi che conducono all’aldilà, e che sono diventati terreno fertile per la fantasia di Basile.  Non a caso proprio ai piedi della superba cattedrale acheruntina è nato il “museo della fiaba”.

Rossella Marchese

 

 

Scugnizzi tra le righe

Emozionante incontro il 25 gennaio scorso alla Fondazione Casa dello Scugnizzo per la presentazione del libro “Figli del Sole”, traduzione a cura di Salvatore Di Maio del libro “Children of the Sun” dello scrittore Morris West, per i tipi de La Città del Sole, pubblicato per la prima volta nel 1957.

Morris West volle conoscere Napoli, la vera Napoli, grazie a Padre Mario Borrelli, introducendosi nel difficile contesto sociale vissuto dagli scugnizzi in questa città devastata.

Di Maio, da ex scugnizzo, con il suo intervento riesce a far riscoprire i valori di una città divisa tra buio e luce, paradossi e contrasti.

Ma chi è realmente lo scugnizzo? Chi non ha mai sentito o pronunciato almeno una volta questa parola?

L’etimologia è associata al termine “scugnare”, (dal latino “ex-cuneare”, ovvero “rompere con forza”) utilizzato nel gioco della trottola.

Essere uno scugnizzo è un vanto, ma è anche una condizione di necessità, una vera e propria lotta alla sopravvivenza.

Lo scugnizzo è un elemento fastidioso per la società, la stessa che decide, oggi come allora, di allontanare questi giovani, senza dar loro l’opportunità di essere ascoltati.

Morris West diventa dunque testimone, grazie a Borrelli, di una realtà che non ha eguali, focalizzando l’attenzione su questi ragazzi e riuscendo a dar loro la giusta importanza e voce in capitolo, da sempre negate.

Al dibattito culturale hanno preso parte Sergio Minichini, presidente del “Centro Studi Mario Borrelli”, lo storico Guido D’Agostino ed il presidente della Fondazione Casa dello Scugnizzo.

Antonio Lanzaro che, attraverso ricordi, immagini e percorsi di vita differenti, hanno ripercorso anche tappe della loro gioventù ricollegandosi al libro.

Un grazie in particolare va inoltre a Bianca Desideri, direttore del “Centro Studi Mario Borrelli” e alla Consigliera della Fondazione Antonella Verde per l’opportunità di dibattito e scambio di esperienze tra i partecipanti.

Maria Nemoianni

Percorsi alla scoperta della  musica con il M° Rosario Ruggiero

Grande partecipazione per l’incontro che ha inaugurato la seconda edizione di “Percorsi alla scoperta della musica”, gli incontri culturali con il M° Rosario Ruggiero.

L’iniziativa organizzata dall’Associazione Culturale Napoli è,  si tengono ogni primo venerdì del mese presso la Fondazione Casa dello Scugnizzo, presieduta dal prof. Antonio Lanzaro.

Un percorso alla scoperta di termini, autori, elementi di storia della musica. IL prossimo incontro in calendario è previsto per venerdì 1° febbraio ore 18.00.

Maria Nemoianni

 

(Foto di Maria Nemoianni: M° Rosario Ruggiero)

 

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