La posta in aerostato

Riprendendo il tema della posta aerea (n.d.r. articolo 27 ottobre) vale la pena ricordare che il primo esperimento con regolare servizio di posta aerea con mezzo più leggero dell’aria è quello, come abbiamo ricordato dell’assedio di Parigi. In totale furono compiute 68 ascensioni, alcune delle quali piene di avventure e di emozioni per i più coraggiosi aeronauti che dopo i primi lanci di aerostati senza piloti, accettarono di correre i rischi del volo. In tal modo, però, era stato risolto solo una metà del problema, poiché se si era trovato il mezzo relativamente facile di inviare lettere in provincia, altrettanto difficile, se non più, risultava invece ricevere notizie dalle periferie. Era infatti semplicemente assurdo pensare di rientrare a Parigi con lo stesso sistema e i tentativi che vennero fatti con piccoli palloni, approfittando di venti favorevoli, non approdarono a nulla. Si pensò allora di ricorrere ai cani ma ben presto anche questa idea venne scartata in quanto nessuno degli animali inviati a Parigi riuscì ad attraversare le linee nemiche. Non si sa chi suggerì di servirsi dei colombi viaggiatori che sarebbero sicuramente riusciti a tornare alle colombaie parigine dove erano stati allevati e così dopo quattro secoli la posta aerea con i piccioni tornò in augue.

Il sistema ovviamente si rilevò praticissimo e venne adottato chiudendo il ciclo della comunicazione da e per Parigi assediata. Da allora con alterna fortuna, il servizio espletato dai piccioni venne sempre lasciato in efficienza e anche in epoca relativamente vicine a noi è stato usato talvolta a scopo militare.

Dopo l’assedio parigino, la Germania ha il vanto di aver effettuato nuove ascensioni durante le quali fu trasportata corrispondenza. E’ nel 1893 che troviamo notizie di un volo compiuto dalla divisione militare tedesca partito il 22 aprile di quell’anno da Riedesderf e che il 23 settembre, gettò su Schoneberg alcune cartoline postali.

Un altro tentativo fu fatto da Lipsia in occasione della famosa fiera e da Tarnau dal 19 al 22 ottobre 1897 con un pallone libero montato dal capitano Gobard, successivamente a Monaco di Baviera, durante l’esposizione con l’aerostato Europa avente come pilota lo stesso capitano e poi il 3 ottobre 1899 ancora a Monaco.

Ritorneremo ancora su questo argomento che come si può constatare è bellissimo e ci porterà a vedere poi il primo volo aereo con le lettere dell’epoca.

Salvatore Adinolfi

 

 

 

 

 

Uno scià europeo nel romanzo di Kader Abdolah

 

Oriente e Occidente si avvicinano, sovrapponendosi con ambientazioni fantastiche in un racconto avvincente alla scoperta dell’essere umano.

Possiamo pensarlo come un romanzo storico con finestre dalle panoramiche ampie sulla nostra società contemporanea, l’ultimo libro di Kader Abdolah,“Uno scià alla corte d’Europa”, dato alle stampe la scorsa primavera per i caratteri di IPERBOREA.

Nato in Iran nel 1954, dissidente ai regimi politici dello scià e dell’Ayatollah Khomeini, l’autore dal 1988 è esiliato in Olanda, accolto come rifugiato politico. E’ divenuto uno tra i principali e più amati scrittori del Paese che nel 2009 gli ha riconosciuto il Premio Grinzane Cavour, definendolo il secondo miglior libro scritto in lingua olandese.

In quest’avvincente romanzo storico, Abdolah utilizza come voce narrante e suo alterego un professore orientalista contemporaneo dell’Università di Amsterdam, Seyed Jamal.

Questi ritrova il diario di viaggio di uno scià che a fine Ottocento lascia la Persia scortato da una sfarzosa, quanto mai numerosa schiera di cortigiani, funzionari di corte e servitori per visitare le principali capitali d’Europa. Nella spropositata carovana trovano posto anche sei fra le più belle mogli dello scià, oltre una settima Banu, dotata di straordinaria formazione culturale e istruita nell’uso delle lingue europee: il suo fascino particolare ne fa la prediletta del sovrano, evidentemente fin troppo sensibile alle attenzioni del gentile e sottomesso sesso femminile.

Lo scià di Persia affronta il lungo viaggio attraverso l’Europa per scoprire vita, costumi, innovazioni di un mondo a lui ignaro. Si sviluppa così un lungo e articolato diario di bordo, un viaggio fantastico dai tratti epici con sviluppi alternati fra ambientazioni noir con delle pagine da thriller sino a scene paradossali. Immagini probabili e illuminanti la sfera più recondita dell’animo umano. L’autore compone il corposo testo in una serie di episodi, sotto forma di “hekayat”, “una storia in un’altra storia, a sua volta raccolta in un’altra storia: una catena d’incontri e racconti.”, come lo stesso scrittore descrive in una recente intervista rilasciata in occasione dell’uscita del suo titolo in libreria.  

Russia, Francia, Polonia, Belgio, Germania e Inghilterra, i Paesi visitati in questo lungo viaggio dai tratti spasmodici dove lo scià si confronterà con tanti personaggi, non solo regnanti e politici.

Tolstoj e il padre di Stalin, Debussy e Monet, alcuni dei profili intellettuali scoperti con gli occhi del ricco viaggiatore che dispensa omaggi sontuosi e monete d’oro in ogni tappa. Assiste basito alla rivoluzione industriale in essere nel Vecchio (nuovissimo per il protagonista) continente che muove passi giganteschi in troppi settori (dai trasporti alla produzione bellica sino alle scoperte farmaceutiche) sconosciuti nei suoi luoghi d’origine.

Nell’epopea delle trame fiabesche che conquistano il lettore, si snodano più livelli letterari e narrativi che, coerenti allo schema orientale del racconto su citato, aprono altre storie nelle dinamiche umane con delle finestre aperte sullo stato della nostra Europa contemporanea. Alle prese con la questione madre delle migrazioni, vulnus storico ineludibile nella stessa esperienza privata dell’autore.

La costituzione dell’Europa moderna, passata al vaglio di conflitti duri e bagnati dal sangue recente di tragici conflitti, spesso ignorati negli Stati fondatori dell’Unione, emerge nel diario di Seyed, come uno specchio reale per l’Europa attuale, lacerata da evidenti divisioni.

Il ricorso a figure comprimarie nell’evoluzione della narrazione (il fido quanto non sempre efficace Einoldowle, la stessa Iris, studentessa assistente del narratore Jamal) tesse i fili di una trama storica che stringe più saldamente i legami antropologici fra Oriente e Occidente, rischiarando con le controversie dell’Umanità e il primato della Letteratura, le dominanti oscurità del mondo contemporaneo.

La traduzione del testo e la postfazione allo stesso di Elisabetta Svaluto Moreolo contribuiscono in modo decisivo alla resa di capolavoro narrativo aderente al gusto del lettore, alla cifra stilistica dell’editore.

Luigi Coppola

 

 

Ripercorrendo la storia della posta militare

A beneficio dei tanti lettori amanti della storia,dedichiamo alla posta militare uno spazio nella nostra rubrica. Potranno così attraverso questa ricostruzione, seppur limitata, ripercorrere brevemente le vicende delle guerre mondiali, le nostre vicende in Albania, Grecia, Iugoslavia, gli spostamenti delle armate, le varie dislocazioni delle nostre forze militari e degli alleati sul campo di battaglia. In verità all’epoca della Prima Guerra Mondiale non c’era un’affrancatura dedicata ai militari, ma solo bolli, timbri e fascette. Quando la lotta si fece più dura ed il silenzio e la censura imperavano, spesso l’unica dicitura consentita come indirizzo del soldato era una laconica scritta “zona di guerra” ed una matricola che indicavano a chi doveva rispondere la località dove il militare era assegnato e spesso anche per queste comunicazioni si utilizzavano cartoline in franchigia. Successivamente, nel Secondo conflitto mondiale, per questioni di interesse più squisitamente economico, furono utilizzati francobolli della serie imperiale sovrastampati con la dicitura “P.M.”.

L’emissione di questi francobolli, destinati in primis ai militari operanti in Albania, Iugoslavia e Grecia, avvenne attraverso l’emanazione di due decreti ministeriali, il primo datato 11 settembre 1942 ed il secondo 25 luglio 1943. Complessivamente furono autorizzati 20 valori. La validità ufficiale scadeva il 7 agosto 1945, ma il loro uso fu tollerato per quasi un anno fino al luglio 1946. Di questi 20 valori alcuni su busta regolarmente viaggiati sono abbastanza rari ed il costo è anche notevole. Per regolarmente viaggiati si intende che sono stati utilizzati in affrancature di emergenze dall’8 settembre 1943 al 7 agosto 1945, data di validità del decreto ministeriale, l’utilizzo successivo è di scarso valore filatelico. Anche la storia di questi francobolli è particolare, la loro emissione fu autorizzata per sostituire i francobolli italiani utilizzati negli uffici di posta militare in Albania, Grecia, Iugoslavia e negli altri paesi limitrofi, in quanto qualche solerte ufficio postale si era accorto che molto del quantitativo di francobolli italiani inviati in quelle località era acquistato ad un prezzo di gran lunga sotto il facciale per effetto della moneta locale e rivenduto in Italia con un largo margine di guadagno. I prodotti cambiano ma la nostra natura “commerciale” no.

Per ritornare alla storia va detto che nel periodo che va dal 1915 al 1923 circa 30 corpi d’armata erano stati dislocati sul fronte di guerra insieme a tanti altri comandi più piccoli ed alle tantissime divisioni, tutti o quasi tutti con timbri postali identificativi autonomi, posta da campo delle 30 armate che all’inizio del 1915 erano dislocate sul territorio. Parliamo della 1^. Le armate erano schierate nella Venezia Tridentina dallo Stelvio alla Croda Grande occupando il versante della Vallarsa dalla parte di Rovereto, fino alla Valsugana. In questo territorio furono utilizzati 21 timbri postali diversi di posta militare, oggi il valore di questi timbri varia da zona a zona. Ci sono timbri come quello dell’Ufficio Posta Militare 1^ Armata A dell’11/10/15 che sono rarissimi ed altri molto comuni. Gli Uffici più importanti operarono tra Verona Ala, Malcesine e Vicenza. Dal 28/5/15 operò lo sportello di Vicenza del Comando della 1^ Armata e dal marzo del 1918 si spostò a San martino Buonalbergo sino al 7/11/18, dal giorno successivo cominciò ad operare a Trento sino alla chiusura definitiva.

Salvatore Adinolfi

Piccioni viaggiatori e posta aerea

La posta aerea, ufficialmente costituita, qualche anno fa ha compiuto 100 anni di età ed è come si potrà vedere una creazione assolutamente italiana. Tuttavia, cosa che non tutti sanno, essa è nata molti secoli prima o per meglio dire sono trascorsi più di 800 anni dalla nascita dell’antenato della posta aerea, il colombo viaggiatore.

Il merito di aver organizzato per primo un servizio per il trasporto di dispacci a mezzo di piccioni è attribuito al sultano Noure Dim, che elevò questo sistema a rango di posta governativa.  Questa chiamiamola così “iniziativa” risale all’incirca al 12mo secolo così come riportatoci, infatti, le notizie che ci sono arrivate risalgono all’incirca al 1148.

Dalle notizie riportate storicamente ben dieci servizi di posta con piccioni risultavano operativi in Egitto ed i principali si effettuavano su percorsi abbastanza contenuti in termini di chilometri quali Il Cairo-Alessandria o Il Cairo e l’Alto Egitto, c’era poi anche un altro percorso che univa Il Cairo con Gerusalemme via Damasco e Gaza. Tutti questi percorsi effettivamente fatti sono riportati in una serie di appunti che certificavano la consegna dei documenti. Poi le invasioni dei Mongoli dell’Orda d’Oro segnarono il declino di questo ingegnoso e rapido servizio di posta aerea.

Storicamente questo servizio fu eliminato allorquando quelle popolazioni asiatiche nel secolo 13mo conquistarono Bagdad e nel distruggere il Califfato, subito si preoccuparono di sopprimere su tutto il territorio conquistato il servizio di posta svolto tramite i piccioni.

Storicamente va ricordato che dieci anni dopo anche la Siria subì la stessa sorte e verso la metà del secolo 15mo, soltanto in Egitto sopravvivevano i resti di questa posta aerea sui generis, fra il Cairo e Alessandria.

Passarono ben quattro secoli prima che qualcuno riproponesse un servizio postale analogo. Ciò avvenne precisamente durante l’assedio di Parigi del 1870, allorché fu gioco forza riesumare un sistema di corrispondenza che aveva avuto tanta fortuna secoli prima. Ma la modernizzazione poi aveva fatto sì che oltre ai colombi venisse utilizzato un altro mezzo considerato per l’epoca supermoderno e dovuto sempre all’ingegno umano, il pallone aerostatico.  Fu infatti il 23 settembre del 1870 che le truppe prussiane dovettero assistere impotenti al volo della prima mongolfiera, decollata da Parigi in  direzione ovest. In questo modo e attraverso vicende alterne per molti giorni la capitale francese poté comunicare con l’esterno e precisamente con  Tours dove era stata insediata poco prima dello sfondamento tedesco una delegazione del Governo.

Salvatore Adinolfi

Le tematiche nei francobolli

Cosa sono le collezioni tematiche? In molti fanno collezioni di eventi, di personaggi, di animali e di tante cose che, di tanto in tanto, le Poste Italiane immettono sul mercato, ad onor del vero negli anni passati c’era maggiore ricerca di eventi da tradurre in francobolli, oggi un po’ meno però vale la pena trattare questi argomenti e cercare di trovare degli spunti che possano ispirare ed invogliare i collezionisti.

Bisogna, comunque, partire da un punto fermo che è quello di come invogliare i giovani a collezionare e che cosa devono sapere per meglio districarsi in questo mondo che per noi vecchi del mestiere riveste un fascino incommensurabile ma per i nuovi collezionisti, quelli che si stanno avvicinando a questo mondo, ancora no.

Bisogna cercare di attirare la loro curiosità ed il loro voler collezionare scegliendo argomenti che li possono attrarre, ma anche su quelli che possono costituire le premesse per guadagni futuri. A tale scopo, a chi scrive, piace ricordare che una nota società filatelica, nella sua pubblicità attuale, nell’invitare la gente a collezionare francobolli si dichiara poi disposta a ricomprare quelli venduti ad un prezzo il 25% in più di quello pagato e ad avviso di chi scrive è un bell’affare il vedere che ancora oggi c’è qualcuno che compra pagando il 25% in più, fatto che a dire la verità riempie di gioia.

Tornando comunque agli argomenti di cui volevamo parlare gli stessi possiamo essere riepilogati in tre punti e sono i seguenti:

  1. Le collezioni tematiche sono utili o no allo sviluppo del collezionismo?
  2. Sono le stesse una forma di risparmio o possono essere dannose al collezionismo in senso generale? L’acquisto di valori effettuato in questo modo è remunerativo?
  3. L’acquisto di valori con tali requisiti può essere remunerativo?

Su questi argomenti tanti studiosi della materia si sono espressi con le teorie più disparate ed anche in momenti storici particolari. Vale la pena ricordare che in un recente passato tutta la corrispondenza passava attraverso l’utilizzo dei francobolli, dalla lettera alla fidanzata  alle comunicazioni del Tribunale, ogni cosa che si muoveva doveva essere accompagnata da una nota che certificava il passaggio. La modernizzazione, purtroppo, ha causato un progressivo abbandono e in alcuni casi oggi siamo costretti a farci bollare francobolli nuovi dall’ufficio postale, però niente paura i francobolli continuano ad essere un tema interessante ed ancora di più perché visto il numero ridotto di emissioni c’è una ricerca ancora più frenetica degli stessi.

Ad avviso di chi scrive è che anche oggi con le nuove emissioni si raggiungerà un valore molto interessante proprio perché gli esemplari in circolazione sono in numero inferiore alle passate edizioni.

Se tutti oggi spedissero una lettera o una cartolina anche se a sé stessi potrebbero accumulare un valore non indifferente nel tempo così come quelli che sono stati i valori dell’Ottocento che proprio perché non sono molti valgono anche spesso tanto.

Su questo argomento ritorneremo perché già oggi molti francobolli sono usciti dai vecchi schemi e molti cominciano ad avere un valore in molti casi ragguardevole. Investire qualche soldo in qualche cosa che ci piace non è sbagliato e in un futuro non remoto il piccolo investimento di oggi potrebbe dare un grande risultato.

Salvatore Adinolfi

Nascono nel 1851 i francobolli di Toscana

Da oltre 160 anni esistono i francobolli di Toscana. Sono quasi da considerarsi i primi che hanno calcato la scena della corrispondenza in Italia. Sono nati ufficialmente il 10 marzo del 1851 e furono istituiti con un decreto del Granduca ed eseguiti con il sistema adesivo più o meno come quello che si usa oggi. In commercio sono stati messi il 1° aprile dello stesso anno. Le quotazioni sono abbastanza interessanti e vale la pena collezionarli anche sulle buste. Per coloro i quali vogliono saperne di più è opportuno fare un po’ di storia, anche per vedere l’evoluzione dei tempi.

Nel 1736 si estingueva la Casa medicea con il Granduca Gian Gastone. Da quel momento il Granducato di Toscana era passato alla Casa arciducale degli Asburgo-Lorena che governò sino ai primi mesi del 1859 e, nel 1851, al momento della introduzione del francobollo regnava il Granduca Leopoldo II salito al trono il 18 aprile 1824 che in seguito ai moti popolari connessi alla Seconda guerra d’Indipendenza lasciò Firenze il 27 aprile 1859.

Va detto che il servizio postale prima dell’introduzione del francobollo era già molto efficiente e veniva svolto con un servizio di diligenze e con le corriere adibite in modo promiscuo anche al trasporto dei viaggiatori. Per fare una similitudine bisogna tornare ai pony readers che giravano in America a cavallo tutto il territorio e nel Granducato di Toscana il servizio funzionava quasi allo stesso modo con tante stazioni di posta dove avvenivano le operazioni di carico e scarico della corrispondenza per poi essere avviate con i postini dell’epoca nelle città del Granducato e da queste alle destinazioni stabilite. Nelle località principali infatti esistevano gli Uffici di posta quali collettori generali che, attraverso personale del luogo, si preoccupavano dell’inoltro della corrispondenza, mentre nei piccoli centri questo servizio  era effettuato in locali privati o dalle farmacie del posto.

Vi ricordate che cosa era il porto? Era il luogo di arrivo di una qualsiasi cosa che partiva da una parte ed arrivava ad un’altra e quindi da chi la spediva a chi la riceveva, per cui se un qualcosa doveva viaggiare passava per tante Province o Stati diversi ed il destinatario era costretto a pagare per ogni attraversamento una tassa, lettera o pacco o qualsiasi altra cosa dovesse viaggiare sul territorio. Per questo motivo molti scrivevano sul frontespizio della missiva cose non facilmente decifrabili ma che al destinatario erano chiare per cui una volta avuta la missiva nelle mani gli stessi la rifiutavano essendo venuti a conoscenza del contenuto della lettera. Con il francobollo, geniale intuizione, tutto ciò non era più possibile in quanto la tassa era pagata in partenza e non più dal destinatario.

Sempre per la storia va ricordato che nell’aprile del 1851 esistevano direzioni postali solo nei capoluoghi di compartimento, quindi non parliamo di capoluoghi di provincia e precisamente a Firenze, Arezzo, Livorno, Lucca, Pisa e Siena.

Da questi compartimenti poi dipendevano gli altri uffici distinti in amministrazioni, uffici di distribuzione di I, II, III e IV classe, situazione che sta a far intravedere la capillarità del servizio postale toscano e quindi anche il forte utilizzo della corrispondenza, di qui anche la grande varierà dei timbri utilizzati.

Tecnicamente l’esecuzione dei francobolli fu affidata alla tipografia granducale di Cambiai e Co. di Firenze, mentre gli stereotipi furono preparati da A. Alessandro su incisione di Giuseppe Niderose che era l’incisore ufficiale della Zecca del Granducato. Come ultimo va ricordato che la carta per la prima tiratura era di colore azzurro e veniva fornita per l’occasione dalla Cartiera Cini di San Marcello Pistoiese. La carta era fatta in maniera artigianale e la filigrana era composta di elementi la cui misura era sproporzionata in rapporto al francobollo, che infatti riusciva a contenere una minima parte della figura incisa nella filigrana che per la cronaca era costituita nella sua versione originaria ed integrale da corone granducali stilizzate disposte su quattro righe e separate verticalmente da una linea orizzontale.

Salvatore Adinolfi

Filatelia: i pacchi in concessione

Un po’ di storia va fatta sui “francobolli” usati per il trasporto dei pacchi da parte di ditte concessionarie autorizzate al trasporto di merce e di plichi particolari. Per questo trasporto furono studiate delle disposizioni particolari nuove, per l’epoca ed anche futuriste, che furono emanate con diverse leggi tra cui il decreto presidenziale numero 770 dell’11 luglio 1951 e poi sempre con un altro decreto presidenziale del 24 marzo 1953 che stabiliva e dava il via alle emissioni di speciali francobolli divisi in due sezioni denominati “marche per pacchi”.  Molti non sanno oggi di che cosa si parla e quindi è necessaria una descrizione quanto più particolareggiata possibile.

La sezione di sinistra di questo francobollo rettangolare aveva scritto sopra “sulla matrice” e veniva applicata dal corriere autorizzato appunto sulla matrice della bolletta di trasporto, mentre la sezione di destra con la scritta “sulla figlia” veniva applicata sulla copia della bolletta di trasporto che accompagnava il pacco.

Il regolamento del trasporto dei pacchi in concessione stabiliva anche l’importo della marca da applicare. Poteva quindi verificarsi il caso che per errore la sezione di sinistra e quella di destra si potessero invertire e quindi questa evenienza in quel momento storico poteva essere insignificante ma poi nel tempo ha avuto dei risvolti economici molto interessanti, tanto da essere molto ricercati per chi colleziona quelle particolarità storiche che a detta di molti sono molto interessanti.

Si poteva poi anche verificare che la marca non corrispondesse al valore del relativo porto per cui sulla stessa nota poteva esserci anche l’applicazione di una penale per integrare “l’evasione fiscale”.

Il personale preposto alla verifica delle bollette allorché rilevava degli errori, quali funzionari dello Stato applicavano, così come si è detto prima, una marca intera delle due sezioni sulla bolletta annullandola poi con un timbro speciale in loro dotazione che evidenziava, diciamo, l’errore dell’importo. Per amore di cronaca va evidenziato che il timbro poteva essere della forma a stampatello lineare oppure circolare con la dicitura all’interno che evidenziava l’errore.

Con queste correzioni si sono verificati casi di francobolli per pacchi in concessione con annulli usati in maniera postale con annulli regolari ed interi delle due sezioni. Anche questo è diventato nel tempo un capitolo importante nelle collezioni, perché va ricordato che in tanti collezionano particolarità e nel campo della Filatelia tutto può essere una particolarità.

Quest’argomento è stato oggetto di studio anche in un capitolo del Catalogo enciclopedico di francobolli della Repubblica ed attualmente attira molti collezionisti.

Salvatore Adinolfi

A Salerno Oscar Di Maio interpreta Gaetano Di Maio

Sabato e domenica prossima, al Teatro Nuovo di Salerno, “Mettimmece d’accordo e ce vattimme”, commedia di Gaetano Di Maio. Protagonista, Oscar Di Maio, per la prima volta interprete di questo lavoro dello zio. Con lui, Alessandra Borrelli, Angelo Di Gennaro, Rosario Barra, Diego Consiglio, Carolina Cozzolino, Ada de Rosa, Marzia Di Maio, Aurora Giglio, Fabio Reale, Rosaria Russo, Ciro Scherma e Stefano Sannino che dello spettacolo cura pure la regia. Ulteriori prossime tappe: il 17 novembre al Teatro Barone di Melito; il 20 dicembre al Teatro Totò di Napoli.

Avvistamenti mostruosi in giro per il mondo e non solo

Dopo il celeberrimo mostro di Loch Ness, tocca alla fantomatica creatura che abita il lago Okanagan in Canada la menzione per il maggior numero di avvistamenti.

Ogopogo è il suo nome e già i nativi indiani ne conoscevano l’aspetto; hanno sempre sostenuto, infatti, nei loro racconti che un essere con corpo serpentiforme, testa equina con corna, pinne laterali e coda biforcuta abitasse nel lago Okanagan minacciando l’incolumità degli abitanti del luogo, avvezzi a compiere sacrifici prima di attraversare il lago.

Il primo avvistamento di questo essere risale al 1870 quando la moglie di un missionario, Susan Allison,  lo avvistò nel lago di Okanagan.

Si narra che nel 1914 un’enorme carcassa di un essere in putrefazione fu trovata sulle sponde del lago, mentre la testimonianza più importante è probabilmente quella delle famiglie Kerry e Watson, che nel luglio del 1949 si trovavano in barca e videro un essere nuotare con movimenti simili a quelli dei cetacei, prima verso l’alto e poi verso il basso, lungo più di nove metri e dotato di coda biforcuta.

Più recentemente, Ogopogo è stato avvistato ben 3 volte in questo ottobre e tutte le riprese confermano, anche se in modo piuttosto sfocato e confusionario (un classico), un essere dal corpo serpentesco e una testa molto strana. Proprio come raccontano le leggende dei nativi.

Niente di meglio con l’avvicinarsi di Halloween che parlare di avvistamenti di mostri.

Nicola Massaro

The Hanter’s Moon

 

Si chiama Luna del Cacciatore ed è il plenilunio del mese di Ottobre, l’appellativo le viene attribuito, così come per tutti gli altri pleniluni dell’anno, dai nativi americani, precisamente dalla tribù degli Algonchini, che misuravano lo scorrere del tempo attraverso un precisissimo calendario lunare; ad essa era associato il momento più propizio per la caccia prima dell’arrivo del grande freddo invernale. Durante questo plenilunio, infatti, essendo già stati mietuti i campi ed accumulato il raccolto di mais e grano, peri cacciatori risultava più facile avvistare ed uccidere cervi ed altra selvaggina; per questo è anche conosciuta come Luna di Sangue ed è sempre stata particolarmente riverita, essendo la luna piena successiva all’equinozio di Autunno (e quindi alla Luna del Raccolto che cade a Settembre) e l’unica ad essere onnipresente nel cielo notturno dal  tramonto all’alba.

La Hanter’s Moon o Harvest Moon, stando alle credenze popolari dei nativi, appariva più intensamente colorata e grande del solito e, proprio perché la vedevano sorgere subito dopo il tramonto, sollevandosi piena all’orizzonte, la percepivano di dimensioni maggiori e dal colore più intenso rispetto agli altri pleniluni. Questo fenomeno è ancora conosciuto con il nome di illusione lunare, un effetto dell’occhio umano ancora dibattuto tra gli scienziati.

Eppure la particolare venerazione verso la Luna di Ottobre è cosa comune a molti popoli: in Asia sudorientale, ad esempio, Ottobre segna la fine della stagione dei monsoni e ha influenzato il nome dato alla luna piena del mese. Per gli induisti, questa luna piena è chiamata “Sharad Purnima”, ossia festa del raccolto, perché segna la fine delle piogge; per i Buddisti, invece, questa luna piena prende il nome di “Pavarana”, la fine del Vassa, ossia il periodo di digiuno di 3 mesi legato ai monsoni.

Per tutti coloro che ammireranno la Luna del Cacciatore di questi giorni sarà possibile, con un po’ di fortuna, anche assistere ad un altro fenomeno suggestivo: lo sciame meteorico delle Orionidi, innescato ogni anno dai detriti lasciati dalla cometa di Halley lungo il suo viaggio intorno al sole e che quest’anno tocca il suo picco proprio nell’ultima parte del mese di Ottobre.

Rossella Marchese

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