Le Fiamme d’Ammore di Raffaele Cortese

Copertina di Giulio Verolino, prefazione di Enzo Mengotti, introduzione di Nando Iavarone e presentazione di Nicola Montanile per la raccolta di poesie di Raffaele Cortese dal suggestivo titolo “Fiamme d’Ammore. Poesie e canzoni napoletane” dedicata “a Concettina mia” e pubblicata nel 2007.

A distanza di oltre 10 anni le parole e i versi che animano le pagine di questa raccolta sono in grado di far vivere al lettore la forza e l’ispirazione che ha portato Raffaele Cortese a raccogliere i suoi versi e renderli fruibili a tutti.

Lasciamo alle parole di chi ha conosciuto Raffaele Cortese e ha voluto darne testimonianza la presentazione dell’Autore.

Apre il volume proprio l’Autore con un ricordo del suo lavoro nei Vigili del Fuoco e una preghiera a Santa Barbara perché possa vegliare su questi “angeli custodi” sempre pronti ad intervenire, segue la prefazione di Enzo Mengotti (all’epoca vice presidente vicario dell’Associazione Nazionale dei Vigili del Fuoco) che ha messo in luce come un Pompiere possa anche essere altro, in questo caso un poeta. La “scoperta”, “certamente sensazionale, aver per collega un Poeta, ci ha dapprima lasciati interdetti ma, avendo avuto l’opportunità di leggere le sue composizioni, la sorpresa si è tramutata in compiacimento, apprezzamento e orgoglio. Colpiscono in effetti i soggetti che in Cortese trovano motivo di ispirazione che si traducono in poesia evidenziando una notevole sensibilità d’animo che lo qualificano gratificando il lettore delle sue opere”.  E ancora nella introduzione leggiamo le parole di Nando Iavarone (all’epoca presidente nazionale) che ha evidenziato che le poesie “regalano soddisfazioni, ricordi e testimonianze di un lavoro che abbiamo condiviso, sofferto e gioito negli anni. Questi eventi inevitabilmente rimasti impressi in ognuno di noi. Raffaele con la sua sensibilità di poeta schietto e genuino ha saputo con amore tirarli fuori di sé e tradurli in arte”.

Nicola Montanile (nel 2007 direttore della Biblioteca comunale “Ignazio D’Anna” di Avella) ha evidenziato che semplici momenti di vita quotidiana risultano “tasselli preziosi, che ti fanno comprendere chi siamo e ti aiutano a rivalutare quei valori morali che oggi stanno scomparendo o sono scomparsi del tutto”. E ancora “è la prima impressione che si ha leggendo la raccolta delle sue poesie, dove non si capisce se la poesia diventa vita, o meglio, è la vita che diventa poesia…”.

Il volume è corredato da immagini realizzate da Giulio Verolino che mostrano momenti di vita quotidiana, di lavoro, di luoghi.

Cortese raccoglie vari temi ispiratori dei propri versi:  lavoro nei Vigili del Fuoco (‘E Pumpiere, Pumpiere Sempe!), familiari, poesie e canzoni, natura, amore, sociali, le radici.

L’invito è a leggere la raccolta e scoprire attraverso i versi, allo stesso tempo delicati e pieni di significato, il senso della vita, dell’amore, della famiglia, del rispetto, della passione, del ricordo e del rimpianto.

Alessandra Desideri

The Voice 2018: vince Maryam

“Spero di continuare a vivere di musica, non ho un piano B e la musica è l’unico modo con cui riesco a comunicare le mie emozioni”. Queste le prime parole della vincitrice di The Voice of Italy 2018, il talent show di Rai2 che si è chiuso giovedì sera, 10 maggio. Il televoto le ha consegnato il 64,81% dei voti. La sua vittoria era nell’aria ma certamente è un segnale curioso: ha vinto la cantante più melodica dei finalisti. Una ragazza “burrosa”, lontanissima dalle immagini rockettare o dei rap di ultima generazione. Portatrice del bel canto.

La puntata si è aperta con un tributo ad Avicii: i quattro finalisti,  Maryam per il Team Al Bano; Andrea per il Team Cristina Scabbia; Beatrice, per il Team J-Ax; Asia, per il Team Francesco Renga, hanno cantato “Wake me up”. Quindi la prima manche, che ha visto Beatrice Pezzini cantare “I wanna dance with somebody”, Andrea Butturini cantare su “Dream on” (Aerosmith), Asia Sagripanti su “Con il nastro rosa” in mash-up con “Beat It” di Michael Jackson e Maryam Tancredi “No” (Meghan Trainor). Maryam ha ovviamente ringraziato il coach Al Bano “per avermi portato in finale e per i consiglii». Del resto Al Bano che dice di «averla amata fin dal primo ascolto”. Ed effettivamente lei alle Blind Auditions, momento in cui i ragazzi cantano e i giudici non li vedono, ma decidono se sceglierli o meno solo ascoltando la loro voce, ha osato proponendo “È la mia vita” brano proprio di Al Bano il quale dopo l’ascolto l’ha scelta immediatamente esclamando : “Sei Al Bano al femminile”. Durante una puntata, anche J-Ax, dallo stile ben diverso, dopo averla sentita cantare “Leave A Light On” (Tom Walker) ha detto: “Canti come se avessi un fonico già in gola, hai la voce già mixata”. È una che osa Maryam. Lo ha fatto con “Skyfall” di Adele e alla finale ha eseguito “No” (Meghan Trainor), “Ho difeso il mio amore” (Nomadi), “Too good at goodbyes”(Sam Smith), ha duettato con Al Bano in “The Prayer” (Andrea Bocelli e Celine Dion) e ha presentato il suo inedito “Una buona idea”. Il risultato è stato sempre lo stesso: applausi e standing ovation. Non ci resta che augurarle un futuro radioso nel mondo della musica non solo italiana ma anche internazionale.

Nicola Massaro

Billboard Music Award: trionfa Ed Sheeran, Janet Jackson regina dello show

La cerimonia è stata presentata da Kelly Clarkson che nel corso della serata è stata affiancata sul palco da tanti artisti tra i quali Hailey Baldwin, The Chainsmokers, Ciara, TyraBanks. La musicista texana ha aperto la serata ricordando le dieci vittime della sparatoria nella scuola di Santa Fe dello scorso 18 maggio, ma senza osservare il minuto di silenzio, come le era stato chiesto di fare. Piuttosto, Kelly Clarkson ha preferito parlare e sottolineare l’importanza di una legge sul controllo delle armi: “Sono stanca dei momenti di silenzio, ha dichiarato la cantante, perché non facciamo un momento di cambiamento? Perché non iniziamo a cambiare le cose?”.

Assegnati dalla bibbia musicale americana gli ambitissimi Billboard Music Awards 2018 che ogni anno premiamo i migliori artisti, i più conosciuti al grande pubblico che hanno battuto record nelle vendite musicali, nello streaming e hanno incassato più di tutti durante i tour. I loro brani sono passati tantissime volte alla radio, sulle diverse piattaforme musicali e hanno dominato in assoluto le classifiche di tutto il mondo. Dagli U2 a Drake, da Bruno Mars a Ed Sheeran le pop star dell’Olimpo erano tutte riunite e pronte a fronteggiarsi per i premi più ambiti e prestigiosi.

Sul palco l’assoluto trionfatore è stato il romantico e talentuoso Ed Sheeran che si è portato a casa 6 statuette tra cui il microfono d’oro. A pari merito con l’artista inglese ha festeggiato con ben sei riconoscimenti anche il rap Kendrick Lamar che con i suoi testi denuncia il razzismo e indaga le origini dell’identità afroamericana in America. Escono a testa alta conquistando ciascuno cinque premi: il cantante, ballerino e produttore discografico Bruno Mars e Luis Fonsi&Daddy Yankee in collaborazione con Justin Bieber che hanno fatto scatenare tutti con la hit  “Despacito”. Chiudono la lunga notte di musica e festa gli U2 che si sono aggiudicati due premi.

La serata si è svolta alla MGM Grand di Las Vegas, e a tra i performer si èesibito anche il cantautore e musicista canadese Shawn Mendes, che ha appena annunciato un tour internazionale con il quale presenterà l’ultimo disco e che toccherà l’Italia nei primi mesi del 2019. Sul palco si sono esibiti, oltre a Janet Jackson, John Legend, Christina Aguilera, Demi Lovato, Ariana Grande, Jennifer Lopez, Salt-N-Pepa e i BTS.

Nicola Massaro

Rapporto UNICEF: necessaria vitamina A per oltre 140 milioni di bambini

Un rapporto, quello recentemente prodotto dall’UNICEF, che evidenzia la tragica situazione di oltre 140 milioni di bambini che sono maggiormente a rischio di contrarre malattie, perdere l’udito, diventare ciechi e rischiano di morire se non verrà somministrata sufficiente vitamina A.
Secondo il rapporto basterebbero solo due dosi di vitamina A all’anno per salvarli. Oltretutto l’intervento è a basso costo, ma la copertura economica per sostenerlo si è ridotta già nel 2016.
SI tratta di una vitamina, quella A, che serve a rafforzare il sistema immunitario e proteggere i bambini da malattie che possono essere potenzialmente letali (morbillo, diarrea).
La situazione evidenziata dal rapporto mette allo scoperto che sono ben 26 i paesi con i più alti tassi di mortalità infantile. Proprio in questi paesi dove sarebbe urgente e necessaria la somministrazione della vitamina A ben 61 milioni di bambini non hanno avuto gli integratori. Un numero che risulta nel 2016 triplo rispetto all’anno precedente.
“Il futuro di questo intervento a basso costo e ad alto impatto è in bilico, e con esso la sopravvivenza, la salute e lo sviluppo dei bambini più vulnerabili”, ha dichiarato Victor Aguayo, responsabile del programma globale di nutrizione dell’UNICEF. “Questo grave declino rappresenta una situazione senza precedenti e un motivo di allarme, in quanto rischia di compromettere decenni di progressi”.
Nel rapporto, l’UNICEF raccomanda di migliorare la copertura con una serie di interventi: maggiore impegno da parte dei governi nazionali e dei loro partner per lo sviluppo per raggiungere ogni bambino con una dose di vitamina A, due volte; costruire sistemi più forti in modo che i servizi sanitari, compresi gli integratori di vitamina A, siano forniti regolarmente ed equamente; raccogliere e condividere conoscenze sui modi per somministrare integratori di vitamina A, attraverso vaccinazioni di routine e altri servizi di routine per i bambini. Infine monitorare ogni bambino, attraverso un migliore uso delle tessere e dei libretti sanitari per sapere quali bambini ricevono due integratori di vitamina A all’anno per una protezione completa.
Il rapporto chiede anche “una alimentazione integrata per i bambini e di aumentare il sostegno all’allattamento al seno nei primi due anni” e allo stesso tempo, rileva che “fino a quando i bambini non avranno accesso ad una dieta nutriente e sicura che li protegga dalla carenza di vitamina A, i programmi di integrazione della vitamina A rimarranno essenziali in molti paesi”.
Alessandra Desideri

Alla Fiera del Libro per ragazzi di Bologna spopola il made in China

 

È stata la Cina il paese ospite d’onore quest’anno alla Bologna Children’s Book Fair, la Fiera del Libro per ragazzi che da 55 anni è il punto di riferimento per editori, autori, illustratori che lavorano nel mondo dell’editoria per l’infanzia. Tra gli appuntamenti più in vista di quest’anno   sono da sottolineare: il primo congresso europeo delle librerie indipendenti e il convegno per celebrare i 65 anni del prestigioso The New York Times Best Illustrated Children’s Books Award, l’unico premio al mondo che giudica il merito artistico dei libri valutandone le illustrazioni indipendentemente dal testo.

Il Dragone e la sua eccellenza, però, sono stati al centro dell’intera manifestazione.

La Cina ormai esporta in occidente anche i suoi eroi letterari, che già popolano l’immaginario dei bambini, creando nell’economia cinese, che non è solo vestiti ed acciaio, un microcosmo dai risvolti davvero interessanti.

Ci sono 367 milioni di ragazzi sotto i 18 anni in Cina, più dell’intera popolazione degli Stati Uniti e con lo sviluppo economico la domanda di cultura si è allargata enormemente. Tra i titoli più richiesti da grandi e piccini: Le avventure di Cipollino, di Gianni Rodari, Peppa Pig e il cofanetto del bestseller locale Piante contro zombie, che dal 2012 ha venduto circa 120 milioni di copie.

Nel suo complesso il mercato cinese conta un volume di circa 780 milioni di libri l’anno, con un potenziale che nei progetti del più grande editore del settore, Li Xueqian, può addirittura raddoppiare. Tuttavia, anche in Cina si combatte con il problema dei troppi titoli stampati all’anno, dei quali molti di bassa qualità, questo porta indecisione nei consumatori, famiglie ed insegnanti. Ciò, alla lunga, rappresenterebbe un problema, contando che per le famiglie della classe media cinese la lettura rappresenta un trampolino di lancio per i propri figli; mettere i bambini in età prescolare a contatto da subito con la parola scritta li attrezza ad affrontare un sistema scolastico dalle condizioni spietate. Giocare di sponda con le scuole, per l’industria del libro è, quindi, un canale di influenza, non solo di profitti.

Anche rispetto agli acquisti di libri on line, in formato digitale o cartaceo, si possono fare alcune riflessioni. La divaricazione culturale è evidente tra i giovani cinesi di città e quelli che in città non vivono: nove libri su dieci vengono acquistati e letti solo nelle grandi città, mentre nell’altra metà del paese il provincialismo e l’isolamento culturale sono ancora spaventosi.

Rimane il fatto che la fetta di giovani lettori cinesi è consistente. Quanto ai gusti, la scelta ricade molto spesso sulla narrazione ufficiale della “riscossa cinese”, ossia su argomenti che mettono al centro la rinascita culturale della Cina del 1800, ad opera dei suoi poeti ed intellettuali, subito dopo l’umiliazione della guerra persa contro il Giappone. Su questo fenomeno c’è addirittura chi parla di nuovo realismo, una vera e propria corrente letteraria che affonda le sue radici nella tradizione cinese (perciò estremamente cara anche al regime politico) e che si potrebbe imporre anche all’estero, in contrapposizione a tanti autori occidentali che si limitano ad imitare le atmosfere di Harry Potter e poco altro.

Rossella Marchese

Il ritorno agli Atenei, cresce il numero degli studenti universitari

Rispetto all’anno accademico 2016/2017, per questo appena trascorso il numero degli iscritti è salito ancora, quasi 12mila matricole in più in tutta Italia. Un trend positivo, questo, che si ripete ormai da quattro anni; uno dei pochi in realtà.

Dagli anni Duemila, questa, per le immatricolazioni universitarie è l’annata migliore. Tra esperti del settore e rettori, tutti sono concordi nel dire che si è tornati a vedere quota 300mila nuovi iscritti nel 2018. Ciò vuol dire che anche per l’università la grande crisi 2008-2014 ha smesso di mordere.

La crescita è abbastanza omogenea in tutto il Paese e questo rappresenta un plusvalore, soprattutto se si considera, dati ufficiali del Miur alla mano, che di 44 atenei che crescono, 14 si trovano al Sud.

L’Università di Ferrara guida la fila, raddoppiando gli iscritti da 3mila a 7mila, grazie all’abolizione del numero chiuso in buona parte dei dipartimenti; segue l’Università dell’Insurbia (Como e Varese), mentre i successivi, terzo e quarto posto di questa classifica, spettano agli Atenei di Messina e Catanzaro. Va registrata una crisi nel Centro Italia, area geograficamente limitata ma con molte università a risultati negativi. Agli Atenei messi in seria difficoltà dai terremoti, L’Aquila e Macerata, si aggiungono le difficoltà di prestigiose università laziali quali La Sapienza, Tor Vergata, con il rettore sotto processo per tentata concussione ed istigazione alla corruzione, la Tuscia nel Viterbese e l’Università di Roma foro Italico.

Pure l’Alma Mater di Bologna non sembra brillare in questa indagine, pagando un calo delle immatricolazioni per aver introdotto il numero chiuso in alcuni dipartimenti molto popolari, come Scienze Politiche. Mentre la Federico II di Napoli vive una ritrovata fiducia dei suoi studenti, attraendone molti sia dentro che fuori regione.

Intervistato sull’argomento, il rettore della virtuosa Università di Ferrara, Giorgio Zauli, ha parlato dell’abolizione del numero chiuso per i corsi di laurea a livello locale come di una battaglia culturale: “facciamo male al Paese se impediamo ai giovani di seguire le proprie inclinazioni. Tra l’altro c’è bisogno di più laureati, non il contrario. Come per Medicina: tra 10 anni mancheranno 110mila medici in Italia. Mantenere il numero chiuso a livello nazionale non ha senso”.

I paletti sono come sempre stretti, il sottofinanziamento degli Atenei e della ricerca all’interno di essi è un dato reale, tuttavia la tendenza positiva che mostra questa indagine non è da sottovalutare. Significa, anche, che nell’ultimo quadriennio positivo per le immatricolazioni, sono stati recuperati all’istruzione superiore decine di migliaia di diplomati; e questa è certamente un’ottima notizia.

Rossella Marchese

Il bambino che disegnava le parole

Molto più di un libro, il lavoro di ricerca di Francesca Magni, scritto con la mano del cuore, accende attese luminose per tante famiglie relegate al buio silente della sofferenza.

Se la “lettura è un piacere che chiede di essere condiviso”, l’autrice de “Il bambino che disegnava le parole”, in libreria dallo scorso settembre per i tipi di Giunti editore, compie in pieno l’obiettivo racchiuso nella sua stessa citazione. Il naturale amore per la scrittura e la narrativa, fruibile in rete nel suo blog letterario (http://www.lettofranoi.it/) superano con estremo impegno, non scindibile da pulsioni emotive e sentimenti forti, il guado non sempre scontato fra l’essere giornalista e scrittore. Il risultato è un libro che, per usare un eufemismo, potremmo pensarlo come un ibrido.  Ovvero, coerentemente ai contenuti e ai vasi comunicanti (emozioni e nozioni fondono una struttura complessa sempre lineare), il testo rifugge catalogazioni o etichette che coinvolgono quotidianamente il mercato della narrativa italiana.

Un romanzo storico? Contemporaneo o di formazione che evolva in un saggio denso di riferimenti scientifici, perciò con una valenza ampia, questo lo valuterà il lettore che, riteniamo, non potrà fare a meno di provare soddisfazione e un intimo desiderio di ringraziamento nei confronti dell’Autrice. Coraggiosa, non solo per avere reso pubblica la vicenda privata del figlio alle prese con la scoperta della dislessia all’età di dodici anni, quanto nell’affrontarne temi e interlocutori di diversa e variegata portata.

“Inoltre le neuroscienze sostengono che una scuola prestazionale finalizzata alle continue verifiche, in cui si studia stimolando solo la memoria a breve termine per il superamento dei singoli test, produce in tutti gli studenti, non solo nei dislessici, un apprendimento labile e non persistente.” 

L’enunciato stralciato dalla seconda appendice inclusa nel testo, che potremmo pensare come l’approfondimento divulgativo scientifico, ripropone nell’istituzione scolastica pubblica un ruolo essenziale.

Il racconto impetuoso parte con l’improvvisa renitenza alla scuola di Teo, il dodicenne, bello e bravissimo nel rendimento didattico sino al compimento delle scuole primarie. Di fronte alla crescente regressione nei voti scolastici, ai grossolani errori ortografici, a una serie di comportamenti non previsti con allarmanti crisi di panico, il ricorso agli specialisti è inevitabile, la diagnosi risulta evidente: Teo è dislessico.

La conclusione della terapeuta avvia un percorso inedito e sconosciuto per i genitori dello studente, e per la sorella più piccola, Ludovica, che somatizzerà con altri sintomi e criticità il disagio che permea l’intera famiglia. Con un linguaggio fluente, favorito dall’originale uso della seconda persona nella voce narrante e dall’altrettanto inedito ricorso a un carattere di stampa, mamma Francesca facilita la lettura, depurandone gli elementi ansiogeni. Il ritmo è necessariamente spasmodico rispetto alla condivisione con il lettore dello stato d’animo realmente vissuto. Alcuni episodi chiave non risparmiano alcuna reticenza nelle prove cui è sottoposta l’intera famiglia. Magni sdogana con un’ammirevole e responsabile volontà alcuni stereotipi radicati in una società manichea, sempre più scollegata con le giovani generazioni. Ne segnaliamo quelli più evidenti.

 “La diversità come ricchezza e opportunità”:  uno slogan sbandierato con una smodata disinvoltura da più parti sociali, è opportunamente smontato nell’evolversi del testo che, al contrario, rivela una fatica estrema nel presentare il soggetto riconosciuto dislessico come titolare di una variante neurologica. Questa elabora l’apprendimento traducendone lettura e relativo linguaggio, secondo un “assemblatore” diverso rispetto alla maggioranza dei più diffusi e comuni modelli cerebrali. Un sistema operativo (ribadendo la metafora di un calcolatore) che richieda più tabelle visuali (gli strumenti compensativi approvati nella recente riforma legislativa DSA del 2010) con dedicati piani didattici riservati agli scolari riconosciuti con tali peculiarità. Strumenti atti a partecipare il dislessico, disgrafico, discalculico, appartenenti tutti a una varietà del patrimonio genetico interessato che coinvolge una percentuale che oscilla fra il tre e il venti per cento della popolazione italiana, con estensioni importanti in altri ceppi linguistici europei come quello anglosassone. Opportunità che consentano la libera espressione del proprio codice macro, colorato, in luogo dei tradizionali programmi didattici ministeriali.

Il sistema di valutazione nell’apprendimento scolastico è un altro tema dirimente rispetto alla presenza in classe di soggetti DSA: sia nel racconto personale sia nella parte di approfondimento l’autrice dimostra come i sostegni normativi riconosciuti per una compensazione didattica necessaria per questi studenti, siano di fatto utili e maggiormente efficaci per l’intera popolazione studentesca. Un approdo concettuale che sconfessa, quando non rivoluziona un assetto culturalmente predominante, repellente a qualsiasi proposta innovativa.

Non esiste preparazione o istruzione adeguata rispetto a conoscenze ignorate dai genitori che coinvolgano i propri figli. Il senso di colpa palesato con amorevole pudore nella ritardata scoperta della dislessia di Teo, rende più vero e irrinunciabile l’afflato di solidarietà che contamina genitori, amici, insegnanti accomunati da esperienze analoghe per questo impegnatisi con maggiori sensibilità e iniziative al di fuori dei normali perimetri professionali e umani. Lo stesso concetto di normalità è seriamente posto in un’aperta discussione.  Sullo sfondo, non proprio tenue, il ruolo centrale della famiglia contemporanea, disadorna di ostentati modelli, quanto vulnerabile e fragile rispetto a un evento che ne possa minare la normale evoluzione.  Il disimpegno paterno nell’accettare un segnale di debolezza che possa segnare la stabilità psicofisica del figlio è una parte altrettanto comune quanto importante nell’economia del dolore usurante.

La Magni ne tratta con rigore e rispetto concedendosi in un altruismo a dir poco speciale, in un delicato ed emozionante equilibrio fra la sfera professionale e il suo primario ruolo materno.

Se il ricorrente dibattito sul“servizio pubblico televisivo” potesse trasferirsi ai libri, non esiteremmo proporre  l’adozione di questo testo come strumento utile per il Miur e per ogni famiglia italiana. Leggiamolo con cura e affetto.

Luigi Coppola

 

 

Le guerre commerciali con i loro risultati

Usa e Cina, con la controversia innescata fra i due Paesi, con le sanzioni minacciate, darebbero vita a un gioco pericoloso sia per i due Paesi e sia, per gli scambi internazionali.
Si paventa che le mosse del presidente Trump in materia di politica commerciale potrebbero sfociare in una disputa fuori controllo (Financial Times), visto che gli Stati Uniti colpiscono i settori strategici in cui la Cina sta cercando di crescere, sia in termini di quota di mercato globale che nel livello tecnologico, seguendo la dottrina “Manufacturing 2025” voluta da Xi Jing Ping. Una strategia questa che a stretto giro potrebbe non portare bene, visto che a novembre negli Stati Uniti si vota per il rinnovo di metà Camera e Senato, per cui alcune industrie e stati americani potrebbero essere particolarmente colpiti dalla ritorsione cinese. Quindi, appare difficile trovare spazi di ottimismo per una risoluzione consensuale della suddetta controversia.
Nel momento in cui le sanzioni minacciate dovessero attivarsi, la posta in gioco appare troppo alta per entrambi i paesi per cui anche nel commercio internazionale sembra valga il detto “se vuoi la pace, prepara la guerra” e attualmente si è in attesa dell’annuncio di una nuova rappresaglia cinese, senza comprendere dove questa insensata guerra commerciale condurrà il sistema degli scambi commerciali internazionali, il principale motore della crescita economica mondiale.
Danilo Turco

La complessità della questione immigrazione

Populismi e fake news si sprecano sui temi dell’immigrazione. Si diffondono pregiudizi, false certezze e addirittura probabili complotti, offrendo così una soluzione semplice nell’individuare i presunti responsabili nemici, senza volersi cimentare con nuovi problemi complessi da dover risolvere.
Una relativa novità sul tema della immigrazione riguarda l’uso spregiudicato di vere e proprie fake news, che ormai abbondano su internet, sui social network, diffondendosi così nell’opinione pubblica, fino a trovarne tracce evidenti anche nelle diverse nostre campagne elettorali. Si diffonde così la teoria risolutiva del complotto, che offre una facile conoscenza alle masse che seguono le informazioni sui media principali. Riguardo all’immigrazione, il cosiddetto complotto individua facili nemici: le istituzioni europee e americane, il capitalismo finanziario, gli Ebrei e altro, offrendo una semplice soluzione a problemi complessi e non facili, perché si tratta di una questione da affrontare in termini globali. A riguardo, nel mese di febbraio Onu e Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) hanno presentato le prime bozze dei Global compact su migrazione regolare e rifugiati: due accordi internazionali ambiziosi e innovativi, che dovranno tradursi in impegni concreti da parte degli Stati se si vuole risolvere realmente la questione dell’immigrazione.
Entro la fine del 2018 avverrà l’adozione dei due accordi, iniziata sin nel settembre 2016, quando, con la Dichiarazione di New York, si è aperta la fase di negoziazione, su principi e impegni comuni sul fronte di migrazione regolare e rifugiati. Nel corso del 2017 le Nazioni Unite, in collaborazione con Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) e altre organizzazioni internazionali, hanno condotto una serie di consultazioni con attori locali e parti interessate per definire questa prima bozza dei due documenti, riguardanti i principi chiave che approfonditi, dovranno essere tradotti in impegni concreti. L’obiettivo riconosciuto da tutti è quello di migliorare la governance delle migrazioni, affrontando le sfide legate a quella attuale, specie con la valorizzazione del contributo offerto per lo sviluppo sostenibile. Si tratta di una pietra miliare nella storia del dialogo sulla migrazione globale.
Danilo Turco

Ricco calendario per la Festha Manna a Porto Torres

Un ricco calendario di eventi e spettacoli attende turisti e residenti nel periodo compreso tra il 18 e il 21 maggio. Il 20 avrà luogo il concerto dei Cordas et Cannas al Parco San Gavino.

La Giunta comunale ha approvato il calendario degli eventi che prevedono tre serate di spettacoli nel cuore della città, Piazza Umberto I, e una all’insegna della musica made in Sardegna in quello che è il luogo storico della festa, a pochi passi dalla basilica romanica dedicata ai Martiri Turritani. Molti gli eventi collaterali: concerti, cabaret ed esibizioni folk faranno che saranno il fil rouge degli eventi collaterali della Festha Manna, tra il 18 e il 21 maggio.

“Riusciremo a dare il via agli eventi collaterali della Festha Manna già dal venerdì sera, anche per venire incontro alle richieste degli operatori del commercio”, sottolinea l’Assessora alla Cultura, Alessandra Vetrano. “Ma non sarà l’unica novità di quest’anno – aggiunge l’Assessora – perché oltre a riproporre lo spettacolo folk dei gruppi uniti dal culto per San Gavino, in programma domenica 20 maggio nel parco urbano davanti alla basilica, arricchiremo la serata con l’esibizione di una band espressione della cultura isolana, ambasciatrice della musica sarda, i Cordas et Cannas”.

Gli spettacoli del 19, 20,21 avranno luogo in Piazza Umberto I.

Protagonisti della prima serata i Carovana Folk con brani inediti e cover riarrangiate dei più grandi cantautori e gruppi della musica italiana. La serata del 19 sarà all’insegna del cabaret con i comici Marco “Baz” Bazzoni e Paolo Migone, conosciuti dal grande pubblico anche grazie alle numerose apparizioni televisive sui canali Rai e Mediaset.

Lunedì 21 maggio spazio allo spettacolo musicale con i Rock Tales, gruppo che ripercorre la storia del rock dagli anni Cinquanta ai giorni nostri.

“Potremo far leva, quest’anno, per la prima volta, sul sostegno della Fondazione di Sardegna, che ha riconosciuto l’importanza della nostra festa dal punto di vista storico, culturale e sociale. Sull’origine della Festha Manna si trovano riscontri in pubblicazioni risalenti a ben quattro secoli fa. Si compone di rituali che si ripetono nel tempo, come il pellegrinaggio notturno da Sassari e le processioni di Pentecoste. Una festa, quindi, densa di significati e caratterizzata da una grande partecipazione popolare. Elementi che ne decretano l’importanza e motivano l’esigenza di una maggiore attenzione verso essa anche da parte delle istituzioni. Per questo – afferma Alessandra Vetrano – ci concentreremo maggiormente sulla comunicazione, implementando la diffusione del materiale promozionale nei centri del territorio, su Facebook, in tv e finanziando un video promozionale della Festha Manna, un prodotto moderno e snello che potremo diffondere nelle fiere, nei media tradizionali e nei traghetti con la collaborazione delle compagnie di navigazione”.

“La Festha per i Martiri Turritani merita i riflettori – aggiunge il Sindaco Sean Wheeler – e il nostro obiettivo deve essere quello di preservare le tradizioni, creare momenti di aggregazione e amplificare la conoscenza di questa celebrazione, le cui origini sono antichissime. Nei mesi scorsi abbiamo avuto interlocuzioni con le compagnie di navigazione chiedendo di promuovere la Festha Manna presso i loro utenti. È di questi giorni la notizia che Grimaldi Lines ha attivato per la prima volta delle agevolazioni per i visitatori che da Barcellona e Civitavecchia sbarcheranno in città in occasione dell’evento. Ringraziamo la compagnia per l’avvio di questa iniziativa diffusa su social, web e stampa. Sarà un’ulteriore vetrina promozionale per Porto Torres – conclude il primo cittadino – e per la sua festa più antica e più attesa”

Un calendario molto articolato e di sicuro interesse per un evento che trova nella ricerca storica le sue radici profonde rappresentando per la comunità un momento di grande rilevanza dal punto di vista storico, culturale, sociale e di riscoperta delle tradizioni.

Salvatore Adinolfi

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